Fabio Iadeluca, sociologo e criminologo da sempre impegnato nel dibattito sulle mafie, con Falcone e Borsellino. Storia di amicizia e coraggio. realizza un agilissimo libro di divulgazione indirizzato direttamente ai ragazzi e pubblicato dall’editore Curcio nella collana Curcio Young. Coltivare la memoria è un’operazione tanto onerosa quanto fondamentale, soprattutto nell’anno in cui il 23 maggio ricorre l’anniversario della strage di Capaci. Il libro si apre con il discorso che Sergio Mattarella tenne a Palermo in occasione dell’anniversario delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio nel 1992. Ecco dunque che anche il Presidente citando Antonino Caponnetto sottolineava: «La mafia, teme la scuola più della Giustizia, l’istruzione toglie l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa».
L’ On. Rosy Bindi, già presidente della commissione parlamentare antimafia, firma la prefazione al libro. In questo suo breve scritto militante ricorda la profonda fiducia nelle istituzioni di due uomini eccezionalmente unici e straordinariamente umili. Il loro sacrificio è ricordato attraverso il Maxiprocesso, attraverso la legge Rognoni La Torre che ha introdotto il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, attraverso il loro lavoro di sezione chirurgica all’interno delle maglie oscure della criminalità. A loro e alla loro convinzione che la mafia poteva essere sconfitta, anche quando questa sembrava rinascere dalle sue stesse radici non svelte, dobbiamo tutto. Abbiamo un debito che forse possiamo solo ripagare coltivando la memoria
Il corpo centrale del libro si divide in quattro parti. La prima e la seconda raccontano la vita di Falcone e Borsellino, la terza e la quarta si concentrano sulla presenza della mafia a Palermo, nella sua provincia e nelle altre province della Sicilia negli anni delle stragi di Capaci e di via Mariano D’Amelio. Attraverso un racconto appassionante le parti biografiche iniziano con l’infanzia e gli studi dei magistrati. Successivamente per Falcone si parla dell’incarico a Trapani, del trasferimento a Palermo, delle minacce subite. Prima di arrivare alla costruzione del Pool antimafia è citata la spesso trascurata strage di via Federico Pipitone nel luglio 1983, dove perse la vita il giudice Rocco Chinnici (fondatore dello stesso pool). La congiunzione di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e degli altri magistrati Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta permette l’avvio dei lavori e la costituzione effettiva del Pool.
Di importanza capitale nella lotta alla mafia è stata la collaborazione del “super-pentito” Tommaso Buscetta. Come scrive lo stesso autore: «[…] la vera chiave di svolta è Tommaso Buscetta. Per la mafia è un colpo mortale». Don Masino arriva in Italia dopo essere stato estradato dal Brasile nel 1984. Buscetta è un mafioso di lungo corso, traffica stupefacenti e ha numerosi rapporti oltremare. Viene per questo definito “il boss dei due mondi”. Da parte degli avversari corleonesi, la fazione mafiosa più sanguinaria con a capo Totò Riina, subisce l’assassinio di sei parenti, tra i quali due suoi figli. Grazie alle testimonianze di Buscetta che Falcone raccoglie, diventa possibile decifrare e unire i frammenti di informazione che prima non fornivano una costruzione di senso. Il racconto della vita di Falcone offre all’autore anche l’occasione di riflettere sulle dinamiche tipiche di cosa nostra come il giuramento, lo status di uomo d’onore, l’obbligo di omertà.
Su queste premesse e sulle acquisizioni frutto dell’avanzamento delle indagini si basa il Maxiprocesso che ha inizio il 10 febbraio 1986 nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo. Falcone e Borsellino, seppur sottoposti a gravosissime pressioni e minacce, riescono a redigere il documento fondamentale dell’accusa contro Cosa Nostra che consta di 8000 pagine e 40 volumi. In questi ciascuno dei 475 imputati al processo è schedato e viene chiarita la sua posizione all’interno dell’organigramma mafioso. Il maxiprocesso che stabilisce il riscatto dello Stato e della Sicilia commina pene detentive per anni totali 2665 di reclusione.
Prima di parlare della strage di Capaci ricostruendone le dinamiche, l’autore si sofferma sulla mancata nomina di Giovanni Falcone a capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo, sulle lettere “del corvo”, sull’attentato all’Addaura e sull’incarico al Ministero della giustizia.
La seconda parte introduce la vita di Paolo Borsellino. Le vicende biografiche si intrecciano inevitabilmente con quelle del collega. L’autore racconta senza riserve il dolore per la morte dell’amico fraterno Giovanni. Chiude questa parte biografica la strage di via D’Amelio (19 luglio 1992) preceduta dai tentativi pregressi da parte di Cosa Nostra di uccidere il giudice Borsellino.
La terza e la quarta parte ricostruiscono analiticamente e con schemi dettagliati, talvolta fornendo anche liste nominative, la presenza della mafia sul territorio Palermitano e in generale su tutto il territorio siciliano.
Fabio Iadeluca riesce, con uno scritto agile e divulgativo, a semplificare il complicato groviglio delle mafie così che possa essere chiara la comprensione del fenomeno criminale. Conoscere è il primo passo che tutti noi possiamo compiere per coltivare la memoria e rendere onore a chi ha combattuto per gli ideali di libertà e giustizia.