Referendum 17 aprile: perché votare sì

In prossimità del Referendum di domenica 17 aprile, per il quale i cittadini sono chiamati a decidere se le piattaforme che si trovano entro 12 miglia dalla costa possono o meno continuare a estrarre idrocarburi fino a quando i giacimenti saranno attivi, o se dovranno chiudere quando scadranno le loro concessioni, abbiamo chiesto di esporre le ragioni del votare sì a questo Referendum all’avvocato Franco Gisi, candidato M5S alle amministrative della città di Benevento. Di seguito le sue parole:

 

<<L’appuntamento referendario del 17 aprile ha assunto negli ultimi giorni un’importanza che va ben oltre il quesito posto. Da giurista, e per onestà intellettuale, mi corre l’obbligo di chiarire che il popolo italiano non è chiamato ad esprimere la sua volontà circa la possibilità o meno da parte dello Stato di consentire che si proceda ad estrarre petrolio o altri idrocarburi sul nostro territorio. Infatti, il voto riguarda l’abolizione o meno di una norma che permette la proroga automatica delle concessioni di estrazione in mare mediante piattaforme, entro le dodici miglia dalla costa, sino ad esaurimento del giacimento e senza obbligo di smantellamento e bonifica. Ciò che i proponenti del referendum vogliono, invece, è che tali concessioni allo scadere dei dieci anni cessino a prescindere dalla possibilità di ulteriore sfruttamento, lasciando alla regioni interessate la possibilità di decidere in merito al loro rinnovo. Per ulteriore chiarezza, le piattaforme non estraggono mediante trivellazione, non è possibile farlo nei fondali marini, ma ciò non vuol dire che esse non rappresentino un pericolo costante per l’equilibrio degli ecosistemi interessati, oltre all’indubbio impatto negativo per il comparto turistico di regioni che sulla bellezza paesaggistica e sulla cristallinità dei propri mari fondano un’intera economia. Allora, innanzitutto l’invito è quello di andare a votare qualunque sia il voto che si vuole esprimere. Il diritto al voto è la più alta conquista democratica che i popoli della terra hanno raggiunto, spesso con ingenti tributi di sangue, non lasciamo che la rassegnazione, la sfiducia o il disinteresse, ci riportino indietro di secoli ad un esercizio feudale del potere.

Veniamo ora alle ragioni che sostengono il “SI”. La prima , e forse la più importante, è politica nella accezione più nobile del termine. Un “SI” che a prescindere dal quesito così tecnico, vuole esprimere un primo e deciso “no” alla politica energetica perseguita dall’attuale governo. Una politica anacronistica in contrasto con le direttive europee (vedasi HORIZON 2020), in assoluta controtendenza con tutti gli altri paesi occidentali, tra cui anche gli Stati Uniti. Perfino i paesi arabi stanno investendo notevoli risorse nella ricerca e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, il caso più eclatante è quello di Masdar, questo il link per chi volesse approfondire http://www.gruppohera.it/gruppo/com_media/dossier_smartcities/articoli/pagina37.html.

Altra ragione è che l’industria estrattiva non comporta per il nostro paese nessun vantaggio di carattere economico sia in termini occupazionali che di rendimento puro. Ad esempio il maxi-progetto Ombrina mare, se fosse stato portato a termine, avrebbe creato appena 24 posti di lavoro. Il petrolio estratto, quasi sempre da compagnie estere, può essere per il 90/93% portato via e venduto altrove, oppure rivenduto allo Stato italiano che ha regalato la concessione alle aziende. Si perché dette concessioni sono un vero e proprio regalo in quanto le royalties in Italia sono pari solo al 10% per il gas e al 7% per il petrolio in mare. Sono inoltre esenti dal pagamento di aliquote allo Stato le prime 20 mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, le prime 50 mila tonnellate di petrolio prodotte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi standard di gas estratti in terra e i primi 80 milioni di metri cubi standard in mare: cioè, entro quei limiti è tutto gratis. Il risultato? Nel 2015 su un totale di 26 concessioni produttive solo 5 di quelle a gas e 4 a petrolio, hanno pagato le royalties. Tutte le altre hanno estratto quantitativi tali da rimanere sotto la franchigia e quindi non versare il pagamento a Stato, Regioni e Comuni.

Alla spontanea domanda del perché il nostro governo si ostini a perseguire tale politica energetica, risponde la recente cronaca giudiziariache ha portato alle dimissioni del Ministro per lo sviluppo economico Federica Guidi. In pratica il governo italiano si sta comportando alla stessa stregua di quei dittatori africani che, per mero tornaconto personale, hanno consentito alle multinazionali estere lo sfruttamento indiscriminato delle risorse dei loro paesi, impedendone la crescita e lo sviluppo.

Concludo, invitando tutti i lettori a recarsi alle urne il 17 aprile per affermare un risveglio coscienziale, con un “SI”, il cui primo significato è quello di affermare una volontà decisionale sul futuro del nostro paese. Questo è il primo passo, il secondo ci sarà ad ottobre e chiarirò in un prossimo articolo il perché>>.

Avv. Franco Gisi

Exit mobile version