Non sa più nulla: la rassegnazione di Sereni

Delle dodici poesie che costituiscono il vero e proprio Diario di Algeria del poeta Vittorio Sereni, Non sa più nulla è la quarta e ultima, nonché la lirica più celebre e tra le più importanti di Sereni. Essa è stata scritta in occasione dello sbarco degli alleati in Normandia nel giugno del 1944, ma il poeta, prigioniero in Algeria, appare dominato da un’amara rassegnazione; egli è sprofondato in un”cerchio d’oblio” da cui nulla lo può sollevare. Tutto ciò che esula dalla sua sofferenza quotidiana, dal senso di abbandono che lo minaccia, gli appare troppo lontano e privo di senso.

Non sa più nulla, è alto sulle ali
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna.
Per questo qualcuno stanotte
mi toccava la spalla mormorando
di pregar per l’Europa
mentre la Nuova Armada
si presentava alle coste di Francia.
Ho risposto nel sonno: “È il vento,
il vento che fa musiche bizzarre.
Ma se tu fossi davvero
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna
prega tu se lo puoi, io sono morto
alla guerra e alla pace.
Questa è la musica ora:
delle tende che sbattono sui pali.
Non è musica d’angeli, è la mia
sola musica e mi basta.
 
Campo Ospedale 127, giugno 1944

 

La lirica, che consta di due strofe di versi liberi, con alcuni endecasillabi e settenari, esprime con efficacia il tono dell’intera raccolta del Diario d’Algeria: il sentimento dominante è infatti quello della lontananza da tutto, di una reclusione, una segregazione di cui il poeta soffre profondamente. La dimensione della sua esistenza è circoscritta nel perimetro del campo di prigionia e l’anima ingabbiata non riesce a librarsi più in alto: la notizia di un avvenimento determinante per la sorte della guerra e della storia come lo sbarco in Normandia viene accolta, in un atteggiamento di apatia reso benissimo dalla condizione di dormiente (Stanotte; Ho risposto nel sonno), con un rifiuto (E’ il vento). A ciò subentra anche l’indifferenza e la possibilità che si tratti di una realtà non provoca nessuna reazione emotiva nel poeta, non lo smuove dalla sua estraneità al mondo: egli non trova la forza, l’energia morale per una preghiera, perché la preghiera significa credere, sperare, essere ancora vivo, ma non vita quella al Campo Ospedale 127, la cui unica musica è quella “delle tende che sbattono sui pali”.

L’andamento della poesia è marcatamente narrativo, in netto contrasto con i moduli dell’ermetismo, il cui influsso, tuttavia, è rilevabile nella tematica esistenzialistica della desolazione spirituale. Il linguaggio trova un equilibrio poetico tra il registro della narrazione, quotidiano (qualcuno stanotte/mi toccava la spalla; Ho risposto nel sonno; le tende che sbattono sui pali), e la limpidezza lirica (Non sa più nulla, è alto sulle ali; prega tu se lo puoi; io sono morto/alla guerra e alla pace; musica d’angeli), rivelando, come ha sottolineato Cucchi, “una consitenza di forza e grazia” che rende l’intera raccolta di Diario d’Algeria una delle tappe più significative del Novecento poetico italiano.

 

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