Oscars 2020: vince la commedia nerissima ‘Parasite’: la lotta di classe raccontata senza ideologie

Parasite, film del regista sudcoreano Bong Joon-ho, ha vinto quattro premi Oscar, tra cui quello per il miglior film e quello per la miglior regia. Parasite – che è diventato il primo film in lingua straniera a vincere il premio Oscar più importante – era uscito nei cinema a novembre ma già dal 6 febbraio, in previsione degli Oscar, era tornato in alcuni cinema.

Parasite è un thriller, unito alla satira sociale, con momenti da commedia ma anche drammatici. Parla, senza dire troppo, di una famiglia povera che si infiltra in una famiglia ricca. È un trattato sociologico vivace e dinamico, con alcuni notevoli colpi di scena.

Parasite, che diversi mesi fa aveva già vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes, è il primo film non in inglese a vincere l’Oscar per il miglior film, dopo che altri dieci (compresi Il postino e La vita è bella) erano stati candidati senza vincere (nel 2012 aveva vinto The Artist, che però è un film muto). Parasite è anche il secondo film nella storia ad aver vinto la Palma d’oro e l’Oscar per il miglior film: il primo fu Marty, vita di un timido, negli anni Cinquanta. È anche piuttosto raro, ma non senza precedenti, che un film abbia vinto l’Oscar più importante senza avere nemmeno una nomination nelle quattro categorie dedicate alla recitazione.

C’è la commedia all’italiana in Parasite: I soliti ignoti di Gassman e Mastroianni e Brutti, sporchi e cattivi di Manfredi, finiti chissà come in Corea. E tifi per loro, per il loro piano.

Nella pellicola ci sono due mondi. Speculari, opposti. La città-groviglio, umida, marcescente, quella del seminterrato, dei mille accrocchi di cavi elettrici fra le case, degli ubriachi che orinano. E la casa dei ricchi che sembra disegnata da Frank Lloyd Wright, linee, lisce, levigate, perfette, casa che respira pace, benessere, silenzio, comfort. Una casa con una immensa finestra, che sembra uno schermo di cinema su un parco bellissimo. E la sua famiglia di ricchi, i Park, marito bello, dinamico, assente; moglie che, con i soldi, può permettersi il lusso dell’innocenza, dell’ingenuità. Una figlia adolescente in tempesta ormonale, e un bimbo segnato da un trauma infantile.

Parasite sarebbe già una commedia ficcante, nel suo raccontare questo infiltrarsi dei poveri nella vita quotidiana, nelle abitudini, nei pensieri dei ricchi, come un virus che entra nel loro sangue. La lotta di classe raccontata senza slogan, bandiere, ideologie, operai, picchetti. La lotta di classe raccontata con classe, dove i subalterni, i poveri sono crudeli e ambiscono a possedere i beni consumistici dei ricchi.

La miglior attrice protagonista è Renée Zellweger in Judy, mentre il miglior attore protagonista è Joaquin Phoenix in Joker. Il miglior attore non protagonista è stato assegnato a Brad Pitt con C’era una volta… a Hollywood, mentre nella categoria femminile è Laura Dern la miglior attrice non protagonista con il film Storia di un matrimonio.

Il miglior film d’animazione è Toy Story 4, il miglior montaggio va invece a Le Mans ’66 con La grande sfida.

Tutti i premi

MIGLIOR FILM
– Parasite

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA
– Renée Zellweger (Judy)

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
– Joaquin Phoenix (Joker)

MIGLIORE REGIA
– Bong Joo Ho (Parasite)

MIGLIOR COLONNA SONORA
– Joker (Hildur Ingveldardóttir Guðnadóttir)

MIGLIOR FILM STRANIERO
– Parasite (Bong Joon-ho)

MIGLIOR TRUCCO E ACCONCIATURE
– Bombshell (Kazu Hiro, Anne Morgan, Vivian Baker)

MIGLIORI EFFETTI SPECIALI
– 1917 (Guillaume Rocheron, Greg Butler, Dominic Tuohy)

MIGLIOR MONTAGGIO
– Le Mans 66, La grande sfida (Michael McCusker, Andrew Buckland)

MIGLIOR FOTOGRAFIA
– 1917 (Roger Deakins)

MIGLIOR SONORO
– 1917 (Mark Taylor, Stuart Wilson)

MIGLIOR MONTAGGIO SONORO
– Le Mans 66, La grande sfida (Donald Sylvester)

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA
– Laura Dern (Storia di un matrimonio)

MIGLIOR CORTO-DOCUMENTARIO
– Learning to Skateboard in a Warzone (Id You’re a Girl) (Carol Dysinger, Elena Andreicheva)

MIGLIORI COSTUMI
– Piccole donne (Jacqueline Durran)

MIGLIOR SCENOGRAFIA
– C’era una volta… a Hollywood (Barbara Ling, Nancy Haigh)

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
– The Neighbor’s Widow

‘Parasite’: la guerra totale tra ricchi e poveri secondo il sudcoreano Bong Joon-ho che fa ridere amaro

Il Joker e il ParasiteParassita, attenti a noi. Perfettamente in sintonia con il recente cult hollywoodiano, “Parasite” è ambientato a Seul, ma la metropoli asiatica funziona come un gigantesco specchio in cui ci è dato l’amaro privilegio di vedere cosa sta per succedere nel mondo. O forse ciò che è già successo.

La guerra totale tra poveri e ricchi come evento ineluttabile non è, peraltro, l’unico argomento del film premiato con la Palma d’oro a Cannes perché nel corso del suo imprevedibile percorso emerge una metafora raramente diramata al cinema con altrettanto cinico determinismo: i derelitti e gli svantaggiati non sono affatto “buoni”, non sono guidati da nobili ideali o consunti manuali ideologici, non hanno la faccetta corrucciata di Greta o di Carola, vogliono godere anch’essi dei beni consumistici, sono furbi, notturni, coriacei, duri a morire anche se –annota a margine il cinquantenne regista e sceneggiatore Joon-ho– non possono togliersi di dosso il tanfo emanato dalla loro condizione di perdenti.

Da un tetro seminterrato la famiglia dei Ki-taek riesce a trasferirsi, grazie a una serie di raggiri, nella villa da sogno della famiglia dell’archistar Park dando il via a una spericolata variazione di generi che passerà col giusto dosaggio di ritmi e toni dalla commedia sociale al thrilling psicologico (“Il servo” di Losey), dall’horror (“L’invasione degli ultracorpi”) al catastrofico, dal grottesco della commedia all’italiana (“Brutti, sporchi e cattivi”) al surrealismo bunueliano all’acido muriatico.

In Parasite La full immersion nella lotta per la sopravvivenza in cui ciascuno si tramuta in parassita di un altro procede, così, a base di allarmanti carrellate nell’appartamento (il principale “personaggio” dell’apologo), strategici tagli di luce, recitazioni strepitose di attori sempre sull’orlo del collasso: se la tragedia del divario sempre più abnorme scavato tra derelitti e benestanti ci riguarda tutti, il film non indulge alle solite artificiose indignazioni, non elargisce morali pret-à-porter, non recapita messaggi di speranza all’annichilito spettatore.

Quella che spiazza e avvince, insomma, è una questione di topografia sociale, le strettoie, le stratificazioni e i doppi, tripli fondi di una mappa prim’ancora fisiologica che umana in cui l’altissimo sovrasta l’alto, l’alto schiaccia il basso e l’ancora più basso è adibito a funzionare esattamente come funziona una cloaca.

La chance degli spazi perlustrati dall’occhio della cinepresa viene, dunque, utilizzata per scatenare una brutale sarabanda; una spirale satirica che via via costringe i contendenti a protestare, ringhiare, contorcersi, strisciare, rosicchiare, mimetizzarsi, rintanarsi; un’apnea emotiva sconsigliata a chi ama fare il tifo per una sola delle parti in gara; un gioco al massacro in cui la sinistra risata della governante licenziata sembra raccogliere e amplificare quella del grande Joaquin Phoenix che ancora trabocca dalle sale.

PARASITE
THRILLER/GROTTESCO, COREA DEL SUD 2019
Regia di Bong Joon-ho. Con: Song Kang-ho, Jo Yeo-jeong, Park So-dam, ChoiWoo-sik, Lee Sun-kyun

 

Parasite

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