“Bridge Over Troubled Water”: l’ultimo atto di Simon & Garfunkel

Nell’agosto del 1969 la premiata ditta Simon & Garfunkel stava chiudendo i battenti dopo dodici anni di sfolgorante carriera e clamorosi successi. Il duo più popolare del pop era sull’orlo dello scioglimento a causa di inconciliabili divergenze artistiche e spinte centrifughe verso progetti solisti. Art Garfunkel aveva, infatti, cominciato una discreta carriera cinematografica (con i film Conoscenza Carnale e Comma 22) trascurando le sedute d’incisione ed irritando progressivamente un Paul Simon costretto a lavorare da solo per la maggior parte del tempo. Prima di lasciarsi, tuttavia, erano decisi a dare alle stampe il loro “canto del cigno” proprio come avevano fatto i Beatles nello stesso periodo.

“Quando l’album ed il singolo uscirono eravamo nel pieno di una separazione. Durante l’incisione di quel disco passammo un brutto periodo, tuttavia riuscimmo a farlo funzionare” (Art Garfunkel)

Nonostante litigi, discussioni e ripicche reciproche Bridge Over Troubled Water vede la luce nel gennaio del 1970 ed è subito capolavoro. Sebbene fosse obiettivamente difficile superare la qualità del disco precedente, Bookends, il duo dimostra di avere ancora, nonostante tutto, un grande affiatamento. Simon, dal canto suo, da prova di essere in splendida forma, a dispetto della crescente frustrazione, scrivendo, arrangiando e producendo brani di incredibile bellezza e qualità, carichi di malinconia, rabbia, gioia e poesia. La tormentata dichiarazione d’amore contenuta nella title track, cantata superbamente da Garfunkel, diventa immediatamente un best seller finendo nelle scalette di grandissimi artisti da Elvis Presley ad Aretha Frankiln. Un pezzo altamente evocativo e spettacolare capace di commuovere e far sognare. I sapori andini de El Condor Pasa, la gioia incontenibile di Cecilia, il rock di Keep The Customer Satisfied, le atmosfere rarefatte di So Long, Frank Lloyd Wright evidenziano la maturità raggiunta dai due artisti proprio nella fase finale del loro percorso comune.

Bridge Over Trouble Waters-Columbia Records-1970

La dylaniana The Boxer (altro meraviglioso evergreen), con un testo altamente evocativo incentrato sull’emarginazione, la tambureggiante Baby Driver, la sognante The Only Living Boy In New York, la piacevole Why Don’t You Write Me, il ritorno alle origini rappresentato dalla cover di Bye Bye Love, cavallo di battaglia degli Everly Brothers (duo molto popolare negli anni ’50 e veri ispiratori di Simon & Garfunkel) e la tenera Song For The Asking, chiudono una track list fantastica. Le incisioni sono tecnicamente ineccepibili grazie a musicisti di altissimo livello ed una produzione quasi maniacale. Gli arrangiamenti sono ricchi e complessi, orchestrali, pieni di suoni ricercati ma mai eccessivi o fuori posto. Su tutto, ovviamente, spiccano le due voci che si incastrano a meraviglia dando vita ad armonizzazioni raffinatissime e di gran fascino. Grazie a queste caratteristiche l’album vola in vetta alle classifiche (otto milioni di copie solo negli USA e primo posto nella classifica di Billboard), facendo incetta di premi e critiche entusiastiche. Ma il solo sfoggio di numeri non basta a giustificare l’inclusione di questo disco in quasi tutte le classifiche dei migliori album del XX secolo; si tratta di un’opera di gran classe, piena di poesia e melodie immortali, lontana se vogliamo dagli standard crepuscolari e malinconici tipici del duo e più vicina al rock ed al pop di caratura internazionale. Brani perfetti per l’airplay radiofonico in cui però è chiaramente riconoscibile l’inconfondibile tocco di Simon & Garfunkel, due “vecchi amici” che hanno deciso di lasciare la storia in grande stile per entrare nella leggenda.

“Modern Sounds In Country & Western Music”: L’integrazione secondo Ray Charles

Ray Charles Robinson da Albany, Georgia, era un uomo del Sud. Del profondo Sud fatto di piantagioni, povertà, arretratezza culturale, razzismo ma anche grande musica. Dal blues al gospel, dal country al bluegrass, era tutto un fluire di note che s’influenzavano vicendevolmente senza trovare mai però, una codificazione compiuta. Tutto ciò non poteva non colpire il sensibile orecchio del giovane Charles che, dopo anni di dura gavetta e sacrifici, decide di riproporre alcuni dei brani più famosi della tradizione americana irrobustendoli con dosi massicce di soul. Il progetto è ambizioso, rischioso e politicamente destabilizzate. Un nero che canta le canzoni dei bianchi stravolgendole e contaminandole con lo stile del ghetto. Inconcepibile, inaudito, assolutamente pazzesco; in molti storcono la bocca al solo pensiero di tale commistione. Ma Ray va dritto per la sua strada forte del suo istinto e della sua incomparabile voce.

“Alcune delle ballate, che erano già di per se così belle, era come se le avesse composte lo stesso Charles, anche se lui stava suonando esattamente la melodia originale. Eppure quando Ray Charles le canta è come se fosse sempre una nuova canzone” (Daniel Cooper- saggista musicale)

Proprio qui sta la forza e l’innovazione del progetto. Far suonare una trita e ritrita canzone popolare come un pezzo mai udito prima, anche se tutti lo conoscono, mettendo per la prima volta d’accordo le due grandi anime della musica e della nazione americana: quella bianca e quella nera. Modern Sounds In Country And Westrn Music esce nel 1962, in un periodo storico molto turbolento per gli Stati Uniti. Sono gli anni della lotta per i Diritti Civili e l’Integrazione Razziale, del movimento studentesco, della Marcia su Washington, di Martin Luther King, Malcom X e delle Black Panthers. Un clima, dunque, carico di tensione e contrapposizione ma anche di indiscutibile novità in cui quest’opera si inserisce in quanto manifesto politico/musicale della nascente Grande Nazione. L’anello di congiunzione tra due culture; la pietra angolare della musica statunitense in cui due “tradizioni” si fondono dando vita ad un unico grande suono innovativo, sublime, maestoso.

Ecco quindi che Bye Bye Love, hit degli Everly Brothers, diventa un infuocato swing, Born To Loose, di Frankie Brown, si trasforma in una meravigliosa ballad strappalacrime, Hey Good Lookin’ di Hank Williams, assurge ad inno soul mentre la splendida I Can’t Stop Loving You, di Don Gibson, diviene un canto gospel carico di pathos e disperazione. Il lavoro di Ray Charles è semplicemente superbo. Gli arrangiamenti raffinati a base di archi, il ritmo sferzante rafforzato da ottoni infuocati, il pianoforte capace di trasmettere sensazioni contrastanti e profonde, l’assoluta padronanza dei pezzi e dello studio di registrazione, la voce incredibile capace di emettere urla lancinanti per poi trasformarsi in un sussurro delicato, hanno fatto di quest’album un capolavoro, una pietra miliare già dal primo ascolto. Modern Sounds mette subito d’accordo tutti, pubblico e critica, bianchi e neri, ricchi e poveri, giovani e vecchi, fin dal giorno della sua pubblicazione. Il successo è enorme come pure le implicazioni sociali e politiche. L’integrazione, almeno sul piano musicale è avvenuta. L’aggettivo “moderno”, posto nel titolo del disco significa proprio questo: il superamento delle barriere razziali e culturali che permettono alla musica di avere la stessa bellezza e valenza per tutti. Ma questo disco è moderno ancora oggi, a più di mezzo secolo dalla data di uscita. Nessun altro artista è più riuscito nell’impresa di fondere in maniera tanto mirabile due correnti così antitetiche senza minimamente stravolgere le caratteristiche originarie di entrambi. Nessun altro artista si è potuto permettere d’influenzare così pesantemente il pensiero sociale e politico di una generazione. The Genius ha dimostrato definitivamente che c’è qualcosa di bianco nella musica nera e viceversa.

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