‘La società zodiaca’, il romanzo distopico di Andrea Paggi

La società zodiaca, libro scritto da Andrea Paggi ed edito Alter Erebus, è il romanzo perfetto per chi vuole proiettarsi in futuri lontani, riflettere su tematiche oniriche e fantascientifiche, pur non tralasciando problemi attuali. Quello che l’autore Andrea Paggi scrive è, a tratti, distopico:  induce il lettore a soffermarsi, pagina per pagina, nella riflessione di molti aspetti descritti nel libro ma che, tuttavia, appaiono realistici anche nel mondo di oggi. L’autore enfatizza alcune tematiche non mancando, con maestria, di descrivere la psicologia e la vita interiore dei suoi protagonisti inducendo il lettore ad empatizzare con alcuni dei soggetti descritti.

Nel libro non c’è un vero protagonista, ma tante storie che si intrecciano e si combinano in una società estremizzata che cela una velata – e forse neanche tanto indiretta – critica anche al tessuto sociale odierno. Una storia nelle storie, si potrebbe commentare, che inizia con uno psicologo-astrologo, Duccio Bertelli.

Il romanzo è ambientato a Firenze e proprio l’astrologo fiorentino profetizza una grave crisi nel 2023: dopo la pandemia e le guerre, rivolte ancora più sanguinose intaccano l’Europa portando allo scoppio di tumulti e malcontenti popolari. Queste rivolte sono dovute principalmente a una questione astrologica: il transito di Plutone in Acquario che già, molto tempo prima, aveva provocato la Rivoluzione Francese. Se dapprima nessuno crede alla chiaroveggenza di Bertelli, tutto cambia  quando l’astrologo inizia a riscontrare una certa popolarità sul web che crede alle sue previsioni. Intanto le rivolte non si placano e nel 2025, in seguito alle numerose insurrezioni, si decide di indire un Referendum per decidere una forma di governo adatta ad arginare lo status in cui, fino a quel momento, verte il tessuto sociale martoriato da tumulti.

Nasce, così, la Società Zodiaca: una forma di governo creata ad hoc e studiata per contenere eventuali sommosse popolari. Questo tipo di guida si basa sull’assunto che, ogni cittadino, deve eseguire un determinato compito ma, soprattutto, mette al bando le differenze: i simili devono stare con i simili per scongiurare danni politici e sociali.

La società zodiaca: un mondo in cui la sorte è scritta nelle stelle

Nel 2040 la Società Zodiaca è ancora la forma di governo vigente. Un cittadino è legato indissolubilmente al suo giorno di nascita e, quindi, al suo segno zodiacale. I mestieri sono assegnati in base all’oroscopo: gli Ariete sono dei militari, i Gemelli dei giornalisti, i Leone dei politici. Tutto segue una logica astrologica teorizzata da Duccio Bertelli: l’unico modo, secondo l’astrologo, per non incorrere in nuove crisi e riportare la società nuovamente allo sfacelo. C’è di più: il segno zodiacale non costringe solo ad assumere ruoli lavorativi che non si auspicano nemmeno,  ma obbliga anche a seguire una certa vita sentimentale. Sono ammesse esclusivamente famiglie omozodiacali; il calcolo delle nascite deve essere precedentemente e minuziosamente calcolato, in quanto la sorte di ognuno è già scritta nelle le stelle e solo seguendola si può aspirare a una società ideale, senza disoccupazione e malcontenti.

I bambini concepiti secondo un calcolo errato sono invece gli anomali: figli di nessuno, potenziali pericoli per questa società che l’astrologo dipinge come aurea. Partorire un figlio anomalo significa spedirlo al centro relegati dove vivrà per sempre in una cella. Di questo si occupano Alberici e Panunzio ma, se da un lato ci sono  gli ispettori e i militari con Ariete Tv sempre accesa, dall’altro c’è la fazione dei ribelli che lotta contro questa tirannia spacciata per società democratica e ideale. Ai ribelli, nel corso delle pagine, si unirà Ciuto: un ragazzo anomalo cresciuto in cella che riesce poi a scappare e diventa amico di Don Sebastiano, Ada, e Lorenza e tutto il gruppo. Dall’altro lato Corrado Barberini insieme all’infermiera Anna, Tiziana e Antonio: tutti protagonisti di una storia nella storia che, alla fine della lettura, si intreccia in un quadro globale, completo e quasi realistico. Dopo una serie di colpi di scena e intrighi, la Società Zodiaca è ormai sconfitta e l’autore trasporta i suoi lettori alle vicende dei protagonisti dieci anni dopo.

L’universo segnato dall’algoritmo

Se nell prima parte del testo capeggia l’azione, nella seconda parte del libro si vuole indurre il lettore a riflettere su quanto accaduto. Ciuto è cresciuto, Don Sebastiano è ormai anziano, qualcuno non c’è più e quasi tutti sembrano essere ritornati alle loro consuetudini. La società zodiaca sembra un ricordo lontano, perché adesso c’è un’altra forma di tirannia, seppur tecnologica, di cui le persone non riescono a fare a meno: l’algoritmo. I telefoni intelligenti sono scoparsi per lasciare il posto ad ologrammi e braccialetti personalizzati che determinano la vita di ognuno. Una metafora molto attuale e pungente, poiché tutt’oggi siamo costantemente bombardati da immagini e notizie dal web che inducono alla spersonalizzazione, quasi, per adeguarsi alle mode del momento.

La situazione raccontata dall’autore è qui ampiamente estremizzata, ma ben descrive la società di oggi dove il termine algoritmo si associa, per lo più, ai social network riferendosi alle linee guida da seguire, precisamente, per arrivare in alto: esser riconosciuti, visti, lodati. Oggi, avere potere, significa anche e soprattutto – forse – esser popolari su internet.

Andrea Paggi

Questa teoria è la stessa di Don Mario, amico di Don Sebastiano: l’incidente di un ragazzo avvenuto anni prima, lo convince che la tecnologia avrebbe portato al collasso delle interazioni e dell’intera società. Una teoria condivisa anche dal Professore, come si scoprirà nelle ultime pagine: alla liberazione di tutti gli anomali, dopo la sconfitta della Società Zodiaca, qualche ragazzo aveva continuato a vivere in uno ‘’stato di natura’’ insieme al Professore e all’Astrologo: l’obiettivo era dimostrare che la tecnologia era fallimentare, mentre la vita in connessione con gli elementi era l’unica via perseguibile. Un piano che andrà a gonfie vele, fino a quando Bertelli e il Professore non decideranno di mandare un anomalo nella società: Geri, amico di Ciuto, che in preda alla negazione dell’algoritmo come forma di potere sulle vite di ognuno, si ribellerà compiendo un’azione inimmaginabile.

Simbolismi non del tutto velati

Oltre alla linea narrativa avvincente, si evince chiaramente che lo scopo dell’autore è anche criticare alcuni aspetti della società moderna. L’uso smodato della tecnologia, nel testo, cambia anche la forma fisica dei protagonisti: la classica mano ad artiglio che spesso compare quando si tiene in mano uno smartphone nell’atto di usarlo. Alcuni personaggi della storia, poi, avranno delle ripercussioni in seguito all’uso della troppa tecnologia. L’intelligenza artificiale ha ormai sporcato anche i sentimenti; è diventata la padrona del mondo, con un’onnipotenza talmente dilagante da spodestare persino gli uomini che si dicono importanti. Adesso è la macchina a dominare, persino i pensieri, persino le emozioni. C’è un passaggio del romanzo, quello fra Don Sebastiano e Ciuto, che è emblematico:

«Ma il progresso ci ha portato alla società che conosciamo, questo lo so anche io. Non esiste la fatica, la vita di tutti è eccezionale.»

«Sì, ma tu non sei manco capace di capire se una ti piace o no. Te lo deve dire il computer.»

 

Parafrasando Alessandro Manzoni verrebbe da dire: “Non Sempre ciò che vien dopo è Progresso”. Il progresso, come ben spiega l’autore, non è naturale come l’evoluzione ma ha una sola direzione: l’economia. Andrea Paggi, nel testo, riesce a ironizzare su alcuni aspetti della società attuale in un modo dolce-amaro, arrivando anche a introdurre un mondo in cui non si lavora, ma dove ogni cittadino riceve un sussidio a prescindere; senza provare l’ebbrezza dell’ambizione, in un universo dove ormai le macchine hanno sostituito gli individui.

Per ultima l’immagine dell’acqua che evidenzia come tutto possa avere una fine: persone, aspetti sociali, eserciti ma che si riferisce anche al singolo auspicando un possibile risveglio da torpore che un mondo preconfezionato apporta a ogni cosa, senza dimenticare una lezione importante: tutto scompare di fronte alla Natura, la vera sovrana.

Cinque diari americani del critico Giuseppe Antonio Borgese in un’inedita edizione a Firenze

Giovedì 30 gennaio alle ore 15:30, presso L’Accademia Toscana di Scienze e LettereLa Colombaria” a Firenze, si terrà la presentazione dell’edizione critica degli inediti diari americani di Giuseppe Antonio Borgese, relativi agli anni 1928-1935, a cura di Maria Grazia Macconi per le Edizioni Gonnelli di Firenze. L’edizione si arricchisce di un saggio di Gandolfo Librizzi e di una nota introduttiva di Luciano Canfora. Durante la presentazione interverranno Luciano Canfora, Marino Biondi, Maria Grazia Macconi, Rosario Pintaudi e Gandolfo Librizzi.

“Il libro del diario resterà costantemente sullo scrittoio”. Con queste parole Giuseppe Antonio Borgese (Polizzi Generosa (PA) 12.11.1882 – Fiesole (FI), 4.12.1952), si approccia a scrivere i sui quindici diari in terra di America in un arco cronologico che va dal 29 dicembre 1928 al 26 novembre 1952, pochi giorni prima della sua morte.

Dopo la sua improvvisa morte avvenuta a Fiesole la notte del 4 dicembre 1952, l’ingente mole dei suoi documenti manoscritti fu donata dalla moglie Elisabeth Mann alla Biblioteca Umanistica dell’Università degli studi di Firenze, dove da giovane Borgese aveva studiato e si era laureato. Tra questi materiali erano conservati i 15 diari, che il 24 marzo 1960 vennero sigillati alla presenza della donatrice con l’avvertenza che non venissero violati prima del 1979. Scritti a piena pagina con una chiara e regolare scrittura, recano pesanti tracce dell’alluvione che colpì Firenze nel 1966.

Ora, dopo lunghi anni di gestazione, per la casa editrice Gonnelli di Firenze, a cura di Maria Grazia Macconi, con la nota di Luciano Canfora, professore emerito di Storia e un saggio di Gandolfo Librizzi, Direttore della Fondazione “G.A. Borgese” e il prezioso assenso degli eredi, la figlia Nica Borgese e la nipote Giovanna Borgese, sono pubblicati per la prima volta i primi cinque scritti in lingua italiana (gli altri sono scritti in inglese), che comprendono il periodo 1929-1935.

Conservati presso il Fondo Borgese della Biblioteca Umanistica dell’Università di Firenze, la loro pubblicazione sono il frutto di una collaborazione decennale tra la Fondazione “G.A. Borgese”, che ne ha finanziato la ricerca grazie all’opera di Maria Grazia Macconi, la Biblioteca Umanistica dell’Università di Firenze, che ha messo a disposizione il Fondo Borgese e il Dipartimento di Civiltà antiche e moderna della Facoltà di Lettere dell’Università di Messina diretto dal prof. Rosario Pintaudi, che li ha ospitati nella collana da lui diretta “Carteggi di Filologi”.

Critico letterario, scopritore di talenti, giornalista, direttore di riviste e collane, delegato in missioni diplomatiche durante il primo conflitto mondiale, narratore (autore del Rubé che segnò la rinascita del romanzo in Italia), drammaturgo, poeta, cattedratico germanista e docente di estetica, esule antifascista, filosofo e attivista politico, legato a personaggi di rilievo del suo tempo, Giuseppe Antonio Borgese è stato un indiscusso protagonista della vita letteraria e culturale della prima metà del Novecento.

I cinque Diari ora pubblicati sono una fonte documentaria di grande rilievo storico: per la galleria di personaggi che vi sfilano (basti citare tra tanti, Mussolini, D’Annunzio, Croce); per le vicende politiche di quegli anni a cavallo tra gli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta che vi sono tratteggiate; per gli iniziali rapporti con gli altri esuli italiani in America (Salvemini, La Piana, i fratelli Rosselli, Ventura); per una mai instancabile attività artistica e culturale che dà senso e sostegno alle tribolate vicende esterne che irrompono nella sua ordinata vita di professore universitario; per le riflessioni su opere letterarie, poetiche e filosofiche; per i commenti su critici, letterati, artisti; per le considerazioni sulle vicende e personaggi politici italiani e internazionali. Ma, soprattutto, per i temi più generali trattati, testimoniano il processo di evoluzione personale, intellettuale, artistica e morale di questo rilevante, complesso e difficilmente inquadrabile intellettuale della cultura italiana del primo Novecento.

I Diari fanno luce principalmente sul periodo dell’esilio americano, cui Borgese andò incontro per non voler sottoscrivere il giuramento fascista imposto dal regime ai professori universitari nel 1931. In questo senso, di straordinaria e fondamentale importanza, vi è trattata tutta la questione riguardante il suo rapporto con il fascismo con la posizione che lo porta a opporre il rifiuto, attraverso la stesura dei due memoriali, le cosiddette Lettere a Mussolini, vero e proprio affresco morale e sintesi riassuntiva estrema della sua vita e della sua opera. Lungo questa scia, sono indicati, quindi, gli accenni e gli sviluppi iniziali a due delle opere fondamentali dell’avvio della riflessione e azione antifascista militante, quelli riguardanti cioè la stesura del saggio Sulle origini intellettuali del fascismo e quelli concernenti il libro Goliath, the march of fascism.

Sono di straordinario valore profetico, le riflessioni politiche sul momento storico e, in tale contesto, l’interessante argomento emergente sulle straordinarie e anticipatrici considerazioni della necessità storica di veder sorgere gli Stati Uniti d’Europa come unica prospettiva di salvezza oltre la follia ancora imperante dei diversi nazionalismi nazifascisti.

Vi sono poi accennati e affrontati argomenti concernenti la sua sfera artistica e poetica, con il riferimento ad alcuni inediti di grande valore e interesse, tra i quali, fondamentali, sono i rimandi ad alcuni inediti tra cui il dramma teatrale La Fuga in Egitto, al poema epico Atlantide, nonché gli accenni iniziali a quella che sarà poi Montezuma, dramma epico dedicato alla conquista del Messico da parte degli spagnoli ma che in realtà denuncia le aggressioni neocolonialiste all’Impero Etiopico da parte del regime fascista.

Infine, tra le macroaree di argomenti trattati, vi sono altri due blocchi di estremo interesse che riguardano il riferimento a carteggi con alcune illustre personalità che gettano una luce profonda e smagliante sullo spessore culturale e umano di Borgese, come, per esempio, le lettere scritte a Vitaliano Brancati e a Francesco Chiesa, veri e propri testamenti intellettuali. Altri riferimenti a personalità di grande rilievo, animano diffusamente molte delle altre pagine diaristiche che, grazie anche ai numerosi ricordi di infanzia e giovinezza costituiscono un importante documento autobiografico dell’intera vita di Borgese.

Addio a Franco Zeffirelli, regista al servizio dell’opera lirica e della letteratura

La scomparsa di Zeffirelli, che riposerà nel cimitero delle Porte Sante di Firenze, è avvenuta alla fine di una lunga malattia, fa sapere la Fondazione che porta il suo nome.

Gian Franco Corsi Zeffirelli, regista e sceneggiatore lirico e raffinato, votato alla forma e all’estetica, è stato anche senatore della Repubblica, eletto nelle file di Forza Italia. Zeffirelli vinse numerosi David di Donatello per film quali “Fratello Sole e Sorella Luna” e “Amleto”, con “Romeo e Giulietta” vinse anche un Nastro d’Argento. Su iniziativa del presidente della Repubblica nel 1977 fu nominato Grand Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. A suo nome a Firenze è intitolato un museo-fondazione curato dal figlio, Pippo Zeffirelli, che si trova in piazza San Firenze, e che contiene al suo interno oltre 250 fra oggetti e cimeli legati alla sua carriera artistica.

Franco Zeffirelli è stato uno degli uomini di spettacolo italiani più noti nel mondo. Ha ottenuto moltissimi riconoscimenti tra cui cinque Premi Donatello, due Nastri d’argento e due candidature personali all’Oscar. Ha portato avanti una tradizione d’autore con i suoi pregi e limiti, seguendo il suo mentore e amante Luchino Visconti (di cui fu assistente alla regia delle pellicole La terra trema, Bellissima, Senso), ma distaccandosi da quest’ultimo per quanto riguarda una narrazione molto elegante ma poco fluida, intrisa di pensiero politico, identità mutante e fede narcisistica. Ma è un cinema che non può fare a meno della letteratura e dell’opera lirica, che con i suoi film riusciti e altri decisamente meno, abbraccia una dimensione internazionale, come dimostrano i numerosi premi vinti.

Un cinema d’amore il suo, pomposo, acclamato, pieno nello stile, ma non tanto nei contenuti e nei valori morali, che ha diviso la critica, spesso vittima di un pregiudizio politico nei suoi confronti e suscitato le ire della comunità lgbt, in quanto ha sempre affermato che «l’omosessuale non è uno che sculetta e si trucca. È la Grecia, è Roma. È una virilità creativa, io sono omosessuale non gay». 

Nato il 12 febbraio 1923 a Firenze, Zeffirelli ha sempre nutrito amore per Shakespeare e per l’Opera, ma di fondamentale importanza nella sua carriera è stato l’incontro con Luchino Visconti, uno dei più grandi registi del cinema, del teatro e dell’opera di questo secolo. Divenuto suo assistente, ha lavorato al suo fianco per più di dieci anni. Grazie anche a questa esperienza formativa, decide di debuttare anche nella regia nel 1951 e, in virtù del suo innato talento, costruisce una carriera che lo porta ad essere uno degli uomini di spettacolo più noti al mondo.

A seguire alcune delle sue produzioni teatrali: “Romeo e Giulietta” con John Stride, Judi Dench e Alec Mc Cowen nel 1960, “Sabato, Domenica, Lunedi” con Joan Plowright e Laurence Olivier, John Gielgud e Peggy Ashcroft in un “Otello” a Stratford-upon-Avon, Susan Strasberg in “La Signora delle camelie” a Broadway, “Lorenzaccio” alla Comédie Francaise e il moderno “Assolutamente sì, forse” a Londra.

Nel cinema il suo nome è legato a grandi successi internazionali come “La Bisbetica Domata” con Elizabeth Taylor e Richard Burton (1966), “Romeo e Giulietta” (1969) con Leonard Whiting e Olivia Hussey e per il quale ottenne la nomination all’Oscar 1968 quale miglior regista, “Fratello Sole Sorella Luna” (1971) con Alec Guinness e Graham Faulkner, “Il Campione” (1980) con John Voight e Faye Dunaway, “Amore senza fine” (1981) con Brooke Shields e Martin Hewitt, “Il Giovane Toscanini” e, Helena Bonham Carter e Alan Bates in “Sparrow” (1993), “Jane Eyre” (1994) con Charlotte Gainsburg, William Hurt, Joan Plowright, Geraldine Chaplin e Maria Schneider, “Un Tè con Mussolini” (1995) con Judy Dench e Joan Plowright e il suo ultimo film, “Callas Forever” (2002) con Funny Ardant e Jeremy Irons.

Per la televisione è autore di “Gesù di Nazareth” (1976/1977) che è stato visto da oltre un miliardo e mezzo di persone in tutto il mondo. Ha anche realizzato diversi documentari tra cui “Per Firenze” con Richard Burton realizzato all’indomani della tragica alluvione di Firenze del 1966, “Mundial ’90” sulla storia del Calcio Fiorentino nel 1990, “Toscana” nel 1991 e “Omaggio a Roma” nel 2009.

Innumerevoli sono le sue produzioni operistiche nei maggiori teatri del mondo con la partecipazione di eccelsi artisti come Maria Callas, Placido Domingo, Luciano Pavarotti, Herbert Von Karajan, Leonard Bernstein, Carlos Kleiber solo per citarne alcuni.

Nel 2008 Franco Zeffirelli manifestò la volontà di lasciare alla città di Firenze l’intero suo archivio “raccolto per i miei spettacoli di lirica, di teatro e di cinema nell’arco di sessant’anni“. A distanza di quasi dieci anni da quella dichiarazione, il 1° ottobre 2017 ha aperto a Firenze il Centro per arti dello spettacolo – Fondazione Franco Zeffirelli onlus, ospitato nel complesso monumentale di San Firenze.

Fonte: https://www.italpress.com/spettacoli/e-morto-franco-zeffirelli

21/03 : giornata mondiale della poesia

La Giornata Mondiale della Poesia è stata istituita dalla XXX Sessione della Conferenza Generale UNESCO nel 1999 e celebrata per la prima volta il 21 marzo dell’anno seguente. La scelta della data non è certo casuale, scegliere di celebrare la poesia nel giorno della primavera le riconosce simbolicamente un ruolo di rinascita, quale percorso fondamentale per la promozione del dialogo e della comprensione interculturali, della diversità linguistica e culturale, della comunicazione e della pace, così recita  l’atto dell’UNESCO. Negli anni si è lavorato per realizzare una giornata dedicata all’incontro non solo delle diverse culture poetiche ma anche tra le diverse forme della creatività per poter affrontare le sfide che la comunicazione e le culture mondiali, quelle più forti e quelle meno conosciute, attraversano.

In tutte le maggiori città italiane si sono tenute manifestazioni organizzate per la giornata della poesia, in particolare a Roma, Firenze e Napoli si sono tenuti reading di poesia, spettacoli di musica, fotografia e poesia, recital di poesie d’autore, presentazioni di libri e maratone di poesie. Le manifestazioni si sono svolte nel luoghi più diversi, proprio a significare che la poesia può e deve entrare dappertutto; caffè letterari, associazioni, circoli, piazze, sale di convegni, auditorium, e addirittura musei, ogni luogo è diventato un itinerario di pensiero.

La poesia è il luogo fondante della memoria è l’eredità di tutte le culture, attraverso la poesia si conserva la memoria atavica dell’uomo e del mondo. Un filo rosso unisce la letteratura poetica di tutti i tempi e di tutte le civiltà; un’arte alata, un Pegaso che conduce al di sopra delle cose. La poesia è la simbolizzazione delle emozioni più autentiche e vere dell’uomo, scrigno di paure, affetti, memorie, luogo di esorcismi e riti magici.

Dedicare una giornata alla poesia testimonia l’importanza della poesia stessa, ma ci suggerisce anche che è un’arte da preservare e da custodire e da proteggere istituendo una giornata che la ricordi. E forse allora, come direbbe il poeta maledetto Baudlaire, è la poesia un albatro che sta con gli uragani e ride degli arcieri ma che è esule in terra e con le sue ali da gigante non riesce a camminare.

Chiediamoci non che posto occupa la poesia oggi, quale sia il suo significato e perché dovremmo studiarla e amarla, ma piuottosto in che modo possiamo far avvicinare sempre di più i giovani a questa straordinaria forma di comunicazione che ci fa scoprire la realtà e venire a contatto con la parte più profonda e sensibilie di noi. E perché considerarla non un qualcosa di vetusto, che non è di moda, a differenza della musica, ad esempio.Ma la musica stessa, è poesia!Anche in una società ipertecnologica e scientifica  come la nostra, ha sempre senso celebrare la poesia, perché essa è immortale. Semmai il vero problema è il dilagare della letteratura commerciale che ha reso la poesia una lettura per pochi.

Le parole però riguardano tutti, ogni giorno.

<<Non leggiamo e scriviamo poesie perché è divertente. Leggiamo e scriviamo poesie perché apparteniamo alla razza umana. E la razza umana è piena di passione. La medicina, il diritto, l’economia e l’ingegneria sono nobili occupazioni, necessarie alla sopravvivenza. Ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, queste sono le cose per cui vale davvero la pena vivere.>> (Dal film “L’attimo fuggente”)

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