Sappiamo leggere solo i libri dei calciatori

E’ triste constatare come l’editoria stia sempre più annegando in una crisi senza fine. Ma è altrettanto triste osservare che la contrazione delle vendite non si verifica quando, ad essere pubblicati, sono i libri di calciatori e famosi chef.

I bagni di folla non sono di certo una novità per Francesco Totti, simbolo calcistico e icona pop degli ultimi vent’anni. Anche dopo il suo addio al mondo del calcio continua a far parlare di se e a mobilitare veri eserciti di, più che fans, veri innamorati dell’uomo e di ciò che ha rappresentato. La fila della notte scorsa, fuori dalle librerie per acquistare il suo libro, ne è la riprova. Il sintomo dell’amore verso il simbolo, dicevamo, ma anche l’archetipo di un male, oramai endemico, che attanaglia il mondo culturale ed editoriale della nostra nazione. E’ castrante osservare che certe manifestazioni avvengano solo a fronte della pubblicazione di un libro di un giocatore di calcio, la lapalissiana conferma di come il mondo dell’editoria campi ancora, solo, per il riflesso di una luce terza. Sintomo di una profondissima lontananza tra mondo culturale e quotidianità; con gli anni, tutto questo, si sta acuendo sempre di più con risvolti, per entrambi i contesti, atroci.

L’impoverimento culturale delle masse, indotto e orchestrato, porta ad una scarsissima consapevolezza da parte di queste ultime in sé stesse e gli preclude ogni aspetto ludico e appagante che può derivare da una sana vita culturale. Questo, come è facile immaginare, indirizza i singoli a ricercare ciò che gli è stato negato in contesti più costosi e altamente alienanti dove la dimensione sociale viene meno o quasi. L’altro aspetto negativo di tutta questa faccenda è l’emarginazione dal mondo lavorativo di tutti quei soggetti che della Cultura con la C maiuscola hanno fatto la propria ragione di vita. Ed ecco le gare al ribasso con i pochi editori che ancora si muovono in contesti di nicchia o con scarsissimo pubblico.
Sembra destinato a vivacchiare così il mondo editoriale italiano, o operare quasi a titolo gratuito, volontaristico direi, oppure scritturare grandi campioni dello sport e del mondo dello spettacolo. Non si può dire che la cultura italiana sia scomparsa, ogni anno assistiamo alla pubblicazione di migliaia di opere letterarie e non, ma in tirature limitatissime o dietro accordi economici sconvenienti. La cultura italiana non è scomparsa, è solo in attesa del suo pubblico troppo impegnato a fare le file sbagliate.

 

Andrea Scaraglino

Educare all’editoria: cosa deve sapere un autore sprovveduto

Nel 2009, l’autrice Livia Manera intitolò un articolo sul Corriere della Sera dedicato alle scuole di scrittura creativa “Le fabbriche d illusioni”. Lo scetticismo nei confronti di queste scuole di scrittura è spesso giustificato dalla grande abbondanza di truffe confezionate ad arte da abili imprenditori e/o ciarlatani dell’editoria che non hanno mai pubblicato una riga.

Allo stesso modo, è facile alzare il sopracciglio di fronte alle migliaia di “packaging” di servizi editoriali online, come agenzie letterarie fittizie e case editrici fasulle dal sito professionalissimo che vantano distribuzioni “nelle principali librerie online” e una selezione dei manoscritti rigorosamente basata sulla qualità del romanzo. Alcune case editrici o servizi di questo tipo chiariscono subito quanto lo sprovveduto autore debba sborsare per vedere i propri lavori corretti, editati o addirittura pubblicati. Altre realtà, ancora più astutamente, non propongono un contributo monetario per la pubblicazione da parte dell’autore, ma richiedono – magari dopo che il povero scrittore ingenuo ha pure accettato un accordo – che egli acquisti o faccia acquistare un numero minimo di copie, garantendo quindi un guadagno sicuro all’ “editore” senza scrupoli. Dietro parole grosse come “casa editrice” e “agenzia letteraria” si cela quindi un mondo di approfittatori e truffatori.

Questo non significa che le riviste letterarie, le agenzie e i workshop di scrittura che richiedono un contributo da parte dell’autore siano tutti figli di cinici spremitori delle finanze dei sognatori. Ovviamente non è così. Un buon romanzo, prima di essere presentato a una casa editrice, ha bisogno del lavoro di un editor, così come spesso un bravo scrittore necessita di leggere molto e studiare la narrativa, organizzando il proprio lavoro in modo disciplinato e coerente. Tutte queste cose possono essere fatte senza scucire uno spicciolo. E’ nel porsi un obiettivo preciso che sta la differenza tra scegliere un percorso più difficile di un altro.

L’aspirante scrittore necessita, prima di iscriversi a una scuola, contattare un editor professionista e magari spedire il proprio lavoro a una casa editrice, di definire con calma i propri obiettivi.
Per esempio, non c’è niente di male a stampare un romanzo attraverso un servizio di self-publishing, ovvero auto-pubblicazione, o con un editore a pagamento. Alcuni autori desiderano solo vedere le proprie parole stampate su carta, senza occuparsi di questioni come l’etica dell’auto-pubblicazione o l’effettiva qualità del loro lavoro. Vogliono leggere il proprio nome scritto in copertina e vantarsi di aver “pubblicato un libro”, un libro con una copertina, tante pagine di carta stampate da poter sfogliare, toccare, annusare, a prescindere da servizi di editing e correzione di bozze. E’ giusto, quindi, che ci siano persone disposte a sfruttare le esigenze di questi autori, imprenditori che mettano a disposizione packaging dai prezzi diversi a seconda del tipo di revisione, promozione e distribuzione a cui l’autore aspira.

Detto questo, esistono buone case editrici o servizi attraverso cui auto-pubblicare il proprio libro, i cui editori sono ben chiari sin dal principio sui contributi dell’autore stesso. Allo stesso modo, molte scuole di scrittura o workshop letterari, nonostante i costi elevati, garantiscono classi ridotte, un criterio di selezione iniziale e docenti che sono anche scrittori importanti e conosciuti, come la Scuola Holden.
Realtà più piccole ma molto interessanti stanno nascendo un po’ ovunque in Italia, sebbene molti serbino un certo scetticismo nei confronti di chi pensa di saper insegnare a scrivere – e spesso gli stessi docenti di scrittura non lo pensano affatto.

E’ giusto, insomma, usufruire di un servizio a pagamento per provare a raggiungere la tanto sospirata pubblicazione? E’ vantaggioso, è utile in qualche modo?
Ciò che conta per l’autore sprovveduto è decidere la strada da intraprendere. Cosa si vuole scrivere, come e perché? Quali sono i tratti positivi di frequentare una scuola, di affidare un manoscritto a un editor, di pubblicare un racconto su un blog o una rivista più o meno conosciuta?

L’autore, diceva Umberto Eco, necessita di fare una buona gavetta. Uno potrebbe dunque domandarsi in cosa consista la gavetta per un aspirante scrittore – forse inerpicarsi su ogni pericoloso scalino della torre che dovrebbe portare alla pubblicazione?

In una lettera di risposta a una ragazza sul Corriere della Sera, Beppe Severgnini ha definito quella dello scrittore una professione “destrutturata, che non ha un percorso istituzionale”. Il successo del singolo autore dipende da una serie di fattori più o meno prevedibili, come succede, va avanti Severgnini, ai calciatori e ai pittori. La fortuna di aver scritto un libro che ricalca perfettamente i trend del mercato editoriale del momento, o quella di proporre un buon manoscritto a una casa editrice che ha appena incassato un bel gruzzoletto grazie a un caso editoriale del tutto inaspettato.

Quindi, cosa tocca al povero autore sprovveduto? Come può un giovane laureato in lettere avvicinarsi al mondo della scrittura e dell’editoria, con la “presuntuosa” ambizione di vedere le proprie parole sulle pagine di un libro? Forse potrebbe esserci bisogno di un’educazione al mondo editoriale, che spinga il giovane autore a una maggiore consapevolezza dei mezzi disponibili e non disponibili, soprattutto sul web, dove le trappole impazzano.

Ovviamente il diciottenne autore di una saga fantasy può benissimo rappresentare il prossimo caso editoriale del secolo (vi dice nulla Eragon?), ma di solito un aspirante scrittore deve attendere anni prima di vedere qualcosa di proprio pubblicato da una casa editrice – che molto probabilmente non sarà la Mondadori.

Mille domande affollano la mente di un esordiente. Quali sono le riviste a cui vale la pena mandare un pezzo? Quali sono quelle che effettivamente daranno visibilità? Quali agenzie di correzione di bozze, traduzione e editing, così diffusi nel mondo del freelancing fuori dal circuito chiuso dell’editoria tradizionale, garantiscono effettivamente servizi di qualità? Quali scuole, gruppi e workshop di scrittura offrono programmi didattici interessanti, senza false promesse di pubblicazione garantita?

L’autore di oggi deve imparare a barcamenarsi tra offerte, pubblicità su internet e possibilità che generano spesso più interrogativi che certezze. Ed è per questo che un corso di educazione all’editoria, forse, potrebbe essere persino più utile di un corso di scrittura.

 

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