Intervista esclusiva all’attore Vincenzo Bocciarelli: ‘l’arte deve essere spudoratamente sincera’

È stata un’estate all’insegna dell’arte quella di Vincenzo Bocciarelli, reduce dallo spettacolo teatrale Senza limite, nato da un’idea di Serenella Bianchini, e che ha riscosso un grande successo. Attore, pittore, conduttore e scrittore. Classe 1974, l’attore nasce il 22 febbraio a Bozzolo, Mantova. Dalla sua città natale si trasferisce a Siena per intraprendere gli studi di recitazione.

Dopo la maturità debutta al Piccolo Teatro di Milano diretto dal maestro Giorgio Strehler, iniziando la carriera come attore teatrale e recitando al fianco di grandi nomi del teatro come Valeria Moriconi, Giorgio Albertazzi, Irene Papas, Roberto Herlizkca, Riccardo Garrone.

Mentre la sua attività teatrale prosegue sul palcoscenico, il pubblico inizia ad apprezzarlo in fiction come Orgoglio, Il bello delle donne ed Incantesimo e al cinema nei film: E ridendo l’uccise​ di Florestano Vancini, pellicola anticonvenzionale per il cinema italiano sulla celebre congiura di Giulio d’Este, vista attraverso gli occhi del buffone di corte Moschino; L’inchiesta,​ Nirakazhcha Irakazhcha-La strada dei colori e recentemente nel film campioni d’incassi La scuola più bella del mondo.

Definito <<l’orgoglio del grande cinema dal Messaggero>>, Bocciarelli è da sempre un artista poliedrico, appassionato e zelante, vicino al suo pubblico. A marzo 2020, nel periodo del lockdown ha ideato “il “Bocciarelli Home Theatre” un format digitale, con cui l’attore ha portato il teatro nelle case degli italiani, infondendo loro un messaggio di speranza e di forza. Questa esperienza ha poi ispirato la sua opera prima scrittoria, intitolata Sulle ali dell’arte. L’esperienza del «Bocciarelli home theatre» per sopravvivere ad una pandemia. Ediz. illustrata.

Bocciarelli ha preso parte al cortometraggio di Anna Marcello ‘Lockdown love.it’ che ha già ricevuto attenzione a livello internazionale e a Mission Possible, film d’avventura lanciato sulla piattaforma Chili con attori del calibro di John Savage (Il cacciatore, Maria’s Lovers, Il maledetto United, La sottile linea rossa, Il padrino) e James Duval (Donnie Darko), ma sembra che sia il teatro, divino anacronismo, il suo grande amore, probabilmente perché come soleva affermare il grande Vittorio Gassman, il teatro è la zona franca della vita, dove si è immortali.

Il teatro mette a nudo l’ipocrisia e le bassezze dell’animo umano e non è un caso che Bocciarelli sia un eccellente interprete di personaggi di opere shakespeariane, quali La tempesta, Re Lear, Il mercante di Venezia, nonché mitologiche come Edipo re e Antigone. Nel curriculum di Bocciarelli si annoverano numerosi riconoscimenti tra i quali il Premio alle Arti per meriti professionali, che riceverà a breve.

Vincenzo Bocciarelli è la dimostrazione che nel teatro, il visibile e l’invisibile si incontrano e la parola vive di una doppia gloria, come diceva Pasolini. Glorificazione che l’attore è riuscito a trasferire anche sul piccolo e grande schermo. La parola è al contempo, scritta e pronunciata, scritta, come la parola di Omero, e pronunciata come le parole che si scambiano le persone nella vita, nel quotidiano, che a volte restano per sempre, e altre volano via con la vita.

Bocciarelli, a differenza di alcuni che pensano che l’arte del recitare consista solo nell’imparare a memoria testi di altri, ci dice una cosa fondamentale: l’arte deve essere spudorata, sincera e scandalosa come è scandalosa ogni cosa divina e il mistero ad essa legato.

 

Lockdown love

1 Durante il lockdown ha dato vita ad un format digitale il “Bocciarelli home theatre”, portando nelle case il teatro in un momento storico difficile. Cosa ha tratto da questa esperienza? Come ha risposto il pubblico?

Durante il primo lockdown mi è venuta l’idea di portare l’arte, la poesia, il teatro nelle case del pubblico e così è nato il Bocciarelli home theatre, programma facebook e youtube, in diretta dal soggiorno di casa mia, inizialmente tutti i giorni, poi tre volte alla settimana. Ritengo che il pubblico non sia sprovveduto e cerca cose di qualità e in un momento difficile come quello, ho capito quanto fosse importante entrare nelle case delle persone per donare creatività, e tutto il mio impegno e amore che nutro per l’arte, così da essere di sostegno e anche di compagnia. Ho capito quanto le persone avessero bisogno di sentirsi meno sole e di pensare anche ad altro, entrando in un’altra dimensione, quanto l’arte possa essere utile. Il pubblico ha risposto molto bene, ho ricevuto molti messaggi di stima e affetto; è stata un’esperienza arricchente.

2 Quale pensa sia il mezzo migliore per veicolare l’arte?

Qualunque mezzo è idoneo a divulgare la cultura e l’arte purché si tenga ben presente il significato di questo termine. Non ho pregiudizi di alcuna sorta. La televisione certamente rappresenta il mezzo più comodo, tuttavia io personalmente preferisco il teatro. A prescindere dal successo che si può avere, credo che bisogna metterci tutta la propria passione, da trasmettere a chi ci guarda e ascolta, e cercare di realizzare progetti di qualità, non indirizzare immediatamente il proprio obiettivo all’aspetto commerciale.

3 Il suo libro “Sulle ali dell’arte” in cui racconta proprio l’esperimento Bocciarelli home theatre, è stato definito da qualcuno un anti-covid. Cosa è invece per lei? Che aspettative ha?

Mi è molto piaciuta questa definizione, era il mio obiettivo. Il libro è nato soprattutto grazie al volere e al supporto del Presidente della casa editrice Accademia Edizioni ed Eventi, Giuseppe de Nicola, il quale mi ha proposto di raccontare questa esperienza che è stata sia artistica che socio-culturale. Il libro parla della funzione salvifica dell’arte e dell’importanza di riflettere e far riflettere il pubblico. L’arte possiede un qualcosa di divino e ci aiuta ad entrare nel mistero della vita e nei suoi accadimenti, ma non deve essere un modo per esibirsi in modo narcisistico; è fondamentale che avvenga uno scambio tra attore e spettatore, altrimenti non ha senso. Sono già molto soddisfatto, il libro sta andando bene e non mi aspetto nulla in particolare, quello che viene, insomma.

“Incantesimo”, con Elisabetta Pellini

4 Crede che la letteratura, il cinema e il teatro possano essere davvero una “carezza per l’anima”?

Certamente. Sono tutte discipline unite da un filo rosso e devono toccare l’anima delle persone, scuoterla, smuovere la coscienza, ma soprattutto, come amo ripetere ai miei allievi, la pancia. Credo che molto dipenda anche dal luogo in cui si fa teatro, perché un determinato luogo dà all’attore sensazioni particolari; ecco, ritengo che sia un  più un fatto viscerale che mentale. Un attore non può perdersi troppo in elucubrazioni e giochi intellettualistici. “Bisogna metterci il cuore”, come la battuta che faccio ripetere a Serenella Bianchini, una delle interpreti femminili della pièce teatrale “Senza limite” per cui ho curato la regia e sono stato anche interprete, durante un momento di “metateatro”. Ci tengo a ricordare che la prima di questo spettacolo è andata in scena al Castello di Naro, sempre in Sicilia, lo scorso 24 agosto.

5 L’11 settembre 2021 sarà insignito del Premio alle Arti per meriti professionali. Cosa significa ricevere un tale riconoscimento? Cosa pensa dei premi letterari e non? Secondo lei davvero rispecchiano il talento di chi li riceve?

Sono onorato di ricevere questo premio. Credo che i premi siano una conseguenza di quello che si fa, ma non sono il mio obiettivo principale. Ritengo che in Italia ci siano, forse, troppi premi e poche produzioni importanti. Io mi concentrerei su progetti di qualità, piuttosto che sull’organizzazione di concorsi e premi. Devo dire che non sopporto nemmeno lo sciacallaggio che si attua su determinati temi, molto delicati che meriterebbero maggiore lucidità e approfondimento. La missione dell’arte è cercare, scandagliare l’animo umano. Per me conta raccontare qualcosa al pubblico e far conoscere la cultura, essere apprezzato e stimato, il successo, la fama, i soldi vengono successivamente.

Vorrei riportare un esempio: durante il primo lockdown, ho lavorato ad un cortometraggio dal titolo Lockdown love.it, che sarà presentato a festival prestigiosi, e in cui io interpreto un personaggio sui generis. Devo ringraziare tutte le persone che ci hanno creduto insieme a me, soprattutto Anna Marcello. Abbiamo preso tutte le precauzioni e rispettato le misure di sicurezza. Abbiamo lavorato in silenzio della notte, spesso più viva del giorno stesso; è stato bellissimo e suggestivo perché avevamo proprio la sensazione di creare qualcosa all’insaputa di tutti. Trovo meravigliosa la lavorazione di un film, l’atto creativo, prima ancora di vedere il risultato, noi attori, sul grande schermo.

Nel ruolo del marchese Andrea Obrofari con Mary Petruolo in “Orgoglio”

6 Anche quest’anno condurrà il concorso internazionale Musica sacra 2021 per giovani cantanti solisti. In questo periodo storico quanto è importante investire nelle nuove generazioni? Crede che a loro sia offerto il giusto spazio per emergere o si potrebbe fare di più?

Anche questa conduzione è motivo di gratificazione per me, mi piace toccare tutte le dimensioni dell’arte e l’arte sacra certamente è un viatico per avvicinarsi, o quantomeno sfiorare, il mistero divino. Certamente è importante investire nelle giovani generazioni, nei ragazzi e ragazze di talento, purché abbiano spirito di abnegazione, dedizione, amore per l’arte. Potrebbero senza dubbio essere incentivate determinate iniziative, corsi di studi, accademie.

7 L’arte in senso stretto ci dice appunto che oggi, o meglio già da un po’ di tempo, tutto può essere arte. Lei cosa ne pensa?

Non credo che tutto sia arte solo perché qualcuno la possa concepire come tale. Come può non contare la tecnica, un certo virtuosismo? Ma non bastano, bisogna saper emozionare chi ci ascolta e guarda, essere capaci di trasferire lo spirito di un testo in teatro, a cinema, in televisione.

8 Non trova che l’arte dovrebbe essere una fustigatrice del luogo comune invece di rassicurare sempre? Non crede che questo sia il modo per approdare all’eternità?

Nel ruolo di Ippolito d’Este nel film “E ridendo l’uccise”

Certo, recitare vuol dire morire per poi rinascere per l’attore, guardando alla cose con meraviglia, con lo sguardo di un bambino. Io credo che l’arte debba essere spudoratamente sincera, e con questo intendo dire che essa dovrebbe anche ragionare sulla sua propria natura, sulla sua funzione, relazionarsi con le contingenze storiche, con il mito; condurre lo spettatore e il telespettatore in un viaggio sensoriale, nel tempo e nello spazio. In questo senso, ritornando allo spettacolo “Senza limite”, dove ho recitato ai piedi del tempio di Giunone, nella Valle dei Templi di Agrigento, credo sia importante dire che si è trattato di un percorso evocativo e dell’anima, che porta lo spettatore all’Alfa della nostra esistenza, ai primordi della vita, alla creazione, dove tutto è Amore.

9 Tre pellicole per lei imprescindibili?

Bocciarelli: per un addetto ai lavori, per chi fa cinema o per i telespettatori?

Domanda: Per entrambi

Bocciarelli: Direi Effetto notte di Truffaut, capolavoro del meta-cinema, Nella città l’inferno, di Castellani con la grandissima Anna Magnani, che è anche un viaggio nell’Italia del Dopoguerra con quelle tristissime palazzine che fanno da sfondo alla storia. E soprattutto per chi fa cinema o vorrebbe farlo, Birdman, di Inarritu, con uno strepitoso Micheal Keaton che si identifica nel personaggio che ha interpretato in passato e che lo ha portato al successo.

 

10 Quando recita già si rende conto di presentare al pubblico una cosa nota come se fosse la prima volta che la si vedesse?

Senza dubbio l’arte è questo, non conta tanto la bontà del tema, quanto il modo in cui lo si affronta, è presentare un concetto, ma soprattutto delle emozioni, stati d’animo in modo originale. Purtroppo noto che si parla poco o male, in maniera distorta e faziosa, di metafisica, di trascendenza, di Dio, quasi se ne provasse vergogna.

 

A cura di Annalina Grasso e Melania Menditto

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