Pedro Salinas ‘poeta dell’invisibile’ che non ha mai ceduto allo sperimentalismo della sua epoca

Pedro Salinas nasce a Madrid il 27 novembre del 1891 dove trascorre gran parte della sua giovinezza. Diplomatosi nel 1908, si iscrive alla facoltà di legge che però lascia poco dopo per seguire i corsi della facoltà di lettere. Nel 1913 si laurea in lettere e continua con il dottorato di ricerca che terminerà tre anni dopo. Da giovanissimo soggiorna a Parigi come docente della Sorbona e nel frattempo affina i suoi studi di letteratura spagnola tenendo alcune conferenze presso l’Instituto de Estudios Hispànicos. Nel 1915 sposa Margarita Bonmatí. Al rientro in patria il poeta vince un concorso per la cattedra di lingua e letteratura spagnola optando per la sede di Siviglia. Questi anni risultano fondamentali per lo sviluppo della sua sensibilità di scrittore. Dopo il ritorno da Parigi pubblica alcune poesie che confluiscono nella prima raccolta Presagios del 1923.

Gli anni trenta sono molto fervidi per il poeta; egli collabora con il Centro de estudios històricos preparando una serie di saggi sulla letteratura contemporanea, scrive altri due libri di versi Seguro azar (1929) e Fàbula y signo del ’31. Nel ’33 pubblica Amor en vilo, La voz a ti debida e Razón de amor una raccolta di liriche amorose (1936). Successivamente parte per un impiego di insegnamento temporaneo negli Stati Uniti al Wellesley College che lo allontana per sempre dalla sua patria. Dal ’43 al ’46 l’università gli permette un trasferimento a Puerto Rico, soggiorno molto gradito al poeta perché vissuto come una sorta di riconciliazione con la patria natia. In questi anni scrive un libro di versi dedicati al mare della città. Gli ultimi anni della sua vita sono anni di grandissima attività letteraria; Salinas pubblica uno studio critico nel’47, l’anno successivo una raccolta di saggi El Defensor e un libro intitolato La poesía de Rubén Darío seguiti dalle sue opere teatrali pubblicate postume. Si spegne il 4 novembre del 1951 a Boston.

La concezione poetica di Salinas: stile e tematiche

“La poesia è un’avventura verso l’assoluto. Si può arrivare più o meno vicino; si può fare più o meno strada, ecco tutto. Bisogna lasciar correre l’avventura, con tutta la bellezza del rischio, della probabilità, del gioco”. Salinas definisce con queste parole la sua concezione poetica, poesia non soltanto metafisica ma meta-poetica. Il poeta sposta l’assolutezza della parola dove non può essere raggiunta se non attraverso la ricerca interiore. La sua parola non fa rumore ma si offre silenziosamente diventando simbolo di una profonda interiorità. L’io del poeta tende verso “l’oltre” alienandosi, sin dalla prima raccolta Presagios, dal mondo degli oggetti sensibili alla ricerca dell’essenza.

I miei occhi vedon sull’albero,

il frutto maturo e fresco.

Le mie mani vanno certe

a coglierlo. Tu però,

tu però, mano di cieco,

che cosa fai ?

La mano gira, rigira

in aria; se si posa

su qualcosa di concreto,

fugge ad un tocco leggero

senza arrivare mai a coglierlo.

Sempre aperta. E’ che non sa

chiudersi, è che il suo

è un ambire più  profondo

di quello degli occhi, ha

l’ambire di quella sfera

imperfetta che è il mondo,

del frutto per una mano

di cieco, ambire la luce

eterno ambire di stringere

l’inafferrabile. […]

(Traduzione di Vittorio Bodini- da: Poesie / di Pedro Salinas traduzione, introduzione e nota bio-bibliografica di Vittorio Bodini, Milano, Lerici, 1964)

I miei occhi vedono sull’albero il frutto fresco e le mie mani vogliono raccoglierlo, la mano del cieco invece vaga nell’aria senza mai chiudersi perché il suo obiettivo è quello di cogliere l’inafferrabile. La poesia di Salinas si configura come poesia dell’invisibile. La mano del cieco non è altro che la prima fase del processo di eliminazione del reale. Un passo verso questo sperimentalismo è riscontrabile nelle due raccolte successive Seguro azar e Fàbula y signo dove la materia poetica si rinnova con un relativo accostamento alla realtà esterna moderna ma senza mai esaltarla. Gli oggetti della civiltà meccanica vengono considerati dal poeta quasi come un rompicapo da risolvere. Il mondo stesso diventa oggetto di curiosità conoscitiva e trattato con ironia. In Cinematógrafo Salinas oppone alle immagini positive del mondo il negativo di una pellicola cinematografica; il mondo del bianco e nero rappresenta un luogo di passaggio, un mondo fittizio dietro lo schermo. L’immagine del mondo illusorio si riflette in quello naturale; anche la natura cambia connotazione. Infatti in Far West la protagonista è l’immagine naturale più impalpabile: un vento che appare in un film western. Il processo distruttivo si insinua principalmente nelle strutture grammaticali. Gli aggettivi non qualificano, sono rari e con funzione solamente logica. I sostantivi sono, come le cose, segni di finzioni. Gli astratti regnano e prendono il sopravvento su quelli concreti. Ai nomi vengono sostituiti i pronomi. In particolar modo il tu che appare a partire dal primo libro e attorno a questo si forma l’universo invisibile del poeta che decide di voltare le spalle al mondo irreale per concentrarsi sulla felicità di un amore reale.

La problematica amorosa: La voz a ti debida e Razón de amor

In queste due raccolte pubblicate a tre anni di distanza si evince la maturazione poetica di Salinas. Il poeta è stanco dell’irrealtà che lo circonda considerata come un limite da trascendere, trova dunque conforto nell’amore, che gli permette di scavalcare questo confine. L’amore di Salinas è un sentimento tutto umano, asse centrale che funge da stimolo ad una costante ricerca interiore e impulso verso l’essenziale. Quest’ultimo fa da comune denominatore alle due opere. La voz a ti debida, titolo tratto da un verso di Garcilaso de la Vega petrarchista di eccezione, si apre chiaramente con un’apostrofe ad un interlocutore femminile. Il tu indefinito contiene qui un duplice significato: l’amata a cui il poeta si rivolge e il sentimento stesso: la voce dovuta a te, mia amata, e al tuo amore, quasi come segno di riconoscenza da parte del poeta. Il sottotitolo “poema” invece tende ad indicare il carattere di omogeneità ancora una volta ripreso dal canzoniere di Petrarca. Infatti sebbene le liriche all’interno dell’opera siano tra di loro autonome, presentano dei moduli ricorrenti che ne rivelano la natura organica. Ad esempio la struttura semantica ruota attorno all’esposizione del tema, l’avvio della narrazione e la conclusione tornando nuovamente con un movimento circolare. Quanto al linguaggio, il poeta attua una vera opera di trasformazione delle strutture tradizionali per creare un nuovo modo di comunicare nuovo ed individuale. Simboli, immagini e nomi assumono un significato sottinteso attraverso una tecnica ad indovinello che genera “l’orizzonte d’attesa”. Mutano le funzioni delle preposizioni, degli aggettivi e degli avverbi che vengono utilizzati in modo anomalo e il lessico si riempie di neologismi. Ne consegue un linguaggio “nuovo”  e puro, quasi assoluto come quello delle anime di cui parlò Petrarca.

[XII]

Non ho bisogno di tempo
per sapere come sei:
conoscersi è luce improvvisa.
Chi ti potrà conoscere
là dove taci, o nelle
parole con cui taci?
Chi ti cerchi nella vita
che stai vivendo, non sa
di te che allusioni,
pretesti in cui ti nascondi.
E seguirti all’indietro
in ciò che hai fatto, prima,
sommare azione a sorriso,
anni a nomi, sarà
come perderti. Io no.
Ti ho conosciuto nella tempesta.
Ti ho conosciuto, improvvisa,
in quello squarcio brutale
di tenebra e luce,
dove si rivela il fondo
che sfugge al giorno e alla notte.
Ti ho visto, mi hai visto, ed ora,
nuda ormai dell’equivoco,
della storia, del passato,
tu, amazzone sulla folgore,
palpitante di recente
ed inatteso arrivo,
sei così anticamente mia,
da tanto tempo ti conosco,
che nel tuo amore chiudo gli occhi,
e procedo senza errare,
alla cieca, senza chiedere nulla
a quella luce lenta e sicura
con cui si riconoscono lettere
e forme e si fanno conti
e si crede di vedere
chi tu sia, o mia invisibile.

(Traduzione di Emma Scoles- da: “La voce a te dovuta”, Einaudi, Torino, 1979.

 

Con Razón de amor si chiude la poesia di Salinas prima dell’esilio, non si verificano in questa seconda raccolta mutamenti essenziali dal punto di vista sintattico e semantico. Si comincia ad insinuare però nel poeta un dubbio circa le ombre del cosmo. Ci si ritrova di fronte ad un capovolgimento; queste gridano chiedendo la realtà, la materialità. Segue l’invocazione all’amata, timone ed essenza dell’universo, che è l’unica che potrebbe donare loro quello che chiedono ma anche essa stessa non è altro che un pronome. La soluzione dunque non risulta possibile.

 

[LXIX]

Le senti come chiedono realtà?

scarmigliate, feroci,

le ombre che forgiammo insieme

in questo immenso letto di distanze?

Stanche ormai di infinito, di tempo

senza misura, di anonimato,

ferite da una grande nostalgia di materia,

chiedono limiti, giorni, nomi.

Non possono vivere più così: sono alle soglie

della morte delle ombre, che è il nulla.

Accorri, vieni, con me.

Insieme cercheremo per loro

un colore, una data, un petto, un sole.

Che riposino in te, sii tu la loro carne.

Si placherà la loro enorme ansia errante,

mentre noi le stringiamo avidamente

fra i nostri corpi,

dove potranno trovare nutrimento e riposo.

Si assopiranno infine nel nostro sonno

abbracciato, abbracciante. E così,

quando ci separeremo, nutrendoci

solo di ombre, fra lontananze,

esse avranno ormai ricordi,

avranno un passato di carne ed ossa,

il tempo vissuto dentro di noi.

E il loro tormentato sonno

di ombre sarà, di nuovo, il ritorno

alla corporeità mortale e rosa

dove l’amore inventa il suo infinito.

(Traduzione di Emma Scoles- da: “La voce a te dovuta”, Einaudi, Torino, 1979)

Salinas fotografa il trascendente senza mai staccarsi dall’immanente, senza mai cedere allo sperimentalismo della sua epoca: egli infatti nutre il suo lavoro anche degli oggetti e delle pose più quotidiane sfiorando spesso toni prosaici, specie nel punto più alto della sua opera, La voce a te dovuta.
”L’arte [scrive Salinas] è una costante scoperta; non si concede sosta nella sua ansia esploratrice, nella sua sete di rinnovamento, anche quando navighi per mari molto solcati e manipoli, nei suoi esperimenti, le formule più conosciute”. Quanto alle scelte espressive, esse si muovono all’interno di convenzioni stilistiche tradizionali, lontane dal linguaggio di rottura dei contemporanei eppur innovative nel loro conservatorismo.

Salinas va insomma annoverato fra i più grandi autori che il novecento spagnolo ci abbia donato: un poeta che sa darsi al mondo nelle sue fragilità inconsuete (Fonte: L’intellettuale dissidente-Homines).

 

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