Il ‘Cristo deriso’ di Cimabue, pomo della discordia tra Usa e Francia

Un grande conflitto diplomatico e culturale si sta creando in questi giorni, andando ad infittirsi sempre più. Infatti, benché sia già stato venduto a privati, la Francia ha vietato l’esportazione di un dipinto appena scoperto: il Cristo Deriso di Cimabue e intende conservarlo nelle sue collezioni nazionali.

Il ministero ha annunciato il rifiuto a rilasciare il certificato «in seguito al parere della Commissione consultiva dei tesori nazionali», lasciando nella trepidazione l’intera comunità degli intenditori d’arte.

Tutto ha avuto inizio nella cucina di un’anziana signora di Compiègne, piccolo comune a nord di Parigi. Su una parete era appesa una tavola in legno di pioppo, dipinta a tempera d’uovo su fondo oro. La donna riteneva si trattasse di un’icona religiosa greca. In occasione di un trasloco l’ha fatta stimare ed ecco il verdetto: l’esperto d’arte antica Eric Tarquin ha garantito che l’opera è proprio di Cimabue, quel Cenni di Pepo fiorentino, vissuto tra il 1240 e il 1320, che fu maestro di Giotto.

Non si era sbagliata di molto quindi la vecchia proprietaria di Compiègne se si considera che il grande artista operò in una corrente pittorica ancora legata al classicismo bizantino, pur elaborando un suo personale linguaggio rispetto alle rappresentazioni sacre, con uno stile più realistico di cui il suo discepolo darà splendidi frutti.

Il Vasari lo cita come colui che nacque “per dar i primi lumi all’arte della pittura”. Prima di lui ne scrive Dante, collocandolo nella Divina Commedia assieme a Giotto. È Cimabue in persona questa volta ad essere coinvolto nella giostra impazzita del mondo della Cultura, fra aste da capogiro, ricchi collezionisti e Stati ingordi di opere d’arte.

La piccola tavola andata all’asta per “Atéon” il 27 ottobre scorso è stata aggiudicata per la vertiginosa somma di 24.180.000 euro, quattro volte la stima iniziale dunque, compresa tra i 4 e i 6 milioni di euro. Ma la Francia si oppone: il quadro di Cimabue è patrimonio nazionale e non può lasciare il Paese.

Il ministro della cultura Franck Riester non ha firmato il certificato di esportazione in attesa di vedere l’opera collocata al Louvre, insieme alla “Maestà” dello stesso maestro e in compagnia di molti altri dipinti Italiani.

Considerato uno dei grandi innovatori nella storia dell’arte, Cimabue è noto per aver eseguito solo una decina di opere su legno, nessuna firmata: il “Cristo Deriso” sarebbe un elemento di un polittico del 1280 con scene della Flagellazione di Cristo, opera piccola ma assai significativa, un prezioso tesoro per qualunque degna collezione.

Ma la domanda ad ora resta aperta: sarà un’opera pubblica o privata?
La battaglia vede in campo da una parte i nuovi proprietari, una coppia di collezionisti cileni residenti negli Stati Uniti, esperti di arte italiana Rinascimentale, dall’altra lo Stato francese che ha ottenuto per il “Cristo deriso” lo status di tesoro nazionale, ossia 30 mesi nei quali l’opera resterà in Francia e si potranno raccogliere i fondi per comprarla. Il codice del patrimonio stabilisce altrimenti la possibilità di una conciliazione.

Ma ad infoltire la trama di questo groviglio si aggiunge la dipartita dell’anziana ex proprietaria di Compiègne: gli eredi sono costretti a pagare un’imposta di successione dell’ammontare di 9 milioni di euro. Un gioco forza tutto questo dove la derisione sembra scivolare dalla pittura all’attualità, mentre misericordia ed umiltà restano ben salde sulla tavola dipinta.

Ora il quesito è: sul grande palcoscenico di domanda e offerta come si pone la Patria del maestro Cimabue?

Per il momento la Francia è la più agguerrita delle parti; e Franck Riester ministro francese della cultura afferma ottimista, in seguito all’ottenimento del blocco, che:

Grazie ai tempi concessi da questa misura, potranno essere effettuati tutti gli sforzi affinché quest’opera eccezionale possa arricchire le collezioni nazionali.

 

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