Il mercato dell’arte coincide dunque in larga misura con quello delle aste, l’unico, come s’è detto, in grado di offrire valori pubblici e obiettivi, misurabili e verificabili. Poiché i maggiori e più importanti incrementi, in termini sia di fatturato sia di quantità di intermediazioni, negli ultimi anni sono stati registrati proprio dal mercato delle aste, si può dire che esso è radicalmente cambiato e fortemente cresciuto. Il 2000 è stato un anno di capitale importanza per le case d’asta: New York è stata la sede principale di questo tipo di mercato, al secondo posto si è collocata Londra, mentre Hong Kong ha rappresentato la sede caratterizzata dalla maggiore crescita in termini percentuali. Solo pochi anni dopo, per la prima volta, si è determinata un’importante inversione di tendenza, che si è andata consolidando negli anni successivi: se l’Asia ha stabilizzato la sua posizione sul mercato, si è assistito a un affiancamento, dovuto alla crescente globalizzazione del mercato, dell’Europa agli Stati Uniti; i compratori quindi sono sempre più internazionali e disposti a comprare in qualsiasi parte del mondo. Inoltre, sono comparsi nuovi capitali liquidi provenienti dalle economie emergenti che, geograficamente e culturalmente, sono pronte a percepire l’Europa, e in particolare Londra, come un solido mercato internazionale alternativo e complementare a quello di New York. Nel 2004 è stata registrata, da una parte, una moderata ma costante diminuzione delle vendite negli Stati Uniti, dall’altra, un lento ma continuo aumento di quelle in Europa e una rapida impennata in Asia. Questi dati sono fondamentali per delineare il processo che, se non si pone come vera e propria delocalizzazione delle vendite (dagli Stati Uniti verso altri continenti), sicuramente segna un netto ampliamento della geografia delle intermediazioni più importanti, e individua un nuovo tipo di cliente, molto più internazionale e ‘globalizzato’ rispetto al passato.
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