Dopo il Jobs Act il ministro Poletti scivola sulla ‘fuga dei cervelli’

L’Italia non è un Paese per giovani, e questo è un dato di fatto ormai consolidato, ma non è neanche un Paese per laureati, per pensionati e per chi vorrebbe un futuro semplicemente dignitoso. Dopo le polemiche sulla ministra Fedeli ed i suoi titoli di studio, il neo Governo Gentiloni si confronta con l’ennesima gaffe di Giuliano Poletti, confermatissimo ministro del lavoro dopo la gloriosa, si fa per dire, esperienza renziana.

Archiviato il fallimento del Jobs Act che segna il trionfo assoluto dei voucher, di cui da gennaio ad ottobre si venduti ben 121,5 milioni di unità, il perito agrario alla guida del dicastero del lavoro anziché studiare le strategie per contrastare la disoccupazione giovanile al 37,9%, non trova di meglio da fare che prendersela con i cervelli in fuga.

Continua, infatti, l’esodo dei giovani, in particolare con alto grado di istruzione, che cercano al di fuori dei confini italici un futuro dignitoso. Anche perché chi rimane, in particolare se laureato, deve fare i conti con stipendi molto spesso ridicoli a fronte di una formazione eccellente. Come del resto è vero anche che non tutti i laureati che vanno via dall’Italia siano dei geni e quelli che rimangono siano poco validi.

Forse è arrivato il momento di introdurre oltre all’Invalsi un indicatore che sia in grado di quantificare la qualità della vita di un laureato che, pur lavorando, non riesce ad arrivare alla fine del mese. Non si riesce a comprendere, infatti, l’ansia da prestazione del Governo sul numero di laureati che ogni anno escono dalle università. Verrebbe da chiedere semplicemente perché. Forse esistono segreti algoritmi indecifrabili oppure, molto più semplicemente, siamo alla riprova di una classe politica che non ha la minima cognizione di cosa sia la vita reale.

E così, mentre alcuni ministri inventano fantasiosi titoli di studio, molti giovani sono costretti a nascondere le proprie lauree per non incappare nel rischio di essere esclusi in lavori assolutamente sottodimensionati rispetto alle loro competenze.

L’unico ascensore sociale funzionante è quello della politica e lo sa bene Poletti che, dopo una lunga carriera nelle segreterie dei partiti, si ritrova a dover districare un problema che è assolutamente fuori dall’agenda del suo governo.

Non si pretendono soluzioni, la fantasia non arriva a tanto, ma quanto meno un dignitoso silenzio non guasterebbe.

Il pezzo di carta del neo-ministro dell’istruzione Valeria Fedeli

Non si placano le polemiche sul neo-ministro all’istruzione Valeria Fedeli e sulla sua millantata laurea. Ciò che ha fatto e sta facendo discutere è stata la mancanza di sincerità da parte della Fedeli, mentendo sul suo titolo di studio. Il ministro, o meglio ministra (come piace farsi chiamare a lei) Fedeli si è scusata per aver mentito; ma viene da chiedersi: non sarebbe stato più opportuno piazzare al ministero dell’istruzione una persona che ha avuto esperienza nell’ambito scolastico, sebbene il ruolo di un ministro è quello di ascoltare i tecnici impiegati al ministero e di mediar, quando il governo propone una legge, tra gli interessi dei partiti e le informazioni dei tecnici, facilitando la creazione di una legge che abbia speranze di essere approvata dal parlamento. Se è vero che per fare il ministro non è indispensabile avere una laurea, non lo è nemmeno possedere la tessera di un sindacato.

Maria Elena Boschi: da ministro perdente a sottosegretario del governo Gentiloni

 

Maria Elena Boschi giura da sottosegretario del governo Gentiloni sulla Costituzione che voleva affossare. Aveva dichiarato come il suo capo Renzi, che qualora avesse vinto il NO al referendum, avrebbe abbandonato la politica. Nessuno ci ha fatto caso più di tanto alla fine, tanto siamo abituati a politici bugiardi. Una brillante carriera quella della fatina Boschi: da Madonna nel presepe di Laterina, a sottosegreterio del governo Gentiloni, passando per ministro per le riforme costituzionali e per i rapporti con il Parlamento. Non c’è limite all’indecenza.

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