Procida 2022. ‘L’Isola di Arturo’ Capitale della Cultura tra letteratura e turismo

Era il lontano – ma non troppo – 1957 quando uscì per la prima volta il romanzo di Elsa MoranteL’isola di Arturo” interamente ambientato nella selvaggia isola di Procida, in Campania (NA).

Un racconto puro, sincero, poetico, come solo la penna della Morante sa essere.

In questo libro, l’isola di Procida, oggi eletta Capitale della Cultura 2022, diventa non solo l’isola di origine del giovane Arturo – protagonista del racconto – ma anche simbolo delle sue radici più profonde.

Si tratta di un romanzo estremamente introspettivo e descrittivo, una lettura lenta e profonda. Da rileggere più volte per assimilarne ogni dettaglio.

Arturo è un bambino cresciuto senza conoscere l’affetto di sua madre – morta di parto mettendolo alla luce – e nemmeno quello di suo padre che, per lavoro, abbandona il piccolo a Procida.

È proprio su quest’isola che Arturo deve imparare a crescere e conoscere il mondo da solo: un piccolo pezzo di terra contemporaneamente in mezzo a tutto e a niente.

L’isola che lo cresce gli permette di amare la vita nonostante la solitudine: proprio per questo il piccolo Arturo cresce totalmente diverso da suo padre. Fiducioso nella vita, amorevole verso il prossimo e in attesa di un amore che possa colmare gli anni perduti.

È in questo lento racconto che conosciamo meglio Procida, che diventa la mamma mai avuta di Arturo. Lo protegge e lo prepara a un mondo di cui non si può mai realmente sentirsi pienamente pronti.

Vien da sorridere al pensiero che, negli anni del neorealismo Pasoliniano, Elsa Morante abbia sfornato uno dei suoi emblematici romanzi di formazione, allontanandosi totalmente dalla corrente letteraria predominante di quell’epoca.

Eppure, è proprio quest’inversione di marcia che probabilmente rende il racconto ancora più intenso e impresso nella mente dei lettori. Le atmosfere, per quanto vere siano, vengono raccontate diventando degli scenari quasi mitici e fiabeschi. La Morante riesce a rendere l’isola di Procida una selva incantata eppure, allo stesso tempo, tremendamente feroce.

Ed è proprio da questa che alla fine il giovane decide di scappare, quando quello che doveva essere il luogo più sicuro, in cui sentirsi protetto, diventa lo scenario terribile della rivelazione dell’omosessualità del padre e dei sentimenti non ricambiati che Arturo prova per la sua giovane matrigna Nunziatella.

Per scappare dal suo dolore decide di arruolarsi e, alla fine, scriverà le sue memorie detenuto prigioniero di guerra in Africa.

È molto dolce ed estremamente delicato il racconto che la Morante riserva a Procida e alla vulnerabilità dei suoi abitanti. La memorabile scrittrice era riuscita a scavare in profondità, facendo della realtà un racconto quasi fiabesco.

L’Isola di Arturo 44 anni dopo  

Sono passati 44 anni dalla pubblicazione del romanzo di Elsa Morante, eppure la pittoresca isoletta sorella di Ischia e Capri, in provincia del napoletano, continua a incantare chi la visita.

Sarà per questo che senza esitazione ha vinto il riconoscimento come Capitale della Cultura Italiana 2022 e proprio da questo momento si auspica che venga vestita di un nuovissimo splendore.

Proprio perché la minore delle tre isole, è stata sempre percepita come “l’ultima ruota del carro”. Anche perché, a differenza di Ischia e Capri, è rimasta – per fortuna – la più selvaggia e incontaminata.

Insomma, per amare Procida devi apprezzare la tranquillità e la natura, ma soprattutto, devi essere pronto a fare i conti con te stesso. Perché è un’isola che riesce a mettere alla prova il lato più profondo di te.

Non esistono distrazioni che tengano.

Opportunità per il turismo

Di questa nuova luce che sta gradualmente investendo l’isola di Arturo, i turisti se ne stanno accorgendo già da quest’estate 2021. Gli sbarchi sono aumentati inaspettatamente e l’isola è talmente affollata dai turisti che è stato necessario potenziare le tratte dei traghetti e degli aliscafi per consentire a tutti di godere della sua bellezza anche solo per qualche ora.

Probabilmente, proprio questa ventata fresca di novità, potrebbe invertire la marcia molto più del dovuto e renderla decisamente meno scontata di un tempo. Non solo per il turista, bensì anche per l’imprenditore lungimirante che sa cogliere le giuste opportunità.

Di questo è proprio Michele Talesco, agente immobiliare da oltre 13 anni e proprietario dell’unica agenzia dell’isola “Immobiliare Procida” a spiegare quello che sarà il futuro – ma soprattutto quello che è il presente – del mercato immobiliare a Procida.

“Acquistare casa per metterla a reddito è stata sicuramente una volontà cresciuta negli ultimi anni, prima il mercato della vendita immobiliare sull’isola funzionava soprattutto nell’acquisto di prima casa perché la necessità primaria era quella di utilizzare l’immobile per le vacanze di tutta la famiglia.

Ultimamente, invece, sono le seconde case a padroneggiare il mercato immobiliare. Si sta scoprendo finalmente il valore di mettere a reddito gli immobili attraverso il sistema degli affitti brevi per farne una vera e propria seconda entrata economica.” afferma Michele Talesco.

Si tratta della scienza del marketing a cui nessun settore può sottrarsi: Procida e le sue case acquisiranno per ovvie ragioni maggior valore grazie a questo riconoscimento e ciò influirà anche sui prezzi delle case.

“Arriveremo anche a vendere immobili a 300.000 € – 350.000 € e sicuramente dopo Capitale della Cultura questi prezzi caleranno nuovamente ma senza ritornare ai valori minimi originari.

Perciò, anche dopo il 2022 ci aspettiamo che il valore immobiliare possa restare stabile intorno ai 280.000 €” continua Talesco.

Ma in che modo, effettivamente, Procida Capitale della Cultura 2022 porta e porterà un guadagno ai più lungimiranti?

Grazie alle due operazioni preferite dagli investitori immobiliari: flipping e messa a reddito.

“Per il flipping bisogna agire il prima possibile, perché le opportunità di guadagno devono cavalcare l’onda del picco massimo di notorietà: ciò vale a dire che se oggi acquisti casa a 275.000 € e la ristrutturi avvalendoti anche dei bonus Eco e Sisma, il suo valore aumenterà già per queste ragioni e crescerà ulteriormente grazie al momento storico che l’isola sta vivendo.

Vendere sarà anche più facile perché ci sono tantissimi investitori e imprenditori che intendono acquistare per mettere a reddito.

Ed è proprio questa la seconda strada da cui trarre ingenti benefici e guadagni. Per chi acquista immobili da mettere a reddito, non esiste una scadenza. Durante e dopo Capitale della Cultura, la notorietà di Procida crescerà e resterà alta. I turisti aumentano giorno dopo giorno e le strutture ricettive non saranno mai abbastanza per un’isola come questa che vive di pesca e turismo.

Perciò, acquistare un immobile e metterlo a reddito per uso ricettivo sarà sempre un’idea vincente in un’isola come Procida. I guadagni aumenteranno durante il 2022, sono già aumentati quest’anno. Gli host potranno chiedere cifre più ingenti per i pernottamenti (chiaramente nei limiti del normale e soprattutto che siano sempre proporzionati alla qualità del servizio offerto).

Questo “marchio” che Procida ha guadagnato ha sicuramente rivoluzionato la situazione e conferitole grande valore. Adesso è compito degli investitori e degli imprenditori riuscire a sfruttarlo a pieno.”

Conclude Michele Talesco, che, oltre ad essere oggi proprietario di Immobiliare Procida, vanta 3 anni come Assessore del Turismo dell’isola nella quale è nato e cresciuto. Chi meglio di lui, dunque, potrebbe conoscere i due pilastri interconnessi (turismo e immobiliare) sui quali si regge gran parte dell’economia dell’isola?

Non c’è dubbio: l’Isola di Arturo ci ha stupiti sin dal lontano 1957 e, ad oggi, continua a farlo con il suo stile “differente” e mai scontato.

Se ancora non l’avete fatto, è sicuramente d’obbligo leggere il libro di Elsa Morante e, approfittando di questo periodo così florido, scoprire le meraviglie di questa piccola, delicata e selvaggia isola della Campania.

 

Per maggiori info: Immobiliare Procida – Agenzia Immobiliare a Procida (business.site)

Premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante, XXIX edizione

Il Premio Procida è giunto alla XXIX edizione. Nel febbraio 1986 a pochi mesi dalla scomparsa di Elsa Morante, il Comune di Procida istituiva il Premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante. L’iniziativa è nata dall’impegno dell’Assessorato alla Cultura dell’isola ispirato dalla potessa e scrittrice romana Gabriella Sica, assidua frequentatrice dell’isola, dal critico letterario Walter Pedullà, da Paolo Volponi, scrittore, poeta e politico e da Jean Noel Schifanò, traduttore della Morante in Francia.

Il Premio del comune di Procida è andato avanti con alterne vicende per due decenni ospitando nomi importanti della cultura letteraria ma anche del cinema, della musica, del giornalismo come Mario Martone, Carlo Verdone, Cristina Comencini, Riccardo Muti, Uto Ughi, Nicola Piovani, Alberto Asor Rosa, Paolo Mieli. Nel 2015, dopo alterne e avverse vicende, è stato recuperato lo spirito originario del Premio. Il Premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante giunto quest’anno, nella sua rinnovata veste, alla XXIX edizione vuole essere un riflettore sui nuovi talenti e su quella letteratura che, pur meritandolo, resta a volte ai margini.

Nella sua XXIX Edizione il Premio ha deciso di istituire oltre alla sezione narrativa, un premio “Mare” da assegnare ad un’opera monografica di stampo storico, antropologico, sociologico, o un saggio giornalistico, un reportage inerente alla conoscenza e/o alla rappresentazione della vita di mare in generale nel Mediterraneo o nelle sue isole in particolare.

Quest’anno la giuria tecnica del premio viene rinnovata con otto nuovi membri: professori universitari, studiosi della scrittrice romana critici, saggisti, giornalisti, librai. Tra i nomi Gabriele Pedullà in qualità di presidente, Giovanna Rosa, Silvia Acocella, Loredana Lipperini, Filippo La Porta, Paolo Peluffo, Salvatore Di Liello, Fabio Masi e Gilda Policastro. Una giuria esperta che ha proposto nomi ed autori del recente panorama letterario italiano. Quest’anno il Premio Procida si avvale inoltre di una partnership prestigiosa: la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, punto di riferimento per i manoscritti di Elsa Morante. Alla giuria tecnica verrà affiancata una giuria popolare a cui si dovrà la selezione del vincitore del premio.

A metà Settembre le due giurie, quella tecnica e quella popolare, sceglieranno il vincitore per la sezione Narrativa tra gli autori della terna dei finalisti :

Il grande animale, di Gabriele Di Fronzo edizioni Nottetempo (primo romanzo dell’autore)

-Il cinghiale che uccise Liberty Valance, di Giordano Meacci edito da Minimum fax (già nella cinquina finalista del Premio Strega 2016)

Neve, cane, piede, di Claudio Morandini edito da Exòrma

Non resta che augurare buona fortuna ai tre finalisti e aspettare la serata della proclamazione.

 

 

 

10 frasi per innamorarsi di Elsa Morante

Elsa Morante (Il gioco segreto, Diario, Menzogna e sortilegio, Lo scialle andaluso, L’isola di Arturo, La Storia), si è posta in un ambito letterario diverso da quello del neorealismo tanto in voga ai suoi tempi. Il percorso interiore della scrittrice romana è caratterizzato dal superamento delle dimensioni spazio temporali consuete per esplorare ambiti contornati da elementi magici e suggestivi che Elsa Morante ha sempre saputo rendere concreti e “reali” con grande maestria, attraverso affascinanti giochi di parole. Rifiutando forme proprie dello sperimentalismo, la Morante configura la Storia come elemento di salvezza in cui gli elementi negativi sono il Potere e lo Stato, mostrando come nella vita sia necessario soffrire. Non è un caso che il suo libro più controverso è stato proprio la Storia, romanzo scorretto ma vero, oggetto di numerose polemiche e fraintendimenti. Elsa Morante è stata una donna forte e fragile allo stesso tempo, un’incendiaria, per la quale la letteratura è ha rappresentato la vita stessa, compagna dello scrittore Alberto Moravia in una relazione molto travagliata e amica di Pier Paolo Pasolini.

 

1.“L’intenzione delle femmine è di degradare la vita. È questo, che ha voluto dire la leggenda degli Ebrei, raccontando la cacciata dal Paradiso terrestre per volontà di una femmina”. (L’isola di Arturo)

2.”Vivere senza nessun mestiere è la miglior cosa: magari accontentarsi di mangiare pane solo, purché non sia guadagnato”. (L’isola di Arturo)

3.“La peggiore violenza contro l’uomo è la degradazione dell’intelletto”.

4.“Il lavoro non è per gli uomini, è per i ciucciarielli. Anche una fatica, magari, può dar gusto qualche volta, purché non sia un lavoro. Una fatica oziosa può riuscire utile e simpatica, ma il lavoro, invece, è una cosa inutile, e mortifica la fantasia”. (L’isola di Arturo)

5.“La vera anarchia non può ammettere la violenza”. (La Storia)

6.”L’amore vero è così: non ha nessuno scopo e nessuna ragione, e non si sottomette a nessun potere fuorché alla grazia umana”.

7.”Napoli è tante cose, e molti sono i motivi per cui la si può amare o meno, ma soprattutto Napoli è una grande capitale, ed ha una stupefacente capacità di resistere alla paccottiglia kitsch da cui è oberata, una straordinaria possibilità di essere continuamente altro rispetto agli insopportabili stereotipi che la affliggono”.

8.”Una speranza, a volte, indebolisce le coscienze, come un vizio”.

9.”Ah, è un inferno essere amati da chi non ama né la felicità, né la vita, né se stesso, ma soltanto te”.

10.”Che il segreto dell’arte sia qui? Ricordare come l’opera si è vista in uno stato di sogno, ridirla come si è vista, cercare soprattutto di ricordare. Ché forse tutto l’inventare è ricordare”.

 

 

Lo scialle andaluso: l’eleganza di Elsa Morante

Lo scialle andaluso è il racconto più lungo (e l’ultimo) della raccolta dal titolo omonimo di Elsa Morante. Il racconto richiama vagamente il romanzo Agostino di Alberto Moravia; infatti il tema fondamentale è proprio il rapporto madre-figlio. In Agostino però i sentimenti del ragazzino per la madre sono palesemente erotizzati, tanto da promuovere un’identificazione tra la madre e una prostituta; quelli di Andrea invece, il protagonista dello Scialle andaluso, sono privi di erotizzazione sebbene siano altrettanto possessivi.

Il personaggio di Andrea ricorda piuttosto un altro protagonista dei romanzi della Morante, il più vecchio, ma solo per scrittura, Arturo. nel romanzo L’isola di Arturo, infatti, il ragazzo mitizza la madre, nella terribile delusione generata dal passaggio dall’infanzia all’adolescenza. La madre di Andrea è una giovane siciliana, Giuditta, vedova e madre di due fanciulli è ballerina del Teatro dell’ Opera di Roma. Geloso dell’amore materno per il teatro, Andrea decide di entrare in seminario, ripudiando e cercando di cancellare il vergognoso ricordo della madre ballerina. Il tempo passa e un giorno, quasi il destino volesse farsi beffe di Andrea, durante una passeggiata Andrea vede un manifesto pubblicizzare uno spettacolo di varietà al quale parteciperà la madre. Spinto da un contrastato desiderio, decide di voler assistere all’ esibizione della madre. Proprio quando Andrea sembra deciso a mettere da parte l’odio nei confronti della madre, la verità sarà per lui più scottante che mai. Giuditta, oramai attricetta matura e non più attraente, fischiata dagli spettatori, decide di abbandonare il teatro per dedicarsi esclusivamente ai figli. Inorgoglito,

Andrea passa tutta la notte avvolto nello scialle andaluso della madre, metafora di una casa vera, amorevole, sempre cercata ma mai trovata e quasi sempre respinta. Ma per Andrea, purtroppo, la verità non tarderà a manifestarsi. In pochi momenti sarà chiaro che la rinuncia della madre al teatro non è stata dettata dall’amore dei figli ma dalla consapevolezza dio non riuscire più ad avere alcuna scrittura.

D’improvviso le illusioni del ragazzo cadono; Andrea capisce che ogni cosa legata a Giuditta è ha a che fare con l’inganno. Amareggiato, deluso, sconfitto, sconvolto, Andrea per l’ennesima volta si sente tradito e abbandonato. Ad una vita disingannata si sostituisce e si impone l’accettazione di un’ illusione. Avvolto infine tra il perdono e il rancore Andrea sembra un personaggio senza fortuna, condannato da un destino tragico e senza risoluzione. Ed è per questo forse che:

“Egli vorrebbe immaginare il futuro se stesso, e si compiace di prestare a questo Ignoto aspetti vittoriosi, abbaglianti, trionfi e disinvolute! Ma, per quanto la scacci, ritrova sempre là, come una statua, un’immagine, sempre la stessa, importuna: un triste, protervo Eroe avvolto in uno scialle andaluso”

Ne Lo scialle andaluso la scrittrice è misurata ed elegante nel raccontare la difficile relazione tra madre e figlio, riuscendo ad unire il linguaggio popolare a quello più ricercato.

Elsa Morante: una vita dedicata alla letteratura

“È curioso come certi occhi serbino visibilmente l’ombra di chi sa quali immagini, già impresse, chi sa quando e dove, nella retina, a modo di una scrittura incancellabile che gli altri non sanno leggere – e spesso non vogliono.” (Cit. “La Storia” di Elsa Morante)

Elsa Morante con Alberto Moravia a Capri

Elsa Morante. Una donna che probabilmete sapeva di dover dedicare la sua vita alla letteratura. Una donna che ha amato, in una vita tormentata, la scrittura più di ogni altra cosa. Una donna che, oggi come ieri, lascia un segno indelebile attraverso le sue opere, parole mai scritte, pensieri donati al mondo. Un mondo che, mai, potrà dimenticarla.

Nata, come i suoi fratelli minori, da una relazione extraconiugale della madre, Irma Poggibonsi, con Francesco Lo Monaco, Elsa Morante trascorre l’infanzia nella casa di Augusto Morante, istitutore al riformatorio per minorenni, il quale riconosce, e cresce quei bambini come fossero suoi. Terminato il liceo, l’adolescente Elsa va via da casa: per mantenersi, dà lezioni private ed inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche. La mancanza di un solido appoggio economico, non le consentono di continuare gli studi presso la facoltà di lettere. Negli anni tra il 1936-1941 lavorerà presso il settimanale “Oggi”.

Più tardi conoscerà, tramite il pittore Capogrossi, Alberto Moravia, che sposerà nel 1941. Nello stesso anno viene pubblicato il suo primo libro, “Il gioco segreto“, in cui è raccolta parte dei testi narrativi destinata ai giornali. L’anno successivo appare il libro di fiabe “Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina”, illustrato dalla stessa scrittrice.

Dal 19 gennaio al 30 luglio del 1938 scrive il “Diario“, dal quale emergono quelle personali e familiari inquietudini che rendono la Morante, ancora una volta, una delle più grandi scrittrici del ‘900. Il gusto per la finzione, emerso in quest’opera, risale ai primi tempi in cui una giovane Elsa si avvicina alla scrittura, attraverso la stesura di filastrocche e racconti per bambini. Il” Diario” sarà pubblicato solo nel 1990.

Durante gli anni del matrimonio con Moravia, conosce  e stringe importanti rapporti con i più grandi scrittori del tempo, Umberto Saba, Attilio Bertolucci, Giorgio Bassani, Sandro Penna ed Enzo Siciliano. Importante fu il rapporto stretto con Pier Paolo Pasolini, (nel cui film “Accattone” fa un’apparizione e col quale  aveva viaggiato in India).

Verso la fine della seconda guerra mondiale, per sfuggire al pericolo nazista, ormai fin troppo esteso, Moravia e la Morante, si allontanano da Roma, rifugiandosi a Fondi, un paesino in provincia di Latina a pochi chilometri dal mare. Un luogo che apparirà spesso nelle opere successive di entrambi gli scrittori. La Morante ne parlerà soprattutto nel romanzo “La Storia“.

Nel 1943 inizia la stesure del suo primo romanzo, “Menzogna e sortilegio“, interrotto per seguire il marito, come già accennato, nel piccolo paesino di Fondi in quanto, date le accuse mosse nei confronti dello stesso Moravia di antifascismo. All’interno della narrazione, l’autrice mostra al proprio pubblico la vita e i casi di una benestante famiglia meridionale destinata alla decadenza. Tutto ciò tramite lo sguardo febbrile e tormentato di una giovane donna isolatasi dal mondo. E’ proprio in questo frangente che la Morante si allontana  dal modello neorealistico: la scrittrice mostra, da subito, la sua predilezione per il magico e la fantasticheria, in una chiave colma d’angoscia nel confronto con la realtà.

Nell’estate del ’44 ritorna a Roma, portando a galla un già complicato e difficile rapporto con Moravia. Un rapporto che alterna momenti di intenso amore ad altri di distacco e malessere. In Elsa Morante, infatti, il bisogno di autonomia contrasta con una forte esigenza di protezione e di affetto. Allo stesso modo desidera e rifiuta la maternità, a cui rinuncia pur rimpiangendo la possibilità, un giorno. di poter abbracciare quella gioia e quell’amore che solo alle madri è destinato. “Bisogna sapere che io, per mia sorte, fui sempre di quelli che s’innamorano in modo eccessivo e inguaribile, e dei quali nessuno mai s’innamora.”

Elsa Morante con Pierpaolo Pasolini

Nel 1948, dopo un viaggio in Francia e in Inghilterra, esce “Menzogna e sortilegio”, con cui vince il premio Viareggio. Moravia e la Morante, si trasferiscono in un attico in via dell’Oca, che ben presto diverrà uno dei più frequentati ritrovi del mondo intellettuale romano. Nei primi anni Cinquanta la Morante tiene un nuovo diario, che sarà però presto interrotto. Collabora con la Rai, viaggia, scrive il racconto “Lo scialle andaluso” e lavora alla redazione del suo secondo romanzo “L‘Isola di Arturo” che esce 1957, vincendo il premio Strega. Anche qui, in uno dei più grandi romanzi del ‘900, la Morante mostra quel dono che fu suo fin da quelle prime parole scritte, il dono di saper entrare nel cuore e nell’anima dei proprio lettori mostrando quel dolore, quell’inquietudine e bisogno d’amore che, da sempre, l’hanno caratterizzata.

Nel 1959, durante un viaggio negli Stati Uniti, conosce e stringe un’intensa amicizia con il pittore Bill Morrow. In quegli stessi anni, la  scrittrice, mostra ancora il proprio bisogno di indipendenza, libertà, trasferendosi in un appartamento, del tutto privato, nella Roma degli anni ’60. Compirà ancora un ultimo viaggio con il marito prima dell’ormai “inevitabile” divorzio nel 1962, anno in cui si troverà ad affrontare un enorme ed incessante dolore per la morte del pittore Morrow, precipitato nel vuoto da un grattacielo.

Gli anni successivi saranno per l’ormai affermata scrittrice, tragici e dolorosi per la Morante. Continuerà a vivere tormentata dal dolore per la perdita dell’amico, mostrerà ancora una volta e per lungo tempo la sua chiusura verso il mondo, portando con se una paura incontrollabile, ingestibile, quella della vecchiaia.

Durante la conferenza del 1965 “Pro e contro la bomba atomica” (edita da Adelphi nel 1987) e nelle poesie de” Il mondo salvato dai ragazzini “(1968), mostra una nuova forte inquietudine per i pericoli che minacciano l’umanità insieme ad un nuovo desiderio di intervento sul mondo.

Nel 1976, uscirà il suo terzo romanzo “La Storia“, il quale otterrà un enorme successo nonostante le riserve e le cretine espresse dal pubblico e da alcuni critici letterari. Nel 1976 inizia la stesura del suo ultimo romanzo “Aracoeli”, che porterà a termine e pubblicherà solo nel 1982, essendosi fratturata nel 1980 un femore. Dopo aver subito un intervento chirurgico, trascorre gli ultimi anni di vita a letto, non potendo più camminare. Nell’aprile del 1983 tenta il suicidio aprendo i rubinetti del gas, ma viene salvata da una domestica. Dopo un nuovo intervento chirurgico rimane in clinica, a Roma, dove muore d’infarto il 25 novembre del 1985.

Il 25 novembre del 1985 ci lasciava una donna il cui tormento, il cui bisogno di libertà e amore incondizionato hanno, forse, influenzato ogni singolo lettore che abbia aperto la propria anima e la proprio mente a quelle “immense” parole che, ancora oggi, sembrano volare nell’etere.

Bisogna sapere che io, per mia sorte, fui sempre di quelli che s’innamorano in modo eccessivo e inguaribile, e dei quali nessuno mai s’innamora.”

‘L’isola di Arturo’ di Elsa Morante: reclusione e tentazione

Elsa Morante

“Il mare è uno splendore indifferente, come Lui.” Lui è Arturo Gerace, il protagonista di questo imperdibile romanzo di formazione, L’isola di Arturo. Arturo nasce accanto al mare, accanto al suono delle onde che si infrangono sugli scogli. In un luogo che, più di tutto il mondo, rappresenta quell’anima che nulla attende, se non un bacio, una carezza, un gesto d’amore. “Per me madre significava precisamente: carezze.” Ma quel gesto non arriva, mai. E’ un’assenza continua, una ricerca incessante legata ad un sentimento di odio profondo per quel genere femminile che nulla ha a che vedere con quelle immagini, vive nella mente di Arturo, e legate all’unico essere che il giovane protagonista sente come un’eroe. L’eroe di ogni avventura che la sua mente crea quando quella figura è lontana, quando torna indietro, in quell’isola che rappresenta la sua unica casa, o forse solo un luogo da cui poter fuggire: il padre, Wilhelm Gerace.

“La mia infanzia è come un paese felice, del quale lui è l’assoluto regnante.”

Arturo è orfano di madre, morta per darlo alla luce. “Nella sua fotografia istantanea, che è l’unica immagine a me nota di lei, mia madre non appare più bella delle altre donne… Era mia madre! e non so più dire quante cose incantevoli significasse per me, a quel tempo, la sua maternità perduta.” La sua  vita  è fatta di attese, speranze mai realizzate, desiderio di viaggiare, fuggire, solo restando accanto all’unica persona che è parte della sua vita, un padre che non riesce a restargli accanto, un padre che è assenza, un padre che il ragazzo  ammira. L’eroe sacro di mille avventure nate nella mente del piccolo Arturo, fantasie, ancora una volta, rimaste in sospeso. Ma non è solo Wilhelm a rappresentare un qualcosa di intoccabile. Nella mente di Arturo, anche gli amici di questa sua figura paterna, una figura irreale se pur concreta nella sua fisicità, sono sacri, poichè lui, Wilhelm, ha concesso loro la sua amicizia, la sua presenza costante, la sua fiducia, le mille avventure condivise e quelle ancora da vivere.

Tra queste pagine, ricche di forza, di luoghi reali e irreali, Elsa Morante porta il lettore sull’isola di Procida, intorno al 1938, in un castello abitato solo dal nostro protagonista, con i suoi sentimenti contrastanti per quelle donne che ha visto solo da lontano, per quelle donne per le quali crede non proverà mai alcuna attrazione, solo odio, disgusto, un profondo senso di superiorità.

Ma ben presto la situazione cambia. Dopo un’altra assenza, dopo un’altra attesa, Wilhelm torna a casa portando con se una giovane fanciulla, Nunziatella. Un nuovo mondo si apre nella mente e nei pensieri di Arturo. Attrazione, disprezzo, odio, amore, per questa giovane donna che ora è la nuova sposa di quell’uomo che non può, o forse non vuole, amarlo come si dovrebbe amare un figlio. Nunziatella cerca, tra le parole di questo indimenticabile romanzo, di farsi accettare dal giovane  che, in sua risposta, decide di innalzare un muro impenetrabile. Nessuno prenderà mai il posto che occupa il ricordo di quella madre mai conosciuta. Di quella bambina la cui unica colpa fu quella di averlo dato alla luce. E quella gelosia che Arturo sente crescere come un fuoco che non riesce a spegnersi, crescerà non appena nascerà il figlio del suo unico eroe e di quella donna, un’intrusa nella sua vita. Arturo cercherà ancora attenzioni inscenando un finto suicidio, sentirà il bisogno di quell’amore mancato, di quelle carezze mai ricevute, fino al momento in cui il suo corpo, ogni organo che in lui vive, si renderà conto che, amore e odio, vanno quasi di pari passo nella mente degli amanti. Amore, odio, violenza, ingiurie, attrazione, ancora una volta una marea di sentimenti impossibili da dominare, da gestire, da sentire. Fino a quel giorno. Quel momento in cui, Arturo, sente un’irrefrenabile bisogno di gettarsi tra le braccia di Nunziatella e, quel bacio rubato, sarà per lui la conferma che nulla che sia presente su quell’isola, può rappresentare un futuro felice. Quel futuro che è ancora attesa, speranze, assenza.

Malinconia. Ricerca d’amore. Bisogno di una carezza. Desiderio di essere amato. Partenza. Lontananza. Un lungo addio e uno sguardo pronto a non voltarsi mai più indietro.

Arturo è pronto adesso. Pronto, forse, per diventare il protagonista delle sue fantasie, di quelle fantasie che sono state l’unica compagnia in quelle lunghe giornate da fanciullo, accanto a quella speranza che non abbandona mai chi sa che, questa vita, senza amore non può avere sostanza. E così è deciso. La partenza, sarà lei, da oggi in poi, la sua unica compagna.

L’isola di Arturo è poesia, purezza, un pizzico di anarchia   raccontati con scorrevolezza e semplicità  che peraltro  mostrano  come l’ordinarietà , spesso, sia controversa  coinvolgente e sorprendente come un fatto eccezionale. E’ l’esplorazione attenta della formazione, dell’iniziazione di un ragazzo che vive una felice condizione di recluso sulla sua isola separata dal resto del mondo; luogo dove si celano altre terre tentatrici, a lui ignote.

“Intorno alla nostra nave, la marina era tutta uniforme, sconfinata come un oceano. L’isola non si vedeva più.”

 

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