A quasi ormai un mese dal terremoto di Amatrice ed Accumoli, che ha risvegliato interrogativi comuni e la solita domanda: si può prevedere un terremoto, e come proteggersi, abbiamo ascoltato tutti le “minacce” predittive di Giuliani sulle sorti della Valle Peligna (Sulmona, provincia dell’Aquila) e la città di Avezzano ma non solo, sia prima che dopo il terremoto del 2009 che colpì l’Abruzzo. Ne abbiamo parlato con il Dott. Vincenzo Giovine, vice presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, per capire innanzitutto cos’è la prevenzione e come si possono contenere gli effetti di un terremoto.
1. Secondo l’INGV dal 1900 ad oggi l’Italia ha subito 30 terremoti di magnitudo pari o superiore a 5 della scala Richter. Un esempio quello di Messina che causò la morte di 82mila persone e distrusse il 90% della città. Si tratta di terremoti violenti, che devastano centri abitati e provocano migliaia di vittime. Dal sisma in Emilia a quello che ha colpito il Lazio sono trascorsi soltanto 4 anni. Osservando la “cronologia” sismica, si può leggere negli ultimi 10/15 anni una diminuzione dell’intervallo tra gli eventi sismici più intensi. C’è una spiegazione a questo?
No, si tratta di un fatto casuale. A livello scientifico non è attualmente stata riscontrata alcuna corrispondenza tra il tempo di accadimento e i terremoti di una certa magnitudo. Allo stato attuale delle conoscenze, quindi, non è possibile leggere la riduzione dell’intervallo di tempo intercorrente tra un evento sismico di relativa entità e il successivo secondo una logica di tipo matematico probabilistico.
2. Cosa può fare (e non) un geologo. Giampaolo Giuliani, ex tecnico dell’Istituto dei Laboratori del Gran Sasso, sostiene di poter predire i movimenti sismici rilevando l’emissione di Radon delle rocce, nelle 24 ore prima che un terremoto si sprigioni. Come ha dichiarato al giornale Abruzzoweb: “Se ora dico che me lo aspettavo passo per il solito shamano – aggiunge rispetto al terremoto del 24 agosto – ma i miei strumenti hanno registrato un’anomala fuoriuscita di radon la sera del 23 agosto”. E’ una versione attendibile o saranno necessari anni di ricerca per dimostrare il nesso (secondo alcuni studiosi non esistente) tra i due fenomeni?
Attualmente si stanno svolgendo studi specifici per verificare eventuali connessioni tra la variazione delle concentrazioni ad esempio del radon, il rilascio dei gas correlati al verificarsi di un evento sismico e l’uso di queste informazioni ai fini previsionali. Ad oggi, sebbene l’aumento delle concentrazioni dei gas sia stato verificato, non è ancora possibile prevedere lo scatenarsi del sisma né, soprattutto, definire con adeguata attendibilità i tempi e i luoghi dell’evento sismico.
3. Prevenzione sismica, unica certezza: scuole, case, edifici pubblici non sono sicuri. Una scossa pari a o superiore a quella di Amatrice causerebbe oggi ulteriore devastazione e morte. Il modello vincente ed alternativo per quanto riguarda la prevenzione sarebbe quello giapponese. Il segreto dei nipponici è nella costruzione di edifici di cemento armato con carrelli sotto le fondamenta che rendono le strutture ballerine ma stabili. La distanza di costruzione tra un edificio e l’altro è fissata a minimo di 50 centimetri. E’ un modello che il nostro paese può prendere in seria considerazione?
Purtroppo la situazione relativa ai fabbricati esistenti è davvero problematica. La maggior parte del patrimonio immobiliare pubblico e privato è precedente al 1974 anno in cui la Legge 64 introdusse in Italia, per la prima volta, la progettazione antisismica. E’ inaccettabile, come avvenuto ad Amatrice, che una struttura ospedaliera sia considerata inagibile immediatamente dopo il verificarsi del primo evento sismico. La situazione italiana però differisce fortemente dalla situazione del Giappone e, quindi, dall’applicazione del modello giapponese. Il Giappone presenta, innanzitutto, una struttura geologica diversa, con diversa sismicità caratterizzata da eventi sismici che presentano un’intensità sismica soventemente più elevata, con frequenza di successione degli eventi tellurici molto alta e continuativa. Inoltre, per età delle costruzioni, urbanistica e soprattutto metodologie costruttive credo che la situazione sia difficilmente comparabile a quella italiana. Aggiungiamo poi l’aspetto culturale ed educativo che i giapponesi hanno acquisito nel corso del tempo imparando a conoscere i rischi con i quali devono convivere e che li ha portati a sviluppare tecniche e comportamenti volti a salvaguardare la propria incolumità imparandoli sin da bambini nelle scuole. Tuttavia, sebbene le situazioni siano differenti, il modello giapponese rimane un modello a cui ispirarsi e trarre esempio sia dal punto di vista tecnico, costruendo con sistemi antisimici ad hoc a seconda delle diverse situazioni geografiche e geologiche, sia dal punto di vista culturale partendo già in età scolare a diffondere una nuova cultura di conoscenza dei georischi.
4.Gran parte della Penisola è impreziosita da città d’arte con antichi centri storici, monumenti e chiese che rappresentano la nostra storia, la cultura del passato. Come si può fare prevenzione in questo senso e salvare questo immenso patrimonio senza alterare la fisionomia dei luoghi?
Considerando il valore del patrimonio storico e monumentale, il numero degli edifici e delle chiese l’impresa sembra davvero proibitiva. La soluzione, però, deve necessariamente partire dalla conoscenza e, da questa, ottenute le informazioni necessarie, occorre procedere per stabilire una priorità degli interventi. Le soluzioni tecniche da applicare alle strutture ci sono e sono efficaci ma tali misure vanno adottate con cognizione di causa partendo da una valutazione più ampia, troppo spesso sottovalutata, che tiene conto del contesto geologico e dell’interazione terreno – struttura.
5. Il simbolo di Amatrice post-sisma è un palazzo costruito negli anni ’50, rimasto in piedi, l’unico nel paese. Ma, come è possibile che sia l’unica struttura resistente alle scosse della notte del 24 agosto? Quante responsabilità ha la politica, e quante le ditte private, in questa “latitante” ricerca e tutela dell’antisismico, che poi si riduce a risparmio delle materie prime per la (ri)-costruzione? Allora si costruiva meglio “quando si stava peggio”, nel dopoguerra.
Effettivamente l’immagine del palazzo rosso ancora apparentemente integro ha enfatizzato la distruzione del centro storico caratterizzato, non dimentichiamolo, da costruzioni vecchie di secoli, facendo sorgere spontanea la domanda. Tenuto conto che è in corso una indagine della magistratura, non è il caso di dilungarmi in questa sede sulle responsabilità dei politici, dei professionisti o dei costruttori e dei tecnici preposti al controllo che potrebbero esserci nel caso specifico. Vorrei focalizzarmi, invece, su alcuni aspetti che permettano di chiarire meglio alcune situazioni già verificatesi anche in altri contesti analoghi in cui fabbricati adiacenti, uguali per struttura e geometria hanno avuto opposti comportamenti con crolli di alcuni e lievi danni per altri. In genere le prime e più immediate motivazioni di un crollo sono attribuite a motivi strutturali o costruttivi, alla adeguatezza sismica o alla qualità esecutiva della costruzione, ai materiali utilizzati ecc. La ricerca delle cause, invece, va ampliata includendo anche altri aspetti spesso ritenuti minori ma invece fondamentali quali quelli geologici, morfologici e, soprattutto, sismici relativi ai terreni di fondazione delle strutture. La natura geologica del sottosuolo influenza le caratteristiche sismiche di risposta alle sollecitazioni dei terreni amplificando, in ambiti areali anche molto ristretti, le accelerazioni sismiche determinando, in alcuni casi, comportamenti differenti nelle sovrastanti strutture e infrastrutture. Si tratta degli “effetti di sito” la cui conoscenza, mediante gli studi di microzonazione sismica, permette, definendo il comportamento dei terreni a livello puntuale, di progettare opere a minore vulnerabilità.
Altro aspetto che si ricollega alla domanda precedente legata alla conoscenza del costruito esistente in Italia è la proposta per la realizzazione di un fascicolo del fabbricato. Si tratta di un documento tecnico che raccoglie tutte le informazioni riguardanti la storia di un immobile da quelle di base di carattere geologico a quelle strutturali comprendendo le ristrutturazioni che possono aver modificato la condizione statica del fabbricato stesso. Solamente se è conosciuto lo stato di salute di uno stabile è possibile valutare correttamente gli interventi di adeguamento antisismico necessari.
6. Come deve muoversi un privato per verificare se l’abitazione è costruita nel rispetto le norme antisismiche, e quanto costa adeguare la propria casa per una giusta prevenzione?
La nostra esperienza ci dice che spesso all’acquisto di una casa noi tendiamo ad attribuire più importanza a fattori economici quali la vicinanza al centro storico, ai servizi pubblici o la facilità di accesso oppure ad aspetti estetico architettonici, tutti elementi importanti senza dubbio ma che però nulla ci dicono circa le modalità progettuali e costruttive di rispetto delle norme di sicurezza di un fabbricato tra le quali sicuramente la normativa antisismica. Chiaramente sarebbe raccomandabile raccogliere informazioni dal costruttore o dal progettista e sulla base delle risposte ricevute indirizzare l’eventuale scelta. Il fascicolo del fabbricato costituirebbe un importante documento dal quale trarre le informazioni necessarie. Per quanto riguarda i costi per l’ adeguamento di un fabbricato esistente si stimano, ma si tratta di valori puramente indicativi, circa 150/300 euro al metro quadrato.