‘Illusioni perdute’ di Giannoli: le degenerazioni del nostro sistema mediatico

Con “Illusioni perdute” un regista colto e tradizionale come Giannoli (“Marguerite”) offre una versione di tutto rispetto, ancorché ridotta e impoverita, del romanzo pubblicato in tre parti da Honoré de Balzac tra il 1837 e il 1843 e diventato il secondo dei cicli narrativi della monumentale La Comédie Humaine e proprio una “commedia umana” scorre per 141 minuti sullo schermo in cui tutto si compra e si vende, la letteratura come la stampa, la politica come i sentimenti, le reputazioni come le anime.

Jeu de massacre nella Parigi del 1820. Lucien Chardon è un giovane di bell’aspetto che dati gli umili natali deve sopravvivere come umile impiegato della tipografia di famiglia ad Angouleme, capoluogo del dipartimento della Charente; le spropositate ambizioni di poeta dilettante, incoraggiate dalla nobildonna che lo protegge, lo spingono a lasciare la provincia per trasferirsi nella capitale dove viene presto trascinato nel tourbillon mondano, culturale e giornalistico dell’epoca della Restaurazione.

In un quadro figurativo garantito da costumi, scenografie, fotografia, musiche d’alto e (oggi) inusitato livello è piacevole, così, farsi sorprendere dalle ascese e le cadute del brillante e arrivista Lucien autonominatosi de Rubempré tra i comportamenti di personaggi affascinanti o grotteschi, nel frenetico caos delle strade, i teatri, le redazioni, i salotti, nella fluidità delle inquadrature e le sequenze spesso contrappuntata da veri e propri schizzi in stile caricaturistico.

Metodo utilizzato anche dal venerato scrittore, peraltro saccheggiato molto meno di quanto si possa pensare dalle trasposizioni –vengono in mente “Eugenia Grandet”, “Il colonnello Chabert”, “Out 1”, “La bella scontrosa” e “La duchessa di Langeais”- forse perché, come ha scritto acutamente Roberto Manassero, “se è vero com’è vero che il cinema narrativo deriva dal romanzo ottocentesco, non ha bisogno di tradurre Balzac perché nei suoi elementi di base è già naturalmente balzachiano”.

Non volendo o potendo replicare la sottigliezza delle psicologie balzachiane, la complessità del Bildungsroman o romanzo di formazione e neppure la cruda spregiudicatezza dei film di Stone (“Wall Street”) o Scorsese (“The Wolf of Wall Street”) ai quali insieme al co-sceggiatore Fieschi si è sicuramente e astutamente ispirato, Giannoli privilegia la seconda parte del testo originario che sembra anticipare le degenerazioni del sistema mediatico odierno: con la sua chiara concessione agli umori populisti, “Illusioni perdute” insiste sulle comparazioni tra il torbido intreccio delle carriere e la lotta di classe, l’affannosa corsa alle cene, le lusinghe editoriali e le manovre dei precorritori dei tweet e fake news e la segreta voluttà delle alcove amorose, i misteri e i voltafaccia sentimentali e le oscure trattative pubblicitarie, finanziarie e politiche.

 

ILLUSIONI PERDUTE

Master in Critica giornalistica Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico: al via le iscrizioni

L’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” apre le iscrizioni per l’edizione 2017/2018 del Master di primo livello in Critica Giornalistica. L’Accademia è stata fondata nel 1936 dal critico teatrale Silvio d’Amico e rappresenta l’unica Istituzione nazionale per la formazione di attori e registi che rilascia un titolo di studio di livello universitario. È sostenuta dal Ministero dell’Istruzione, della Università e della Ricerca e dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

Il progetto vanta sin dal suo esordio nel 2006 la partnership del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani; nel 2008 il patrocinio del Consiglio Internazionale dell’UNESCO per il Cinema, la Televisione e la Comunicazione Audiovisiva (CICT), nel 2009 ha ricevuto il nulla osta dal Ministero dell’Istruzione – Direzione Generale per l’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica – che lo ha accreditato come Master di I Livello in grado di offrire un titolo di studio riconosciuto e l’attribuzione di 60 crediti formativi.

Il successo del master in critica giornalistica è da attribuirsi a un corpo docente composto da professionisti del mondo del giornalismo e della comunicazione ed a una costante attività pratica garantita dal tirocinio giornalistico con la testata Recensito e dai prestigiosi stage presso le aziende partner, che, negli anni, spesso si sono trasformati in una concreta opportunità di lavoro.

Tra gli insegnanti vi sono firme importanti della stampa italiana e professionisti del mondo della comunicazione come: Ernesto Assante (La Repubblica), Leonetta Bentivoglio (La Repubblica), Sandro Cappelletto (La Stampa), Steve Della Casa (Radio Rai), Carlo Freccero (membro del consiglio di amministrazione RAI – Radio Televisione Italiana), Massimo Marino (Il Corriere della Sera), Enrico Menduni (autore, documentarista, docente ordinario di media digitali all’Università Roma Tre), Mario Sesti (Critico, regista e membro del comitato di selezione del Festival del Cinema di Roma, ideatore del programma Tv “Splendor” in onda sulle reti Mediaset), Davide Antonio Bellalba (giornalista, autore televisivo e presidente della Federazione Italiana Comunicatori e Operatori Multimediali), Gabriele Niola (La Repubblica), Michele Rech in arte Zerocalcare.

Non mancano, inoltre, momenti di approfondimento come i seminari dedicati al rapporto tra televisione e minori e quelli riservati all’ideazione, alla produzione e al mercato della fiction-tv.
Tra i partner che ospitano in stage i corsisti – offrendo un’opportunità che in alcuni casi si è trasformata in una concreta proposta di lavoro – vi sono realtà quali: RAI, LA7, SKY, Adnkronos, il Gruppo Editoriale “L’Espresso”, il Gruppo editoriale QN, la Fondazione Musica per Roma, Zètema Progetto Cultura, APT (Associazione Produttori Televisivi), Film Commission Toscana, Film Commission Marche, Wider Films, MY Movies, Cineteca di Bologna.

Gli argomenti previsti dal master in critica giornalistica saranno: Elementi di storia del teatro; Analisi del testo drammaturgico; Analisi del testo coreografico; Elementi di storia e semiologia del cinema; Alfabetizzazione e analisi cinematografica; Elementi di storia della televisione; Elementi di drammaturgia musicale; Metodologia della critica teatrale; Metodologia della critica cinematografica; Morfologia e critica della paraletteratura (fumetto, videogioco, cartoon); La critica cinematografia e il web; Metodologia della critica televisiva; Dalla tv al web: pratiche, linguaggi, forme di fruizione dei contenuti; Metodologia della critica musicale; Il giornalismo musicale: dai quotidiani a internet, ecc…

Il corso mira a potenziare le capacità di osservazione, di analisi e di critica dello spettacolo contemporaneo; facendo acquisire conoscenze specifiche ed approfondite, relative alla storia dei diversi contesti storico culturali, sociali, di produzione e fruizione delle arti performative, del cinema, della musica e dello spettacolo.

Sono poi partner del Master i teatri più importanti d’Italia (il Piccolo Teatro di Milano, l’Eliseo, il Sistina, il Teatro Biondo di Palermo, il Teatro Massimo di Palermo, ERT – Emilia Romagna Teatro, Teatri di Vita di Bologna, il Teatro della Pergola di Firenze-Fondazione Teatro della Toscana, Cantieri Teatrali Koreja di Lecce, Teatro Pubblico Pugliese di Bari), le agenzie di comunicazione Daniele Mignardi Promopress Agency, Tiziana Rocca Comunicazione, Storyfinders.

Ogni anno gli allievi vengono coinvolti in attività di comunicazione relative ai progetti artistici dell’Accademia, dagli spettacoli teatrali alle produzioni cinematografiche realizzate con Maestri come Sergio Rubini, Giorgio Barberio Corsetti, Arturo Cirillo, Valentino Villa, Robert Wilson e molti altri.

Graham Greene, scrittore-giornalista poliedrico e cosmopolita

Nato a Berkhamsted, in Gran Bretagna il 2 ottobre del 1904, Graham Greene ha dedicato tutta la sua vita alla scrittura senza fermarsi mai. Infatti durante i suoi numerosi viaggi traeva fonti essenziali per la sua poetica. Il contatto con questi luoghi (Africa, Messico, Estremo Oriente, Italia, Francia ecc.), ha permesso di rendere la sua narrativa portavoce a chiare linee dei conflitti e dei mutamenti dell’epoca. Nel caso di Greene è impossibile tracciare confini netti tra vita e opera letteraria, queste due componenti costituiscono in modo inscindibile la sua natura di intellettuale. Proveniente da una famiglia di orientamento protestante, a partire dal 1912, lo scrittore frequenta la scuola di Berkhamsted dove il padre Charles Henry svolge il ruolo di preside. Durante gli anni scolastici è vittima di bullismo, questa esperienza traumatica lo accompagnerà fino ai suoi ultimi giorni e influirà in modo incisivo sulla sua scrittura. Dopo un tentativo di suicidio e le cure psicoanalitiche del dott. Kenneth Richmond, accede al Balliol College di Oxford (1922) dove conosce la sua futura moglie Vivien Dayrell-Browing che lo inizierà al cattolicesimo, aderirà poi nel 1923 al Partito Comunista ma vi rimarrà solo per un mese. Mentre frequenta il College, Greene comincia a scrivere versi che culminano con la pubblicazione della sua prima opera, una raccolta di poesie intitolata Babbling April (1925).

L’attività giornalistica di Greene e l’incontro con Hollywood

Diplomatosi l’anno successivo, lo Greene comincia la sua carriera giornalistica dapprima come volontario al «Nottingham Journal» e poi come vicedirettore presso il «Times» fino al 1930. Nel 1929 lo scrittore pubblica il suo primo romanzo The Man Within, storia di Andrew e dei suoi compagni contrabbandieri che scappano per non essere accusati di omicidio. Dopo l’abbandono del «Times», egli si dedica principalmente alla scrittura e alle sue missioni di inviato speciale. I resoconti dei suoi viaggi in Sierra Leone, Liberia (1934) e Messico (1938) fungono da materiale per opere come Journey Without Maps, The Lawless Roads e nel romanzo The Power and the Glory. All’approssimarsi della seconda guerra mondiale Greene riprende il lavoro di giornalista per lo «Spectator» occupandosi in un primo momento della pagina teatrale e grafica, e di quella letteraria dal 1940-1941. Proprio grazie al suo lavoro di sceneggiatore, egli si trova in diretto rapporto con il mondo di Hollywood; progetta la prima sceneggiatura The Tenth Man rielaborata solo successivamente e collabora con Rattigan trasponendo il suo romanzo Brighton Rock in un film. Dal 1941 al 1943 risiede in Africa impiegato dal Ministero degli Affari Esteri.

In realtà dietro tale apparenza si cela la reale professione di Greene: agente segreto per il governo britannico, ruolo rivestito anche durante la prima guerra mondiale da suo zio Sir W. Graham Greene K.C.B. Tale esperienza è trascritta nel diario di viaggio Convoy to West Africa e trasposta in The Heart of the Matter (1948). Dal 1947 al 1953 Greene scrive alcuni libri per l’infanzia, recensioni letterarie per l’«Evening Standard» e produce un gran numero di introduzioni a testi letterari come al The Good Soldier (1962). Sebbene egli stesso abbia indicato in un primo momento la distinzione tra i suoi romanzi “seri” e “leggeri” rigetta più volte tale affermazione e rinnova il suo disagio per l’etichetta di scrittore “cattolico”. Egli spiega che nonostante la problematicità cattolica assuma un posto principale nei suoi saggi, il suo scopo è voler semplicemente esporre i problemi spirituali che lo tormentano cercando in questo modo di risolverli, ma non ha intenzione di divulgare un credo ideologico.

La passione per i viaggi e l’esotismo

Negli anni ’50 Greene ottiene altri incarichi giornalistici sia come inviato per il «New Republic», che come corrispondente per il «Sunday Times». Questo lavoro lo mette di fronte ad enormi problematiche politiche. Parte poi per il Kenya, la Malesia e l’Indocina, proprio in quest’ultima ambienta il romanzo intitolato The Quiet American (1955), una sorta di thriller psicologico. Nel 1957 soggiorna a Cuba e scrive Our Man in Havana pubblicato l’anno successivo. Nel 1959, compie un viaggio nel Congo belga che funge da sfondo per il romanzo A Burnt-Out Case, trascritto nel diario Congo Journal. Il ’62 è un anno fondamentale per l’autore, egli riceve la laurea ad Honorem in Lettere dall’Università di Cambridge. Seguono altri viaggi che lo conducono in Arabia, Cina, Sud America e infine in Argentina e in Paraguay per il  «Sunday Telegraph». Si reca poi a Panama come ospite del generale Omar Torrijos Herrera, trascrivendo il resoconto di tali esperienze nel volume Getting to Know the General (1984). Proprio in questi luoghi sono ambientati alcuni dei romanzi scritti negli ultimi anni di vita come Travels with My Aunt (1969) e la seconda parte di The Captain and the Enemy (1988) suo ultimo romanzo.

Come si è detto precedentemente gli scritti di Greene non sono altro che rielaborazioni di esperienze di vita, che lo scrittore in prima persona da critico, giornalista, emissario del Foreign Office durante la seconda guerra mondiale, inviato speciale, ha voluto far confluire nel suo corpus letterario avvalendosi di una scrittura chiara e precisa. Nell’ultima parte della sua produzione mostra un risvolto parodico di questi eventi, visibile in The Honorary Consul e nel Monsignor Quixote (1982). Il 3 aprile del 1991 dopo essersi trasferito in Svizzera si spegne, concludendo il suo ultimo “viaggio”, quello della vita.

Paolo Monelli, giornalista-letterato polemista

Paolo Monelli (Fiorano Modenese, 15 luglio 1891 – Roma, 19 novembre 1984), è stato il più letterato dei giornalisti italiani del ‘900 che ha dato dei punti anche ai più bravi letterati del mestiere; lo ha dimostrato già dai corsivetti che egli redigeva per la Gazzetta del Popolo, “una parola al giorno”, e che sono stati riuniti in volume dall’Hoepli, come l’Alfabeto. Monelli quindi ha inventato una rubrica di “varietà”, letterarie e di costume legandosi alle lettere dell’alfabeto, cercando di scrivere una variazione per ogni lettera.

Dopo aver frequentato il liceo classico “Minghetti” di Bologna, Monelli decide di intraprendere la carriera militare, ma viene bocciato all’esame di ammissione all’Accademia di Torino; come ripiego, inizia a studiare giurisprudenza presso l’università di Bologna, dove si laureerà ed inizia a collaborare con Il Resto del Carlino per il quale alcuni articoli sulla terza pagina. Allo scoppio della Prima guerra mondiale Monelli si schiera dalla parte degli interventisti; così, al momento dell’entrata in guerra, si arruola come volontario negli Alpini. Partecipa alla battaglia dell’Ortigara, conseguendo una seconda decorazione, promosso capitano, Monelli si ritrova coinvolto nei tentativi di respinta della violenta offensiva austriaca che ha avuto la sua battaglia decisiva nella celebre disfatta di Caporetto. Il coraggio dimostrato dallo scrittore sul Monte Tondarecar è premiato il 15 novembre 1917 con una terza medaglia di bronzo.

Per Monelli la Grande Guerra inizialmente è stata una splendida avventura, considerata la sua giovane età, ma nel corso del combattimento, instaura con i suoi soldati uno stretto rapporto e conserva vivi i ricordi di questi uomini: «È mia ricchezza segreta e indistruttibile questa esperienza che non vorrei non avere avuto». Nel 1920 infatti, Monelli compone un diario di guerra, Le scarpe al sole, opera che  dichiara la propria da parte del giornalista.

Nel 1921 Monelli inizia a collaborare con La Stampa, diretta dall’antifascista Luigi Salvatorelli; è in questo periodo che viene pubblicata l’opera Viaggio alle isole Freddazzurre: da Oslo a Hammerfest, Caponord e Spitsbergen edita da Alpes. Nel 1926, Monelli lascia La Stampa ed istituisce insieme ad alcuni letterati, il Premio Bagutta; approda poi al Corriere della Sera di Ugo Ojetti; a questo periodo appartiene l’opera Io e Tedeschi, distribuita da Treves.

Successivamente viene pubblicata, sempre da Treves, una raccolta di articoli celebrativi del decennale della Vittoria, Sette battaglie (1928). Dopo il licenziamento da Via Solferino, Monelli è assunto dalla Gazzetta del Popolo, che segna la sua entrata in un organo di stampa molto organico alla politica culturale del regime. Monelli riprende anche il suo ruolo di corrispondente dall’estero: è infatti a New York, nel 1933, in occasione della trasvolata oceanica guidata da Italo Balbo, in Etiopia, tra il 1935 e il 1936, come inviato di guerra; a Ginevra, in occasione della  riunione della Società delle Nazioni il 30 giugno 1936. In questa circostanza Monelli e altri sette giornalisti delle maggiori testate italiane danno vita ad una “bravata patriottica”, coprendo con fischi il discorso del delegato del Negus d’Etiopia.

Durante la seconda guerra mondiale Monelli torna alla vita militare ed è chiamato dal Ministero della Marina, con il ruolo di corrispondente di guerra, pur continuando ad essere membro del Corpo degli Alpini. Congedato il 22 febbraio 1943, comincia a maturare un senso di critica verso il fascismo che lo porta a riprendere la sua attività di giornalista di guerra al seguito del Corpo Italiano di Liberazione. Pubblica quindi l’opera Roma 1943, edita da Migliaresi nel 1945, che tratta gli avvenimenti che hanno portato alla fine del fascismo. La tesi del giornalista è condivisa anche da Carlo Emilio Gadda con l’opera antimussoliniana Eros e Priapo. Dopo la liberazione di Roma, Monelli partecipa attivamente alla vita culturale della città, costituendo il gruppo degli Amici della Domenica con Massimo Bontempelli, Paola Masino, Carlo Bernari, Palma Bucarelli e Alberto Savinio, gruppo che ha presieduto alla fondazione del Premio Strega.

Monelli può finalmente dedicarsi al genere narrativo: Sessanta donne (1947), Morte del diplomatico (1952), Nessuna nuvola in cielo (1957), Avventura del primo secolo (1958); riprendendo anche l’attività di giornalista dapprima a La Stampa, in seguito, di nuovo al Corriere della Sera.

Sono di estremo interesse, per quanto riguardo il suo Alfabeto, i capitoletti di Monelli sulla bellezza, sull’eternità, sui ciechi, che ci danno un Monelli meno spiritoso del solito ma che vuole andare a fondo, vuole approfondire l’argomento. Lo scrittore è a suo agio e dimostra passione quando scrive sulla bellezza delle cose immutabili e sulla contemplazione di un cielo notturno:

“Noi non possiamo acquetarci che nell’armonia delle linee dei monti del piano dell’orizzonte marino, e la più sicura bellezza è quella del cielo notturno. Ogni sera torneremo con appagata certezza alla geometria delle costellazioni, che per noi non muta, che ogni stagione torna allo stesso punto del cielo, ed avvera in se le più limpide astrazioni della nostra intelligenza”.

Questo passo rivela il Monelli letterato, con il suo gusto per il bel fraseggio o probabilmente per il piacere della bella chiosa ad effetto. Poi c’è un Monelli arguto che svariegga sulle donne tascabili, sulla pastasciutta, ecc, temi che ci consegnano un Monelli più tradizionalista e polemista, che deplora l’uso e l’abuso degli esotismi nel linguaggio, nelle idee e nelle mode. Lo scrittore emiliano si scaglia contro il bel mondo e contro quei letterati che stanno tutt’occhi e tutt’orecchie in ascolto della cultura francese, per il quale non è altro che “una riduzione ebraico-borghese delle idee vigenti altrove”. Naturalmente il pensiero e la letteratura francese possono essere mediocri, e in parte lo sono; ma in questo modo si rischia di trasformare uno sfogo dell’umorale Monelli in un pensiero serio, in un’opinione ragionata.

In Paolo Monelli convivono al contempo una certa pedanteria e sregolatezza, ma è importante sottolineare come egli, nel suo Alfabeto, abbia rivelato tutto il suo spirito nostrano, il suo vigile senso di italiano nuovo, ben lontano dai provincialismi.

Ken Follett, il paladino delle minoranze

“Io sono certa che nulla più soffocherà la mia rima, il silenzio l’ho tenuto chiuso per anni nella gola come una trappola da sacrificio, è quindi venuto il momento di cantare una esequie al passato.” (Ken Follett, “I pilastri della terra”).

Ken Follett nasce a Cardiff, nel Galles, il 5 giugno 1949. Primo figlio di Martin Follett, un ispettore delle tasse, e di Lavinia Veenie, ha tre fratelli. Fin da piccolo un interesse che va oltre la sua immaginazione lo spinge ad amare la lettura. Si trasferisce a Londra con la famiglia all’età di dieci anni, vincendo l’ammissione allo University College di Londra, dove studia filosofia e inizia ad impegnarsi nella politica di centro-sinistra. Si sposa con Mary nel 1968, e nello stesso anno nasce suo figlio Emanuele.
Dopo aver intrapreso un corso di giornalismo, inizia a lavorare come apprendista reporter a Cardiff nel South Wales Echo. Tre anni dopo sarà di ritorno a Londra per lavorare nell’Evening News, il telegiornale della sera. La sua passione per la lettura lo porta a iniziare a scrivere romanzi la sera e nei fine settimana come hobby.

Il successo arriva lentamente, e con la pubblicazione di “La cruna del lago” nel 1978un thriller ambientato durante la seconda guerra mondiale, che riscuote un enorme successo. Il libro vince l’Edgar Award e diventa un film per il grande schermo che vede come protagonisti Donald Sutherland e Kate Nelligan.
Verso la fine del 1970, viene coinvolto nelle attività del partito laburista britannico. Durante il suo impegno politico, conosce Barbara Hubbard, un deputato del Parlamento nelle file laburiste che in seguito diventerà ministro della cultura nel governo di Gordon Brown. Ken e Barbara si sposano nel 1984. La coppia vive tra Londra e Stevenage (Hertfordshire), insieme a una vasta schiera di figli avuti nei matrimoni precedenti. Follett è un grande estimatore di Shakespeare, e spesso è possibile incontrarlo alle rappresentazioni tenute dalla Royal Shakespeare Company di Londra. Adora la musica e suona il basso in una band dal nome Damn Right I Got the Blues.

Analizzando le opere di Follett si possono individuare quattro fasi ben distinte. La prima fase comprende “La Cruna dell’ago” e i cinque libri che lo seguono. Ciò che al loro interno troviamo spazia dalla prima guerra mondiale, con l’opera “L’uomo di Pietroburgo”,all’Iran e all’Afghanistan con “Sulle ali delle aquile” e “Un letto di leoni”. Un cambiamento, una varietà che si fonda sull’elemento cronologico e geografico.
La seconda fase comprende quattro romanzi storici scritti sul finire degli anni ’80. L’intricato e appassionante “I pilastri della terra”, ambientato nell’Inghilterra medievale, si svolge parallelamente alla costruzione di una cattedrale, affiancando alla storia della chiesa la vita di svariati personaggi. “Notte sull’acqua” narra le vicende dei viaggiatori che abbandonano l’Inghilterra sull’ultimo volo di linea del Clipper, idrovolante di lusso diretto negli Stati Uniti alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale.“Una fortuna pericolosa” è ambientato nella Londravittoriana, e “Un luogo chiamato libertà” nelle colonie inglesi nord-americane ai tempi della rivoluzione americana. Cambia ancora genere nei tardi anni novanta, con un paio di libri ambientati nel presente usando le tecnologie avanzate come filo conduttore. “Il martello dell’Eden” si focalizza sul terremoto come arma di terrore, mentre “Il terzo gemello” sugli aspetti oscuri delle biotecnologie. Ritornando allo spionaggio in “Codice a zero”, Ken Follett ambienta il romanzo ai tempi del lancio del primo satellite americano.

“Le gazze ladre” e “Il volo del calabrone” vengono invece collocati cronologicamente durante la seconda guerra mondiale. “Nel bianco” è un thriller ambientato ai giorni nostri, in cui un gruppo di terroristi cerca di trafugare un virus da un laboratorio. Il 18 settembre 2007, esce in antemprima mondiale, in Italia, “Mondo senza fine”, seguito ideale de “I pilastri della terra”. Il 28 settembre 2010 è la volta de “La caduta dei giganti”, primo romanzo della cosiddetta “Trilogia del secolo”, che ripercorre tutti i principali fatti storici del Novecento. Il secondo volume, intitolato “L’inverno del mondo”, è uscito in Italia l’11 settembre 2012. La terza ed ultima parte era stata prevista per il 16 settembre 2014.

Ken Follett ha venduto più di 150 milioni di copie dei suoi libri in tutto il mondo.L’elemento che emerge nelle opere dello scrittore e che rispecchia la sua forte personalità, è la componente politica, il suo modo di osservare il mondo e ciò che lo circonda. Chi dovrebbe guidarlo e in che modo. Idee politiche che ritroviamo soprattutto ne “La caduta dei giganti” e “L’inverno del mondo”. In essi tutti i personaggi positivi si identificano con le idee di centro-sinistra, mentre i conservatori non sono in alcun modo giudicati in modo positivo dallo scrittore.
I protagonisti della “Trilogia del secolo” si presentano infatti quali famiglie di minatori e di sindacalisti galles che lottano per i propri diritti contro i proprietari delle miniere, descritti come dei profittatori capitalisti. All’interno di queste opere, oltre ad una profonda critica al fascismo, troviamo anche un’aperta accusa contro il comunismo che, animato da nobili ideali, si trasforma in una dittatura anti-democratica attraverso l’uso della violenza.

Ken Follett porta nelle sue opere la lotta per l’emancipazione femminile, il socialismo, quelli che verranno dall’autore visti come i soli modi per aspirare e giungere un giorno ad una vita migliore. Il punto di vista analizzato da Follett è quindi quello delle minoranze, se così possono essere definite, che lottano per andare avanti, restare a galla, sopravvivere.

“Il socialismo non vuole la rivoluzione, perché l’hanno già provata altri popoli e abbiamo visto che non funziona. Però vuole un cambiamento, e subito”. Parole di buon senso quelle del riformista Follett che, tralasciando l’aspetto sociale/politico delle sue opere, si è dimostrato un grande conoscitore e divulgatore storico.

 

Di Gabriella Monaco.

 

Premio Pulitzer 2013

Il Premio Pulitzer rappresenta la più prestigiosa ed ambita onorificenza nazionale per la letteratura .

Istituito da Joseph Pulitzer, magnate della stampa statunitense e  gestito dalla Columbia University di New York,  il premio non attiene solo all’ambito letterario ma comprende anche il giornalismo e i componimenti musicali. Il primo premio risale al 1917 , vinto da Herbert Bayard Swope, giornalista di New York World, per la serie di articoli dal titolo ‘Inside the German Empire’  e a J. J. Jusserand per il  lavoro ‘storico’ in ‘With Americans of Past and Present Days’.

I premi vengono  assegnati annualmente ( nel mese di aprile) a coloro che si sono distinti  in una delle  categorie considerate che vanno  dalla fiction, alla cronaca, alla musica, alla drammaturgia.

Quest’anno il premio è andato, per quanto riguarda il giornalismo, al New York Times che si è aggiudicato quattro categorie su 21: giornalismo investigativo,di approfondimento,internazionale ed innovazione digitale per  il servizio dedicato all’attività d’oltreoceano della AppleWal Mart e per un reportage sulla famiglia del primo ministro cinese. Il fotografo free-lance Javier Manzano si è aggiudicato la miglior fotografia per un suo scatto in Siria ,mentre allo scrittore Adam Johnson , autore de “Il Signore degli Orfani”, è andato il premio per la narrativa.

 

Exit mobile version