“Sai osare Genitori figli alla conquista dell’autostima”, l’autostima genitoriale secondo Lara Ventisette e Alessandro Paselli

“Sai osare Genitori figli alla conquista dell’autostima” è il saggio scritto a quattro mani dalla psicologa e psicoterapeuta Lara Ventisette e dall’executive -business coach, Alessandro Paselli. Il libro è il frutto dell’esercizio quotidiano delle loro professioni e dall’apertura del servizio culturale e ricreativo per bambini da 0 a 3 anni. Proprio grazie a quest’ultimo, in quindici anni di esperienza lavorativa hanno potuto supportare più di cinquecento famiglie nel percorso di educazione dei figli, e nell’acquisizione di importanti consapevolezze in merito al ruolo genitoriale. Non hai avuto modo di scegliere i genitori che ti sei trovato, ma hai modo di poter scegliere quale genitore potrai essere” è la citazione in calce di Marian Wright Edelman che apre il saggio. Prima di poter essere un genitore, si è stato però figlio, il quale ha vissuto in un determinato contesto familiare.

La famiglia è l’istituzione principale di riferimento per l’essere umano. Quella, come scrivono gli autori, palestra emotiva, grazie alla quale cresciamo e ci sperimentiamo. Ma è soltanto quando riusciremo ad emanciparci dalla famiglia, dai condizionamenti dei nostri vissuti del passato e da tutto il corredo del ciò che ero che potremmo guardare all’orizzonte futuro, del voglio essere. Solo cercando di migliorarci potremmo sviluppare una sana autostima genitoriale. I figli, direttamente ed indirettamente ci guardano e ci imitano: Il modo di agire, il comportamento o lo stato d’animo del genitore li condiziona. Più i genitori sono sereni ed equilibrati, più i figli cresceranno forti e con un livello di autostima solido per affrontare le sfide della vita. È proprio questo l’assunto da cui parte la stesura del libro: il benessere dei figli è strettamente correlato a quello dei genitori.

Non esistono né ricette segrete, né un manuale che ci insegni ad essere genitore o tantomeno figlio. L’unica cosa certa per far funzionare il grande e meraviglioso meccanismo chiamato famiglia è quello di far lavorare i due ingranaggi che lo compongono: genitori e figli devono operare insieme tutti giorni, intraprendendo un percorso parallelo fatto di crescita, di miglioramenti e anche, eventualmente di sbagli per riuscire a conquistare l’autostima. Ed è proprio l’autostima il filo conduttore su sui è stata intessuta la “trama” del saggio. Gli scrittori del saggio ci descrivono l’autostima come un tempio sorretto da quattro pilastri fondamentali: la famiglia, la scuola, le amicizie e la percezione corporea. In questi quattro campi esperienziali che sviluppa e cresce l’autostima. L’autostima è definibile come la distanza tra chi sentiamo di essere e chi vorremmo essere. Ma esiste una relazione circolare tra l’opinione che noi abbiamo di noi stessi e l’opinione che gli altri hanno di noi. Dunque, anche questo concorre ad accrescerne il livello.

Dopo aver illustrato in maniera minuziosa il concetto Autostima e i pilastri su cui essa si poggia, la narrazione entra nel vivo. Per apprendere come acquisire una sana autostima genitoriale e accompagnare coscientemente i propri figli a sviluppare la propria è necessario partire da otto competenze genitoriali imprescindibili importanti contenute proprio nel Sai Osare. S di supporto, A di Autonomia, O di organizzazione, S di studio, A di attenzione, R di responsabilità ed E di emozione. Inizia così un viaggio in otto capitoli per scoprire questo acronimo pragmatico.

Il primo è Supporto, inteso come sostegno: sostenere il bambino, spronarlo senza essere eccessivamente opprimenti, anzi piuttosto facendo un passo indietro, osservando i suoi bisogni. Il genitore riuscirà a soddisfarli quanto più si adopererà a riconoscere quelli del figlio.

Si parla di Autonomia quando un bambino riesce a prendere decisioni da solo e a gestire gli effetti delle proprie scelte. Un genitore guida suo figlio nel percorso dell’autonomia, dicendo dei sì ma anche no e vagliando con lui delle strade alternative.

Il concetto di Impegno viene indagato nel terzo capitolo. Ogni giorno genitori e figli devono impegnarsi ad impegnarsi. Perché soltanto così si possono raggiungere i successi desiderati. Grande importanza in questo contesto occupano le promesse: un genitore deve imparare a fare solo promesse che riuscirà poi effettivamente mantenere. Una reiterata promessa non mantenuta contribuisce a minare la credibilità del genitore agli occhi del figlio,

In ogni famiglia è quanto mai indispensabile l’Organizzazione. Soprattutto nella società odierna ci ritroviamo a fare i conti con una vita frenetica, fatta di impegni e scadenze.  La sensazione che emerge è che non si abbia il tempo per fare tutto e che ogni volta si debba rincorrere le cose perché sfuggono. Le risorse per organizzarsi al meglio sono focus, energia e tempo. Focalizzarsi per distinguere le attività necessarie e prioritarie da quelle meno importanti, impiegare l’energia al momento giusto e impegnare al meglio il tempo senza dissiparlo in futili cose che non fanno crescere.

 Nel quinto capitolo si esplora il concetto Studio: imparare ad imparare è fondamentale per costruire l’autostima! E le tre fasi per imparare sono: organizzazione, comprensione, memorizzazione. Importanti sono gli aspetti emotivi legati all’apprendimento dei bambini. I genitori devono ricordarsi che le aspettative che ripongono nei figli potrebbero influenzare la loro autostima.

L’Attenzione occupa la narrazione del sesto capitolo. Ed è fondamentale privilegiare un’attenzione di qualità e non di quantità. È importante allenare il proprio figlio e allenarsi come genitore ad osservare ed ascoltare. L’attenzione è accudimento.

La penultima competenza imprescindibile per la conquista dell’autostima è la Responsabilità, che non è colpa perché i sensi di colpa sono proprio gli acerrimi nemici per costruire il tempio Autostima.  Insegnare ai bambini a prendersi la responsabilità sin da piccoli vuole dire insegnargli a gestire le loro vite, a prendere decisioni e rispondere delle proprie azioni.

Le emozioni occupano lo spazio dell’ottavo e ultimo capitolo. Per Piaget, l’intelligenza è paragonabile al motore di un’automobile e le emozioni alla benzina che permette al motore di funzionare. In questa sezione si procede a perscrutare la competenza emotiva. I bambini possono diventare emotivamente competenti solo se noi adulti gli insegniamo attraverso il nostro esempio, ad esprimere, comprendere e regolare le emozioni.

Con un linguaggio scorrevole e diretto, gli autori conducono chi legge in un viaggio sia teorico che pratico – sono infatti presenti esercizi di autovalutazione alla fine di ogni capitolo, relativi all’argomento trattato. In più ogni capitolo è corredato dalle storie vere dei bambini, genitori/ nonni che si sono rivolti a Lara e Alessandro è questo innesca un meccanismo di empatia e la consapevolezza che nulla è facile ma niente è impossibile se c’è la volontà di trasformare l’onere dell’educazione in onore.

Non mancano nel saggio citazioni e ricorsi ai pilastri della psicologia, tra i tanti Piaget, appunto, Vygotskij e Nardone. Accostandosi a questi nomi e alle loro teorie per un non esperto del mestiere è senz’altro difficile ma Ventisette e Paselli hanno il merito di riuscire a decodificare il linguaggio psicologico grazie all’ausilio di citazioni, esempi pratici ed evocazioni di situazioni tipo della vita quotidiana, rendendo fruibile il testo anche per il lettore che non conosce la materia.

Lara Ventisette e Alessandro Paselli consegnano al lettore questo saggio, non con il tono cattedratico di maestri, ma nelle vesti, in primis di genitori e solo dopo nei panni dei professionisti, che quotidianamente, si rendono partecipi delle trasformazioni dei loro pazienti e clienti, crescendo insieme a loro.

Nell’introduzione si legge: <<Questo libro è dedicato ai genitori che vogliono sentirsi liberi. Liberi di fare pace con i bambini che sono stati. Liberi di emanciparsi da ciò che avrebbero voluto ricevere, senza poterlo ottenere. Liberi dalle ferite che hanno corredato il romanzo della loro vita. Liberi dai condizionamenti limitanti che hanno ricevuto. Liberi dalla tentazione di essere uguali, o antitetici, a quello che sono stati i loro genitori. Liberi di riscattare i tentativi fallimentari agiti dai loro familiari, scegliendo di essere i genitori migliori che possono essere>>.

Tutto questo può succedere solo si è disposti ad osare!

Scuola: la riforma necessaria dietro la battaglia dei compiti

Compiti a casa: Troppi o pochi? Utili o inutili? Con la riapertura e la ripresa a regime delle attività didattiche in quasi tutte le nostre scuole, torna prepotentemente di moda una discussione che ogni anno appassiona migliaia di genitori. Tutti, nel bene o nel male, almeno da studenti si sono rapportati con i compiti barcamenandosi tra un calcio ad un pallone ed i libri,  riuscendo a ritagliarsi comunque un proprio spazio di autonomia. Perché ora nel passaggio da studenti a genitori ci si schiera contro i compiti a casa?

È un interrogativo interessante che ci racconta molto sulla genitorialità interpretata dai giovani degli anni duemila e sul ruolo che ai loro occhi dovrebbe assumere la scuola. Da una parte troviamo una sacrosanta tutela del bambino/ragazzo e del suo tempo, dall’altra la pretesa dell’istituzione scolastica di inculcare con la disciplina e l’abnegazione le nozioni basilari per poter vivere nella società.

Entrambi sembrano essere argomenti molto validi, ma non sfiorano neanche il cuore del problema e cioè l’individuazione delle reali esigenze dell’utente della scuola: lo studente.

Viviamo nella società dell’informazione, il mondo è interconnesso e viaggia ad una velocità incredibile. L’unica istituzione che sembra essere impermeabile a questo cambiamento è la scuola, grosso modo ferma a principi educativi di inizio Novecento e incapace, nonostante ripetuti tentativi, di rinnovarsi nella forma. Il bambino di oggi, il nativo digitale per dirla in maniera chiara, ha un numero di stimoli che sollecitano la sua mente in maniera molto maggiore rispetto a solo una generazione fa, e pensare di fornire una formazione analoga a quella dei bambini del secolo scorso è quanto meno un progetto anacronistico.

La scuola, se vuole vincere la sfida del millennio, deve essere in grado di sviluppare l’autonomia e la creatività di ogni singolo studente. Per fare questo occorre una destrutturazione molto forte ed una azione coraggiosa di ripensamento dell’intera didattica. È anacronistico tenere gli studenti prigionieri per non meno di cinque ore seduti in angusti banchi sottoponendoli a stress che difficilmente un adulto sarebbe in grado di gestire in situazioni analoghe. Sarebbe opportuno diluire nell’arco della giornata la didattica in maniera razionale diminuendo le ore di lezione frontale, comunque insostituibili, e lasciando allo studente momenti di autonomia, collocando nelle ore pomeridiane le attività pratiche.

La scuola può diventare uno spazio condiviso, non una arena di competizione e mediocrità, capace di tenere al centro l’utente stimolandolo nello sviluppo delle proprie potenzialità. È assurdo pensare ad una didattica incentrata su una eccessiva quantità di materie che diventano una sterile accumulazione di informazioni che saranno presto dimenticate. Per fare tutto questo è necessario investire molto denaro pubblico per l’edilizia scolastica – di fatti la classe come la conosciamo oggi scompare – ma, soprattutto, occorre avere una visione chiara di come è il mondo oggi e cosa aspetta i ragazzi domani quando usciranno dalla scuola.

Cominciare a considerare la scuola non come un ammortizzatore sociale ma come un investimento per il futuro è un principio irrinunciabile e improcrastinabile.

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