Antonio Spoletini, la “faccia giusta” per il cinema: ‘il cinema è seduzione e che la seduzione ha un limite’

Il nome di Antonio Spoletini probabilmente ai più non dirà nulla, ma Spoletini, protagonista del docufilm Nessun nome nei titoli di coda, diretto da Simone Amendola, ci racconta l’indimenticabile cinema dei grandi maestri, quegli aspetti fondamentali ma che sono sconosciuti; perché dietro le grandi star e i grandi registi c’è un universo di uomini e donne indispensabili per la riuscita dello spettacolo. L’attore, che non ha rimpianti, e conserva sempre un certo spirito critico, è impegnato sui set di James Bond e su un film a episodi di Terrence Malick.

Trama

Se dici “comparse” dici Spoletini. Cinque fratelli trasteverini che a partire dal dopoguerra hanno cercato le facce giuste per il cinema italiano e internazionale passato da Roma. Dei cinque, Antonio, a ottant’anni suonati, è ancora lì, sul suo campo di battaglia, Cinecittà. All’approssimarsi dell’idea di una fine, come ogni uomo, vorrebbe lasciare un nome nei titoli di coda.

Contenuti del film

Nessun nome nei titoli di coda, prodotto dalla casa di produzione Hermes, è nato durante una cena quando a tavola Antonio Spoletini ha cominciato a raccontarci una miriade di aneddoti sui personaggi con cui aveva lavorato nel corso della sua quasi settantennale carriera: da Pasolini a Visconti alla Hollywood sul Tevere, da John Huston a Scorsese fino ai giorni nostri, passando in rassegna i loro pregi, difetti, manie, tic e passioni.

Il progetto inizialmente prevedeva un maggiore utilizzo, in percentuale, del materiale d’archivio rispetto alle riprese da effettuare: in corso d’opera ci gli addetti ai lavori si sono resi conto che per poter trasmettere al pubblico le stesse emozioni (alcune anche spiacevoli) sarebbero dovuti uscire dagli schemi non raccontando un pezzo di storia del cinema attraverso Antonio bensì la storia di Antonio stesso, invertendo le proporzioni tra girato e materiale di repertorio.

Un film che lavora sulla figura di Antonio Spoletini come passpartout per raccontare senza retorica le trasformazioni del cinema e quelle della società, di una città e di un paese, esplorando mondi invisibili eppure centrali; seguendo il corso e le azioni di Antonio (uomo vero, ma anche personaggio) l’idea è stata quella di  fare un film che inizia entrando dalla porta di servizio e che finisce uscendo dal camerino degli artisti.

Cinecittà

I ricordi di Antonio Spoletini

È venuto fuori un documentario su un uomo che attraverso i suoi ricordi dietro la macchina da presa ha permesso non solo una diversa ricostruzione dei tanti, tantissimi film a cui ha preso parte ma anche una spiegazione puntuale sulle diverse trasformazioni di Cinecittà e del Cinema che, da sempre, accompagna l’evoluzione dei costumi e della società.

Cinecittà e il Centro Sperimentale di Cinematografia – che hanno appoggiato con entusiasmo la nostra iniziativa concedendoci numerose aree per le riprese –, ha affermato il produttore Cristiano Sebastianelli occupano un peso specifico rilevante nel documentario ma i “set” scelti per raccontare la vita e le esperienze sono tanti, a partire dal cuore di Roma, Trastevere, il rione in cui Antonio è nato e da cui è partita la sua avventura. Molte eccellenze dei cinema italiano e internazionale hanno voluto partecipare al documentario, i premi Oscar Dante Ferretti e Fernando Meirelles, il vincitore della Palma d’Oro a Cannes Marcello Fonte. 

 

1) Cosa significa per lei ricordare? Evocare con un sorriso e un po’ di nostalgia il passato? Rimpiangerlo?

Non rimpiango mai nulla. Mi sono capitate anche tante cose non fatte, ma se non l’ho fatte è perchè in quel momento doveva andare così.
Il passato quindi lo vivo come qualcosa di sereno. Forse a volte penso quella cosa l’avrei potuta fare in quest’altra maniera, ma è uno spirito critico che mi serve a migliorare sempre, a guardare avanti. La cosa fondamentale è che quello che faccio ancora mi diverte, cercare le figurazioni e le facce giuste per i film è ancora qualcosa che faccio con passione.

2) Il regista che le ha lasciato qualcosa di speciale?

Ce ne sono tanti. Federico Fellini, Gigi Magni, Monicelli, Visconti… ho lavorato con tutti i grandi e ognuno mi ha dato qualcosa, ad ognuno ho rubato qualcosa, anche fosse solo la simpatia. A volte faccio la battuta ‘faccio prima a dire con chi non ho lavorato…’
Con Federico ho tantissimi episodi! Uno molto personale non lo racconto perchè lo scoprirete guardando il film su di me, Nessun nome nei titoli di coda di Simone Amendola.
Vi posso però dire che io sono uno dei tre che ha visto Ingmar Bergman con gli occhi lucidi mentre Federico gli parlava.

3) “Il cinema: una donna nuda e un uomo con la pistola. Qualcosa a metà tra l’orologeria di precisione e la tratta delle bianche”, diiceva Dino Risi, lei che visione ha del cinema?

È una domanda difficile per me. Io dico che il cinema è seduzione e che la seduzione ha un limite.
Già il Decameron di Pasolini e I diavoli di Ken Russel rischiano di superarlo.
Per me il cinema coincide con le donne che fanno immaginare, come la Vitti, sia nei film di Antonioni sia nelle commedie.
Dino (Risi) è un provocatore intelligente. Un grande regista. Con lui già i miei fratelli fecero dei piccoli personaggi in Poveri ma belli e poi io ho lavorato con lui tante volte.
Una volta gli feci la domanda qual’è il tuo film migliore, lui rispose Il sorpasso e Una vita difficile. Io dissi ‘No, il sorpasso è simpatico, Una vita difficile è il tuo capolavoro’ Io ho lavorato anche con il figlio Marco, un bravissimo regista boicottato dopo che fece Il muro di gomma.

Backstage “La faccia giusta”

4) Come trova il cinema attuale, soprattutto quello italiano?

Io non sono mai stato pessimista, ma a fine anni ‘80 ho detto il cinema italiano sta a pezzi. Oggi ammetto di non seguire più tanto le nuove leve. Vado meno al cinema. Uno con cui mi pacerebbe lavorare è Garrone.

5) Che significato e valore attribuisce al successo in questo ambiente? Che rapporto ha avuto e ha con la popolarità?

La fama vale solo se hai le qualità. Se diventi conosciuto in un certo ambiente perchè vali.
Oggi mi dicono ‘c’è un film su di te, sei diventato famoso!’ La cosa non mi esalta, però mi fa piacere che siano contenti che si parli di me, che dicano ‘era ora!’

6) Cosa spera di trasmettere agli spettatori con questa pellicola? E cosa dovrebbero sapere sul cinema italiano del suo tempo?

Spero che sia uno stimolo per prendere rapporto con un certo mondo, un certo passato. Io ripeto spesso ai giovani: prendetevi qualche dvd, studiatevi come recitavano Marcello, Nino, Ugo, Gianmaria, Vittorio! Dal ’60 al ’90 abbiamo fatto delle cose enormi. Io dico che Leone ha superato John Ford.

7) Prossimi impegni?

Vengo ora da Matera, dai set di James Bond e del nuovo film a episodi di Terence Malick, siamo stati lì per quattro mesi.
Per me Matera è cinematograficamente una seconda casa. Ci sono tornato dopo Il Vangelo secondo Matteo e The Passion di Mel Gibson.
Vediamo il futuro cosa riserva. Ho avuto delle proposte, ma non so… Aspettiamo, ora non andiamo di fretta.

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