L’origine ebrea della famiglia eserciterà su Primo Levi (Torino, 31 luglio 1919 – Torino, 11 aprile 1987) una considerevole influenza sulla sua formazione culturale: il padre, ingegnere, determinerà in lui quell’amore per la ricerca scientifica e per la letteratura che costituiscono le componenti essenziali della sua personalità e della sua poetica.
Negli anni del liceo maturano i suoi interessi per le discipline scientifiche e la propensione per il rigore della ricerca. La fascinazione della scienza e in particolare per la chimica lo porterà ad assumere un atteggiamento lucidamente critico ed indagatore nei confronti della realtà, che tanto caratterizza il suo pensiero e il suo modo di scrivere. Nel 1937 si iscrive alla facoltà di Chimica dell’Università di Torino. L’anno successivo esplode in Italia la campagna antirazziale e per il giovane Levi le cose cominciano a cambiare; gli studenti ebrei vengono attorniati da un isolamento frutto di timore e incredulità. Nonostante tutto Levi riesce ad affermarsi come il migliore del suo corso e a conseguire nel 1941 la laurea “summa cum laude”.
Dopo la laurea e fino all’occupazione tedesca del Nord-Italia del settembre 1943, Primo Levi esercita la professione di chimico in condizioni di semi clandestinità, dapprima presso una cava di amianto nei pressi di Torino e successivamente a Milano in un’industria di prodotti chimici. In questi anni viene a contatto con numerosi ebrei e molti intellettuali politicamente impegnati con i quali svolge un’attiva campagna antifascista. L’8 settembre il giorno stesso dell’armistizio Levi lascia il suo impiego, fugge a Torino e si trasferisce in Val d’Aosta insieme alla madre. Qui conosce alcuni giovani appartenenti al movimento “Giustizia e Libertà” e contemporaneamente prende contatto con i partigiani operanti nella zona.
La notte del 13 dicembre 1943 trecento militi fascisti circondano il rifugio dove Levi si trova con i compagni, lo catturano e lo sottopongono a ripetuti maltrattamenti e interrogatori, durante i quali Levi ammette la propria condizione di “cittadino italiano di razza ebraica”; viene trattenuto ed inviato all’inizio del ’44 al campo di raccolta di Fossoli, presso Carpi e successivamente trasferito ad Auschwitz, nell’alta Slesia. Qui dopo una prima selezione, viene destinato al campo di lavoro di Monowitz. La prigionia nel campo si prolunga fino al 27 Gennaio del 1945, quando il fronte tedesco orientale cade in mano all’Armata Rossa e le SS abbandonano il Lager trascinando con loro tutti i prigionieri in grado di affrontare una lunga marcia e lasciando al loro destino ottocento infermi, tra cui Primo Levi. Trascorreranno dieci giorni, prima che una pattuglia russa giunga in vista del campo, dal quale sarà dimesso dopo un mese. Dopo tutto ciò avrà inizio per Levi la tormentosa odissea del rimpatrio che si concluderà all’incirca un anno dopo. Il resoconto delle traversie subite dal giorno della liberazione al suo rientro in Italia costituisce l’argomento del libro “La tregua”. Appena rientrato sente l’urgenza di scrivere i suoi ricordi di prigionia e si dedica con grande fervore alla stesura dell’opera “Se questo è un uomo” che, inizialmente rifiutato da Einaudi, sarà pubblicato nel 1947 dall’editore De Silva grazie all’interessamento di Franco Antonicelli.
In questo periodo viene assunto come direttore tecnico presso un’industria chimica nelle vicinanze di Torino. Sempre in questi anni spose con una giovane intellettuale ebrea Lucia Morpurgo dalla quale avrà due figli, Lisa e Renzo. Gli anni dal ’56 al ’60 riservano a “Se questo è un uomo” un crescente interesse ed il testo viene nuovamente pubblicato da Einaudi nel 1956, contemporaneamente ad altre scritture memoriali tra le quali il “Diario di Anna Frank”, decretandone un crescente successo in Italia e all’estero.
Questo meritato riconoscimento matura in Levi la consapevolezza di essere uno vero scrittore, destinato a non essere circoscritto ad una sola opera. Nel Dicembre del 1961, infatti, si accinge a scrivere “La tregua” che appare presso Einaudi nel 1963 ed ottiene il Premio Campiello.
Tra le esperienze più felici degli anni seguenti va ricordata la riduzione per la radio italiana di Se questo è un uomo, alla quale collabora personalmente. Nel 1966 una riduzione teatrale dell’opera va in scena al Teatro Carignano di Torino.
Nello stesso anno lo scrittore torinese pubblica una raccolta di racconti dal titolo “Storie naturali” in cui si mettono in luce le perversioni che l’uomo produce nella storia e contro l’uomo; la raccolta esce sotto lo pseudonimo di Damiano Malabaila, accolto dalla critica con interesse, ottiene il Premio Bagutta nel 1967. Questo è un periodo di intenso lavoro accompagnato da numerose letture, prevalentemente nel campo dell’informazione e della divulgazione scientifica, che confermano come l’interesse in questo ambito corrispondesse in lui ad una precisa esigenza intellettuale coltivata dalla giovinezza agli anni della maturità. Frutto di queste letture sarà la raccolta di racconti “Vizio di forma” apparsi presso Einaudi nel 1971. I racconti fantastici e avveniristici indagano la mancanza di attenzione per i disastri ecologici, per le differenze economiche tra Nord e Sud del mondo e soprattutto mettono a fuoco l’incapacità del pensiero umano di dare risposte ai problemi che la natura e la storia pongono al genere umano.
Nel 1975 pubblica, presso Einaudi, una nuova raccolta di racconti, “Il sistema periodico” un vero e proprio bildungsroman in cui Levi si serve dei principali elementi della tavola periodica per rievocare gli episodi più importanti della propria vita.
Nel 1978 pubblica “La chiave a stella” che vince il Premio Strega.Questo romanzo rappresenta un omaggio al lavoro creativo ed in particolare a quel gran numero di tecnici italiani che hanno lavorato in giro per il mondo a seguito dei grandi progetti di ingegneria civile portati avanti dall’industria italiana dell’epoca Le ultime due opere “Se non ora, quando?” del 1982 racconta le avventure picaresche di un gruppo di partigiani ebrei di origini polacche e russe, che tendono imboscate ai tedeschi per attraversare i territori del Reich sconfitto e giungere a Milano da dove alcuni prenderanno la via della Palestina per partecipare alla costruzione dello stato di Israele. “I sommersi e i salvati” del 1986 in cui riprende i temi della memoria, dell’importanza di raccontare e di testimoniare, in una intensa e dolorosa ricerca Levi cerca di comprende il senso dei campi di sterminio, del bene e del male e di tutto ciò che ha reso possibile la trasformazione dell’uomo in bestia. Nel 1981 Einaudi pubblica “La ricerca delle radici. Un’antologia personale”, e nel 1984 Garzanti “Ad ora incerta” la raccolta delle sue poesie.
L’ultimo Levi approda però ad un pensiero tragico, la lotta contro la stupidità, il caos è una lotta impari, destinata alla sconfitta; così la mattina dell’ 11 Aprile 1987 non dovette più trovare ragioni per resistere ad una tale forza tragica; così la tromba delle scale di case gli sembrò una risposta, una definitiva uscita da un mondo senza più speranze.
“La nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo”.