‘L’ombra del passato’ di Stefano Sciacca: un suggestivo lavoro di rievocazioni del cinema nero hollywoodiano

L’ombra del Passato, edito da Mimesis è l’ultimo romanzo di Stefano Sciacca.

Lo scrittore nasce a Torino nel 1982. Si laurea in giurisprudenza e specializza nelle professioni legali presso l’Università degli Studi di Torino, ha studiato all’Università di Oxford e collaborato con l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale.

Il 2014 è l’anno della sua opera prima Il Diavolo ha scelto Torino di Robin edizioni. Dello stesso anno La Vendetta di McKoy, Europa edizioni 2014. Gli anni a seguire, dal 2015 al 2018, sono un tripudio di saggi, pubblicazioni e articoli: Fritz Lang, Alfred Hitchcock: vite parallele, Falsopiano 2015; Prima e dopo il Noir, Falsopiano 2016; Tracce di Realismo a Noli: dall’impressionismo di Emilio Praga all’espressionismo di Maria Vincenti, Fondazione culturale Noli 2016; Seneca e Dante, insegnanti sulla via per le stelle; Sir William Shakespeare, buffone e profeta, Mimesis 2018. Numerosi sono gli approfondimenti, videoconversazioni e appendici dedicati al tema del cinema, della storia dell’arte e della letteratura: Edward Hopper, Nighthawks e il cinema noir & Mario Sironi, un’esistenza noir; Cinema e Psiche: Il manipolatore, Valiant 2018; Pillole di GUM, Valiant 2018. Tutti i contributi sono caricati sulla piattaforma Youtube. Al 2018 risale anche la sceneggiatura, scritta con Claudio Artusio, Suicidio allo specchio, selezionata tra i finalisti del TOHorror Film Fest 2018. Proprio oggi, 4 giugno, sarà presentata il suo lavoro L’ombra del passato.

 

L’Ombra del passato: Sinossi

Torino. La seconda guerra mondiale è finita da poco, restituendo un mondo tutt’altro che normale, un mondo senz’anima. E chi invece, un’anima, ancora la possiede, non può fare a meno di sentirsi a pezzi. Proprio come la città, alla quale si ritrova suo malgrado incatenato.

Michele Artusio è un investigatore privato squattrinato, avido, cinico e miscredente. Eppure conserva, da qualche parte, quanto resta della sua etica professionale. E certe notti questo può rappresentare un bel problema!

 

Il buio mi avvolgeva come un mare infinito, che ti inghiotte per non restituirti più alla vita.

Era solo un’impressione; lo so. Ma mi sentivo assediato. Troppi pensieri appesantivano il mio passo solitamente di felino predatore. Non ora. Ora sapevo d’essere io la preda. Ogni tanto sfilavo sotto una doccia luminosa; tagliava la notte come una gelida lama di coltello. Conficcata tra le

scapole di un uomo. Lampione dopo lampione; mi dirigevo al Jazz Club. Se solo mai fossi riuscito ad arrivarci sulle mie gambe. A distanza di un braccio dal cono di luce, era nuovamente l’oscurità; e si intravedevano a malapena le cicatrici della guerra. Ormai sul punto di rimarginarsi del tutto. Una

tragedia lontana; il passato è passato. È questo che vorrebbero farci credere. Che madornale fesseria! Il passato non smette mai di seguirti. È un’ombra che ti ossessiona; ti perseguita; esige il prezzo delle tue colpe. E non c’è uomo che non ne abbia. Già, un’ombra. Anche io ne avvertivo una addosso. Ostinata come una zecca, che si aggrappa al pelo di un cane morente. Solo che personalmente non avevo alcuna intenzione di morire. Almeno non per quella notte. Perché quella notte qualcosa ancora non tornava. E lo confermava proprio la sinistra presenza che sentivo sul collo. Troppo imprudente perché non me ne accorgessi. Mentre risuonava nella mia

mente. Inopportuna quanto una banda di ottoni che, senza tanti riguardi, si fosse accodata al seguito d’un feretro.

 

Artusio si trova nel giro di pochi giorni a lavorare su due casi paralleli.

Franco Cairo è un reduce di guerra sentimentale: non ha più notizie della moglie Teresa e perciò lo incarica di ripescarla, anche se a giudicare dalla fotografia della donna non sembrerebbe proprio valerne la pena. A proposito di donne! Eva Valente è la cliente con le gambe più lunghe che Artusio abbia mai avuto: la poveretta ha perso il sonno a furia di rimpiangere il prezioso diadema appartenuto alla nonna e da questa impegnato pur di far fronte a un debito. Sarebbe quindi il caso di recuperarlo. Artusio è avido: entrambi lo pagano profumatamente e lui, gli occhi che brillano, accetta senza troppe domande. Ben presto, però, intuisce che qualcosa non quadra. Lo pagano ancora. Questa volta per starne fuori. Ma Artusio è anche molto testardo e maledettamente orgoglioso. Ora vuole saperne di più: e, così, eccolo invischiato in un’accusa di duplice omicidio. Il commissario Lombardi gli sta addosso, tra i due non corre buon sangue. Artusio non rispetta le regole – talvolta, forse, neppure la legge – sfotte la polizia e si atteggia a duro. Questa è un’occasione come un’altra per dargli la regolata che merita. Si crede un dritto il nostro Artusio, mentre affronta con disinvoltura menzogne e raggiri, agguati e sparatorie. E intanto quei due casi finiscono per intrecciarsi. Eppure questo non lo turba troppo. Magari, l’aveva persino previsto. Del resto, conosce bene l’animo umano il nostro Artusio e ormai non vi ripone più alcuna fiducia. Adesso, però, è destinato a scoprire quanto ancora il male possa sorprenderlo e l’essere umano deluderlo.

 

L’Ombra del passato: la poetica del dissenso e della disillusione tipica del cinema noir hollywoodiano

L’ombra del passato è un racconto investigativo ispirato al cinema noir hollywoodiano. Dunque il Noir è un cinema realista, incentrato sulla modernità. L’epoca moderna è l’epoca della promiscuità e dell’uguaglianza formale. La caduta dell’antico regime è stata seguita dalla definitiva affermazione delle istituzioni, pubbliche e private, della borghesia. Nella società moderna non esistono più padroni e servi e gli antichi privilegi d’origine feudale sono stati cancellati. Ma nessuna trasformazione giuridica può stravolgere la natura umana.

Il cinema noir, oltre a essere sociale è anche psicologico: esso indaga l’animo umano, con le debolezze, i molti vizi, le poche virtù. Il cinema noir porta sullo schermo il concetto homo homini lupus e si risolve spesso in un racconto sulla sopraffazione dei più deboli ad opera dei più forti. Esso non risparmia le accuse alle istituzioni del potere, incapaci, indifferenti, corrotte. Allo stesso tempo il noir è spesso il racconto dell’insofferenza dell’individuo nei confronti della società in cui è costretto a vivere e del tentativo, vano e autodistruttivo, di evaderne, riscattandosi da un’esistenza carica di frustrazione, risentimento, dolore. In questa denuncia, ancora fortemente attuale, risiede il maggior fascino della poetica del dissenso che, infatti, è sopravvissuta anche dopo la conclusione del periodo d’oro del cinema noir propriamente detto.

Ma il noir è anche disillusione: non esiste lieto fine e, quando per qualche motivo, non si verifica la morte fisica del protagonista, costui subisce sempre un trauma interiore: a morire è una parte di lui, a morire sono speranze e illusioni riposte nella società e nel prossimo. Quante analogie si potrebbero trovare con il clima di paura e sconcerto che stiamo vivendo mentre fronteggiamo il covid-19 e ci scopriamo inermi, vulnerabili, fragili, come mai avremmo neppure immaginato di essere, circondati d’ogni confort e ritrovato tecnologico di ultima generazione. Eppure attraversiamo l’ennesima crisi della modernità – epoca di promiscuità per eccellenza – che, ancora una volta, esaspera disuguaglianze sociali, alimenta l’odio di classe, fomenta il dissenso e accresce la disillusione. Esiste però una speranza: se la giustizia umana è fredda e distaccata, tutta numeri e logica, talvolta il caso – solo un altro modo di scrivere la parola caos – può però correggerne gli errori, manifestandosi sotto forma di quella che gli anglosassoni definiscono poetic justice. E, sì, operando anche per mano di individui come il nostro Artusio: ribelli e sfrontati, eppure dotati di un codice morale che li costringe a solidarizzare con la sofferenza dei vinti e a smascherare l’ipocrisia benpensante dei vincitori. È il tipo irresistibile e tenebroso del romantico avventuriero e, in fondo, non cambia granché la circostanza che egli si aggiri nella buia jungla d’asfalto, anziché nell’assolato deserto del far west!

 

 La città e l’ispirazione figurativa

 

“Mentre scrivevo L’ombra del passato, la mia immaginazione si nutriva di riferimenti cinematografici, pittorici e letterari” dice Stefano Sciacca

Quelli cinematografici sono evidenti sin dal titolo del libro: L’ombra del passato, infatti, è anche il titolo italiano di Murder, my Sweet (1944), piccola perla nera hollywoodiana, diretta da Edward Dmytryk, interpretata da Dick Powell e tratta dal romanzo di Raymond Chandler Farewell, my lovely (1940).

Le fonti di ispirazione pittoriche vanno da Edward Hopper e Giorgio de Chirico da una parte; George Grosz ed Ernst Ludwig Kirchner dall’altra. In Particolare di Hopper: i “solitari falchi della notte”, sono un omaggio al capolavoro Nighthawks. L’ufficio di Artusio, la sua “tana” riecheggiano l’atmosfera del quadro Office at night; Ancora di Edward Hopper, Night windows se si pensa al male che, dalla strada, risale e, attraverso una finestra socchiusa, penetra nelle case, persino nel sonno sotto forma di incubo espressionista .

In altri passaggi del romanzo la città de L’ombra del passato risulta frenetica, abbagliante, conturbante. La frenesia urbana che trascina e travolge l’individuo è certamente apparentata con l’atmosfera che seduce e corrompe il provinciale Lucien, nella Parigi moderna delle Illusioni perdute (1837-1843) di Balzac, o con il clima viziato e soffocante che costringe al delitto i protagonisti di Dostoevskij e di Döblin, rispettivamente in Delitto e Castigo (1866) e Berlin Alexanderplatz (1929). Ci sono lo spleen e l’alienazione individuate da Baudelaire quale cifra della moderna esistenza metropolitana e l’indifferenza, la disumanizzazione, la meccanizzazione denunciate da Pirandello nei Quaderni di Serafino Gubbio, operatore (1916).

E, così, eccoci anche al rapporto, spesso coatto e controverso, intrattenuto dai b-movies neri americani e New York, che ormai si era sostituita a Parigi quale instancabile e inarrestabile epicentro della modernità. Costretti a scendere in mezzo al traffico stradale, a farsi largo attraverso i marciapiedi affollati, i cineasti noir hanno imposto all’immaginario collettivo la figura della jungla d’asfalto, della città-pandemonio. Ma, in realtà, l’Europa aveva già manifestato la propria versione dell’inferno urbano, non solo per opera del cinema espressionista tedesco, ma anche attraverso l’arte figurativa di Kirchner (una delle cui numerose vedute urbane è riprodotta sulla copertina del romanzo) e di Grosz, il cui celebre dipinto, Metropolis (1917), rappresenta sì il modello americano, ma ne attesta, al contempo, le inquietanti similitudini con la realtà tedesca, perfettamente documentata nel celebre capolavoro di Walter Ruttmann, Berlin – Die Sinfonie der Großstadt (1927).

 

L’ombra del passato: il jazz e il linguaggio dell’interiorità

L’ombra del passato possiede una sua spiccata musicalità. Innanzi tutto, in omaggio alla tradizione che lega tra loro letteratura hard-boiled, cinema noir e musica jazz, sono inseriti numerosi richiami a questo genere musicale, da Louis Armstrong a George Gershwin, sino al nostro Buscaglione. Ma c’è di più. Perché, mediante un esperimento linguistico certamente spericolato e, probabilmente, non esente da potenziali censure, ho adottato una sintassi volutamente franta che richiama il ritmo della musica jazz, fatta di improvvisazioni, esitazioni, svolte impreviste, scoppi.

“In particolare, ho fatto un ricorso estremo al “punto e virgola” allo scopo di spezzare lo sviluppo del pensiero del protagonista che narra la vicenda in prima persona, finendo così per suggerire un’associazione tra il modo di operare della mente umana e l’andamento tutt’altro che lineare e armonico, ma travolgente, della musica jazz” racconta l’autore. “Si tratta dell’esito del processo di maturazione letteraria che ho attraversato durante il lavoro su Sir William Shakespeare, buffone e profeta: studiando il linguaggio dell’interiorità elaborato da Seneca e Shakespeare, da Dostoevskij e Pirandello, ho provato a dare la mia interpretazione della forma espressiva che si può attribuire allo sviluppo logico del pensiero e del discorso, giungendo a una conclusione, per così dire, opposta a quella di Joyce”

L’approfondimento psicologico dei caratteri, l’accurata descrizione dell’ambiente sociale e urbano, la riflessione sul senso dell’esistenza umana e sul funzionamento del destino assicurano a L’ombra del passato una forte personalità, che non potrà lasciare indifferente neppure il lettore meno esperto del genere.

 

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