‘Il silenzio del niente’ di Ennio Masneri: due racconti noir psicologici

Il silenzio del niente di Ennio Masneri, edito dalla casa editrice milanese La Vita Felice, a distanza di alcuni mesi dall’uscita ancora riesce a far parlare di sé.

Nato a Crotone l’01/04/1978 l’autore del libro ha vissuto a Trebisacce (CS) un paesino del Golfo di Taranto sullo Ionio.

Lì ha conosciuto il mal di vivere (attenuato dalla vicinanza con il mare) fino a che non si è trasferito a Perugia per fare l’università dove ha conseguito nel 2005 la laurea in Lettere e Filosofia quasi da autodidatta a causa della mia sordità (non sono sordo-muto e quindi non conosco la Lis).

Negli anni seguenti ha fatto il corso di Redattore per casa editrice e il master in Esperto in Cultura d’Impresa; poi si è trasferito nel 2008 a Milano per lavorare in una società di servizi di telecomunicazioni americana (Verizon Italia) rimanendo quindi in pianta stabile a Vittuone (MI). Il trasferimento, sperato e voluto senza provare alcuna nostalgia per il paese dove ha vissuto, gli ha dato la possibilità di lavorare su se stesso e liberarsi del vecchio mal di vivere (la cui ombra permane ancora nei suoi scritti).

Masneri ha vissuto una lunga parentesi di poco meno di una decina di anni come scrittore indie con lo pseudonimo di Paolo Massimo Neri con la tetralogia thriller-fantasy La Leggenda del Drago d’Argento pubblicata in formato kindle e cartaceo su Amazon (ritirata per una revisione aggiornata in corso). Con l’esperienza di un formato complesso e difficile come il fantasy si è allenato per affinare, senza mai smettere di farlo, lo stile e perseguire la qualità dello scritto seguendo gli studi classici e le regole del corso di redattore.

Ha scritto e poi pubblicato con l’editore di Milano La Vita Felice la raccolta di racconti Il silenzio del niente.

Infine, in autunno 2022, verrà forse pubblicato dall’editore Il Ciliegio di Como il romanzo breve L’ombra del ciliegio  con illustrazioni in b/n all’interno di Anselmo Sangiovanni e la prefazione del poeta Renato Minore. Sono in corso nuovi progetti di scrittura.

 

Il silenzio del niente: sinossi

Il silenzio del niente copertina

Il silenzio dei niente, esce a maggio del 2021, per la collana contemporanea narrativa

Questi due racconti sono quanto ho ottenuto dalla mia osservazione – analitica, critica, curiosa – della società attuale quando si tratta dei bambini. Ma, più che altro, sono frutto di una riflessione sulla banalizzazione dell’infanzia a cui essi vengono sottoposti non per iniziativa propria né dei loro genitori (sia pur con alcune, forse molte, forse troppe, eccezioni), ma dal mondo adulto in generale che spesso e consapevolmente sovverte, spoglia e distrugge la loro
innocenza.
Da questo esame e da una costante riflessione ho voluto appunto coniare il concetto di “banalizzazione dell’infanzia”.
I bambini sono figure invisibili nella coscienza degli adulti. E in quanto tali, ho deciso di sfiorare con mano la loro invisibilità come se fossero a margine, come se la loro infanzia facesse da sfondo alle storie dei grandi. Rosso notturno e Il sogno dello scorpione sono i titoli dei miei racconti che denunciano questa volontà di dirigere l’infanzia, di decretarla, anche con leggi, mode, interventi di ogni specie, a una semplice fase di passaggio fino a quando, nel momento in cui avremo il coraggio di guardare indietro, non scopriremo di avere soltanto giocato con il vuoto e fatto qualcosa di irrimediabilmente marcio, come degli dèi di in fimo ordine

 

Di seguito la sinossi due racconti noir psicologici:

ROSSO NOTTURNO: un uomo incontra in un motel una donna con cui fa sesso ma scampa alla morte. Le confessa di essere uno scrittore in cerca di spunti per un romanzo e che cercava proprio lei per intervistarla sul motivo che l’ha spinta a diventare un’assassina solo di uomini con cui ha rapporti sessuali. Scoprirà un passato di abusi, dolore e indifferenza.

IL SOGNO DELLO SCORPIONE: un uomo fissa il soffitto da un letto e sa che se abbassa gli occhi vedrà i fantasmi di quelli che ha ucciso. Per non cadere nella disperazione della propria solitudine ripercorre la propria infanzia, la morte della madre (ballerina del Bolero di Ravel) per un’esplosione, la vendetta per mezzo di lui da parte del padre ex appartenente all’ETA. Ricorda anche le sue esperienze da killer con una vena di ironia nera prima di muoversi per commettere l’omicidio che gli è stato commissionato e da cui – contravvenendo alla prima legge dei killer – si sentirà emotivamente coinvolto.

In 120 pagine lo scrittore dà vita a due racconti noir psicologici che indagano con una vena di iperrealismo le conseguenze della violenza fisica e morale sulle donne e sui bambini.

“Per silenzio del niente – ha affermato l’autore – mi riferisco al silenzio della società che, spesso e volentieri, preferisce non occuparsi di chi subisce violenza e cerca giustizia relegando ad altri l’onere di agire o scegliendo di non vedere. Questa sua improduttività porta, oltre alla creazione di nuovi mostri, al nulla, cioè al silenzio e alla sua forza dirompente che travolge anche gli innocenti, costretti alle volte a farsi giustizia da soli. Questi due racconti vogliono essere altrettante grida per rompere e scuotere quel tacere troppo a lungo giustificato e per questo cristallizzato”.

Un bambino privato dell’innocenza della propria infanzia potrà mai liberarsi dal giogo dei traumi subiti? È l’interrogativo – commenta l’editore – al quale tentano di dare una risposta i due racconti di questo libro, attraverso le vicende estreme, ma non per questo poco realistiche, di due killer, Red e Carlos. L’una, femme fatale che uccide i propri amanti, narra da un lato un passato di abusi e indifferenza che ne svela i moventi, dall’altro un presente di angoscia e solitudine che ne mostra il tormento senza tregua. E l’altro, prima bambino privato troppo presto della madre da una società meschina e patriarcale, poi killer su commissione, freddo e distaccato all’apparenza, inquieto e perseguitato dai fantasmi nella realtà della propria desolata esistenza. Attraverso due vicende così diverse eppure così simili, Masneri delinea uno scenario dove non esistono semplici vittime o carnefici, entro cui i personaggi non fanno che spostare il baricentro emotivo della narrazione in un crescendo di luci e ombre. Resta, come punto cardine per il lettore, una ferma condanna nei confronti della violenza, raccontata a volte nella sua cruda efferatezza, altre nella sua atroce banalità, altre ancora con quell’indifferenza e quel silenzio che tuttora, troppo spesso, la accompagnano”.

 

https://www.lavitafelice.it/scheda-libro/ennio-masneri/il-silenzio-del-niente-9788893465359-618496.html

 

Alessandra Fanti: un nuovo e semplice intimismo nella poesia italiana

Alessandra Fanti, un’esordiente con una lunga consuetudine nella versificazione. La sua opera Emersioni fa sue le caratteristiche migliori della poesia: semplicità d’espressione ed estremo rigore stilistico. All’interno del pubblico dei non addetti ai lavori – ma purtroppo anche tra molti dei cosiddetti esperti – è in auge la fallace convinzione che la poesia sia e debba essere un genere di componimento opaco e fumoso. Insomma, più risulta indecifrabile e astrusa, più si tende ad avere nei suoi confronti un approccio reverenziale e sacrale. Nella maggior parte dei lettori, ciò si accompagna a un sostanziale rigetto fondato sulla sensazione di essere inadatti a tanta insondabilità oracolare. In verità, ogni qualvolta la poesia abbia raggiunto un qualche ragguardevole vertice, i versi del poeta di volta in volta in questione sono pervenuti a un livello di tersa semplicità. Si potrebbe forse dire che qualunque grande lirica – pochissime di solito nella produzione di un autore – si contraddistingue per due elementi: semplicità d’espressione ed estremo rigore stilistico. Basti pensare ad Alla deriva di Vincenzo Cardarelli, poeta oramai antologizzato e dunque riposto nel cassetto.

La vita io l’ho castigata vivendola./Fin dove il cuore mi resse/arditamente mi spinsi./

Ora la mia giornata non è più/ che uno sterile avvicendarsi/ di rovinose abitudini/ e vorrei evadere dal nero cerchio./ Quando all’alba mi riduco,/ un estro mi piglia, una smania/ di non dormire./ E sogno partenze assurde,/ liberazioni impossibili./ Oimè. Tutto il mio chiuso/ e cocente rimorso/ altro sfogo non ha/ fuor che il sonno, se viene./ Invano, invano lotto/ per possedere i giorni/ che mi travolgono rumorosi./ Io annego nel tempo.

Risulterà evidente anche alla persona con minor consuetudine poetica che il dispiegamento del contenuto in questi versi è di una cristallinità unica e rara. Per dirla in modo più diretto, è tutto chiaro, palese, impossibile da fraintendere. Eppure, è poetico e non solo: è poesia. Ogni rigo scorre melodioso. Non vi è una sola parola che sia superflua. L’armonia regna sovrana. Il tutto senza alcuna necessità di passaggi didascalici, o cadute nel prosastico. Le immagini sono evocative, ma traslucide (si pensi a “il nero cerchio”). Quando si arriva a tali livelli – stati di grazia e soprattutto d’eccezione, purtroppo – si potrebbe dire che la vita di un artista trova giustificazione in poco più di dieci righe. Sfortunatamente, la lezione non è stata assimilata dal grosso dell’orda poetante in circolazione. Sembra anzi che il gusto per un verseggiare improbabile e pseudo all’avanguardia – ma di cosa poi? – sia un vizio assurdo duro a morire. Il risultato sono liriche di una pesantezza esasperante, dal ritmo zoppicante, colme di immagini discutibili e pateticamente artificiose, dall’impatto emotivo di una formula matematica.

In questo infelice panorama, una breccia di speranza si apre con l’opera prima della poetessa Alessandra Fanti. Il lavoro vede la luce grazie all’interessamento della casa editrice La Vita Felice che, da venticinque anni a questa parte, si distingue per essere una delle più raffinate dispensatrici di poesia a livello nazionale. Emersioni, questo il titolo della silloge, esce nella collana dedicata agli esordienti, Agape, diretta dalla famosa e appassionata poetessa Rita Pacilio.

C’è da dire che, pur essendo una debuttante sul piano editoriale, Alessandra Fanti ha una lunga familiarità con l’attività lirica. Un lavoro, il suo, protrattosi in silenzio, per decenni, senza l’ossessiva smania di dare alle stampe le proprie carte. Una vocazione, insomma, coltivata con assiduità quotidiana, con l’attenzione che solo una donna sa avere per il suo giardino privato dell’anima. In mezzo a una produzione torrenziale, si è proceduto a una cernita che – si può essere certi – darà presto adito a nuove e pregevoli pubblicazioni. Come giustamente sostiene la Pacilio, nella prefazione al breve canzoniere, il lavoro di Alessandra “si incanala nella corrente esistenziale, intimista della poesia contemporanea”. Ma è la poetessa stessa, fin da subito, a fornire “senza difese retoriche” la chiave interpretativa della sua poetica:

Sono cose semplici quelle di cui ti parlo
sono quelle che so, pochissime in realtà.
Bisogno e gratitudine
stupore e lontananza
amore e ogni suo contrario.
Si possono quindi agevolmente cogliere i motivi dominanti in Emersioni. Un posto di spicco trova la dimensione della gratitudine che corrisponde a un’apertura senza riserve al mistero del creato inteso come dono metafisico.
Intemperanza dello sguardo
fermarsi sul più piccolo dettaglio
natura fece tutto con rigore
ci deve quindi essere uno sbaglio
se nella quercia altissima e nel cardo
io non so vedere che l’abbaglio
di un calcolo perfetto di stupore.

Nessuna volontà di sviscerare e razionalizzare, che svilirebbe inevitabilmente la potenza soverchiante e allo stesso tempo placida di una tale pienezza vitale. Piuttosto un atteggiamento contemplativo ed estatico che echeggia il Montale di I limoni:Vedi, in questi silenzi in cui le cose/ s’abbandonano e sembrano vicine/ a tradire il loro ultimo segreto,/ talora ci si aspetta/ di scoprire uno sbaglio di Natura,/ il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,/ il filo da disbrogliare che finalmente ci metta/ nel mezzo di una verità”. Nelle parole di Alessandra Fanti: Nessun fiore sa quanto durano/ brina e calore/ e quando l’ape verrà./ Noi ci fermiamo allo splendore.

Si è indicato il poeta genovese, ma sono diversi gli influssi che la poetessa dimostra di aver ben assimilato in un umile e paziente ascolto a cuore aperto della migliore tradizione poetica italiana e non solo. Si evincerà per esempio, per quel che riguarda l’attenzione verso la natura metafisicamente intesa e il ripiegamento intimistico, la profonda influenza dickinsoniana che certo costituisce per Alessandra Fanti un paradigma sentimentalmente affine e imprescindibile. È poi volgendo a quello che appare essere l’altro grande tema diffuso del testo, “l’amore e ogni suo contrario”, che l’autrice manifesta tutto il suo legame con una storia nella quale andrebbero annoverate molte sue insigni colleghe della lirica nostrana, Alda Merini su tutte.

Non si tratta di trovare una giustificazione della poesia di Alessandra Fanti tirando dalla sua parte il maggior numero possibile di nomi altisonanti. Come scrive Gavino Angius nella postfazione, dimostrando notevole equilibrio critico, “categorizzare, iscrivere un autore o un’opera a un’appartenenza di scuola, è gesto pigro e ingeneroso, ma anche gridare al miracolo dell’unicum, oggi, quando tutti i giudizi sono stati emessi e tutti i calici assaporati, può destare sospetti”. La lirica della Fanti sta in piedi senza l’aiuto di alcun puntello esterno, sulla base di una ricerca umana che niente ostenta di volgarmente ombelicale e autoreferenziale, che mai si adagia nel compiacimento querulo della lamentazione. Perfino quando dell’amore viene descritto il suo contraltare, il disamore e la lontananza, non vi è rancore, casomai ironia sopraffina tra i miasmi dell’amarezza:

Condannata da sempre
all’intelligenza e ai compiti ben fatti
rido, godendo libertà, della tua voglia di toccarmi
che ho costruito in poche ore
senza l’arma della giovinezza.
Ho una bellissima cicatrice da regalarti.
Saprai leggerne la poesia?

Un libro che si potrebbe leggere in una sola seduta, avendo giusto il coraggio di immergervisi senza riserve, come in un diario smarrito, imparando a conoscere la sua autrice, cogliendo quella tragica e sincera volontà di vicinanza e dialogo che si respira tra le pagine. È in fondo palpabile che la Fanti non si avvale della poesia in ragione di una mera passione per l’esercizio stilistico fine a se stesso, o per una posa intellettuale, ma perché in essa trova uno dei canali più efficaci per estrinsecare la propria insopprimibile umanità.

 

Fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/letteratura-2/un-nuovo-intimismo-nella-poesia-italiana-la-lirica-di-alessandra-fanti/

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