Salviamo la scuola dall’anacronismo politico

Lavinia Flavia Cassaro, l’insegnante di Torino che ora rischia il posto per aver augurato la morte alle forze dell’ordine, rappresenta uno dei tanti modelli diseducativi che vorremmo sinceramente sparissero dalle nostre scuole.

Sembra che l’aria che si respira possa tranquillamente provenire da uno dei film di Elio Petri: le strade sono in fermento, i caschi della celere non occupano le gradinate degli stadi ma l’asfalto, ed il neo prototipo dell’anarchico da copertina si scaglia contro i tutori dell’ordine costituito. Cortei e fumo, disordine controllato, di nuovo il nemico nero da combattere, l’incombere di vecchie paure con l’ombra che torna a distendersi sul martoriato stivale del Belpaese. “Anacronismo che avanza!”, potrebbe essere lo slogan di una moderna corrente di pensiero, che ripesca modelli dal passato, per far fronte alla voragine politico-sociale, apertasi nel tessuto di questa nostra Italia che stenta a trovare una propria identità.

Gli avvenimenti di Torino vedono protagonista una donna, un’insegnante, che insorge da esagitata contro il discutibile pericolo nero. Una novella pulzella che invece della spada, utilizza la più proletaria bottiglia di birra e le malauguranti minacce di morte, opportunamente ingurgitate dal mostro mediatico, sempre sensibile alla prodezza scenica del gesto esasperato. La ricerca di un senso riguardante la vicenda, potrebbe mostrare i limiti di questa Italietta, che si dimena tra evanescenti condottieri e vecchie paure, pronta ad indossare panni logori e a recitare la buffa caricatura di se stessa.
Un’analisi più attenta, potrebbe rischiare di portare alla luce una crisi dei valori borghesi, che sembrano essere le traballanti colonne dell’attuale impalcatura sociale. Si potrebbe ipotizzare che la disgregazione dei valori vive di una degenerata simbiosi che si autoalimenta e conferma se stessa sia dal basso che dall’alto. Dall’alto si assiste alla pratica di illegalità diffusa da parte delle istituzioni, che sembrano avallare l’utilizzo della corruzione, facendola passare come prassi del fare.

Le azioni compiute consolidano la mutazione del concetto di illecito, non più legato ad una definizione universale, ma ad una semantica mutevole a seconda del proprio autore. Tale mutazione ripetutamente confermata, potrebbe rendere ormai superate le insegne presenti nelle aule dei tribunali della Repubblica inneggianti ad una sbiadita uguaglianza della legge. Per quel che riguarda la disgregazione dei valori provenienti dal basso, possiamo prendere ad esempio l’atteggiamento dell’insegnante di Torino, che sembra aver smarrito il significato di quello che più che un lavoro dovrebbe essere una missione, così come succede per il prete, il medico, il politico e la stampa stessa, vecchi capisaldi del nostro vivere sociale, che un tempo consolidavano le stesse istituzioni, che oggi sembrano sgretolarsi giorno dopo giorno.

Sarebbe opportuno chiederci se siamo soltanto nel bel mezzo di una crisi temporanea, o se il tunnel è cieco ed è in atto una sostituzione di valori che concorreranno alla formazione della nuova morale.

 

L’intellettuale dissidente

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