‘Due canzoni’, il flamenco andaluso di Garçia Lorca

Due canzoni sono due brevi testi del poeta andaluso Federico Garçia Lorca, il primo è tratto da Prime canzoni (del 1922) ed è il testo che conclude la breve raccolta; il secondo è tratto da Canzoni del 1927 ed è uno dei più celebri di Lorca. In essi si trovano le immagini fondamentali che ricorrono spesso nella poesia lorchiana: gli alberi, gli animali, il sole, la luna. Pur assumendo un significato simbolico universale, tali immagini sono chiaramente legate alla terra di origine del poeta e testimoniano la commistione di elementi popolari e colti che caratterizzano tutta la sua opera.

Sui rami dell’alloro

Sui rami dell’alloro

camminano due colombe oscure.

L’una era il sole,

l’altra la luna.

“Casigliane mie,” chiesi,

“dove sta la mia sepoltura?”

“Nella mia coda”, disse il sole.

“Nella mia gola”, disse la luna.

Ed io che andavo camminando

con la terra alla cintola

vidi due aquile di neve

e una ragazza nuda.

L’una era l’altra

e la ragazza era nessuna.

“Care aquile, ” chiesi,

“dove sta la mia sepoltura?”

“Nella mia coda”, disse il sole.

“Nella mia gola”, disse la luna.

Sui rami dell’alloro

vidi due colombe nude.

L’una era l’altra

ed entrambe nessuna.

 

Canzone di cavaliere

Cordova.

Lontana e sola.

 

Puledra nera, luna grande,

e olive nella mia bisaccia.

Benché sappia le vie

non giungerò mai a Cordova.

 

Per la pianura, per il vento,

puledra nera, luna rossa.

La morte mi fissa

dalle torri di Cordova.

 

Ahi, come lungo è il cammino!

Ahi, mia brava puledra!

Ahi, che la morte mi attende

prima di giungere a Cordova!

 

Cordova.

Lontana e sola.

 

In entrambi i testi è evidente l’influsso del surrealismo, che però di Lorca si innesta da un lato su una tradizione popolare, dall’altro sul filone della poesia metaforica e immaginifica il cui maggiore esponente è il poeta barocco Gongora. Il primo testo rivela un carattere che possiamo definire surrealista nell’uso di immagini oniriche (camminavo con la terra alla cintola), di frasi grammaticalmente corrette ma semanticamente impossibili (uno era l’altro/e tutt’e due nessuno) e nell’attribuzione di parole e pensieri a oggetti inanimati (Nella mia coda disse, il sole). Tuttavia Lorca è ben lontano da esperimenti di scrittura automatica  di dissoluzione della forma; anzi la poesia appare classicamente costruita sulla base di tre parti simmetriche: la prima e la seconda di otto versi ciascuna, la terza, di quattro. Le prime due sono costruite sulla base di un parallelismo perfetto: descrizione (vv. 1-2 e 9-11), presentazine (vv.3-4 e 12), domanda (vv.5-6 e 13-14) e risposta (vv.7-8 e 15-16). La terza parte recupera solo la descrizione e la presentazione variando leggermente i versi precedenti.

Il secondo testo presenta caratteri analoghi: una serie di immagini il cui significato non è immediatamente comprensibile. Perché infatti, pur conoscendo la strada, il poeta non arriverà mai a Cordova? Cosa significa che la morte lo sta guardando dalle mura di Cordova? E perché la città è definita sola? Queste immagini si uniscono a formare una struttura molto compatta, circolare (tre strofe di quattro versi, tutte concluse con la parola Cordova).

L’uso di simboli naturali, l’insistenza sul parallelismo delle strutture metriche e sintattiche e soprattutto sui toni tristi, sul tema della morte, del fallimento esistenziale, rimandano ad una tradizione culturale ben precisa, quella del flamenco andaluso. Si spiega allora il titolo musicale attribuito ai testi: Lorca vuole mettere in primo piano la ricerca di ‘musicalità’ che costituisce il carattere specifico del discorso poetico, sottolineando il carattere non razionale della sua comunicazione.

 

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