‘Giorni di guerra’, il romanzo minimalista di formazione di Giovanni Comisso

Il giornalista e scrittore Giovanni Comisso scrisse Giorni di guerra nel 1930, rievocando a distanza di tempo la sua esperienza di guerra, alla quale aveva partecipato giovanissimo. Si tratta dunque di un libro di memorie, privo della risentita partecipazione emotiva che caratterizza tante opere scritte subito dopo il conflitto: in esso domina piuttosto il senso di nostalgia con cui Comisso ricorda la propria passata gioventù e la beata incoscienza che gli consentiva di affrontare tanto drammatici e violenti come se si trattasse di un gioco. Anche se l’autore non vuole presentare con Giorni di guerra un documento polemico sull’assurdità della guerra e sull’impreparazione degli ufficiali italiani; tuttavia questi aspetti acquistano, forse proprio per questo, un rilievo notevole e finiscono per offrire una delle testimonianze più oggettive e sincere del conflitto.

Dopo gli studi classici, Giovanni Comisso si iscrisse alla facoltà di legge, che interruppe a causa della prima guerra mondiale, cui partecipò come interventista convinto. Dopo la guerra sperimentò i più diversi mestieri, dal libraio al commerciante d’arte; riprese poi gli studi universitari laureandosi nel 1924. Nel 1926 cominciò a collaborare con la <<Gazzetta del popolo>> e con il <<Corriere della Sera>>, viaggiando ripetutamente in Europa, Africa del Nord, Cina, Giappone e Russia. I suoi racconti venivano intanto pubblicati su <<Solaria>>, <<Pegaso>>, <<La Fiera Letteraria>>. Negli anni Cinquanta viaggiò ancora come corrispondente del <<Messaggero>> e della <<Stampa>>, ed esordendo come narratore del 1924 con Porto dell’amore, ispirato autobiograficamente all’impresa di Fiume. Con Gente di mare (1929) vinse il premio Bagutta; nel 1930 fu la volta di Giorni di guerra, con il libro Capricci italiani vinse nel 1952 vinse il premio Viareggio e con la raccolta di racconti Un gatto attraversa la strada, ricevette nel 1955 il premio Strega. Tra i suoi romanzi ricordiamo Storia di un patrimonio (1933), I due compagni (1936); Gioventù che muore (1949) e La mia casa di campagna (1958).

Per quanto concerne la trama di Giorni di guerra, siamo nel 1917, poco prima della battaglia di Caporetto, che costrinse l’esercito italiano, dopo una bruciante sconfitta, a ritirarsi in disordine lungo la linea del Piave. L’ambiente è quello dell’alto Isonzo, dove soldati e ufficiali stanchi occupavano da oltre due anni le stesse linee senza riuscire ad avanzare. Il protagonista della storia minimalista ed essenziale di Comisso è un ufficiale con l’incarico di controllare periodicamente le linee telefoniche che collegano gli avamposti ai comandi arretrati. Si tratta di un ufficiale diverso dagli altri: non sfugge i pericoli come tanti suoi colleghi imboscati, anzi ne va quasi alla ricerca, per voglia di avventura, per curiosità di conoscere, ma anche per sfida. I soldati, quelli che combatteranno sul monte, tra la neve e le bombe, l’hanno invitato ad ispezionare il loro settore, ma nella loro voce vi è l’ironia di chi sfida a rischiare sul serio la vita. Ma l’ufficiale ci va per davvero, salendo sul monte tramite un pericoloso carrello di teleferica, conoscendo in questo modo i soldati, con i quali aveva comunicato solo per telefono. Infine, rischiando nuovamente la vita, l’ufficiale ridiscende a valle con lo stesso carrello e si addormenta; al suo risveglio ripensa alla storia assurda, chiedendosi se è stato solo un sogno.

“La notte era alta. Trovai un breve andito vicino alla baracca dell’ufficiale, mi distesi per terra e mi addormentai contro la parete. Poi, risvegliandomi al freddo dell’alba, subito mi chiesi se tutto quello che avevo fatto me lo fossi sognato; e se, sceso verso il prato dove la nebbia era distesa come un velo, andai a cogliere i tenui fiori dell’autunno che splendevano come meravigliose ametiste.

Il discorso indiretto della voce narrante è intercalato dal discorso diretto dei protagonisti per dare maggiore spessore realistico e drammatico alla vicenda. Il linguaggio è semplice, con periodo generalmente brevi e disposti in rapida successione per indicare il ritmo veloce degli eventi. Nel momento più vivo della narrazione, rappresentato dal volo della teleferica, si avverte tuttavia la presenza di elementi letterari derivati soprattutto dalla poetica di Pascoli, di cui era imbevuta l’educazione della gioventù del tempo.

L’avventura vissuta e raccontata da Comisso, possiede le caratteristiche di un percorso iniziatico, un romanzo di maturità e formazione, attraverso il superamento di una prova impegnativa, il protagonista conquista la fiducia in se e la stima dei propri compagni. Il brano di chiude con la stessa immagine dei fiori lilla con cui era iniziato, raccogliendoli alla fine del viaggio , è come se egli volesse accertarsi che quella vissuta è stata un’esperienza viva e concreta, non un sogno.

Giorni di guerra è un libro ricco di pathos che sa emozionare dove Comisso, regalandoci pagine da antologia, trasmette con grande efficacia lo slancio ritrovato dei soldati e la vittoria con i fuochi tra le montagne, sebbene non si tratti della dura vita della prima linea, fatta di morte e sofferenza, ma di una diversa prospettiva, più privilegiata, di un ufficiale del genio trasmissioni. Un libro da riscoprire (insieme al suo autore) e apprezzare nella sua semplicità e da far leggere insieme a Lussu e Levi in tutte le scuole italiane.

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