‘Rebeniza-L’ombra del maestro’: amore e sradicamento secondo Leonardo Bonetti

Rebeniza – L’Ombra del Maestro è il nuovo film di Leonardo Bonetti presentato il 10 agosto 2021, da Massimo Gazzè e Raffaele Rivieccio in prima nazionale, all’Arena Elsa Morante, nel contesto della rassegna cinematografica dell’Estate Romana.

Leonardo Bonetti (Roma 1963) è un poeta, compositore e regista italiano. Ha pubblicato in riviste letterarie e cinematografiche tra cui Il Caffè illustrato, L’Illuminista, 451 Via della Letteratura della Scienza e dell’Arte, l’immaginazione, ET Cinematografica, La Gru, Rifrazioni.
I suoi libri hanno ricevuto importanti riconoscimenti come il Premio Nabokov 2009, il Premio Carver 2011 e il Premio di poesia Lorenzo Montano 2012.

L’opera che lo ha portato all’attenzione dei lettori è il romanzo d’esordio Racconto d’inverno. Dopo la realizzazione di un mediometraggio dal titolo Donina – un ritorno (Roma 2015), ha scritto e diretto il film Un amore rubato (Roma, 2016) e recentemente realizzato il lungometraggio Rebeniza-l’ombra del Maestro (Roma 2021).

Proprio per la sua natura di autore attivo su più fronti del linguaggio, i suoi lavori sono caratterizzati da una tensione espressiva che, nella dimensione più specificatamente filmica, tende a un’idea di
opera intesa come contaminazione di musica, parola e immagine.

Le sue opere narrative sono:

  • Racconto d’inverno, Marietti, Milano 2009 (Premio Nabokov 2009)
  • Racconto di primavera, Marietti, Milano 2010 – nota critica di Walter Pedullà – (Premio Carver 2011)
  • A libro chiuso, Sigismundus, Ascoli Piceno 2012 – nota introduttiva di Antonio Prete – (Premio di poesia Lorenzo Montano 2012)
  • Racconto d’estate, Marietti, Milano 2012 – (finalista Premio Celano 2013)
  •  Una storia immortale, Italic peQuod, Ancona 2013
  • La quercia nella fortezza, Italic peQuod, Ancona 2015
  • Una relazione pericolosa, Italic peQuod, Ancona 2016
  • L’isola che non c’era, Il Ramo e la Foglia, Roma, 2021 (2° classificato – Premio Anna Maria Ortese 2021)

Le sue produzioni audiovisive:

  • Pinì dice di sì ma non ne vuole sapere (della disponibilità indifferente), (cortometraggio)
    Italia, 2001
  • Donina (un ritorno), (mediometraggio), Italia, 2015
  • Un amore rubato, (lungometraggio), Italia, 2016
  • Rebeniza, l’ombra del Maestro (lungometraggio), Italia, 2021

 

Rebeniza – L’Ombra del Maestro: Sinossi del film

Il film Rebeniza- L’Omnra del Maestro è in distribuzione da fine settembre sulle tv nazionali e locali oltre che nelle principali piattaforme online (Amazon Prime Video, Chili, Rakuten, etc.).

Rebeniza-L’ombra del Maestro

“Rebeniza” (da Srebrenica, cittadina della Bosnia-Erzegovina teatro di un massacro di civili durante l’ultima guerra serbo-bosniaca) è il cognome italianizzato di un giovane regista di origini serbo-croate in Italia ormai da oltre vent’anni.

Sta girando un documentario sull’ “amore ai nostri tempi in Italia”, un lavoro iniziato un paio di anni prima dal suo maestro, figura di spicco del cinema romano e già insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografia.

Il giovane, che è in possesso del film incompiuto a causa della misteriosa scomparsa del grande regista, sta conducendo una serie di interviste a intellettuali e scrittori, alcuni già intervistati dal maestro, altri la cui partecipazione era prevista nel piano originale dell’opera. Rebeniza spera di poter finire il film ma, al tempo stesso, non disdegna di condurre un’inchiesta privata per trovare il maestro. Nel suo viaggio attraverso l’Italia, incontrando misteriosi personaggi ancora da intervistare, la verità sul protagonista e ciò che accadde al maestro due anni prima si svela lentamente, come un mosaico che va componendosi da solo.

Il documentario da terminare è per Rebeniza un modo per portare a compimento la sua vendetta.
L’opera stessa, in tutte le sue sfaccettature, sembrerebbe vivere e valere solo per consumare quel sentimento pieno di disperazione. Sennonché il destino lo porterà a incontrare due figure femminili che, conducendolo dal maestro, gli impediranno, tuttavia, di commettere un delitto che lo perderebbe per sempre.

“Nel processo che mi ha condotto alla realizzazione di questo film– dichiara il regista Leonardo Bonetti- lavoro indipendente che ha preso vita da un gruppo di artisti attivi attorno al nucleo creativo del progetto, c’è un’esigenza di ricerca che parte da tre temi: sradicamento, orfanità e amore.

Il protagonista proviene da una realtà di nazionalismi disgregati, tra Serbia e Croazia e, dopo aver subito lo strappo della fine delle patrie, è vittima di un ulteriore tradimento vissuto attraverso il contrastato rapporto discepolo-maestro. Alla nuova orfanità reagisce con una domanda d’amore, che si realizza nel viaggio attraverso il suo nuovo paese e nella forma dell’inchiesta a tema. Le interviste agli intellettuali sull’amore in Italia ai nostri tempi hanno infatti il sapore della richiesta, di chi presta ascolto sperando di trovare nell’interlocutore una saggezza o una sapienza che gli restituisca il segno di un vero riconoscimento: “ecco, questo è il mio maestro”.           

Ma, nello stesso tempo, si traduce nell’incapacità di comprensione più intima di chi ha di fronte, perché chi è davvero orfano è incapace di riconoscere il padre nel recinto della propria patria interiore. È, in definitiva, un film sul nostro tempo, sull’uomo contemporaneo e la tragedia del suo sradicamento, sull’orfanità che lo rende incapace di amare. 
Unico varco possibile quello di tornare alla semplicità di un gesto: inginocchiarsi alla divinità inconsapevole che si manifesta sempre nella forma della bambina e della vergine”.

Il film promette di seguire due binari narrativi, due filoni di inchiesta coinvolgenti per quello che si annuncia essere un film nel film e una storia di salvazione attraverso la conoscenza delle storia e l’arte stessa che porta l’essere umano a comprendere le proprie radici affrontando il dolore e la propria storia inscritta in una storia più grande che rende l’uomo vulnerabile e senza identità.

Quella di Bonetti è una pellicola importante, un documento prezioso da far vedere in tutte le scuole e università affinché si capisca davvero l’importanza e la bellezza dell’avere radici e in che modo la storia contribuisce a formare l’identità di uomini e donne.

 

 

Per guardare il trailer del film: https://www.youtube.com/watch?v=oAIwSvPPb38

 

Bibbiano non è una cronachetta da due soldi, è la sintesi dei mali del nostro tempo

Tre giorni fa, si è tenuto alla Camera un convegno a proposito dell’inchiesta “Angeli e Demoni” che coinvolge il comune di Bibbiano. Riportiamo qui le voci di tutti coloro che, nell’omertà generale, hanno avuto il coraggio di bucare la coltre del silenzio.

Dovevamo arrivarci, ci siamo arrivati. L’anticomplottismo dei complottisti ha appicciato la viscida targhetta del complotto anche sulle macabre cronache di Bibbiano (Reggio Emilia). Mentre giovedì ci recavamo al convegno inerente l’inchiesta “Angeli e Demoni”, organizzato presso la Camera dei Deputati da Armando Manocchia di ImolaOggi e dall’Onorevole Maria Teresa Bellucci di Fratelli d’Italia, i social secernevano il fetore di post e tweet senza remore, pronti a gettare fango su chiunque si permetta di parlare di Bibbiano.

Hanno ragione da vendere. Come opportunamente ricordato durante il convegno dall’avvocato Francesco Morcavallo: «Il permanere di questo tipo di vicende si è sempre nutrito del silenzio». Morcavallo è un uomo con la schiena talmente dritta, da aver abbandonato la toga di giudice del tribunale dei minori di Bologna nel 2013, dopo anni di battaglie portate avanti contro le nefandezze relative al sistema degli affidi all’interno del collegio. L’avvocato cosentino non lascia spazio a fraintendimenti. La notizia, nello scandalo di Bibbiano, non è rappresentata dagli abusi commessi nei confronti dei bambini, è il contesto ad inquietare: «Le istituzioni che dovevano garantire che ciò non succedesse hanno contribuito in modo efficiente al fatto che certi fatti accadessero».

È un sistema malato quello degli affidi, una gigantesca tenia che scava negli intestini del silenzio, nutrendosene alacremente. I tribunali spesso e volentieri sfornano provvedimenti d’affido non fondati su fatti e prove, bensì su soffiate, presupposizioni, delazioni, chiacchiericcio. «Perché in tutti i processi contemplati dall’ordinamento si decide su fatti e su prove e nel processo minorile no?», una risposta potrebbe offrirla il Ministro della giustizia Alfonso Bonafede, interrogato a tale proposito di recente in Parlamento: «Le questioni sollevate investono solo in parte lo spettro delle competenze del Ministero», con buona pace del principio del giusto processo e dell’articolo 111 della nostra Costituzione.

Nel corso del suo intervento Maria Teresa Bellucci ha ricordato l’imminente istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare riguardante i tragici fatti della Val d’Enza, uno strumento sul quale i vari relatori non nascondono alcune perplessità: «Da chi sarà composta? Una parte non può farla in quanto referente politico dei gestori, un’altra in quanto referente politico di altri gestori, un’altra che ancora propone gente che è stata garante dell’infanzia quando queste cose odiose accadevano. Chi la fa la commissione d’inchiesta? Diventerà una riunione di condominio».

Prende poi la parola l’avvocato Francesco Miraglia, difensore legale di tante parti lese coinvolte nell’inchiesta “Angeli e Demoni”: «Non passi l’idea che questo problema riguardi solo l’Emilia Romagna: a Venezia un bambino di tre anni veniva allontanato in modo da abituarsi all’adozione; in un’altra regione un bambino doveva essere allontanato in quanto troppo effemminato, dato che aveva come punti di riferimento la mamma e due sorelle. Il papà non c’era più. Oppure potrei ricordare di un bambino allontanato per quattro anni in comunità perché la mamma era troppo amorevole».

Per spazzare via il marcio da questo sistema infame c’è bisogno di un’azione combinata tanto sul piano processuale quanto su quello dell’informazione: parrebbe più accessibile il primo del secondo. A questo proposito, Miraglia riporta un aneddoto piuttosto umiliante per chi è solito insozzarsi le mani con questo sudicio mestiere: «Abbiamo passato due giorni a illustrare questo sistema marcio a una giornalista di uno tra i quotidiani più importanti d’Italia, questa persona è entrata anche in contatto con alcune delle famiglie coinvolte. Il giorno prima che il pezzo dovesse essere pubblicato, mi ha chiamato, vergognandosi, e dicendomi che il caporedattore, dopo tre giorni di lavoro, ha impedito la pubblicazione dell’articolo». Il sistema degli affidi illeciti è una gigantesca tenia che si ingurgita di silenzio. E di minori.

Dietro l’omertà della grande informazione si celano più ragioni: il traffico di denaro è certamente tra queste. Qualche numero l’ha riportato Alessandro Meluzzi: «50.000 bambini sottratti alle proprie famiglie naturali, per un business che vale un miliardo e mezzo di euro». Una montagna di soldi. Altra magagna riguarda il conflitto di interessi, quello in cui sarebbero invischiati i giudici onorari dei tribunali dei minori.

Un caso emblematico richiamato nel corso dell’evento dà il polso della situazione: «Una psicologa, che accusa una mamma per violenza sessuale nel momento in cui questa voleva indietro la sua bambina dopo 3 anni in comunità, era allo stesso tempo: responsabile del centro aiuti al bambino, consulente della procura e responsabile della comunità. Non solo: addirittura fu poi la stessa psicologa ad adottare questa bambina». La soluzione è condivisa: stanare i colpevoli all’interno della magistratura e disporre, finalmente, provvedimenti disciplinari ferrei. Il legislatore non si affanni, le leggi ci sono già. Occorre solo farle rispettare.

Una chiosa finale dedicata alla ciclopica macchina del fango che già parrebbe essersi messa in moto da qualche giorno a questa parte contro Bibbiano. La trama è sempre la stessa: i debunker da strapazzo, i giornalistucoli delle redazioni benvolute dai ministri della verità e i loro sodali spargono il pestilenziale incenso del complotto sulle vicende più periferiche della questione – pensiamo ai ripetuti attacchi contro il PD di questi giorni. I cani da riporto di un giornalismo composto da lecchini e invertebrati si aggirano latrando ai margini della vicenda, su questioni apparentemente inique, leccandosi i baffi mentre avvertono l’odore del sangue, il vero obiettivo delle loro sudicie, mollicce penne: si parte dalle sciocchezze e si punta dritti al nocciolo della questione. Ridurre Bibbiano, la val d’Enza e lo scandalo affidi a una cronachetta da quattro spiccioli. Un caso isolato tra tanti. Puntano dritti lì, alla decostruzione del fatto. E all’annichilimento delle vittime.

È invece necessario dire le cose come stanno. Bibbiano è l’estrema sintesi dei mali del nostro tempo: neoliberismo miscelato a una buona dose di malthusianesimo. L’inchiesta sulla Val d’Enza è una lieve spennellatina su una mastodontica montagna di merda: eventi come quello organizzato ieri alla camera non possono che aiutare un lungo e difficile percorso di ricostruzione di verità storiche e processuali. Nella speranza che non si replichino tempi biblici come quelli che hanno contraddistinto l’orrenda vicenda del Forteto.

 

Federico Lordi

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