Ken Follett, il paladino delle minoranze

“Io sono certa che nulla più soffocherà la mia rima, il silenzio l’ho tenuto chiuso per anni nella gola come una trappola da sacrificio, è quindi venuto il momento di cantare una esequie al passato.” (Ken Follett, “I pilastri della terra”).

Ken Follett nasce a Cardiff, nel Galles, il 5 giugno 1949. Primo figlio di Martin Follett, un ispettore delle tasse, e di Lavinia Veenie, ha tre fratelli. Fin da piccolo un interesse che va oltre la sua immaginazione lo spinge ad amare la lettura. Si trasferisce a Londra con la famiglia all’età di dieci anni, vincendo l’ammissione allo University College di Londra, dove studia filosofia e inizia ad impegnarsi nella politica di centro-sinistra. Si sposa con Mary nel 1968, e nello stesso anno nasce suo figlio Emanuele.
Dopo aver intrapreso un corso di giornalismo, inizia a lavorare come apprendista reporter a Cardiff nel South Wales Echo. Tre anni dopo sarà di ritorno a Londra per lavorare nell’Evening News, il telegiornale della sera. La sua passione per la lettura lo porta a iniziare a scrivere romanzi la sera e nei fine settimana come hobby.

Il successo arriva lentamente, e con la pubblicazione di “La cruna del lago” nel 1978un thriller ambientato durante la seconda guerra mondiale, che riscuote un enorme successo. Il libro vince l’Edgar Award e diventa un film per il grande schermo che vede come protagonisti Donald Sutherland e Kate Nelligan.
Verso la fine del 1970, viene coinvolto nelle attività del partito laburista britannico. Durante il suo impegno politico, conosce Barbara Hubbard, un deputato del Parlamento nelle file laburiste che in seguito diventerà ministro della cultura nel governo di Gordon Brown. Ken e Barbara si sposano nel 1984. La coppia vive tra Londra e Stevenage (Hertfordshire), insieme a una vasta schiera di figli avuti nei matrimoni precedenti. Follett è un grande estimatore di Shakespeare, e spesso è possibile incontrarlo alle rappresentazioni tenute dalla Royal Shakespeare Company di Londra. Adora la musica e suona il basso in una band dal nome Damn Right I Got the Blues.

Analizzando le opere di Follett si possono individuare quattro fasi ben distinte. La prima fase comprende “La Cruna dell’ago” e i cinque libri che lo seguono. Ciò che al loro interno troviamo spazia dalla prima guerra mondiale, con l’opera “L’uomo di Pietroburgo”,all’Iran e all’Afghanistan con “Sulle ali delle aquile” e “Un letto di leoni”. Un cambiamento, una varietà che si fonda sull’elemento cronologico e geografico.
La seconda fase comprende quattro romanzi storici scritti sul finire degli anni ’80. L’intricato e appassionante “I pilastri della terra”, ambientato nell’Inghilterra medievale, si svolge parallelamente alla costruzione di una cattedrale, affiancando alla storia della chiesa la vita di svariati personaggi. “Notte sull’acqua” narra le vicende dei viaggiatori che abbandonano l’Inghilterra sull’ultimo volo di linea del Clipper, idrovolante di lusso diretto negli Stati Uniti alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale.“Una fortuna pericolosa” è ambientato nella Londravittoriana, e “Un luogo chiamato libertà” nelle colonie inglesi nord-americane ai tempi della rivoluzione americana. Cambia ancora genere nei tardi anni novanta, con un paio di libri ambientati nel presente usando le tecnologie avanzate come filo conduttore. “Il martello dell’Eden” si focalizza sul terremoto come arma di terrore, mentre “Il terzo gemello” sugli aspetti oscuri delle biotecnologie. Ritornando allo spionaggio in “Codice a zero”, Ken Follett ambienta il romanzo ai tempi del lancio del primo satellite americano.

“Le gazze ladre” e “Il volo del calabrone” vengono invece collocati cronologicamente durante la seconda guerra mondiale. “Nel bianco” è un thriller ambientato ai giorni nostri, in cui un gruppo di terroristi cerca di trafugare un virus da un laboratorio. Il 18 settembre 2007, esce in antemprima mondiale, in Italia, “Mondo senza fine”, seguito ideale de “I pilastri della terra”. Il 28 settembre 2010 è la volta de “La caduta dei giganti”, primo romanzo della cosiddetta “Trilogia del secolo”, che ripercorre tutti i principali fatti storici del Novecento. Il secondo volume, intitolato “L’inverno del mondo”, è uscito in Italia l’11 settembre 2012. La terza ed ultima parte era stata prevista per il 16 settembre 2014.

Ken Follett ha venduto più di 150 milioni di copie dei suoi libri in tutto il mondo.L’elemento che emerge nelle opere dello scrittore e che rispecchia la sua forte personalità, è la componente politica, il suo modo di osservare il mondo e ciò che lo circonda. Chi dovrebbe guidarlo e in che modo. Idee politiche che ritroviamo soprattutto ne “La caduta dei giganti” e “L’inverno del mondo”. In essi tutti i personaggi positivi si identificano con le idee di centro-sinistra, mentre i conservatori non sono in alcun modo giudicati in modo positivo dallo scrittore.
I protagonisti della “Trilogia del secolo” si presentano infatti quali famiglie di minatori e di sindacalisti galles che lottano per i propri diritti contro i proprietari delle miniere, descritti come dei profittatori capitalisti. All’interno di queste opere, oltre ad una profonda critica al fascismo, troviamo anche un’aperta accusa contro il comunismo che, animato da nobili ideali, si trasforma in una dittatura anti-democratica attraverso l’uso della violenza.

Ken Follett porta nelle sue opere la lotta per l’emancipazione femminile, il socialismo, quelli che verranno dall’autore visti come i soli modi per aspirare e giungere un giorno ad una vita migliore. Il punto di vista analizzato da Follett è quindi quello delle minoranze, se così possono essere definite, che lottano per andare avanti, restare a galla, sopravvivere.

“Il socialismo non vuole la rivoluzione, perché l’hanno già provata altri popoli e abbiamo visto che non funziona. Però vuole un cambiamento, e subito”. Parole di buon senso quelle del riformista Follett che, tralasciando l’aspetto sociale/politico delle sue opere, si è dimostrato un grande conoscitore e divulgatore storico.

 

Di Gabriella Monaco.

 

‘Fontamara’: la critica sociale di Ignazio Silone

Tradotto in innumerevoli lingue e con ampio riconoscimento di pubblico in tutto il mondo, Fontamara (1933) rappresenta uno dei romanzi più noti di Secondo Tranquilli, in arte Ignazio Silone (Pescina, 1°maggio 1900- Ginevra 23 agosto 1978), uno degli intellettuali italiani più conosciuti e letti non solo in Europa, ma nel mondo, è infatti soprattutto all’estero che lo scrittore è stato particolarmente apprezzato, mentre in Italia, tanto per cambiare, è stato spesso osteggiato dalla critica e solo tardivamente riabilitato.

Nel 1929-30, durante il suo soggiorno svizzero di Davos e Ascona come esule politico in fuga dai numerosi arresti che colpirono in quel periodo il partito comunista, scrive in pochi mesi il suo romanzo dandogli come titolo il nome immaginario di un paesino dell’Abruzzo: Fontamara.

Semplice nella trama e nel linguaggio, il romanzo ha spesso il tono di fiaba, assumendo però nel contesto un aspetto epico. Vengono descritti luoghi che rievocano in realtà l’infanzia pescinese dello scrittore e narrate vicende di umili contadini, i “cafoni”, coloro che lavorano la terra per sopravvivere, che parlano solo in dialetto, che si sforzano di estinguere i debiti e si sentono ricchi se possiedono un mulo. Dunque proprio loro sono in rivolta contro i “potenti”, i cittadini che cambiano il mondo, per un corso d’acqua deviato che irrigava le loro campagne. In un universo contadino dove le ingiustizie vengono sempre  subite passivamente, la rivendicazione dell’acqua è definita in un certo qual modo “un fatto strano”.

Dal 1° giugno del 1929 nel paese non arriva più l’elettricità. Sperando di rimediare a questa “fatalità” ogni contadino firma una misteriosa “carta bianca” che, con il passare delle pagine, si scoprirà l’autorizzazione a togliere l’acqua per l’irrigazione portandola ad irrigare i possedimenti dell’Impresario, un “galantuomo” che diviene sindaco del capoluogo. Egli è un imprenditore appoggiato dal “regime di Roma”. Capito l’inganno, i fontamaresi si recano a casa dell’Impresario, dove tentano di convincerlo a restituirgli quel bene indispensabile per la loro sopravvivenza. Essi però ottengono solo altri inganni che portano alla riduzione del loro salario. Dai soprusi ottenuti con le parole, si passa ovviamente  ai soprusi fisici e uno di loro,  Berardo Viola, l’uomo più forte e robusto, decide di reagire tentando di trovare maggior fortuna fuori dal paese. Durante il viaggio verso il capoluogo  si rende conto che al di fuori di Fontamara,sono cambiate molte cose. Quando ormai è evidente il fallimento di Berardo, egli viene a conoscenza della morte di Elvira, la sua amata che egli avrebbe dovuto sposare non appena tornato dal suo “viaggio in cerca di lavoro”. Allora l’uomo si convince che per lui la vita non ha più senso. Durante uno dei suoi tanti spostamenti però avviene una svolta: incontra un partigiano che lo mette al corrente dell’avvento del fascismo e di molti altri cambiamenti avvenuti in Italia e sconosciuti da tutti i fontamaresi. Tale incontro gli apre gli occhi sulla realtà che stanno vivendo.

I due vengono arrestati per un equivoco e nel periodo in cui sono costretti alla convivenza in cella, il contadino sviluppa una notevole maturazione politica. Questo suo nuovo impegno morale lo porta ad autoaccusarsi di essere il “Solito Sconosciuto”, ossia un sostenitore attivo della resistenza. Dopo questa falsa testimonianza  viene torturato affinché riveli i nomi dei suoi complici fino all’atroce ed ingiusta morte. Venuti a conoscenza del fatto i fontamaresi fondano il “Che fare?”, un giornale in cui scrivono degli ingiusti soprusi subiti e della ingiusta morte del loro compaesano. La conclusione è tragica in quanto il regime decide di punire tutti i fontamaresi mandando una squadra della Milizia che fece strage di abitanti. Per fortuna però non tutti morirono, ma qualcuno (tra i quali i vari narratori) trovò la salvezza nella fuga verso la montagna.

Silone  mette in evidenza il sentimento religioso popolare ( Silone era un cristiano puro, di stampo francescano) quando nei dialoghi l’opera di deviazione del corso d’acqua è considerata un sacrilegio, un peccato contro Dio, poiché cambia la natura che Egli ha creato:

« In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo.

Questo ognuno lo sa.

Poi viene il principe di Torlonia, padrone della terra.

Poi vengono le guardie del principe.

Poi vengono i cani delle guardie del principe.

Poi, nulla.

Poi, ancora nulla.

Poi, ancora nulla.

Poi vengono i cafoni.

E si può dire ch’è finito. »

Sul piano linguistico prevale una costruzione paratattica del periodo con un linguaggio piuttosto semplice e colloquiale, mentre i cittadini più istruiti ed importanti si esprimono in una forma più ricercata e arricchita anche da citazioni e vocaboli latini. Una sottile ironia diffusa attenua, talvolta, la tragicità di alcuni momenti.

Fontamara è un libro  di denuncia e di critica sociale, non di propaganda come si potrebbe sbrigativamente definire, non una  facile scorciatoia per raggiungere la fama andando contro il regime,non infarcito di ideologia ma traboccante di cultura (soprattutto quella contadina) e di storia; un affresco sul mondo dei “cafoni”, la speranza da parte di questi ultimi di raggiungere una coscienza civile dei quali Silone intelligentemente non racconta solo la durezza, il sacrificio, lo spirito di abnegazione ma anche certi intrallazzi, pettegolezzi, il loro fatalismo.

Ma ciò che si respira tra le pagine di Fontamara è una profonda consapevolezza sulla difficoltà che spesso riscontriamo nel distinguere il bene dal male che rende il romanzo ancora più sincero ed onesto intellettualmente.

 

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