In morte di Giorgio Albertazzi

Giorgio Albertazzi, grande protagonista del teatro italiano, nonché uno dei primi divi televisivi, protagonista di letture letterarie e sceneggiati, si è spento lo scorso 28 maggio a Roccastrada, all’età di 92 anni. Attore decadente, libertino, “ateo come Kafka” (come amava definirsi lui stesso), dannunziano, spesso troppo prevedibile, enfatico e perifrastico, poco duttile a differenza di altri suoi colleghi (Carmelo Bene considerò il suo teatro addirittura squallida prosa), Giorgio Albertazzi tuttavia è stato senza dubbio un attore dalla grandissima personalità, brillante, con una verve inesauribile.

Giorgio Albertazzi: politica, teatro, cinema

“Il perdente di successo”, come lui stesso si definiva, si era appena sposato, con la nobildonna Pia De’ Tolomei, donna molto più giovane di lui, definita da Albertazzi come un “tramite tra Dio e l’uomo”. Albertazzi non si è mai pentito né ha mai rinnegato la sua adesione alla Repubblica Sociale, questione più volte al centro di aspre polemiche, anche dopo la sua morte; in più occasioni l’artista toscano aveva dichiarato di aver compiuto quella scelta per ragioni di famiglia e di ideale, precisando che per lui e altri si era trattato della scoperta di una via socialista anticlericale, dell’idea della Carta del lavoro e contro il re, della partecipazione dei lavoratori agli utili delle aziende, dell’istinto della libertà e dell’anarchia, che lo avevano anche spinto ad essere “di sinistra”, come alcune delle persone più importanti della sua vita come Luchino Visconti e Anna Proclemer, e come andava in voga durante quegli anni.

Etichettato dai militanti di Rifondazione come “fucilatore non pentito”, l’attore ha sempre smentito di aver fucilato qualcuno, non sapeva nulla dei campi di sterminio ma già allora non aveva simpatia per i tedeschi e ricordava di quando (all’epoca era sottotenente), i tedeschi consegnarono ai soldati italiani due disertori, addestrati in Germania, inquadrati nell’esercito della Rsi, fuggiti e ripresi; avrebbero potuto essere fucilati immediatamente e invece furono processati; uno fu assolto, l’altro condannato a morte. Si sperò fino alla fine di risparmiarlo ma il comandante del reggimento ordinò: o lui, o loro. Era la guerra ed è troppo facile fare gli eroi adesso, e dare addosso ad Albertazzi non avendo vissuto quegli anni e dimenticando che il mondo della cultura italiana del dopoguerra, oltre ad Albertazzi, ha visto come protagonisti molti ‘repubblichini’ tra cui Dino Buzzati, Walter Chiari, Amedeo Nazzari, Ugo Tognazzi, senza contare il fatto che quasi tutti in quegli anni di dittatura, erano (anche solo apparentemente) fascisti e anche per qualsiasi oppositore era più opportuno e conveniente (per la propria vita) portare la camicia nera di giorno ed essere sobillatori di notte.

Albertazzi, ha recitato ogni opera, ogni autore, Sofocle, Shakespaeare, Miller, Dostoevskij, Ibsen, Dante; nel cinema ha recitato per Alain Resnais, nel film L’anno scorso a Marienbad (1961), ambizioso film sull’inganno della verità della memoria, importante per comprendere gli sperimentalismi degli anni sessanta, ma anche clamoroso insuccesso di pubblico e in Eva di Joseph Losey (1962) per poi ritornare definitivamente al teatro e al teatro sceneggiato per la tv (indimenticabili Delitto e castigo, Gli spettri, Piccolo mondo antico, L’idiota Don Giovanni, Vita di Dante), dati gli insuccessi cinematografici, dovuti soprattutto alla bassa qualità delle pellicole (5 donne per l’assassino, Mark il poliziotto, Tutti gli anni una volta l’anno).

<<Gassman aveva il corpo, Carmelo Bene il talento ma io sono Re Lear e vorrei morire sul palcoscenico>>, soleva dire Giorgio Albertazzi e, idealmente, così è stato.

 

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