La valigia di mio padre, di Orhan Pamuk

L’arte dell’oratoria si sviluppò nell’antica Grecia nel IV secolo avanti Cristo, ma è una tecnica talmente precisa e completa da essere ampiamente utilizzata ancora oggi nella strutturazione dei discorsi di maggior importanza: arringhe politiche, di difesa giudiziaria, discussioni di tesi e dottorati, e così via. Sicuramente anche in un’occasione inusuale per la maggior parte delle persone, il momento in cui si riceve un premio importante, un Nobel, per esempio. In un momento del genere, lo stress e la pressione del momento possono creare blackout altrimenti inimmaginabili nella mente di chiunque, soprattutto se il premio è per la letteratura. Come può uno scrittore non essere in grado di gestire un discorso, quando si destreggia in trame articolate?

Nel 2006  lo scrittore e saggista turco Orhan Pamuk, già scrittore di romanzi come Neve o Il mio nome è rosso, ha ricevuto il Nobel per la letteratura. Il 7 dicembre di quell’anno, a Stoccolma, l’autore turco ha tenuto il suo discorso. Un discorso talmente profondo, ben strutturato e significativo, che la casa editrice Einaudi vi ha dedicato un piccolo volume della sua collezione Bianca, intitolato La valigia di mio padre, il titolo del discorso stesso.
Si tratta di un discorso assolutamente brillante, lettura fondamentale per gli autori emergenti o alla ricerca di se stessi, un discorso che parla della vita dello scrittore. Una narrazione ricca di riferimenti personali, ma facilmente astraibile e modellabile su ciascuna persona, una vita di ricerca. “Uno scrittore è colui che passa anni alla paziente ricerca dell’essere distinto che porta dentro di sé e del mondo che lo rende la persona che è”. Come è stato per Thomas Mann nel suo Tonio Kroger, così per Pamuk la passione e la vocazione per la scrittura è una sorta di demone che porta l’individuo all’isolamento, alla solitudine, al nascondersi seduti in una stanza e cercare.

Il piccolo volume contiene altri due importanti discorsi dell’autore, due punti assolutamente fondamentali e che devono essere tenuti a mente nella quotidianità di ogni singolo, soprattutto in questo periodo storico segnato dall’instabilità. “Credo che la letteratura sia il tesoro accumulato dall’uomo nella ricerca di se stesso”; questa frase va ben oltre il luogo comune del tenere un diario per sfogare le ansie quotidiane. Qui si tratta di un’aforisma che cela, o mostra, l’irrinunciabile importanza della letteratura nella vita di un individuo, come esperienza complementare alle azioni più pratiche; è un invito a promuovere la cultura, non a rinnegarla perché qualcuno dice “la cultura non da’ da mangiare”; è il desiderio di superare i confini; è la parola di speranza a coloro che rinunciano ad affrontare studi classici, scoraggiati dalla mancanza di opportunità future dal proprio paese, che rinuncia alla bellezza.

Forse ancor più importante è una seconda frase, che si nota ad una seconda o terza lettura, e colpisce per la sua verità: “Tutta la vera letteratura nasce da questa certezza fiduciosa e infantile che tutti gli individui si somiglino”. Questa deve essere la pietra a fondamento delle nostre esistenze, non la paura e l’ostilità verso gli altri e le altre culture, ma la consapevolezza di un’umanità più grande, infinità, che accoglie ogni individuo.
Un discorso importante, che racchiude i diversi sentimenti di una persona grande e che, forse, ha veramente capito il senso dell’esistenza umana.

Veronika decide di morire, di Paulo Coelho

Veronika, pur avendo una vita normale, non è felice. Decide di morire, ingerendo una dose eccessiva di sonniferi. Ma il tentativo fallisce, e la ragazza viene internata in una clinica psichiatrica dove conosce una realtà di cui nemmeno sospettava l’esistenza. Veronika decide di morire si ispira a un drammatico episodio della vita di Paulo Coelho quando, nel 1965, a diciotto anni, venne ricoverato in una clinica psichiatrica.

“L’11 novembre 1997, Veronika decise che era finalmente giunto il momento di uccidersi. Riordinò accuratamente la camera che aveva affittato presso un convento di suore, spense la stufa, si lavò i denti e si coricò”. Incomincia così il libro di Paulo Coelho, uno dei più illustri e conosciuti scrittori nato a Rio de Janeiro nel 1947. Considerato uno degli autori più importanti della letteratura mondiale, le sue opere pubblicate in più di centocinquanta paesi e tradotte in sessantatré lingue, hanno venduto ottantacinque milioni di copie. Tra i premi più recenti ricevuti dall’autore vi sono il “Crystal Award 1999”, conferitogli dal World Economic Forum, il prestigioso titolo di Chevalier de l’Ordre National de la Legion d’Honneur, attribuitogli dal governo francese, e la Medalla de Oro de Galicia. Dall’ ottobre del 2002 Paulo Coelho è membro dell’Academia Brasileira de Letras, nonché autore di una rubrica settimanale diffusa in tutto il mondo.

Tra le opere di Coelho che Bompiani ha pubblicato con enorme successo appare Veronika decide di morire (1999). Coelho venne a conoscenza della storia di Veronika tre mesi dopo , mentre cenava in un ristorante algerino di Parigi con un’amica slovena; anche lei si chiamava Veronika, ed era la figlia del medico responsabile di Villete. Veronika aveva orrore per ciò che suo padre aveva fatto, soprattutto considerando che era il direttore di un’istituzione che pretendeva di essere rispettabile, e che lavorava ad una tesi che avrebbe dovuto essere sottoposta all’esame di una comunità accademica. “Sai da dove viene il termine asilo?” domandò Veronika al suo amico. “Risale al Medioevo, al diritto del singolo individuo di trovare rifugio nelle chiese, nei luoghi sacri. ‘Diritto di asilo’: un’espressione che ogni persona civilizzata capisce! E allora come mai mio padre, direttore di un ‘asilo’, può agire in questa maniera nei confronti di qualcuno?”

Paulo Coelho volle sapere in dettaglio tutto ciò che era accaduto. Salvata per caso, “Veronika la matta” si risveglia tra le mura dell’ospedale psichiatrico di Villete, con il cuore stanco e sofferente per il veleno che lei gli ha somministrato. In pochi giorni a Villete, Veronika scopre un universo di cui non sospettava l’esistenza. Conosce Mari, Zedka, Eduard, persone che la gente “normale” considera folli e soprattutto incontra il dottor Igor, che attraverso una serie di colloqiui cerca di eliminare dall’organismo di Veronika l’Amargura, l’Amarezza che la intossica privandola del desiderio di vivere. Veronika spalanca le porte ad un nuovo mondo, un mondo che, attraversato con la consapevolezza della morte, la spinge sorprendentemente, alla consapevolezza della vita. Fino alla conquista del dono più prezioso: saper vivere ogni giorno come un miracolo. In questo straordinario romanzo, Paulo Coelho riversa la sua personale esperienza, i ricordi di tre anni consecutivi di ricovero in un ospedale psichiatrico, dove lo scrittore venne rinchiuso solo perché considerato “diverso”. E riesce ancora una volta a mostrare come il dono della serenità possa essere conquistato in qualsiasi luogo, attraverso la riscoperta della propria consapevolezza che non ci rende più timorosi nei confronti della vita e dei nostri luoghi dell’anima più oscuri. Veronika ci insegna la normalità di essere folli.

 

Gianfranco Contini e “la critica delle varianti”

Tra i maggiori esponenti della critica stilistica, Gianfranco Contini (Domodossola, 4 gennaio 1912 – Domodossola, 1 febbraio 1990) è stato anche filologo e storico della letteratura italiana, prediligendo la letterature delle origini, del Risorgimento, dell’Ottocento e del Novecento. Il metodo adottato da Contini non si basa unicamente sull’opera fatta e finita , ma analizza anche le edizioni precedenti e le varie fasi di correzione dei manoscritti, inserendosi   nella corrente della critica stilistica di  VosslerSpitzer; la cosiddetta “critica delle varianti”. Tuttavia, mentre nel primo vi era una forte influenza di Croce   per  quanto riguarda l’estetica e nel secondo la ricerca dell’etimo psicologico, Contini  analizza esclusivamente il dato linguistico,  ripercorrendo la genesi del testo  e le  variazioni dell’autore.

“Letteratura italiana delle origini”

Ma cosa s intende precisamente per “critica delle varianti”? Essa rappresenta una “nuova filologia”, per usare la tipica espressione del filologo Michele  Barbi, che si è trovata a dover  fronteggiare problemi editoriali semisconosciuti, rispetto alla più tradizionale filologia della copia (redazioni plurime, stratificazioni di varianti e altre questioni legate al rapporto non sempre idilliaco tra autore e stampatore). Per questo motivo è importante la costruzione dell’idea di testo che guidi l’attività filologica; e la critica delle varianti ha giocato sicuramente  un ruolo fondamentale nel determinare non solo l’idea di testo, ma soprattutto nel  gettare  le basi  stesse del problema. La maniera più semplice per sbroglarsi dai problemi che ruotano intorno ai testi autografi,senza aggirarli è creare di volta in volta nuovi parametri, partendo dal presupposto semiotico che è il destinatario che conferisce una certa rilevanza al testo.  Di questo si occupa la “critica delle varianti”.

Gianfranco Contini si è interessato di letteratura a 360 gradi : dai saggi su Dante e Petrarca fino ai moderni e contemporanei Pascoli, Montale, Gadda. Ha tracciato, per quanto riguarda la  letteratura italiana, due linee che l’attraversano dalle origini al Novecento: una linea plurilinguistica e una monolinguistica. Il plurilinguismo, a cui va la predilezione del critico, caratterizzato da un uso sperimentale del linguaggio, parte da Dante per arrivare fino a Gadda e Pasolini, mentre il monolinguismo, ovvero l’uso esclusivo di una lingua letteraria “alta”, parte da Petrarca. Sebbene la sua fosse un’analisi basata su di un criterio preciso e  prestabilito, Contini sostiene  che una metodologia è valida solo se accompagnata dalla sensibilità e dall’intelligenza del critico.

“La letteratura italiana delle origini” è diventata un punto di riferimento  da cui non si può prescindere, perché, secondo il critico, il Duecento rappresenta<< il secolo più importante per le nostre lettere>>. Gianfranco Contini mostra come anche gli auotri cosiddetti “minori”abbiano ricoperto un ruolo fondamentale della diffusione di un linguaggio poetico nuovo.

“Letteratura italiana del Risorgimento”

Esemplare è poi la “Letteratura italiana del Risorgimento”, un classico della storia della  cultura italiana; per tutti gli appassionati di Dante si consiglia vivamente la lettura di “Un’idea di Dante” che raccoglie tutti i saggi danteschi del critico sul sommo poeta; lo stesso vale per i manzoniani, “Antologia manzoniana” infatti offre una doppia chiave di lettura razionale e condensata  de “I promessi sposi”.

Gianfranco Contini è stato anche presidente della Società Dantesca Italiana (dal 1956), direttore degli Studi danteschi e del centro di filologia dell’Accademia della Crusca; socio nazionale dei Lincei (1962); altre sue opere sono :”Les dialectes de l’ancien français”, ” L’influenza culturale di Benedetto Croce”,”Varianti e altra linguistica”,  “La letteratura italiana. Otto-Novecento”. Importanti anche le antologie: “Letteratura dell’Italia unita” (1861-1868), , ” Letteratura italiana del Quattrocento”,  “Diligenza e voluttà”.

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