Nel 1972 escono i tre volumi di un'opera, L'idiot de la famille, dedicata a Gustave Flaubert; l'idea nasce da una sorta di scommessa da parte di Sartre con il suo compagno di partito Roger Garaudy che gli propone di dedicare un saggio a un personaggio della letteratura al quale egli avrebbe risposto a sua volta con un altro lavoro. Sartre avrebbe dovuto adottare il metodo esistenzialistico, Garaudy quello marxista. Questa la proposta, questi i patti. Così Sartre si mette all'opera. Lo scrittore francese ha letto da sempre Flaubert, è entusiasta di questo compito, al punto che ci suona strano sentire che detesti proprio quello scrittore del quale troviamo riscontro in tante delle sue opere. Una scelta motivata da cos'altro la sua? Sartre vuole misurarsi con Flaubert, comprendere quali sono le ragioni che lo hanno spinto a scegliere l'arte e la letteratura come rimedio a tutti i mali, perché si sia appellato all'arma della parola. La trama dell'opera ha come protagonista il piccolo Gustave durante i primi anni della sua vita, ''accusato'' di essere un idiota perché affetto da una forma di autismo che gli impedisce di vivere come vorrebbe. Forse è proprio in questa condizione di emarginazione che possiamo cogliere l'interesse di Sartre per l'esistenza complessa di questo bambino di otto anni e in quella che è la lotta quotidiana contro i suoi simili, in quel rapporto con l'Altro ed il suo sguardo , quell'Altro che non ci ha mai lasciato nell'analisi del pensiero di Sartre e del suo esistenzialismo.
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