Frammenti di un monologo amoroso ai tempi dei social, quando l’amore è solo un travolgente fuoco d’artificio

L’amore è il tutto e il niente nella stessa esplosione fragorosa. Tra i battenti digitali del Ventunesimo secolo, ancor di più. Anno 1977, Roland Barthes regala all’emisfero super accelerato Frammenti di un discorso amoroso, cartina semantica per l’analisi dell’amore novecentesco, con il linguaggio del Soggetto e il contro-linguaggio dell’Altro a fustigare dolcemente lo scenario. Anno 2018, invece di attualizzare il discorso amoroso, potremmo comprendere come lo scambio tra il Soggetto e l’Altro si sia trasformato in un vero e proprio monologo. Ecco a voi, cari lettori, amanti, amati e non corrisposti, i frammenti di un monologo amoroso.

Bussiamo alle porte della Prima Fase del soliloquio:

L’abbordaggio (o rimorchio)

Il soggetto è un uomo, immerso nell’epidemie del sabato sera. Varca le soglie del locale più esclusivo della sua città e dopo un long island, un gin tonic e qualche cicchetto alla goccia, ha l’immanente apparizione: Lei. Bella, ruggente, dallo sguardo cinico. Ci si innamora sempre dell’Immagine, accusando inconsapevolmente una sindrome di Stendhal fiorentina. Il soggetto pensa tra fegato e cuore: Lei è La libertà che guida il mio popolo interiore e io sono il suo Delacroix. Non è verosimile? Perfetto. Lei è la mia Belen o la mia Diletta Leotta e io sono un Cavaliere rispettato dall’Italia tutta. La pensano tutti così, anche se lo nascondano bene.

Il Soggetto si avvicina nella zona dell’altro e cerca un contatto criptico con lo sguardo. Ella risponde, non si sa se per sdegno o complicità. Non resta che affondare il colpo: «Ciao, cosa prendi da bere?» e lei, con superbia mongolina «ciao, io e le mie amiche beviamo vodka lemon, ci spostiamo al bancone». Si inaugura una chiacchierata improbabile, vuoi per il frastuono o vuoi per la banalità degli argomenti. «Andiamo a ballare?», dice l’Altro. «Subito!», sentenzia il Soggetto (già cotto a puntino). A questo punto si staglia davanti gli orizzonti dell’uomo e della donna un bivio: se lui sarà stato convincente, scapperanno via dalle luci cloroformizzate della serata, amandosi in macchina o a casa del Soggetto. Uno scenario che disintegrerebbe l’Immaginario dell’innamorato, poiché avendo tutto subito, non cercherebbe mai più niente in quell’Immagine desiderata.

Perciò l’Altro, astuto come il ventre del cavallo di troia, sparisce dalla pista, sfruttando un momento di distrazione e piantonando con stile il Soggetto. Il finale della serata per l’innamorato diventa arduo: aveva in mano il proprio Desiderio, ma se lo è fatto sfuggire. Il crepuscolo fa riemergere i dettagli appassionanti di Lei: rossetto rosso anima, profumo intonato, abito da sera che risaltava poeticamente le forme. Il giorno dopo il Soggetto si trasforma in Sherlock Holmes e durante l’assorbimento della sbornia progetta l’assalto virtuale. Fa il diavolo a quattro per scoprire il vero nome e cognome di Lei, spulciando la pagina Facebook del locale dell’incontro e mettendo sotto torchio eventuali conoscenti in comune.
«Bingo! Trovata». L’aggiunge subito su Facebook e Instangram e attende l’accettazione dell’amicizia e del segui. «Toh, ha accettato». Il soggetto parte con il like tattico e piazza un messaggio su ambedue i social, presentandosi con garbo. «Ciao, sono il ragazzo con cui hai ballato ieri, non so se ti ricordi…». L’Altro risponde con acuto sadismo: «Hey, ciao. Dimmi…». Il Soggetto assalta la Bastiglia: «Ti ho trovata molto interessante, sei davvero carina. Mi piacerebbe che ci sentissimo, giusto così per scambiare quattro chiacchiere. Mi daresti il tuo numero di cellulare?». Ora l’Altro effettua un’analisi dei social del Soggetto, con un ritmo forsennato, a tempo di record. Se l’aspetto virtuale del disturbatore ha superato l’esame, la conversazione continuerà, sfociando poi su WhatsApp. Altrimenti, saranno solo lunghe risate tra lei e le sue amiche, che canzoneranno il Soggettino.

L’Altro miracolosamente accetta: si passa alla Seconda Fase:

Frequentazione (o “ci stiamo sentendo”)

La prima volta è «bellissima, meravigliosa, indimenticabile». Per il Soggetto sempre, qualche volta anche per l’Altro. Adesso potenzialmente si dovrebbe volare, ma il sentiero dei due attori diviene di nuovo complicato. Se l’altro si sente sicuro, partecipe e «mentalmente preso», è fatta. Altrimenti, amici come prima, ovvero amici come mai. In realtà esiste una terza e una quarta chance: diventare come Mila Kunis e Justin Timberlake in Amici di letto (specialisticamente trombamici), oppure continuare la frequentazione fisica ed emozionale, appurando infine che al Soggetto l’Altro gli vuole «molto bene e gliene vorrà sempre», perché «lui è come un amico, se non il migliore». Chiamasi, tecnicamente, friendzonamento.
Ma non è questo il caso. L’Altro è convinto del bagaglio fisico e sentimentale del Soggetto, ormai sono entrati nella Terza Fase:

Il fidanzamento

Come comportarsi in questo capitolo culminante di una relazione già dogmatica? «Cosa mettiamo su Facebook?», «vabbè, mettere solo “impegnato” è riduttivo dai», «no, macché, fare il profilo di coppia è proprio da sfigati». La storia diventa ufficiale, d’ora in poi entreranno pian piano nello scenario amici, familiari e nemici dell’amore, che guasteranno l’Immaginario di lui e faranno perdere le staffe a Lei. E poi c’è da scommettere tutto il proprio Io: regali, sorprese, sacrifici, viaggi, paranoie e litanie. Ma il Soggetto si sente trasportato, privo di freni razionali, un po’ come Dawson con Joy in Dawson’s creek, con la piccola differenza che lui l’Altro l’ha conquistato senza servirsi di una scala (e senza piagnucolare). Ora Lui e Lei prendono totalmente confidenza con i rispettivi corpi, fanno l’amore spesso e con progressiva intesa e intensità. È un momento spettacolare e irripetibile, è la Festa della relazione. Ma nel preciso istante in cui tutto funziona, il Soggetto classifica la sua musa come a-topos, cioè inclassificabile, e ha un assaggio positivo di de-realtà sentendosi avulso dal mondo.
Tutto cambia intorno, ma a lui non importa, sta amando davvero. Rino Gaetano spiega magistralmente questa sensazione cristallizzata di volo sul tempo in Sfiorivano le viole. Ecco, si palesa inesorabile il primo atto egoistico del Soggetto: «Io ti amo». Io, ti amo! E adesso esigo la stessa risposta da te. L’Altro è sempre mentalmente preso, come mai finora, e non può che rispondere così: «Anch’io ti amo, da morire». Nel tam-tam della Festa l’esagerazione è l’ospite d’onore. D’ora in poi un sostantivo accompagnerà i due Attori: gelosia. «Chi è questo che ti ha mandato l’amicizia su Facebook?», «chi ti scrive a quest’ora?», «chi è questo che ti segue su Instangram?», «ci scambiamo le password dei social?», «ti vedo assente stasera, chissà a chi starai pensando…», «perché hai messo il like alla foto di quello?», «dove stai e con chi stai?».

Incredibilmente il rapporto disperde molte energie in discussioni efferate, che spesso si chiudono con una potente pace sotto le lenzuola. La paura di perdersi lascia spazio alla conferma di aversi – fisicamente e mentalmente – e di conseguenza torna lo smalto sui sorrisi del sodalizio. Si passa da urlarsi contro di tutto a ripercorrere le tappe di 50 sfumature di grigio. Si passa dal non parlarsi per un giorno intero a sfogliare il kamasutra con le canzoni di Maluma di sottofondo. Un amore strano, psicopatico, ma vincente. Eppure, è un monologo. Il preludio d’ensemble inganna un po’ tutti, Attori compresi.
Arriva puntuale come un bombardamento della Luftwaffe su Londra la Fase Quattro:

La complicazione

Le Nubi sull’Immaginario del Soggetto e complessivamente sullo scenario costruito con l’Altro, possono arrivare da più direzioni della rosa dei venti. Facciamo un po’ di ordine. Una Nube può arrivare dalla separazione per lunghi tratti di tempo. Soggetto e Altro si separano causa università al nord o all’estero, causa lavoro al nord o all’estero. La tecnologia riesce supportare le due parti di mela divise: foto, video, chiamate, note vocali, messaggi in ogni ora della giornata: peccato che Skype e WhatsApp non riusciranno mai a sostituire la ricchezza sensoriale dell’epidermide. A questo punto uno dei due dovrebbe mollare rispetto alle proprie ambizioni future e rispetto alla propria visione di vita. Chi lo fa? Nessuno dei due.
Il Soggetto a La Mecca, l’Altro a New York: così si rimane perché il lavoro o lo studio obbligano una scelta netta e perché «la mia carriera e la mia felicità sono più importanti, tanto, come dicono le mie amiche o i miei genitori, “di ragazzi ce ne sono a bizzeffe”». I viaggi per venirsi incontro non bastano più, nemici nuovi aumentano la nebbia intorno alla coppia. Dopo l’arrivo di Sex and the city nella serialità televisiva, ogni ragazza si sente in diritto di avere un domani aizzato da brividi sempre più forti, emulando fiaccamente Marylin Monroe. Idem per l’uomo. Lui è cacciatore, si sente il don Giovanni di Kierkegaard. Comincia a insinuarsi tra le sue sinapsi l’idea che fare il rattuso da fidanzato sia un valore aggiunto al proprio superomismo. Crolla scioccamente. La lontananza lo tormenta e alla ricerca del limonamento fatuo si alterna ai blitz su You Porn.

Nubi devastanti possono arrivare da un tradimento di uno dei due Attori o peggio ancora dalla dipartita improvvisa di uno dei due. Casi estremi, sia chiaro, ma abbastanza diffusi. Torniamo al linguaggio. Nubi fitte possono provenire sovente dalle distrazioni. Quando il Soggetto dà priorità all’asta del fantacalcio, al torneo alla Playstation, alla partita della Longobarda o a qualsivoglia suggestione personale, trascurando l’Altro, lì perde totalmente la bussola del rapporto. L’Altro è insoddisfatto, si sente preso in giro, e ne prende consapevolezza grazie alle amiche. I nervi non resistono più, Lei sbotta: scrive al soggetto su WhatsApp tirando la corda della ghigliottina: «stasera ti devo parlare…». In un attimo tutti i nomignoli scambiati tra i due Attori evaporano (amò, cucciolo, patato, orsetto, cicci, ecc…), il clima è freddo, l’atmosfera minimal, le emoticon inesistenti.
La Fine è vicina, planiamo mestamente nella Quinta Fase:

Tra noi è finita

Le scenate, i pianti, i lapsus freudiani in pubblico e tanti aneddoti menati in questo frangente diventano acuminati e portano il Soggetto ad essere Scorticato. Adesso Lui è estremamente sensibile, qualsiasi cosa potrebbe ricordargli l’Altro, perché sa bene che sta per essere abbandonato. Che fare? Suicidarsi? Come il protagonista di Spirits dei The Strumbellars? Oppure, resistere. Ma a che prezzo? Egli vive in un desolato e impassibile spleen. Il Soggetto incontra per l’ultima volta l’Altro, ignorando che l’Immaginario della prima ora è purissima utopia (un ultimo harakiri). Nel tragitto che fa dalla sua dimora al luogo del confronto finale, focalizza bene i propri errori, rendendosi conto di aver fatto l’opposto di quello che Gaber professava in Quando sarò capace di amare. Le parole di Lei sono fin da subito al miele, ma taglienti, mortifere all’ennesima potenza. L’idea dell’Altro è la stessa di Fabrizio De André in La canzone dell’amore perduto: lasciarlo, riservandogli un bene sincero.
Ma il Soggetto non comprende e al ritorno a casa fa razzia sui social: cancella le foto di loro insieme, bloccandole addirittura i profili. Se mi lasci ti cancello, in pratica. Nel film di Michel Gondry – Premio Oscar nel 2005 –, Kate Winslet, mollata da Jim Carrey, decide di andare in una clinica per cancellare dalla propria mente di tutti i ricordi di Lui. Ci riesce. Ecco l’intento del Soggetto, che pleonasticamente ignora un dettaglio: proprio i ricordi dell’Altro saranno un bene preziosissimo da salvaguardare nel suo tortuoso percorso amoroso. Alla fine il Soggetto si dimostra testardo come un mulo e ricomincia da capo: vaga alla ricerca di un nuovo amore come l’olandese volante in Il vascello fantasma di Richard Wagner: miete le stesse pene da molo in molo e incamera un gelido senso di fervore nelle vene.

Perché frammenti di un monologo amoroso? Lo racconta bene Paolo Sorrentino in La grande bellezza, lo dimostrano gli amanti del Ventunesimo secolo toujours. L’amore è diventato un travolgente fuoco d’artificio: lo si accende con maestria, abbaglia con la sua luce originale, impaurisce con il suo rombo. Tutto meraviglioso, tutto svanisce. Rimane solo un caldo ricordo nell’inconscio. L’individuo odierno vuole conoscere a malapena il passato, gli interessa vivere al massimo delle proprie emozioni il presente, perché lo deve dimostrare al suo vicino di sventure. Ebbene sì, il futuro diventa un optional: le responsabilità di valore vengono dribblate alla Garrincha. Il mantra è sempre lo stesso: divertirsi, mostrarlo. Stare bene, godere. Dirlo a tutti. Un figlio? Lungi da me, al massimo prendo un cane o un gatto. Matrimonio? È sempre troppo presto, ognuno ha i suoi spazi e una corrispettiva libertà.

La Filumena Marturano di Eduardo De Filippo sarebbe agghiacciata da questo Immaginario fragilissimo. Certo, l’influenza della madre è rimasta la stessa, il complesso di Edipo è sempre presente. I ragionamenti lacaniani sulla capacità di ricercare le caratteristiche del precedente amore in quello futuro sono le medesime. Le paranoie e le schizofrenie triviale sono addirittura amplificate a causa dell’era digitale. E cosa è cambiato allora? Si ama solo se stessi, vero Altro del Soggetto dell’avvenire impersonale. Questa conclusione determina un orizzonte apocalittico: le poesie d’amore di Verlaine, Shakespeare o Rimbaud non verrebbero mai comprese. Nemmeno quelle di immacolata sofferenza di Baudelaire: la sensibilità è fagocitata dall’Io. L’amore platonico de Le notti bianche di Dostoevskij sembrerebbe una barzelletta oggi, poiché la tangibilità fisica e fallica è il tutto. «Io devo essere soddisfatto, ma senza fatica, o tutto subito o niente». Amore veniale da condividere in mainstream: anche un genio come Giacomo Leopardi si sarebbe rifiutato di sognarlo.

La giusta chiosa a questo monologo la devono dare due prodotti artistici dell’epoca amorosa in questione:

Siamo morti a vent’anni, Il Chile.
Ma tu cammina, cammina, accumula strada lasciando che tutto si muova, Maldestro.

 

Annibale Gagliani-L’intellettuale dissidente

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