Dal cinema alla ricerca: un anno di idee per Napoli. Al MANN si è chiusa la nona edizione del Sabato delle Idee

Nove incontri in otto diversi luoghi della città e come sempre une bel bilancio di nuove idee progettuali raccolte. Si è chiusa ieri al Museo Archeologico Nazionale di Napoli la nona edizione del Sabato delle Idee, il pensatoio fondato dallo scienziato Marco Salvatore che riunisce alcune delle migliori eccellenze accademiche, scientifiche e culturali napoletane. Un’edizione che si è aperta e si è chiusa discutendo di Donald Trump con un Osservatorio permanente di riflessione sui mutamenti dello scenario geopolitico internazionale, avviato ormai da tre anni dal Sabato delle Idee che ha già dato vita anche ad una prima pubblicazione: “In che mondo viviamo?” (Editoriale Scientifica, 2016).

Una riflessione di respiro internazionale che ripartirà da gennaio anche nell’edizione del decennale con la prosecuzione del ciclo “L’Italia del futuro in un mondo che cambia”. Ma sono arrivate soprattutto per Napoli e per il suo futuro alcune delle idee più interessanti di questa nona edizione.

L’idea di trasformare il grande successo del cinema partenopeo in un sistema economico integrato con un vero e proprio Polo industriale per il cinema. L’idea di mettere insieme con le Università e le eccellenze napoletane nella ricerca un Centro Campano per il coordinamento della progettazione europea per i finanziamenti alla ricerca. E numerose idee per rilanciare Scampia (dalla nascita di un Museo della Civiltà contadina al rilancio del Parco delle Colline) raccolte soprattutto tra i giovani studenti dell’ITIS Galileo Ferraris che è stata una delle varie sedi itineranti di quest’ultima edizione che ha fatto il giro della città dalla periferia al centro storico. Dal cinema Hart al Circolo Artistico Politecnico, da Villa Doria D’Angri alle sedi più belle delle Università napoletane che fanno parte della rete del Sabato delle Idee, come l’antica cittadella monastica di Suor Orsola e il Complesso dei Santi Marcellino e Festo dell’Università Federico II.

“C’è grande soddisfazione nel ripercorrere la ‘produttività’ di idee di quest’ultima edizione – ha sottolineato Marco Salvatore – perché nel 2009 quando è nato il Sabato delle Idee lo abbiamo da subito immaginato come un pensatoio dove la cultura fosse la base propulsiva per idee nuove e concrete in grado di generare quella progettualità operativa che è sempre mancata a Napoli e nel Mezzogiorno e che è invece la conditio sine qua non per l’effettiva crescita economica del nostro territorio. Una crescita che può avvenire solo ed esclusivamente se quelle grandi potenzialità che abbiamo la fortuna di possedere (in particolare nell’immenso patrimonio culturale, paesaggistico ed artistico e nelle grandi eccellenze scientifiche ed accademiche) riescono ad essere finalmente tradotte in una concreta valorizzazione anche economicamente produttiva”.

E nella nona edizione del Sabato delle Idee c’è stato il tempo anche per le grandi riflessioni sui temi etici. La ricerca di una religione a dimensione umana al tempo di Papa Francesco con l’intervento della scrittrice Susanna Tamaro e soprattutto un dibattito ‘profetico’ sulla nuova legge sul Testamento biologico che proprio in questi giorni ha visto la sua definitiva approvazione.

Da gennaio si riparte con nuovi incontri e nuove idee. Ma soprattutto con il monitoraggio dello stato delle proposte raccolte. C’è già un appuntamento fissato per maggio a Scampia per vedere se davvero, come aveva anticipato al Sabato delle Idee l’assessore all’Urbanistica del Comune di Napoli, Carmine Piscopo, sarà partito l’abbattimento delle Vele. Un abbattimento anche simbolico di un totem del degrado e dell’illegalità che potrà lasciare il posto al fiorire di nuove idee per tutta la città di Napoli.

“La montagna incantata”: il ritratto della civiltà occidentale

Con La montagna incantata la letteratura europea raggiunge uno dei massimi vertici espressivi. Elegante, denso di immagini indimenticabili, cattura dal principio alla fine con un andamento onirico e dilatato. Si tratta di un’ opera di non facile lettura, che in alcuni punti accusa qualche momento di stanchezza, trascurabile se se ne considera la lunghezza complessiva.

Nell’estate del 1907 Hans Castorp, giovane ingegnere di Amburgo, si reca nel sanatorio svizzero di Davos in visita al cugino malato di tubercolosi. Hans viene attratto dall’atmosfera del sanatorio, macabra e voluttuosa, ed è felice di sapere che un malattia ai pol­moni gli impedisce di ritornare in pianura, dove gli uo­mini conducono la loro piatta esistenza. La “montagna incantata” su cui sorge il sanatorio è un luogo mitico, al di fuori del tempo, in cui tutto sembra possibile. Hans cede alla passione per una signora russa, Clowdia Chauchat, che lo lega ancor più profondamente al mondo del sanatorio.

Conosce l’italiano Settembrini, il gesuita Leo Naphta e l’olandese Peeperkorn. Attraverso il confron­to con loro si compie il lungo tirocinio pedagogico di Hans. Settembrini, razionalista e fiducioso nella scien­za e nel progresso, difensore della democrazia, crede sia suo compito sottrarre Hans al fascino della montagna e far rinascere in lui l’interesse per il mondo reale. Naph­ta, nichilista, gli oppone l’esaltazione della violenza, del terrore, della morte e morirà suicida. Peeperkorn è l’a­more istintivo e prorompente per la vita. Lo scoppio del­la grande guerra sconvolge questo mondo, fa fuggire gli ammalati e costringe Hans, dopo sette anni, a scendere dalla “montagna incantata”. In pianura egli riesce a sottrarsi al suo fascino ambiguo e sceglie, arruolandosi vo­lontario, di confondere il suo destino a quello di migliaia di uomini offesi e disperati.

La montagna incantata è un romanzo che ha qualcosa di ipnotico, la narrazione è lucidissima e al tempo stesso quasi febbricitante. Significative le pagine che raccontano le due passeggiate solitarie di Castorp, la prima più o meno ad inizio romanzo e la seconda sulla neve verso la fine, entrambe caratterizzate da ricordi, sogni e visioni dense di emozioni. Le pagine memorabili di questo lunghissimo romanzo sono, però,  innumerevoli:  “La montagna incantata” non può essere descritta o riassunta se non molto genericamente, bisogna immergersi nel mondo che propone l’autore.
La narrazione è estremamente lenta, a scandire il lento passare del tempo dei pazienti del sanatorio, ma mai noiosa. Il libro è arricchito dalle numerose riflessioni del protagonista, Hans Castorp, e dai personaggi comprimari del libro, Berens, Settembrini, Naphta, Peeperkorn.

La montagna incantata  riflette anche un’epoca ed un ambiente che non esiste più, oppure non esiste più così diffusamente come doveva essere ad inizio del secolo scorso; queste persone nobili, o comunque benestanti, che si potevano permettere di stare ad oziare, se pur in alcuni casi anche gravemente ammalate, senza fare niente. L’unica attività che diventa quindi preminente è la disquisizione filosofica, portata avanti dai vari personaggi ognuno secondo la sua indole.

In generale è un testo di enorme complessità, capace di affascinare e coinvolgere il lettore come pochi altri. L’ ambientazione è il paesaggio alpino incombente, amico e ostile, spettatore delle vicende umane che si dipanano nel villaggio. Finisce per fungere anche da autentico “personaggio aggiunto” nel memorabile capitolo “Neve” in cui Hans Castorp, prigioniero della tormenta, ha una visione onirica e tragica sul destino dell’uomo. I personaggi fanno parte di una variopinta “fauna umana” che si aggira nel Sanatorio: dal “consigliere aulico” Behrens alla enigmatica Claudia, al pedagogo Settembrini, al terribile Naphta, al protagonista Hans Castorp nel suo straordinario viaggio di iniziazione umana e culturale e più di ogni altro a Joachim, il cugino di Hans ed a Mynheer Peeperkorn. Il primo, commovente esempio di incrollabile attaccamento e fede nella propria missione umana nella sua semplicità e estrema dignità ed umiltà, rappresenta un tipo umano sempre più raro. Il secondo, la personalità Peeperkorn… che si fa amare perché incita al sorriso per le sue espressioni stereotipate. Poi Hans, all’apparenza poderoso e dominante, crolla travolto dai suoi sentimenti e dalla incapacità di suscitare la passione di Claudia e pone fine con il veleno alla propria esistenza.

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