Convegno internazionale ‘Rubens e la cultura italiana”: nuovi dati e informazioni sul pittore fiammingo

Si è concluso lo scorso 19 dicembre il convegno internazionale “Rubens e la cultura italiana, 1600-1608” presso Palazzo Venezia a Roma. Gli anni che Rubens trascorse in Italia dal luglio del 1600 all’ottobre del 1608 sono attestati da più di duecento documenti, sei commissioni pubbliche, oltre settanta quadri e una lista interminabile di disegni. Un periodo di tempo in cui il pittore si è mosso in maniera frenetica su e giù per l’Italia, da una parte all’altra del mare Mediterraneo, dentro e fuori il ruolo di cortigiano, in perenne contatto con la comunità dei fiamminghi di stanza a Roma e senza mai interrompere il flusso di notizie con i suoi conterranei rimasti ad Anversa. Gli studiosi riunitisi in occasione del convegno durato tre giorni, hanno riflettuto sulla rete di contatti e di suggestioni che si intrecciano in tale lasso temporale. Le ricerche e le scoperte avviate in preparazione della mostra L’Età di Rubens (2004), come ha sostenuto il dott. Piero Boccardo e poi continuate fino ad oggi, consentono infatti non solo di fornire nuove e importanti informazioni su quasi tutte le opere già note, ma anche di presentare in una sede appropriata due altri ritratti venuti alla luce solo di recente.

Le ricerche scaturite in occasione del recente intervento conservativo sull’Assunzione della Vergine della Galleria Colonna, intrecciando i dati tecnico-esecutivi e conservativi con quelli che emergono dagli studi documentari e inventariali, ripercorsi per l’occasione, consentono di formulare nuove ipotesi attributive, riconducendo con forte probabilità agli anni romani del maestro un dipinto finora ritenuto non autografo e cronologicamente successivo. Lo splendido underdrawing emerso in riflettografia esclude infatti per il dipinto il ruolo di tarda versione con varianti dell’Assunzione eseguita da Rubens per la cattedrale di Anversa (1625-1626) da parte di un seguace del maestro. La rimozione della vernice ossidata durante il recente restauro conservativo ha consentito di restituire all’opera la sua elevata qualità stilistica originale e svelarne la sua natura di grande “bozzetto”. Non si tratta dunque di un’opera “d’après” e il suo autore è prima di tutto un sapiente disegnatore oltre che un abile pittore. La gamma cromatica e la ricca materia pittorica sono propri di un grande maestro.

Durante una campagna di ricerca archivistica riguardante il fondo delle Minute e quello relativo alla Corrispondenza dei Paesi del Ducato presso l’Archivio di Stato di Mantova, come ha rilevato la Dott.ssa Cecilia Paolini, sono stati ritrovati alcuni documenti inediti afferenti alla missione diplomatica in Spagna di Pietro Paolo Rubens, per conto di Vincenzo I Gonzaga: in particolare, da tale documentazione si circostanziano meglio le ragioni diplomatiche della missione ed emergono dettagli importanti inerenti al rapporto tra il pittore e il duca di Mantova, inizialmente molto deluso dal modo di agire di Rubens. Un altro aspetto importante è dato da una lettera dell’ambasciatore Annibale Iberti del 1605, possibile prova di un passaggio di Rubens a Genova prima del secondo soggiorno romano.

Rubens in Italia

In Italia Rubens si cimentò con diversi generi pittorici. I ritratti dell’aristocrazia genovese da lui dipinti sono impressionanti per il fasto aulico e distaccato e costituiscono il preludio fondamentale per il futuro arrivo di Van Dyck nella Superba. Rubens amava molto Genova, era affascinato dalla sistemazione urbanistica della Strada Nuova e dal lusso delle grandi famiglie patrizie. Fra le opere rimaste a Genova spicca il Ritratto equestre di Gio. Carlo Doria, conservato nella Galleria Nazionale della Liguria si palazzo Spinola. Il ritratto di Rubens è stato concepito come culmine e chiave dell’intera raccolta. Si tratta di un brano di pittura di foga impetuosa, perfino un po’ esagerata nel cagnolino peloso che cerca di mimare l’impennata del destriero.

Il soggiorno italiano comprese anche un gruppo di pale d’altare, come il notturno caravaggesco della Adorazione dei pastori o la tempestosa ondata cromatica della Circoncisione sull’altare maggiore della chiesa del Gesù a Genova, che permettono di seguire i passi successivi dell’affermazione di uno stile molto caratteristico, basato sull’amplio dilatarsi delle figure nello spazio e sulla ricchezza del colore, chiaramente debitore della tradizione veneta. Uno degli indiscussi capolavori di Rubens è senza dubbio la Deposizione dalla croce, opera, dove il maestro governa con energia il vario disporsi delle figure, influenzata da Caravaggio dove l’artista combina efficacemente motivi apprezzati e decifrati dagli intellettuali e comunicazione popolare.

Deposizione dalla croce

Entrato nella maturità fisica e artistica, Rubens si espresse con uno stile del tutto personale, dove i riferimenti all’arte classica e rinascimentale furono inseriti in una ricchezza compositiva e cromatica nuova. Il trionfale spirito narrativo esplode con piena libertà soprattutto nelle scene profane, colme di fantasia e spettacolarità. L’artista diventò una vera e propria azienda, dopo aver scalato la società anche grazie al matrimonio con Isabelle Brandt: dai suoi disegni si ricavano incisioni, statue, arazzi coperti da copyright, i collaboratori più abili ebbero un ruolo di specialisti e affiancarono il maestro nelle composizioni più complesse.

 

Per approfondire: https://www.facebook.com/rubensroma2018/

 

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