Addio a Carlos Ruiz Zafón: le 10 più belle frasi del capolavoro ‘L’Ombra del vento’

Carlos Ruiz Zafón è stato un scrittore catalano. Nato a Barcellona nel 1964 si è spento ieri a Los Angeles all’età di 55anni.

Già sceneggiatore, autore di libri per ragazzi, copywriter e direttore creativo lo scrittore si rimette nuovamente in gioco nel 2001. Questa volta nel mondo della narrativa degli adulti, esordendo con il romanzo L’ombra del vento, intriso di gotico, mistero ed intrigo. Il libro scala i vertici delle classifiche letterarie, diventando ben presto un best seller.

Il successo  consacra Carlos Ruiz Zafón nel mondo dell’editoria e nel cuore di molti lettori. Autore spagnolo più letto dopo Cervantes, Zafón, attraverso artifici narrativi catapulta il lettore nel magico e ammaliante mondo dei libri e della letteratura. Ed è proprio questa la sua più grande eredità.

L’ombra del vento ha venduto oltre 15mila copie in tutto il mondo, più di un milione solo in Italia. Da qui nasce è nata una quadrilogia intitolata Il Cimitero dei libri dimenticati, che dopo L’ombra del vento è proseguita con Il gioco dell’angelo (2008), Il prigioniero del cielo (2012), concludendosi con Il labirinto degli spiriti (2016), tutti editi da Mondadori e tradotti da Bruno Arpaia.

Una mattina il proprietario di un modesto negozio di libri usati conduce il figlio undicenne, Daniel, nel cuore della città vecchia di Barcellona al Cimitero dei Libri Dimenticati, un luogo in cui migliaia di libri di cui il tempo ha cancellato il ricordo, vengono sottratti all’oblio. Daniel viene attratto dalla copertina di un libro intitolato L’ombra del vento di Julian Carax, un autore sconosciuto. Da quel momento comincia ad appassionarsi sempre di più alla storia. Il ragazzo viene catturato dalla storia e vuole assolutamente avere maggiori notizie sull’autore. Comincia ad indagare dapprima in biblioteca e poi in maniera più profonda attraverso viaggi. Le frenetiche ricerche condurranno il protagonista in atmosfere misteriose ed intrigati labirinti. La vita di Daniel e quella del protagonista del suo libro si intrecciano irrimediabilmente portando a galla numerosi parallelismi. La narrazione si snoda in una Barcellona, ricca ed elegante degli ultimi splendori del Modernismo e al contempo quella cupa del dopoguerra.

Attraverso l’espediente narrativo, la trama mescola fantasy, realismo ed elementi del giallo. Un romanzo storico, una tragedia d’amore che ricorda il feuilleton ottocentesco sapientemente modernizzare da Zafón.

Un caso editoriale che ha proclamato Carlos Ruiz Zafón una delle voci più significative della narrativa internazionale, destinato a stregare chiunque intercetti le sue pagine. Un romanzo in cui i bagliori di un passato angosciante si riflettono sul presente del giovane protagonista, in una Barcellona dalla duplice identità: quella ricca ed elegante degli ultimi splendori del Modernismo e quella cupa del dopoguerra.

 

1 “Mi balenò in mente il pensiero che dietro ogni copertina si celasse un universo da esplorare e che, fuori di lì, la gente sprecasse il tempo ascoltando partite di calcio e sceneggiati alla radio, paga della propria mediocrità” 

2 “Quando una biblioteca scompare, quando una libreria chiude i battenti, quando un libro si perde nell’oblio, noi, custodi di questo luogo, facciamo in modo che arrivi qui. E qui i libri che più nessuno ricorda, i libri perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito. Noi li vendiamo e li compriamo, ma in realtà i libri non ci appartengono mai. Ognuno di questi libri è stato il miglior amico di qualcuno”

3 “Ogni libro, ogni volume possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto e l’anima di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie a esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza”

4 “Ignoravo il piacere che può dare la parola scritta, il piacere di penetrare nei segreti dell’anima, di abbandonarsi all’immaginazione, alla bellezza e al mistero dell’invenzione letteraria” .

 5 “Quel libro mi ha insegnato che la lettura può farmi vivere con maggiore intensità, che può restituirmi la vista. Ecco perché un romanzo considerato insignificante dai più ha cambiato la mia vita” .

6 “La malvagità presuppone un certo spessore morale, forza di volontà e intelligenza. L’idiota invece non si sofferma a ragionare, obbedisce all’istinto, come un animale nella stalla, convinto di agire in nome del bene e di avere sempre ragione. Si sente orgoglioso in quanto può rompere le palle, con licenza parlando, a tutti coloro che considera diversi, per il colore della pelle, perché hanno altre opinioni, perché parlano un’altra lingua, perché non sono nati nel suo paese o, come nel caso di don Federico, perché non approva il loro modo di divertirsi. Nel mondo c’è bisogno di più gente cattiva e di meno rimbambiti”. 

7 “In genere il destino si apposta dietro l’angolo, come un borsaiolo, una prostituta o un venditore di biglietti della lotteria, le sue incarnazioni più frequenti. Ma non fa mai visita a domicilio. Bisogna andare a cercarlo” .

8 “Nulla succede per caso, non credi? Tutto, in fondo, è governato da un’intelligenza oscura. Il tutto fa parte di qualcosa che non riusciamo a intendere, ma che ci possiede” .

9 “Non volevo abbandonare la magia di quella storia né, per il momento, dire addio ai suoi protagonisti. Un giorno sentii dire a un cliente della libreria che poche cose impressionano un lettore quanto il primo libro capace di toccargli il cuore. L’eco di parole che crediamo dimenticate ci accompagna per tutta la vita ed erige nella nostra memoria un palazzo al quale – non importa quanti altri libri leggeremo, quante cose apprenderemo o dimenticheremo – prima o poi faremo ritorno”.

9 “La vita è breve, soprattutto la parte migliore” . 

 

 

‘Due canzoni’, il flamenco andaluso di Garçia Lorca

Due canzoni sono due brevi testi del poeta andaluso Federico Garçia Lorca, il primo è tratto da Prime canzoni (del 1922) ed è il testo che conclude la breve raccolta; il secondo è tratto da Canzoni del 1927 ed è uno dei più celebri di Lorca. In essi si trovano le immagini fondamentali che ricorrono spesso nella poesia lorchiana: gli alberi, gli animali, il sole, la luna. Pur assumendo un significato simbolico universale, tali immagini sono chiaramente legate alla terra di origine del poeta e testimoniano la commistione di elementi popolari e colti che caratterizzano tutta la sua opera.

Sui rami dell’alloro

Sui rami dell’alloro

camminano due colombe oscure.

L’una era il sole,

l’altra la luna.

“Casigliane mie,” chiesi,

“dove sta la mia sepoltura?”

“Nella mia coda”, disse il sole.

“Nella mia gola”, disse la luna.

Ed io che andavo camminando

con la terra alla cintola

vidi due aquile di neve

e una ragazza nuda.

L’una era l’altra

e la ragazza era nessuna.

“Care aquile, ” chiesi,

“dove sta la mia sepoltura?”

“Nella mia coda”, disse il sole.

“Nella mia gola”, disse la luna.

Sui rami dell’alloro

vidi due colombe nude.

L’una era l’altra

ed entrambe nessuna.

 

Canzone di cavaliere

Cordova.

Lontana e sola.

 

Puledra nera, luna grande,

e olive nella mia bisaccia.

Benché sappia le vie

non giungerò mai a Cordova.

 

Per la pianura, per il vento,

puledra nera, luna rossa.

La morte mi fissa

dalle torri di Cordova.

 

Ahi, come lungo è il cammino!

Ahi, mia brava puledra!

Ahi, che la morte mi attende

prima di giungere a Cordova!

 

Cordova.

Lontana e sola.

 

In entrambi i testi è evidente l’influsso del surrealismo, che però di Lorca si innesta da un lato su una tradizione popolare, dall’altro sul filone della poesia metaforica e immaginifica il cui maggiore esponente è il poeta barocco Gongora. Il primo testo rivela un carattere che possiamo definire surrealista nell’uso di immagini oniriche (camminavo con la terra alla cintola), di frasi grammaticalmente corrette ma semanticamente impossibili (uno era l’altro/e tutt’e due nessuno) e nell’attribuzione di parole e pensieri a oggetti inanimati (Nella mia coda disse, il sole). Tuttavia Lorca è ben lontano da esperimenti di scrittura automatica  di dissoluzione della forma; anzi la poesia appare classicamente costruita sulla base di tre parti simmetriche: la prima e la seconda di otto versi ciascuna, la terza, di quattro. Le prime due sono costruite sulla base di un parallelismo perfetto: descrizione (vv. 1-2 e 9-11), presentazine (vv.3-4 e 12), domanda (vv.5-6 e 13-14) e risposta (vv.7-8 e 15-16). La terza parte recupera solo la descrizione e la presentazione variando leggermente i versi precedenti.

Il secondo testo presenta caratteri analoghi: una serie di immagini il cui significato non è immediatamente comprensibile. Perché infatti, pur conoscendo la strada, il poeta non arriverà mai a Cordova? Cosa significa che la morte lo sta guardando dalle mura di Cordova? E perché la città è definita sola? Queste immagini si uniscono a formare una struttura molto compatta, circolare (tre strofe di quattro versi, tutte concluse con la parola Cordova).

L’uso di simboli naturali, l’insistenza sul parallelismo delle strutture metriche e sintattiche e soprattutto sui toni tristi, sul tema della morte, del fallimento esistenziale, rimandano ad una tradizione culturale ben precisa, quella del flamenco andaluso. Si spiega allora il titolo musicale attribuito ai testi: Lorca vuole mettere in primo piano la ricerca di ‘musicalità’ che costituisce il carattere specifico del discorso poetico, sottolineando il carattere non razionale della sua comunicazione.

 

Trilogia della nebbia, di Carlos Ruiz Zafòn

“L’età ti fa capire certe cose. Per esempio, adesso so che la vita di un uomo si divide fondamentalmente in tre periodi. Nel primo, uno non pensa neppure che invecchierà, né che il tempo passa, e che fin dal primo giorno, quando nasciamo, camminiamo verso un unico e identico fine. Passata la prima giovinezza, comincia il secondo periodo, nel quale uno si rende conto della fragilità della propria vita, e quello che in principio è una semplice inquietudine va crescendo nell’animo come un mare di dubbi e incertezze che ti accompagnano durante il resto dei tuoi giorni. Per ultimo, alla fine della vita, si apre il terzo periodo, quello dell’accettazione della realtà e, di conseguenza, quello della rassegnazione e della speranza. Lungo la mia vita ho conosciuto molte persone che sono rimaste agganciate a uno di questi stadi senza mai riuscire a superarli. È qualcosa di terribile… è un cammino che ognuno di noi deve imparare a percorrere da solo, pregando Dio di aiutarlo a non perdersi prima di arrivare alla fine. Se tutti fossimo capaci di comprendere all’inizio della nostra vita questa cosa, che sembra così semplice, buona parte delle miserie e delle pene di questo mondo scomparirebbero. Però, e questo è un incomprensibile paradosso, ci viene concessa questa grazia solo quando è troppo tardi”.

La Trilogia della nebbia (Mondadori, 2013) dello scrittore spagnolo Carlos Ruiz Zafòn comprende i primi tre romanzi dell’autore,all’inizio pubblicati separatamente nella sezione narrativa per ragazzi. La trilogia è composta dal Principe della nebbia (1993), Il palazzo della mezzanotte (1994) e Le luci di settembre (1995), tre opere ben distinte, ognuna con una propria trama, ma che hanno in comune un alone di mistero e di macabra fantasia che circonda le vicende dei personaggi come uno strato di nebbia sottile.

Il Principe della nebbia narra la vicenda dei ragazzi Carver, Max e Alicia, che insieme alla famiglia si trasferiscono in un paese della costa atlantica spagnola, nella vana speranza di allontanarsi il più possibile dalla città, e quindi anche dal fervore per la Seconda Guerra Mondiale. I due ragazzi conoscono Roland, un giovane che vive insieme al nonno, il guardiano del faro, e che cerca di farli ambientare in paese e divertire tra escursioni e immersioni sulla costa. Ma la calda estate del 1943 rappresenterà molto di più per i ragazzi Carver, che saranno coinvolti pur non volendo nelle vicende della vecchia casa acquistata dai loro genitori, che sembra nascondere un inquietante passato, che ha a che fare col naufragio di un’ imbarcazione avvenuto molti anni prima.

Il Palazzo della mezzanotte narra di un gruppo di sette ragazzi di sedici anni, legati da qualcosa di più forte di un vincolo d’amicizia, sono infatti l’uno per l’altro l’unica famiglia che hanno mai avuto. Vissuti dalla nascita in un piccolo orfanotrofio di Calcutta, i ragazzi della Chowbar Society, così si chiama la loro confraternita, si vedono costretti a separarsi per cominciare la loro vita da adulti al di fuori dell’istituto dove sono cresciuti. Ma alla vigilia della loro separazione una serie di eventi li costringe a restare uniti, per cercare di fronteggiare una minaccia che ha a che fare col passato di Ben, il più indisciplinato e scapestrato della confraternita, e che sembra perseguitarlo dalla nascita. Solo indagando a fondo, Ben scoprirà di avere una sorella gemella e una nonna, ecapirà che il rischio più grande per lui è rappresentato proprio dalla persona che non avrebbe mai sospettato.

L’ultima opera della trilogia è Le luci di settembre, storia di Irene Sauvelle che, alla morte del padre, si trasferisce insieme alla madre e al fratello nella tenuta del vecchio fabbricante di giocattoli a Cravenmoore. Un omicidio e l’incontro con Ismael porteranno Irene alla scoperta della verità che si cela dietro l’immensa magione di Lazarus Jann. Le tre opere sono intrise di quella curiosità genuina e quel temerario bisogno di vivere ogni giorno un’avventura nuova che contraddistinguono l’infanzia e l’adolescenza. La scoperta dei misteri celati dal passato, o nascosti in una vecchia casa dimenticata, rappresentano simbolicamente il passaggio dei personaggi dalla giovinezza all’età adulta, ovvero la perdita di quell’innocenza che ci porta a vedere ogni dettaglio con stupore e attrazione, un istinto che va oltre la paura di agire e l’istinto di autoconservazione. Alla fine la “nebbia” si dissipa e il fascino si perde nei meandri dei ricordi.

La scrittura è curata, in una minuziosa alternanza di descrizioni (storiche e ambientali) e di dialoghi, in modo da non annoiare mai, nel pieno stile di Zafòn. La lettura della Trilogia della nebbia è consigliata a qualsiasi età, sia per chi vuole ritrovarsi in un mondo in cui nulla è davvero come appare, sia per chi vuole rivivere una di quelle storie ascoltate da ragazzo in una notte di magia attorno al fuoco, sia per chi attende con ansia l’uscita dell’ultimo romanzo della tetralogia de L’ombra del vento e vuole scoprire ‘il primo Zafòn’. O magari solo per ricordarecom’era la spensieratezza,un sapore spessodimenticato nell’età adulta.

Il gioco segreto del tempo, di P. S. Garnica

 

Giunse con tre ferite:
dell’amore,
della morte,
della vita.

Con tre ferite viene:
della vita,
dell’amore,
della morte.

Con tre ferite io:
Della vita,
della morte,
dell’amore

Con queste tre strofe del poeta Miguel Hernàndez viene introdotto Il gioco segreto del tempo, l’ultimo romanzo della scrittrice spagnola Paloma Sànchez-Garnica, che ha raggiunto il successo nel 2012 con la pubblicazione del suo terzo romanzo storico, La cattedrale ai confini del mondo, grazie al quale ha scalato le classifiche spagnole e italiane. Il gioco segreto del tempo narra la storia di due generazioni di uomini: coloro che sono vissuti in un periodo di grande sofferenza per tutta la Spagna, durante la guerra civile, e chi, ai giorni nostri, cerca di scavare in quel passato non troppo lontano per scoprirne i segreti e cercare di dare un senso a ciò che è accaduto.

“Quando tutto finirà… quando tutto finirà…” Queste sono le parole che nel 1936 Andrés Abad Rodrìguez imprime come un mantra nella sua mente, mentre guarda la fotografia ormai sgualcita della moglie, sdraiato sulla sua sudicia branda insieme al resto del battaglione, pensando a ciò che ha perduto e che forse prima o poi riuscirà a recuperare. La storia di Andrès e della moglie Mercedes Manrique Sànchez viene riesumata dalla polvere dei ricordi nel ventunesimo secolo da Ernesto Santamaria, aspirante scrittore squattrinato, per quella strana tautologia che vede il genio incompreso sempre relegato dentro una cornice modesta fatta di loft sporchi e disordinati e vite al limite. Ernesto, girovagando fra i mercatini dell’usato, trova una vecchia scatola dentro la quale vede la fotografia di Andrès e Mercedes, scattata nel 1936 nel piccolo paese di Mostoles. Da quel momento Ernesto comincia a scavare dentro al passato di quei due sconosciuti, intuendo la scintilla che può dargli l’ispirazione a scrivere il suo romanzo.

La narrazione de Il gioco segreto del tempo alterna passato e presente, le vicende di Mercedes che scappa dal suo paese dopo l’arresto del marito per andare a Madrid a nascondersi in casa del medico benestante Eusebio Cifuentes, e le indagini di Ernesto a ritroso nel tempo. Essenziale per lo svolgimento della trama è l’incontro e l’amicizia nata da subito fra Mercedes e Teresa Cifuentes, figlia di Eusebio, entrambe innamorate e tenute lontane dai loro uomini dalla guerra civile. Mercedes, incinta del marito, e Teresa, pecora nera della famiglia perché parteggiante per i “rossi” e fidanzata con uno di loro, Arturo, vivono una vita parallela alla famiglia Cifuentes, composta per il resto da avidi nazionalisti, arrivisti e sottomessi al regime, per cercare di ritrovare Andrès e uscire tutti indenni dal conflitto. Il desiderio di ricominciare e lasciarsi alle spalle il proprio passato si evince da questo passo del libro:

Il mio spirito ribelle, quello spirito che ho saputo assecondare solo quando sono riuscita a lasciarmi alle spalle tutto ciò che ostacolava la mia vita, e ho deciso di correre dei rischi per cercare qualcosa di meglio, per andare avanti, per guadagnare e anche per perdere perché la vittoria di ciascuno di noi si costruisce sulle rovine delle proprie sconfitte.

La storia di Ernesto si snoda fra indizi e intuizioni, nella migliore tradizione di Arthur Conan Doyle, con l’inserimento anche di elementi paranormali, mentre la storia di Mercedes e Teresa rientra nella migliore tradizione del dramma storico, genere molto diffuso in Spagna con Ildefonso Falcones, Maria Duenas e Carlos Ruiz Zafòn, quest’ultimo amante anche del mistero e dell’indagine a ritroso nella storia. I temi trattati sono molteplici: dalla condanna della guerra al tradimento e agli accordi sottobanco per sopravvivere nelle condizioni più difficili, dall’amore e i rapporti coniugali di quel periodo alla condizione della donna, non solo all’interno del matrimonio ma anche nelle gerarchie sociali. Le due linee temporali si uniranno con l’incontro fra Ernesto Santamaria e un personaggio principale della storia da lui narrata, e con la scoperta che la chiave del mistero sta proprio nella gravidanza portata avanti da Mercedes.

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