‘Ecco la storia’: l’audace metaromanzo di Pennac

Ecco la storia è un romanzo pubblicato nel 2003 dal celebre scrittore francese Daniel Pennac, attivo anche come insegnante in un liceo parigino per quasi trent’anni e sceneggiatore teatrale.

Terminata da poco la fortunatissima saga del “capro espiatorio” Malaussène, che aveva visto la luce nel 1985 con il romanzo Il paradiso degli orchi, Pennac abbandona il mondo ironico e fiabesco dei suoi vecchi personaggi per spostarsi in un campo narrativo non meno bizzarro: Ecco la storia è infatti un singolare intreccio di realtà e finzione, un libro perennemente in bilico tra fantasia e autobiografia, con una trama che non procede in maniera lineare, ma si muove su un percorso contorto e imprevedibile.

«Sarebbe la storia di un dittatore agorafobico» dichiara un insolito incipit con un verbo al condizionale. Viene introdotta così la vicenda del sudamericano Manuel Pereira da Ponte Martins, figlio di un ricco latifondista, dotato fin da bambino di una forte ambizione a esercitare il potere, sogno che egli realizza ben presto attraverso un delitto e un colpo di stato. Terrorizzato dalla profezia di una veggente che gli ha predetto la morte per mano del suo stesso popolo, Pereira si fa sostituire da un sosia, che istruisce a dovere prima di fuggire in segreto dal paese. Il sosia sceglierà poi un altro sosia, il quale ne sceglierà a sua volta un altro, in un intricato gioco narrativo che rievoca un tema-cardine della commedia classica. È un processo potenzialmente infinito, che può ripetersi illimitatamente, ma che dovrà in realtà arrestarsi a causa dell’inaspettata evoluzione di questa stramba fiaba del potere.

La voce narrante, che si identifica con lo scrittore stesso, interrompe con frequenza la storia del dittatore Pereira e dei suoi sosia, lasciandola sospesa nel vuoto ed evidenziando così il carattere tutto ipotetico della trama – e della scrittura in generale -, come si evince fin dall’inizio dall’uso del condizionale. Lo scrittore interviene per narrare aneddoti autobiografici, vicende che rivelano la genesi del libro, incontri con persone reali che la fantasia dell’autore ha poi trasfigurato in personaggi fittizi. Queste lunghe e invadenti parentesi costituiscono il vero spirito dell’opera, che si presenta come un metaromanzo capace di stravolgere i parametri convenzionali della narrativa. Far procedere la trama diviene così una semplice opzione, una possibilità che preme per essere realizzata, ma che perde sempre di più la sua consistenza.

Le parti autobiografiche, che il lettore vede come segmenti di pura realtà, si contaminano a poco a poco con il mondo della finzione: si rimane dunque sorpresi nello scoprire che alcuni eventi raccontati da Pennac sulla sua vita non sono di fatto mai avvenuti, e che persino il personaggio di Sonia, con cui egli intrattiene lunghe conversazioni, non è mai esistito.

Ancor più che alla definizione di metaromanzo, è lecito affermare che Ecco la storia si avvicini all’idea novecentesca di iper-romanzo, quel «luogo d’infiniti universi contemporanei in cui tutte le possibilità vengono realizzate in tutte le combinazioni possibili»,  come spiega magistralmente Italo Calvino nelle sue Lezioni americane. Pennac, in fondo, fa proprio questo: crea una macchina per moltiplicare le narrazioni, costruisce storie che si intrecciano su una cornice che risulta a sua volta modellata dalle vicende che da essa si dipartono. L’audacia che sta dietro a una simile scelta di scrittura avvicina Ecco la storia a opere come Se una notte d’inverno un viaggiatore dello stesso Calvino e La vita, istruzioni per l’uso di Georges Perec.

La riflessione, tuttavia, non si limita alla sola letteratura: il gioco di Pennac coinvolge anche il cinema, che entra prepotentemente nella trama attraverso i personaggi di Charlie Chaplin e Rodolfo Valentino. E proprio la visione del film di Chaplin Il grande dittatore permette al primo sosia di Pereira, che ha lasciato la patria per diventare un grande attore, di rispecchiarsi nella figura del barbiere senza nome e di formulare contorti ma profondi pensieri sul potere, il sacrificio e l’identità.

Facendo appello a una sensibilità letteraria che sarebbe arduo pretendere indistintamente dal grande pubblico, con Ecco la storia Pennac sembra ricordarci che un libro può avere pieno diritto di esistere e di essere letto anche senza essere scorrevole dalla prima all’ultima pagina, anche se la narrazione rinuncia alle vie lineari a cui siamo tanto abituati, anche se ci fa smarrire e ci conduce lontano, lì dove non vorremmo andare.

 

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