10 frasi per innamorarsi di Elsa Morante

Elsa Morante (Il gioco segreto, Diario, Menzogna e sortilegio, Lo scialle andaluso, L’isola di Arturo, La Storia), si è posta in un ambito letterario diverso da quello del neorealismo tanto in voga ai suoi tempi. Il percorso interiore della scrittrice romana è caratterizzato dal superamento delle dimensioni spazio temporali consuete per esplorare ambiti contornati da elementi magici e suggestivi che Elsa Morante ha sempre saputo rendere concreti e “reali” con grande maestria, attraverso affascinanti giochi di parole. Rifiutando forme proprie dello sperimentalismo, la Morante configura la Storia come elemento di salvezza in cui gli elementi negativi sono il Potere e lo Stato, mostrando come nella vita sia necessario soffrire. Non è un caso che il suo libro più controverso è stato proprio la Storia, romanzo scorretto ma vero, oggetto di numerose polemiche e fraintendimenti. Elsa Morante è stata una donna forte e fragile allo stesso tempo, un’incendiaria, per la quale la letteratura è ha rappresentato la vita stessa, compagna dello scrittore Alberto Moravia in una relazione molto travagliata e amica di Pier Paolo Pasolini.

 

1.“L’intenzione delle femmine è di degradare la vita. È questo, che ha voluto dire la leggenda degli Ebrei, raccontando la cacciata dal Paradiso terrestre per volontà di una femmina”. (L’isola di Arturo)

2.”Vivere senza nessun mestiere è la miglior cosa: magari accontentarsi di mangiare pane solo, purché non sia guadagnato”. (L’isola di Arturo)

3.“La peggiore violenza contro l’uomo è la degradazione dell’intelletto”.

4.“Il lavoro non è per gli uomini, è per i ciucciarielli. Anche una fatica, magari, può dar gusto qualche volta, purché non sia un lavoro. Una fatica oziosa può riuscire utile e simpatica, ma il lavoro, invece, è una cosa inutile, e mortifica la fantasia”. (L’isola di Arturo)

5.“La vera anarchia non può ammettere la violenza”. (La Storia)

6.”L’amore vero è così: non ha nessuno scopo e nessuna ragione, e non si sottomette a nessun potere fuorché alla grazia umana”.

7.”Napoli è tante cose, e molti sono i motivi per cui la si può amare o meno, ma soprattutto Napoli è una grande capitale, ed ha una stupefacente capacità di resistere alla paccottiglia kitsch da cui è oberata, una straordinaria possibilità di essere continuamente altro rispetto agli insopportabili stereotipi che la affliggono”.

8.”Una speranza, a volte, indebolisce le coscienze, come un vizio”.

9.”Ah, è un inferno essere amati da chi non ama né la felicità, né la vita, né se stesso, ma soltanto te”.

10.”Che il segreto dell’arte sia qui? Ricordare come l’opera si è vista in uno stato di sogno, ridirla come si è vista, cercare soprattutto di ricordare. Ché forse tutto l’inventare è ricordare”.

 

 

Lo scialle andaluso: l’eleganza di Elsa Morante

Lo scialle andaluso è il racconto più lungo (e l’ultimo) della raccolta dal titolo omonimo di Elsa Morante. Il racconto richiama vagamente il romanzo Agostino di Alberto Moravia; infatti il tema fondamentale è proprio il rapporto madre-figlio. In Agostino però i sentimenti del ragazzino per la madre sono palesemente erotizzati, tanto da promuovere un’identificazione tra la madre e una prostituta; quelli di Andrea invece, il protagonista dello Scialle andaluso, sono privi di erotizzazione sebbene siano altrettanto possessivi.

Il personaggio di Andrea ricorda piuttosto un altro protagonista dei romanzi della Morante, il più vecchio, ma solo per scrittura, Arturo. nel romanzo L’isola di Arturo, infatti, il ragazzo mitizza la madre, nella terribile delusione generata dal passaggio dall’infanzia all’adolescenza. La madre di Andrea è una giovane siciliana, Giuditta, vedova e madre di due fanciulli è ballerina del Teatro dell’ Opera di Roma. Geloso dell’amore materno per il teatro, Andrea decide di entrare in seminario, ripudiando e cercando di cancellare il vergognoso ricordo della madre ballerina. Il tempo passa e un giorno, quasi il destino volesse farsi beffe di Andrea, durante una passeggiata Andrea vede un manifesto pubblicizzare uno spettacolo di varietà al quale parteciperà la madre. Spinto da un contrastato desiderio, decide di voler assistere all’ esibizione della madre. Proprio quando Andrea sembra deciso a mettere da parte l’odio nei confronti della madre, la verità sarà per lui più scottante che mai. Giuditta, oramai attricetta matura e non più attraente, fischiata dagli spettatori, decide di abbandonare il teatro per dedicarsi esclusivamente ai figli. Inorgoglito,

Andrea passa tutta la notte avvolto nello scialle andaluso della madre, metafora di una casa vera, amorevole, sempre cercata ma mai trovata e quasi sempre respinta. Ma per Andrea, purtroppo, la verità non tarderà a manifestarsi. In pochi momenti sarà chiaro che la rinuncia della madre al teatro non è stata dettata dall’amore dei figli ma dalla consapevolezza dio non riuscire più ad avere alcuna scrittura.

D’improvviso le illusioni del ragazzo cadono; Andrea capisce che ogni cosa legata a Giuditta è ha a che fare con l’inganno. Amareggiato, deluso, sconfitto, sconvolto, Andrea per l’ennesima volta si sente tradito e abbandonato. Ad una vita disingannata si sostituisce e si impone l’accettazione di un’ illusione. Avvolto infine tra il perdono e il rancore Andrea sembra un personaggio senza fortuna, condannato da un destino tragico e senza risoluzione. Ed è per questo forse che:

“Egli vorrebbe immaginare il futuro se stesso, e si compiace di prestare a questo Ignoto aspetti vittoriosi, abbaglianti, trionfi e disinvolute! Ma, per quanto la scacci, ritrova sempre là, come una statua, un’immagine, sempre la stessa, importuna: un triste, protervo Eroe avvolto in uno scialle andaluso”

Ne Lo scialle andaluso la scrittrice è misurata ed elegante nel raccontare la difficile relazione tra madre e figlio, riuscendo ad unire il linguaggio popolare a quello più ricercato.

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