Preferì la via della giungla, e iniziò a scrivere versi. La storia di Leonel Rugama affascina per disparità: non aveva il fisico del guerrigliero, la postura del rivoluzionario, l’estro per la violenza. Al contrario, lo ricordano sorridente ma pudico, gentile; se si trattava di giocare alla guerra, deponeva l’arma giocattolo, rifiutava.
Aveva un certo talento nel gioco degli scacchi; curava il corpo perché fosse teso come una corda; correva ripetendo i Salmi; aveva una Bibbia in tasca e la fede nella lotta. O meglio, come disse, più tardi, redigendo una sorta di agiografia, il suo direttore spirituale, “la fede si era accresciuta nella lotta”.
Nato nel 1949 a Estelí, Nicaragua, da un falegname e da una maestra, Rugama si fa grande nel seminario di Managua. La tonaca non gli piaceva: un amico ricorda che più che un prete pareva un karateka. Non disse mai alla famiglia perché avesse scelto di lasciare il seminario. Il giovedì si recava all’adorazione del Santissimo. Leggeva il Vangelo a messa, la domenica. Camminava con la Bibbia, il solo libro che portò con sé, in clandestinità”, ha scritto di lui Ernesto Cardenal, il poeta, il teologo, il presbitero.
Per Rugama la poesia era un contributo alla lotta, la Bibbia l’attributo del guerriero. “Poco prima di morire, Rugama disse di voler formare un gruppo di poeti guerriglieri”, scrive Antiniska Pozzi, che alla Vita breve e poesia del rivoluzionario Leonel Rugama dedica un servizio nell’ultimo numero di “Poesia” (Luglio/Agosto 2021).
Insegnava matematica, pubblicò le prime poesie su “La Prensa Literaria”: una di questa, La Tierra es un satélite de la Luna, risuonò come un inno. In quella poesia, Rugama ragiona su una disparità ai suoi occhi devastante: la spesa per costruire i razzi del “programma Apollo” e atterrare sulla Luna, in contrasto con la fame, crudele, patita dalla sua gente; la feroce distanza tra il Sud dell’America e il Nord.
“Beati i poveri perché sarà loro la luna”, canta Rugama, in versi convenzionali, che hanno l’impeto dell’invettiva, il tono da profeta nella giungla. Le poesie in cui rievoca la sua infanzia sono più riuscite, scorrono, come acqua tra le dita:
“A volte facevo cadere la matita o il quaderno per guardare le gambe della maestra/ (La maestra leggeva i fiumi del Guatemala/ o spiegava la divisione a tre cifre)…/ Tutti amavano la maestra/ ma la maestra ha sposato un uomo”. In questo ha ragione Cardenal, “Mi sembra il solo poeta al mondo che scriva come un ragazzino, perché è stato ragazzino fino alla morte”.
La morte, appunto, è la ragione per cui si ricorda Rugama, il rivoluzionario poeta, più che il poeta rivoluzionario. Arso da un candido senso di giustizia, brandiva il Vangelo come un fuoco, Rugama: si affiliò al Fruente Sandinista de Liberación Nacional, credeva che tra fare il sacerdote e il bandito non ci fosse differenza, entrambi, in effetti, lottano contro il mondo, si ribellano ai cesari, ai poteri della terra, al mondano e all’immondo. I sandinisti, d’altronde, avevano bisogno di esaltati.
Dormiva dove lo portava la provvidenza rivoluzionaria, senza timore di schiacciare il muso alle stelle; mangiava da chi gli dava ospitalità; si riteneva un autentico discepolo, di quelli che guariscono dal male, portano la buona novella, traducono il veleno in miele.
Il 15 gennaio del 1970, a Managua, Leonel Rugama e due compagni furono beccati dalla Guardia Nacional del Presidente Somoza. Rugama era il più anziano, aveva vent’anni; i compagni Róger Núñez Dávila e Mauricio Hernández Baldizón avevano 18 e 19 anni. Morirono rifiutando la resa. “Erano circondati da un battaglione scelto: jeep, mitraglie, carri armati, fucili di precisione, c’erano anche un elicottero e un aereo, a intercettare una possibile fuga”.
Un esercito contro tre ragazzi. Secondo l’agiografia, il seminarista rivoluzionario Rugama, quando il generale della guardia somozista gli intima di consegnarsi, risponde, “Che si arrenda tua madre!”. Segue il frastuono dei colpi, cicaleccio di morte.
Epitaffio
Qui giacciono
i resti mortali
di chi in vita
ha cercato senza sollievo
a uno
a
uno
il tuo volto
su tutti
gli autobus urbani.
Fonte
https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/letteratura/leonel-rugama-ritratto-poesie/