Festival del cinema di Venezia 2023: vince il divertente e furbissimo ‘Poor things!’ di Lanthimos

Sarà stata davvero una gioia per Damien Chazelle, presidente della giura di Venezia 2023, proclamare Povere creature del regista greco Yorgos Lanthimos, il film vincitore del Festival del Cinema di Venezia 2023. Già perché la protagonista di questa surreale e gotica pellicola è Emma Stone, interprete di La la land (7 premi Oscar nel 2016), proprio di Chazelle.

Malizia (ma non tanta) a parte, era previdibile che vincesse un film che ha per protagonista una “Barbie” punk, la versione femminile di Frankenstein, simbolo di emancipazione femminile. Emancipazione che naturalmente passa per la libertà sessuale della donna.

In un mondo fantastico, un chirurgo dall’aspetto mostruoso trova il cadavere di una donna incinta che si è suicidata buttandosi da un ponte. Dal feto preleva il cervello e lo trapianta nella testa della madre, per poi rianimarla. La donna che ne viene fuori, deve crescere (deve sviluppare il suo cervello) e che lo fa assecondando i desideri sessuali di un corpo già adulto e maturo; una formazione strana in cui l’ingenuità infantile si sposa alla rivendicazione del piacere carnale, diversi uomini e la scoperta delle ingiustizie sociali, economiche e sessuali del mondo vittoriano.

Lanthimos racconta una favola dark sulla potenza femminile sugli uomini, ma anche su cosa accade se una donna è consapevole di questo potere e asseconda i propri desideri senza stare a preoccuparsi del posto che la società vuole per lei o di quello che la società potrebbe dire di lei. Attualissimo, furbo, superificiale, ma il regista greco ha fatto di meglio.

A Venezia Lanthimos non ha fatto altro che dirci ancora una vota che la famiglia è una gabbia che contiene in piccolo tutte le forme di prevaricazione sociale e violenza che sono proprie della società; di conseguenza è necessaria una piccola rivoluzione per ribaltare tutto; e la conoscenza del mondo a partire dalla propria vulva porta a questa liberazione, senza paura e pregiudizi. Povere creature! non ha davvero nulla di suo da aggiungere o dire su questi ragionamenti ordinari e l’abuso continuo di scenografie in computer grafica di gusto non sempre impeccabile, unite a costumi che parlano di fantasie surrealiste senza che poi queste si trovino nel film (e allora perché?) gli danno un’aria pomposa che non può permettersi.

Divertente ma superficiale, abbastanza in linea con le proposte festivaliere di questi ultimi anni. A molti uomini piacerà questa “nuova donna” che in realtà nella nostra società progressista e “liberata” esiste già. Sarebbe questo il femminismo rivoluzionario da cui ripartire?  Povere creature sul serio, allora! Uomini e donne.

 

Venezia 2023 Tutti i premiati, oltre Lanthimos

 

MIGLIOR REGIA

Matteo Garrone per Io Capitano

“Un pensiero al Marocco e alla tragedia di oggi. Il nostro film racconta il viaggio che fanno due ragazzi attraverso l’Africa che cercano di arrivare in Europa e lo fa attraverso il loro punto di vista e la loro angolazione. Volevo dirvi che per poter entrare in quella cultura ho realizzato il film con loro, cercando di essere un intermediario e dare voce a chi non ce l’ha. Passo la parola all’attivista Mamadou”. “IL nostro premio è dedicato a tutte le persone che non sono potuto arrivare a Lampedusa. Darci un visto per viaggiare è lo strumento per stroncare il traffico degli esseri umani”.

 

GRAN PREMIO DELLA GIURIA

EVIL DOES NOT EXIST di Ryusuke Hamaguchi. “Era inaspettato che arrivassimo fino a qui, i miei ringraziamenti vanno a tutti coloro che ci hanno concesso”.

COPPA VOLPI

Cailee Spaeny Per Priscilla
“Tutto questo è magico e inaspettato. È un’esperienza che capita una volta nella vita, ho sempre sentito la responsabilità di onorare la complessità di ciò che ha passato la vera Priscilla, va a lei tutta la mia gratitudine”.

Peter Sarsgaard per Memory
“Questo è il momento della condivisione, dobbiamo ricordarci che siamo una entità. Da ragazzo trovavo questo sentimento nella comunità cristiana, più avanti nel teatro ma non sul palco, in quel momento in cui la luce cala e le nostre menti in silenzio sono all’unisono”. Parla poi a favore dello sciopero e contro l’intelligenza artificiale: “Se perdiamo questa battaglia il nostro cinema sarà solo la prima cosa a cadere”.

Premio Speciale della Giuria

GREEN BORDER di Agnieszka Holland
“Non è stato facile realizzare questo film per motivi che potete immaginare, e per alcuni che non potete immaginare. Dal 2014 a oggi la realtà dei rifugiati che racconto nel film non è cambiata: la gente continua a morire ed essere privata dei propri diritti e non aiutata non perché in Europa non possiamo, ma perché non vogliamo. Dedico questo film a tutti gli attivisti, dalla Polonia fino a Lampedusa”.

Miglior sceneggiatura

PABLO LARRAIN e GUILLERMO CALDERON per El Conde
“Voglio parlare degli sceneggiatori in sciopero: spero si arrivi a un accordo con gli studios per la
dignità e il rispetto per tutti gli sceneggiatori del mondo”.

Premio Marcello Mastroianni

SEYDOU SARR per Io, Capitano
“Sono contento e felice. Non ce n’è parole, non ce n’è. Grazie mille”.

ORIZZONTI

Miglior film

EXPLANATION FOR EVERYTHING Di Gabor Reisz
Vincere un premio da una comunità internazionale significa molto oggi: fare cinema indipendente è particolarmente difficile in Ungheria, vi chiedo di supportarci e seguirci”.

Miglior regia

Mika Gustafson per PARADISE IS BURNING
“Sono sotto choc. Volevo fare qualcosa di nuovo e spingermi oltre ogni confine. Le storie non sono ancora state tutte raccontate, c’è speranza per il futuro”.

Premio Speciale della Giuria

UNA STERMINATA DOMENICA di Alain Parroni
“Realizzare il primo film è un atto doloroso, più che un premio è un patto con le immagini e gli spettatori del futuro. Ringrazio i miei produttori (tra cui Wim Wenders, ndr) per avercela messa tutta per ascoltarmi anche quando non mi capivo da solo”.

Miglior interpretazione femminile

Margarita Rosa de Francisco per El Paraiso.
“Sono molto commossa. Edoardo Pesce, attore possente e straordinario, mio figlio nel film, dice che recitare è un lavoro come tanti altri. Concordo, ma come ogni altro lavoro quando lo fai con amore e dedizione ogni momento diventa un miracolo. Ringrazio poi il mio Paese, la Colombia”.

Miglior interpretazione maschile

Tergel Bold-Erdene per City of Wind.
“Dalla Mongolia mi era difficile arrivare a ritirare il premio, ma vi ringrazio profondamente”.

Miglior sceneggiatura

EL PARAISO di Enrico Maria Artale
“Non mi sono mai considerato uno sceneggiatore, ringrazio Edoardo Pesce, senza il quale e senza la nostra amicizia questo film non esisterebbe. Rassicuro mia madre: i momenti che abbiamo avuto non sono niente in confronto all’amore che mi ha trasmesso in tutta la vita”.

Miglior corto

SHORT TRIP di Erenik Beqiri
“Questo vuol dire molto per me e per il mio Paese (Albania, ndr), spero avremo sempre più modo di esprimerci e raccontare liberamente le nostre storie. E chiedo scusa ai miei genitori per essere stato cattivo qualche volta”.

OPERA PRIMA Luigi de Laurentiis:

LOVE IS A GUN di Lee Hong-Chi
“Nel passato tanti maestri del cinema cinese mi hanno preceduto, io devo imparare ancora molto da loro”.

PREMIO ARMANI BEAUTY per ORIZZONTI EXTRA:

FELICITÀ di Micaela Ramazzotti
“Ci ho messo l’anima per arrivare al vostro cuore. Dedico questo premio a chi sta vivendo un momento difficile ed è nell’infelicità della propria vita: può durare a lungo l’infelicità, ma bisogna lottare tanto, lottare sempre per la felicità, cosa di cui tutti noi abbiamo bisogno sempre”.

VENICE IMMERSIVE:

SONGS FOR A PASSERBY Di Celine Daemen
“Songs for a Passerby è un viaggio meditativo che ti consente di vederti da fuori come un burattino che si guarda e da emergere il quesito melanconico: sono io ad attraversare la vita o è la vita che sta attraversando me?”

 

Povere creature!, il film di Lanthimos parte da un’idea formidabile ma rimane in superficie | Wired Italia

Oscar 2017: La La Land scippato, ancora una volta trionfano il politicamente corretto e il ricatto sociale

Ancora una volta, come l’anno scorso, la notte degli Oscar 2017 è stata all’insegna del politicamente corretto, della vittoria del Tema, del noioso messaggio rispetto al vero cinema. Questa volta però la notte più lunga di Hollywood sarà particolarmente ricordata per la gaffe finale da sagra paesana che ha dato inizialmente per vincitore il meritevole film del giovane regista Chazelle, La La Land e per quello che ormai sta diventando questo premio. Ha vinto il messaggio del ricattatorio Moonlight e hanno ragione alcuni critici cinematografici quando propongono in maniera provocatoria di chiamarlo Oscar per il Sociale, facendo votare i rappresentanti dell’associazionismo, i benefattori, i filantropi, ma non chiamiamolo più premio per il Cinema; perché, con tutto il rispetto, in Moonlight, polpettone che imposta il dolore come un genere e non come un sentimento, c’è molto meno cinema che in La La Land, (che comunque ha portato a casa 6 statuette) scippato anche dell’Oscar al montaggio.

Dopo Il caso Spotlight dell’anno scorso (ma anche nel 2014 con 12 anni schiavo) sapientemente orchestrato per far applaudire alla mission dei giornalisti d’inchiesta riguardo gli orribili abusi sessuali perpetrati da sacerdoti dell’Arcidiocesi cattolica, e dopo le ridicole polemiche (e accuse di razzismo) inerenti alla mancanza di una rappresentanza “nera” agli Oscar 2016, è stata la volta della preminenza della bontà del tema, nella fattispecie l’amore omosessuale tra due ragazzi neri nella comunità machista della Florida, della pellicola di Barry Jenkins Moonlight. Probabilmente l’Academy degli Oscar 2017, sentendosi orfana di Barack Obama e sull’onda antitrumpista, ha deciso di premiare il black power. Avranno forse pesato anche i 638 nuovi membri di cui il 41% “not white”? Probabile, ma fatto sta che tra la qualità artistica del brioso e postmoderno La La Land e del melò Moonlight c’è un abisso, senza nulla togliere all’intensa interpretazione del musulmano Mahershala Alì, premiato come non protagonista. La La Land è un film citazionista che omaggia il vecchio musical senza rimpiangerlo, che ci mostra come purtroppo spesso è impossibile condividere per sempre dei sogni perfino con chi ti è stato accanto e ti ha aiutato a realizzarli, come accade ai bravissimi protagonista Ryan Gosling, pianista jazz ed Emma Stone, cameriera aspirante attrice, alla quale è andato il premio come migliore attrice protagonista.

Accanto a Moonlight sono stati premiati Fences (Barriere) di Denzel Washington grazie all’Oscar da migliore attrice non protagonista a Viola Davis e documentario O. J.: Made in America. La serata al Dolby Theatre in chiave anti-Trump è proseguita con l’attribuzione dell’Oscar per il miglior film straniero a Il Cliente del forzatamente assente regista Asghar Farhadi che, avendo scelto di non accettare permessi speciali per partecipare alla cerimonia, è rimasto a casa. A sostituirlo c’è stata una concittadina iraniana che ha letto il suo messaggio contro ogni tipo di divisione, come l’attore messicano Gael Garcia Bernal che si è esplicitamente opposto “a qualunque muro separatista di vite e culture”.

I piccoli Oscar radical chic passano, film come Manchester by the sea che traspone la tragedia greca nella provincia americana con grande tensione emotiva e La La Land che non sarà un capolavoro ma coinvolge, soprattutto i sognatori e i cuori infranti, resteranno nella storia del cinema. Piccola soddisfazione anche per l’Italia che, attraverso i truccatori Bertolazzi e Gregorini si è aggiudicata l’Oscar per il miglior trucco. Nulla da fare invece per Fuocoammare di Gianfranco Rosi e tutto sommato non deve dispiacere data la pochezza artistica e la dovizia ideologica del film che si muove solo ed esclusivamente sul filo dell'”ovvio”. Peccato invece per l’esclusione dalla rosa dei candidati come miglior film straniero agli Oscar 2017 di pellicole come Agnus Dei e Animali Notturni.

Oscar 2017: tutti i premi vinti

 

Miglior film

Moonlight

 

Miglior regia

Damien Chazelle, La La Land

 

Miglior attore protagonista

Casey Affleck, Manchester By the Sea

 

Miglior attrice protagonista

Emma Stone, La La Land

 

Miglior attore non protagonista

Mahershala Ali, Moonlight

 

Miglior attrice non protagonista

Viola Davis, Barriere

 

Miglior film straniero

The Salesman (Iran)

 

Miglior documentario

OJ: Made in America

 

Miglior cortometraggio documentario

The White Helmets

 

Miglior film d’animazione

Zootropolis

 

Miglior corto d’animazione

Piper

 

Miglior sceneggiatura non originale

Moonlight

 

Miglior sceneggiatura originale

Manchester by the Sea

 

Miglior colonna sonora originale

La La Land (Justin Hurwitz)

 

Miglior canzone originale

City of Stars (La La Land)

 

Miglior sonoro

Arrival

 

Miglior montaggio sonoro

La battaglia di Hacksaw Ridge

 

Miglior scenografia

La La Land

 

Migliori effetti speciali

The Jungle Book

 

Miglior montaggio

La battaglia di Hacksaw Ridge

 

Miglior fotografia

La La Land

 

Migliori costumi

Animali fantastici e dove trovarli

 

Miglior trucco e acconciatura

Suicide Squad (Alessandro Bertolazzi e Giorgio Gregorini)

 

 

 

Venezia 2016, vince ‘The woman who left’ di Lav Diaz

Cala il sipario su Venezia 2016, che ha visto la vittoria del prolisso film filippino The woman who left di Lav Diaz, film meno comtemplativo rispetto ai precedenti di Diaz, ma che si avvale di una narrazione più netta di tendenza documentaristica, per raccontare una dramma di fede, perdono, vendetta e redenzione, e per dirci ancora una volta che la “vita è un processo di continuo confronto con il dolore”. La storia è quella di Horacia, una donna che ha trascorso gli ultimi trent’anni in galera per un crimine non commesso. Ma nel 1997 il vero assassino esce allo scoperto e confessa; si scopre allora che Horacia fu incastrata dal suo ex-ragazzo. Tuttavia la donna non si è trovata male in carcere: tutti le hanno voluto bene poiché ha sempre aiutato tutti incondizionatamente. Anche una come lei, però, fa fatica a reggere il peso del male ricevuto ed ecco che da sorpresa qual è nel ritrovarsi fuori, diventa vendicativa e comincia il suo viaggio alla ricerca dell’uomo che le ha rubato trent’anni di vita.

“Dedico questo film al popolo filippino e alla sua lotta quotidiana. Il mio è un cinema libero, non mi faccio limitare da confini temporali. La cultura filippina è altamente disfunzionale, per questo nei miei lavori mostro il senso di spaesamento del mio popolo”, ha affermato Lav Diaz dopo aver ricevuto l’ambito premio per la sua ultima fatica, la quale, rispetto ad alcune sue precedenti (Century of birthing su tutte), non è di certo la più riuscita.

Venezia 2016: tutti i premi e il fallimento dei film italiani

Venezia 2016, giunta alla sua 73esima edizione, si è aperta con un musical La La Land, di Damien Chazelle, con Emma Stone, che si è aggiudicata la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile e Ryan Gosling e chiusa con un western, The Magnificent Seven, di Antoine Fuqua con Denzel Whashington, Chris Patt e Ethan Hawke, passando per i grandi nomi della cinematografia mondiale: da Wim Wenders con Les beaux jours d’Aranjuex che tratta di amore e libertà, a Pablo Larrain con il biopic Jackie, cui è andato il premio per la miglior sceneggiatura, in cui Natalie Portman veste gli abiti da vedova di Jacqueline Kennedy, a Terrence Malick   con Voyage of time, documentario sul senso della vita, con la voce narrante di Cate Blanchett, fino a Emir Kusturica con il frenetico On the Milky Road (con una Monica Bellucci che scopriamo saper recitare meglio in serbo che in italiano) e ad Andrei Konchalovsky con Rai (Paradise), cui è andato il Leone d’argento per la miglior regia, ex aequo con Untamed di Amat Escalante e François Ozon con il film in costume Frantz.

Il Gran Premio della Giuria di Veneza 2016 è andato a Tom Ford con il suo thriller Nocturnal Animals mentre l’universo distopico di The Bad Batch di Ana Lily Amirpour si è aggudicato il Premio Speciale della Giuria. Miglior attore è risultato l’argentino Oscar Martinez, protagonista del racconto di El Ciudadano, straordinario nella sua interpretazione di un premio Nobel per la letteratura che decide di tornare nella sua piccola cittadina natia. Il Premio Mastroianni per il miglior attore/attrice emergente è andato alla tedesca Paula Beer, protagonista di Frantz; mentre il premio Luigi De Laurentiis alla miglior opera prima a The last of us, di Ala Eddine Slim. Sono rimasti a mani vuoti i film italiani: Spira Mirabilis (probabilmente unica pellicola tra le italiane degna di figurare al Festival), Piuma e Questi giorni; come i favoriti alla vigilia: Une Vie di Stephan Brizé e Arrival di Denis Villeneuve. L’Italia si  si è dovuta accontentare della vittoria come miglior film nella sezione Orizzonti andata al documentario antropologico Liberami, di Federica di Giacomo, che racconta della pratica degli esorcismi da parte di Padre Cataldo, tra i sacerdoti più richiesti in Sicilia.

L’impressione che si è avuto di Venezia 2016 è che è stato un Festival, la cui giuria, presieduta da Sam Mendes, ha voluto premiare al contempo arte e industria, cercando di non scontentare nessuno. La débacle della rappresentativa italiana dovrebbe indurre a riflettere sulle problematiche relative alla nostra produzione.

 

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