‘Di uomini e mostri- Brevi cronache dal mondo’: “la poetica della miopia” nella raccolta di microstorie di Nicola Argenti : “la poetica della miopia” nella raccolta di microstorie di Nicola Argenti

Di uomini e mostri – Brevi cronache dal mondo, edito Les Flaneurs Edizioni, è la raccolta di microstorie nata dalla penna dello scrittore romano Nicola Argenti. 

Nicola Argenti, 44 anni, vive e lavora a Roma. Dal 2000 al 2002 è caporedattore di un giornale indipendente romano, KR, sul quale scrive articoli di attualità, cultura e disegna vignette. Nel 2003 fonda, con altri artisti, un collettivo poetico e organizza letture di poesie in diversi locali di Roma. Nello stesso periodo pubblica delle raccolte autoprodotte di poesia e narrativa. Partecipa inoltre a pubblicazioni collettive con piccoli editori indipendenti e fanzine.

Dopo una lunga pausa, nel 2019 torna a partecipare ad alcuni concorsi letterari indetti da editori e associazioni culturali. A questi seguiranno alcune pubblicazioni in antologie poetiche e, nel 2021, la pubblicazione del suo La Rosa nel Magma.

Dal 1998 ad oggi si dedica alla poesia e alla narrativa, in un intenso e articolato percorso personale.

 

Di uomini e mostri-Brevi cronache dal mondo: sinossi

Copertina del libro- Di uomini e mostri

Di uomini e mostri- Brevi cronache dal mondo  è una raccolta di microstorie legate fra loro dalla “poetica della miopia”. Ad aprirla è la prefazione di Livio Romano.

Agli inizi degli Ottanta Brian Eno aveva poco più di trent’anni e già era venerato come il grande intellettuale, il Maestro
sommo che aveva impresso una sterzata non solo al sound,
ma alle fondamenta estetiche del nuovo Zeitgeist che si andava profilando. «Non è più epoca da grandi raduni, ma un
tempo in cui ritirarsi in un bar a chiacchierare con gli amici,
a riflettere su quel che è stato e a trovare nuove vie per esprimersi», disse in un’intervista profetica. Poi sarebbero venuti
la New wave, i sintetizzatori, l’ambient music, la fascinazione
per il geometrismo made in Japan. Il minimalismo, in una parola. Ed è questo aspetto che stordisce maggiormente leggendo l’esordio narrativo di Nicola Argenti, classe 1978 e dunque
in ipotesi figlio di quel gran ritorno di fiamma del furore iconoclasta che, nella musica come in letteratura, caratterizzò i
fasti di una delle stagioni più fervide per la storia della cultura occidentale: gli anni Novanta

Scrittori fobici dell’immaginazione, vicini di casa troppo distanti, vedove tormentate dalle assenze, antieroi asserviti agli animali domestici, compagni di viaggio assonnati, eroinomani alle prese con la dipendenza affettiva.

Misteriose consapevolezze che irrompono improvvise a squarciare il cielo di carta del tetto coniugale, ingombranti reminiscenze dei tempi andati, dolenti attese alla finestra, eredità segrete affidate alla scrittura, esiti imprevedibili di bocciature prevedibili, atti di ordinaria mostruosità, riflessioni ontologiche e indagini impossibili.

Portando in primo piano i dettagli apparentemente insignificanti e gli aspetti residuali dell’esistenza, attraverso la lente di una raffinata ironia, l’autore nelle sue pagine ci mostra le verità che si nascondono sotto il nostro naso.

“I racconti presenti nella silloge nascono come ritratti in forma di scrittura, basati su personaggi conosciuti nel corso degli anni o su fatti di cronaca realmente accaduti – ha spiegato Nicola Argenti. Ho sempre pensato che alcune storie – pur piccole, invisibili e fugaci – meritassero di essere conservate. Spesso sono proprio gli accadimenti silenziosi e le voci inascoltate che costruiscono le vicende più grandi, contribuendo al tempo stesso alla mutazione (non necessariamente evoluzione) dei tempi, dell’essere umano, delle sensibilità e delle percezioni. Le narrazioni coprono un arco temporale che va dal 1998 al 2021 e durante tutto questo lungo periodo sono intervenuto sui testi manipolando alcuni elementi reali, tramutandoli in favola o narrazione surreale, volendo generare – almeno così nelle intenzioni – un’ampia gamma di sensazioni, quali affezione, divertimento, nostalgia e, perché no, un effetto straniante.

Al pari dei racconti basati principalmente su eventi o personaggi reali, molti altri traggono ispirazione dai semplici aspetti della vita quotidiana, da visioni alterate della contemporaneità o da versioni mostruose (o presunte tali) della condizione umana – da questo il riferimento nel titolo. E poi piccole e grandi allucinazioni quotidiane, individuali e talvolta collettive. Il tutto è caratterizzato dall’elemento fondamentale della brevità. Ho deciso quindi – come cita il sottotitolo – di praticare la forma breve e brevissima, costringendo la scrittura in spazi stretti e angusti, nel tentativo di sprigionare tutta la forza narrativa ed espressiva in poche battute. Ho voluto generare delle strutture dove potessero trovare spazio elementi del reale, minimalismo e disorientamento, atmosfere rarefatte e allegorie, giocando con i personaggi e parimenti con l’ipotetico lettore, fino anche a provocare quest’ultimo”.

Un’opera intensa, frutto di un profondo e articolato percorso personale avviato e portato avanti da fine anni ’90 a oggi, intrecciando poesia e narrativa.

 

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L’oppressione dell’Io in Vuoto di Ilaria Palomba

Pubblicato da Les Flâneurs Edizioni, Vuoto è il nuovo romanzo della pugliese Ilaria Palomba presentato al Premio Strega 2023. Il romanzo si destreggia fra la dimensione onirica e la costante inquietudine che si sussegue, pagina dopo pagina. Una storia in cui aleggia un senso di morte perpetuo e che, tuttavia, induce alle riflessioni più pure e radicate grazie al viaggio nell’inconscio della protagonista. Personaggio principale del libro una donna, Iris Palmieri, poetessa dominata dalla propria vita disordinata e dall’oppressione del suo stesso Io. 

Il contesto in cui Vuoto è ambientato si snoda fra la Puglia e Roma, il tutto nel giro di un anno. Il libro si divide in otto sezioni in cui si evince un certo tipo di continuità fra un capitolo e l’altro, tranne che per l’ultima parte. Un viaggio tra passato, presente e futuro che si sussegue in concatenazioni di eventi fluttuanti, come in una dimensione irreale, che portano la protagonista a sezionare in modo chirurgico la sua psiche, gli avvenimenti del suo passato e le sue emozioni.

Le paure che Iris percepisce appartengono a un episodio mai metabolizzato avvenuto durante la sua adolescenza; rivede le spiagge del Salento e d’un tratto, il suo essere la pone di fronte a una realtà non portata alla luce per troppo tempo.

Quel senso di vuoto, fallimento e solitudine inducono Iris a cercare di colmarlo con ogni mezzo. L’angoscia divorante, nel corso delle pagine, verrà ‘’saziata’’ dalla protagonista attraverso l’uso di droghe, la compulsione a sperimentare ogni tipo di promiscuità e il sesso sfrenato. Emblematica sarà l’amicizia con Giulio, un ragazzo più giovane di lei, con il sogno della letteratura e della fama letteraria: la brama e l’amore verso la poesia, oltre che la spiccata sensibilità del ragazzo, legheranno i due personaggi in un rapporto di tenerezza confidenziale. Ma Giulio, come Iris, ha una sua fragilità: un giorno si toglie la vita gettando la protagonista nella confusione, lei che, come si evince nel corso della lettura,  ha più volte tentato di abbandonarsi alla morte. Come numerose personalità letterarie, Antonia Pozzi e Sylvia Plath,  decedute lasciandosi cullare dalla dolcezza silente della morte, Giulio agisce negando la sua presenza alla Terra; Iris, invece, coltiva un imperante e insistente senso di colpa dopo la dipartita dell’amico.

Il rimpianto di non aver fatto nulla per salvargli la vita si insinua nel suo precario equilibrio interiore. Intanto, anche il matrimonio con Federico vacilla; non le resta che la letteratura, unico punto fermo radicato, sola scaglia luminosa che riluce in un mare di grigiore funereo. L’incontro con una scrittrice, però, la illuminerà sulla vera essenza della passione letteraria portandola a rivalutare quelli che, fino a quel momento, le erano parsi pensieri di salvezza: la scrittura non dona, è chi scrive che deve donare qualcosa alla scrittura.

Nonostante il precario equilibrio, le problematiche e l’inquietudine tangibile che tiene il lettore incollato e sospeso in una dimensione di attesa, Iris continua a scrivere: le verità apprese dalla conversazione con la nota scrittrice non arrestano il suo fluire verso la ricerca attraverso la letteratura. Iris non demorde, si riconosce grazie alla scrittura e si riflette in essa, anche se tutto  sembra dissolversi in problemi più grandi di lei; disguidi con gli editori, progetti naufragati, una carriera che sembra sempre più sfumata e sbiadita, ma che la protagonista non  etichetta come mera sussistenza materiale. Quella di Iris è una scrittura trascendentale, che accarezza i corridoi reconditi della coscienze, solletica dubbi, si pone quesiti, cerca delle risposte: sembra quasi che  ripercorra sì i suoi dolori personali, ma che faccia propri anche i dolori dell’intera società che la trasportano in un circuito di intenso sentire.

Lo strato di pelle di Iris si assottiglia, dandosi alla luce in tutta la sua sensibilità più pura: sente il corpo come una gabbia, analizza e avverte intensamente le brutture in cui la società è immersa, le ingiustizie, la compassione per la gente che vive ai margini, ma soprattutto denuncia una porzione di sistema che minimizza ogni pensiero indipendente, ogni sogno di diversità, incasellandolo nella depressione. Il messaggio veicolato è importante: Ilaria Palomba, attraverso la voce di Iris, esprime una verità tagliente;  se un’idea non appartiene al modello che la società propina come ‘’giusta’’ o ‘’fattibile’’ è subito tacciata come un ‘’disturbo’’, quando invece è solo uno schema differente rispetto ai modelli sociali vigenti. Un’altra peculiarità del libro è il rimando, quasi malinconico, a una dimensione antica che non c’è più: le semplici cittadine costiere, la natura incontaminata  ormai braccata da blocchi di cemento asettico. In questo caso si riferisce alla Puglia, ma qualsiasi lettore che si approccia a questa problematica  condividerà tali riflessioni: terre imbevute di tradizioni ataviche volte, ormai, a una mercificazione stantia che ha eliminato il loro fascino ancestrale.

Questo romanzo dai monologhi interiori affilati, dai flussi di coscienza che giungono al lettore come una lama che scarnifica le coscienze, è a conti fatti  un percorso di continua ricerca che cerca di scovare un’appartenenza o una propria dimensione. Iris arriverà ad accettare quel vuoto che aveva, da sempre, cercato di riempire addirittura introiettandolo con fierezza: il vuoto che tanto aveva combattuto è adesso fregio di ciò che ha contribuito a rendere la protagonista unica, nelle sue immense e caleidoscopiche sfaccettature.

L’accettazione del passato, il trasformarsi della propria interiorità, si lega a una continua impellenza volta alla ruminazione interiore, sempre attiva, che si interroga attraverso quesiti. Sono costanti, infatti, i rimandi filosofici: il senso di morte sembra sedurre Iris e, al contempo, la protagonista sembra quasi bramarla. Il funereo presiede una continuità all’interno dell’opera così come l’angoscia che emerge nel corso della lettura. Sembra, infatti, di percepire alcuni rimandi relativi a Emil Cioran o Nietzsche ma, anche, all’accezione classica del termina ‘’angoscia’’ introdotto per la prima volta da Kierkegaard  (“Il concetto dell’angoscia’’, 1844). Secondo il filosofo danese l’esistenza, di fronte all’uomo, è fonte di innumerevoli possibilità; l’angoscia è il sentimento del possibile in cui si cela l’alternativa che è la morte. A tale situazione di angoscia esistenziale l’uomo rispondere in due modi: con il suicidio,  proprio come accade a Giulio amico di Iris, o con la fede.

Per Kierkegaard, quindi, l’angoscia è intesa come rapporto dell’Io con il mondo; quello stesso tormento che Iris sente, e che chi si cimenta nella lettura percepisce fin dalle prime pagine. Un libro che è un sogno onirico, un estremo viaggio in cui l’inconscio si mescola con il chimerico e  il concreto,  in cui il turbamento e l’irrequietezza si avviluppano all’attenzione del lettore  trasportandolo in una storia surreale, i cui confini fra realtà e sogno si assottigliano e si inglobano, pagina per pagina.

‘Se devo essere una mela’: il romanzo di successo di Emma Saponaro che trae spunto dal mito delle due metà di Platone

Se devo essere una mela è il secondo romanzo di Emma Saponaro. Il libro, presentato in occasione della manifestazione Più libri più liberi, ha riscosso un notevole successo, anche in termini di copie vendute.

Emma Saponaro, romana, è laureata in pedagogia ed esperta nelle tematiche dell’adozione, su questo tema ha tenuto cicli di lezioni. È stata coordinatrice del Comitato di redazione della rivista semestrale Famiglia e Minori, per la quale ha pubblicato articoli a carattere psico-giuridico sulle tematiche legate all’adozione, all’abbandono e sulle violenze sulle donne. È stata co-ideatrice e co-curatrice di Parole di Pane conclusosi con la pubblicazione di due antologie omonime (Farnesi Editore, 2013; Giulio Perrone Editore, 2014), i cui proventi sono stati interamente devoluti in beneficenza. Suoi racconti sono stati pubblicati in riviste online e in diverse antologie raccogliendo un buon successo di critica e di pubblico. Prima di Se devo essere una mela ha pubblicato Come il profumo (Castelvecchi, 2017).

Pubblicato da Les Flaneurs Edizioni prefazione di Marina Pierri, copertina realizzata da Alessandro Arrigo, il romanzo racconta in chiave ironica e divertente il percorso di liberazione di una giovane donna da un matrimonio rivelatosi solo una macchina capace di stritolare ogni possibilità di crescita personale.

Marina Pierri è co-fondatrice e direttrice artistica di FeST – Il Festival delle Serie Tv. Si occupa di critica televisiva con particolare attenzione alla rappresentazione di genere. Studiosa di narratologia, il suo primo libro Eroine (Edizioni Tlon) esplora gli archetipi narrativi nel Viaggio dell’Eroina. Il suo podcast intitolato Le dodici dee delle storie è prodotto da Storytel. Fa parte del coordinamento scientifico della scuola digitale di solidarietà fondata da Francesco Trento e insegna Storia dell’innovazione televisiva nel Master in Series Development di Netflix della Civica Scuola di Cinema di Milano. Ha scritto o scrive per Rolling Stone, Vanity Fair, Grazia, Wired, Il Corriere della Sera.

Alessandro Arrigo è grafico e illustratore. Sue illustrazioni sono divenute complementi d’arredo. I suoi progetti di fotografia e illustrazione “Ritratto Camaleontico” e “ri·flès·si /à·ni·ma“ sono stati inseriti nel 3° volume de “Il corpo Solitario”, di Giorgio Bonomi, edizioni Rubbettino. Ha partecipato a mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Ricordiamo quelle al Salón internacional de Arte a Melilla, con Goyart, alla Biennale del libro d’artista a Castel dell’Ovo, a Napoli, al MACRO, museo d’arte contemporanea di Roma, al Festival di fotografia Les Rencontres di Arles, con la Tevere Art Gallery. Sue illustrazioni sono state esposte al Museo Orto Botanico di Roma. Nel 2020 è stato selezionato al Miami New Media Festival per il Doral Contemporary Art Museum, ha inoltre partecipato, con Incinque Open Art Monti, al Lucca Art Fair. Suoi disegni sono apparsi su 7 – Sette, settimanale del Corriere della Sera, Buduar, almanacco dell’arte leggera, Hashyapu Harivillu – Humor Toons, We Wealth Magazine. Ha pubblicato con Andrea Pugliese il libro POP TEN, Lozzi Editori, realizzando il concept e le illustrazioni legate ai racconti.

Se devo essere una mela: sinossi

C’era una volta un bellissimo principe azzurro che, come in
tutte le favole che si rispettino, arrivò in sella a un superbo cavallo bianco dopo aver attraversato al galoppo impervi
sentieri di una boscaglia. Fu per puro miracolo se riuscì a superare illeso i tanti ostacoli. Tuttavia, il nobile proposito che
lo animava era quello di raggiungere e salvare la principessa dalla cupa inquietudine che la affliggeva ormai da tempo.
Perché perché perché, ma è ovvio: perché era single, e a volte
accade che una single sia anche attempatella.
E così avvenne ciò che sappiamo debba verificarsi perché
si rompa l’incantesimo di una principessa addormentata.
D’altra parte, per lei era difficile ignorare cotanta passione
racchiusa in un solo bacio. Immagino come possa far l’amore, avrà pensato. Così, non rimanendone indifferente, ebbe
la sensazione di respirare un vento torrido del deserto sahariano il cui soffio possiede il potere di sciogliere tutto, anche
l’asfalto, e pure il sonno di una principessa, dicevamo. E fu
così che si destò da quel torpore che per troppo tempo l’aveva inchiodata su credenze ritenute così convincenti da non
poterle mai contestare. Sì, si destò.

Nel suo viaggio Rebecca, questo il nome della protagonista, incontrerà le grandi possibilità offerte dal web, diventando affermata e ricercata blogger di ricette che lei stessa inventa, soprattutto si avvarrà dei consigli e degli spunti di riflessione offerti da una divertente galleria di personaggi che altri non sono se non la reincarnazione dei principali filosofi della storia.

Se devo essere una mela deve il titolo alla celebre metafora di Platone, secondo la quale gli esseri umani sono delle mezze mele che vivono irrisolte alla ricerca della metà mancante. Secondo Rebecca, invece, ogni essere umano è una mela intera e può incontrare l’amore solo quando trova partner capaci di rispettare la sua interezza.

Se devo essere una mela fa seguito a Come il profumo (Castelvecchi Editore), un noir psicologico sul tema del doppio ispirato dal grande amore di Emma Saponaro per il mondo dei profumi e delle fragranze.

“Devo molto a Marina Pierri, perché proprio mentre scrivevo questo romanzo ho incontrato lei e le sue riflessioni su ‘Il Viaggio dell’Eroina’”, dice Emma Saponaro. “Sono riflessioni che mi hanno aiutato a focalizzare al meglio i temi che stavo trattando. L’idea dei filosofi reincarnati che sono idraulici, fruttivendoli, informatici non saprei proprio dire come mi è venuta. Però mi sono molto divertita scrivendo di questi buffi personaggi, e spero che allo stesso modo si divertano i miei lettori–  e prosegue dicendo- Invece per il blog mi sono riferita a mie esperienze personali, non nel senso che ho avuto un blog di cucina, però ho gestito e gestisco diversi blog, quindi conosco l’argomento. Invece le ricette le ho tutte inventate cercando di assecondare lo spirito della protagonista. Non credo che siano utilizzabili, a meno che non abbiate un partner come quello di Rebecca”.

“Al di là della chiave comica — conclude l’autrice – il romanzo parla di temi molto seri, perché troppe persone si fanno ancora schiacciare in rapporti di coppia che opprimono invece di aiutare a crescere. Ecco, il messaggio vorrei che fosse: mele di tutto il mondo, svegliatevi e guardatevi bene, non siete a metà, siete intere”.

 

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Irene Gianeselli presenta il romanzo ‘Il movimento del ritorno’

Nel romanzo “Il movimento del ritorno” di Irene Gianeselli sono contenute profonde riflessioni sul senso della vita, dell’amore e della perdita; è una storia attraversata da sensazioni forti e contrastanti e da personaggi tormentati, che si pongono dolorose domande esistenziali.

Parallelamente alle vicende di Tancredi, Arcangelo, Veronica, Astolfo e Maddalena vi è inoltre l’affascinante narrazione, a inizio di ogni capitolo, della storia di Adamo e del compimento del destino del primo uomo. Tancredi è un attore, e vuole mettere in scena qualcosa di particolare.

«Non è uno spettacolo. Volevamo spingere gli spettatori a sentire la crisi, la necessità di essere privati di una certezza e volevamo che desiderassero sapere. È possibile un altrove? Dove? Come? Volevamo incuriosirli, costringerli a immaginare con noi la rappresentazione».

Purtroppo egli si scontra con la sterilità delle emozioni umane, con la mancanza di empatia e anche di coraggio nell’affrontare nuove sfide – «La mente umana, si dice Tancredi, deve essere come una città e noi ci nascondiamo sempre nelle periferie del pensiero».

L’uomo di teatro e l’uomo che vive nella realtà sente il nulla dentro e fuori di sé; la sua ultima donna, Maria, dice che il suo è il corpo della lontananza, ed effettivamente Tancredi si sta allontanando sempre di più dalla vita, per rintanarsi in un microcosmo, il teatro, dove spera di trovare un senso alle sue pene. Arcangelo è un uomo di settant’anni molto solo, e con una visione dell’esistenza tutta sua; egli riflette sull’umanità, e sulle distinzioni tra uomo e donna.

«La maggior parte degli uomini a stento riesce a reggersi in piedi. Ma ci sono donne che camminano troppo in fretta per seminare gli inquisitori e inciampano anche loro. Tutti inciampiamo, tutti».

Ogni mattina incontra Maddalena al bar, e con lei intrattiene focose conversazioni su questi argomenti, non trovandosi quasi mai d’accordo. Un giorno, però, è un poliziotto ad accoglierlo, perché la giovane donna è dispersa, dopo essersi gettata da un ponte; Arcangelo sente una forza misteriosa che lo spinge a cercarla.

Veronica è sposata con Astolfo ma il loro matrimonio in apparenza felice cade pezzo dopo pezzo, dopo la perdita del figlio che portava in grembo e il tradimento del marito – «Astolfo s’è preso, ha bevuto, ha succhiato da lei tutta la sua fiducia nell’umanità, nell’amore, nella possibilità di essere liberi e insieme felici». La vicenda di Maddalena è invece la più sfuggente, di cui è difficile parlare; è la storia di una donna che non vuole frantumarsi.

 

 

Casa Editrice: Les Flâneurs Edizioni

Collana: Bohémien

Genere: Narrativa contemporanea

Pagine: 238

Prezzo: 16,00 €

 

 

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‘Almanda’ di Ennio Maria Petruzzella: il realismo magico che descrive una città ideale tra sogno e realtà

Il desiderio di sopravvivere alla morte lasciando una traccia terrena della propria esistenza è da sempre l’ambizione di tutti i grandi uomini, che per merito delle loro opere vorrebbero ottenere fama imperitura. Ed è di questo che tratta “Almanda, il viaggio” dello scrittore Ennio Petruzzella (Les Flâneurs Edizioni), raccontando la storia della fondazione dell’omonima città e della sua condizione un secolo dopo l’edificazione.

Stridente in Almanda, è il contrasto tra l’entusiasmo dilagante che ha condotto alla nascita di Almanda rispetto all’atmosfera grigia come il suo cielo funereo soltanto cent’anni dopo. Una città destinata a grandi fasti e nota in tutto il mondo per le sue manifatture esportate ovunque, anche nel Vecchio Continente, ritrovarsi improvvisamente al buio e senza più speranza.

Agli antipodi sono anche i protagonisti: da un lato, Giulio Flaiano, il ricco avventuriero patrizio che si imbarca in quest’impresa folle e convincendo i più talentuosi della sua epoca a seguirlo; dall’altro Julius, il giovanissimo ragazzo che vuole scoprire il mistero del sole e donare nuova luce alla città, mettendo a rischio la sua stessa esistenza. Entrambi curiosi e aperti al nuovo, sono disposti a tutto per Almanda: un luogo magico dove tutti sarebbero stati liberi di essere se stessi, sognare e amare senza limiti o condizionamenti.

«Questo era il segreto di Almanda.  Questo velo di impalpabile follia che teneva uniti gli sforzi di tutti per consentire ai sogni dimenticati del mondo di affrontare ancora il mare e raggiungere gli uomini per i quali erano stati sognati. La convinzione che aveva spinto tutti a seguire Giulio, che la grandezza di ogni uomo abita nei propri sogni, nella semplice e immateriale fuga che compie quasi ogni giorno nelle sfumature della vita».

Profonda è l’introspezione sui personaggi, di cui l’autore delinea sia gli umori che gli affanni, descrivendone a pieno l’anima, le ambizioni e le sofferenze con uno stile a tratti onirico, che riecheggia il realismo magico del premio Oscar Gabriel Garcia Marquez con le sua “prosa immaginifica”.

«… Questo prima che sorgesse il suo nuovo sole, e prima che una mano invisibile la disegnasse nei suoi confini circolari e la posasse sulla terra… come un’opera visionaria a lungo cercata, nelle pergamene del pensiero, e ideata e fissata nelle pietre del mondo”. Almanda era già lì, dipinta in forma di città onirica e perfetta, attraversata dal taglio luminoso del fiume Dieng che dall’alto delle montagne scendeva lentamente al mare. Era lì, concepita dalla mente di un uomo che si era scoperto visitatore notturno di mondi fantastici e impossibili».

 

Casa Editrice: Les Flâneurs Edizioni

Collana: Lumière

Genere: Narrativa contemporanea

Pagine: 202

Prezzo: 15,00 €

 

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