Giuseppe Di Matteo: “La poesia come una ricerca interiore è, al suo zenit, catarsi”

Giuseppe Di Matteo, classe 1983, è un giornalista professionista barese. Ha lavorato per vari quotidiani e testate tra i quali Il Giorno e Telenorba. Attualmente collabora con La Gazzetta del Mezzogiorno, dove si occupa di cultura e recensioni di libri.
Nel 2016 ha pubblicato la raccolta di poesie Con te io penso con le mani. La sua passione smisurata per i libri lo ha spinto a iniziare l’avventura di Librincircolo. Nel 2019 approda nuovamente sugli scaffali con la silloge poetica dai risvolti ermetici Frammenti di un precario.

Una raccolta di grande attualità che si rifà a poeti come Ungaretti, Saba, Quasimodo per raccontare in versi lo smarrimento della generazione cui appartiene l’autore, il quale si lascia andare ad un sensuale patriottismo e a scontate venerazioni per i soliti miti storici.

 

Quando ha cominciato a scrivere?

Non saprei dirle il momento esatto in cui è scattata a scintilla. Ma certo è che mi è sempre piaciuto scrivere, sin da bambino. Il che potrebbe essere conseguenza delle mie voraci letture. Ricordo interi pomeriggi passati in compagnia di Emilio Salgari, Luigi Pirandello, Giovanni Verga, Alessandro Manzoni, Jules Verne. Ma potrei citarle tanti altri scrittori che hanno segnato la mia infanzia. Leggere mi è sempre piaciuto tantissimo, tanto da preferire i libri ai giocattoli. Crescendo, questa passione è diventata quasi un’ossessione. Ancora oggi, chi volesse farmi un regalo gradito sa che è inutile scervellarsi più di tanto. Un libro va sempre bene.

Ricordi la prima poesia che ha scritto?

Onestamente no.

Cos’è per lei la poesia?

Mi piace pensare alla poesia come una ricerca interiore che è, al suo zenit, catarsi. Ma sposo con gioia anche la definizione di Giuseppe Ungaretti: “la poesia è tale quando porta in sé un segreto”. O forse aveva ragione Gabriele D’Annunzio “I versi sono nell’aria e il poeta li deve solo cercare”. Chissà.

Chi la ispira particolarmente?

Nel mio pantheon ci sono alcuni grandi poeti come Brecht, Caproni, Bodini, Salinas, Cardarelli, Corazzini, ma nel mio cuore ce n’è solo uno: Giuseppe Ungaretti. Mi affascina la sua parola così essenziale, e allo stesso tempo impotente, eppure capace di lasciare drammatocamente il segno

La sua opera si intitola Frammenti i un Precario, ma chi è il precario?

Il precario è l’abitante del nostro tempo. Un uomo fragile in cerca di futuro e di certezze quotidiane che gli sono strappate via. La precarietà non è soltanto mancanza di lavoro. È la casa della nostra instabilità, che è anche, e forse soprattutto, emotiva. Il mondo cambia a una velocità supersonica. Ciò che avevamo seminato viene spazzato via in un battibaleno, ragion per cui occorre ricominciare tutto daccapo. Non siamo più sicuri di nulla. Nemmeno dei nostri affetti. Perché, assai spesso, basta niente per sfasciare tutto. Ma nel mio libro è precario anche il migrante che viene lasciato morire in mare. E il meridionale sradicato, che quando torna a casa non si trova più a suo agio nel mondo che lo ha allevato. Anche se – è per lo meno il mio caso – continua ad amarlo.

Crede che la poesia, come forma letteraria, sia accessibile a tutti, anche ai più giovani?

Certamente. E non è un caso che negli ultimi tempi ci sia una gran fame di poesia, soprattutto in rete

Perché negli scaffali di un libreria o di una biblioteca si dovrebbe prendere un libro di poesie?

La poesia, come mi è capitato di sottolineare in altre occasioni, è un codice comunicativo efficacissimo di questi tempi. Certi messaggi vengono veicolati molto meglio in versi rispetto alla prosa. E aggiungo; la poesia può essere anche un modo per estraniarsi dall’alluvione di romanzi e instant book che, assai spesso, non dicono niente o sono destinati a durare lo spazio di un mattino (scelto da un mercato che asseconda solo certi prodotti)

Come vede la poesia oggi?

Personalmente la vedo in salute, nonostante tutto. È certamente un genere letterario di nicchia, ma questo non è necessariamente un male

Cosa pensa dell’editoria?

Ha una domanda di riserva? (ride)

 

 

 

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