Il genio ha una coscienza (non conoscenza) universale, egli si muove tra gli opposti, “sta in rapporto più intimo col maggior numero di cose”. Questa coscienza è più estesa della norma sicché non è solo coscienza di sé ma anche dell’altro e “un individuo si può dire tanto più geniale quanti essere riunirà in sé”.
Read More »Perché mente e coscienza non sono un epifenomeno come sosteneva Huxley, ma rispettivamente un tribunale recondito e flusso degli stati vissuti da un Io
È quasi impossibile trovare oggi in un articolo di biologia termini come “mente” o “coscienza”, al cui posto leggeremo: neuroni, proteine, sinapsi e così via…, donde d’improvviso – con un salto dalla prosa scientifica alla poesia immaginifica – la mente è spiegata come “ciliegina sulla torta” (E. Boncinelli) o “fischio della locomotiva” (A.G. Cairn-Smith). Il termine ufficiale usato dal conformismo riduzionista è “epifenomeno” (un’invenzione del “mastino di Darwin”, T.H. Huxley), che significa “fenomeno derivante da un altro”: siccome però nel mondo tutti i fenomeni derivano da altri (proprio nello studio delle loro concatenazioni causali consistono le scienze) e “poiché là dove mancano i concetti, s’offre, al momento giusto, una parola” (J.W. von Goethe, “Faust”), il termine serve solo, secondo il diavolo, a celare la mancanza d’ogni concetto a riguardo di cosa sia la mente.
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