Charlie Parker, John Coltrane, Wayne Shorter: Miles Davis & the saxophones

La paranoica fissazione con un genere musicale contemplato ed esplorato nella sua più totale e completa complessità porta inevitabilmente alla ricerca di tutto ciò che gli sta attorno configurando un continuum fenomenale di genere a intermittenza di suoni dai più disparati insiemi musicali. Dal ’69 al ’74, da In a Silent Way a Get Up With It, il protagonista del racconto è più doverosamente John McLaughling, un chitarrista inglese, laddove nei sogni, nei desideri di partenza, nei progetti e nelle idee iniziali, questa figura musicale avrebbe dovuto combaciare con le fattezze artistiche di Jimi HendrixMiles Davis aveva un progetto musicale che contemplava l’introduzione della chitarra di Hendrix, ma quello che ne è venuto fuori fu solo un chiacchierato pastiche sentimentale a tre tra Miles, Jimi, e la signora Mabry Davis, Mademoiselle Mabry, come nell’ultima traccia di Filles De Kilimanjaro, suite orchestrale di oltre un quarto d’ora del 1968, Miles Davis, e al sax c’era già Wayne Shorter che chiudeva lo storico periodo del secondo grande quintetto, e che lo accompagnerà fino agli sviluppi più estremi del progetto di fusione elettrica tra musica jazz e musica rock – e questa è la seconda volta in quattro anni che la chitarra elettrica fa scalpore, fa scandalo, fa impazzire il pubblico; ed era già successo con Bob Dylan nel ‘65 quando il cantautore si presentò al Newport Folk Festival con una Stratocaster a tracolla e si beccò gli insulti e lo sdegno del pubblico (quella chitarra è stata venduta all’asta attorno al 1992 o giù di lì, per duemilioni di dollari).

Il protagonista sarebbe più doverosamente John McLaughing, è vero, ma coi saxophoni di Miles Davis si costruisce comparativamente una storia maggiore.

In realtà, ma sono probabilmente molteplici i prototipi del genere di fusione, la prima botta – e fa male ancora adesso quel disco – arriva da Duke Ellington nel 1962, con una scarpata blues d’altri tempi, un blusaccio primordiale, con uno degli egregi, dei molto onorevoli, per dirla con Joyce, senza il coraggio di dire il preferito da queste parti, della musica mondiale: Money Jungle con un trio pazzesco formato dallo stesso Ellington al piano, Max Roach alla batteria, già visto con Davis nella birth, in studio, ‘49-‘51 ca., of the cool e pre-birth of the cool, Live At The Royal Roost, NYC del settembre del 48 col celebre noneth detto la tuba band, come da note di copertina della premiata stampa della Durium, collana Jazz Live, note di Sandra Novelli – tutto comunque documentato nell’uscita del ‘57 a cura della Capitol dal titolo appunto The Birth Of The Cool – e, risalendo a Money Jungle, Charles Mingus al basso, un acidissimo Charlie Mingus e molto libero, free, al basso, contrabbasso.

Non è stato ancora detto niente di né di Charlie Parker né di John Coltrane, e con Shorter appena appena accennato, si va già verso l’ennesima nuova era del jazz, ulteriore capovolgimento di fronte capitanato da Miles Davis; e tutto sommato in qualche misura vengono tralasciati proprio Jerry Mulligan e Lee Konitz tra gli altri, i primi due sax del dopo Charlie Parker, la nascita del cool come già detto, anche perchè il disco esce postumo nel ’57, e si va verso il Miles Davis Quintet come atto primo del post Charlie Parker, al quale viene apposto Walking, anche questo senza John Coltrane – ma John Coltrane sarà presente in Kind Of Blue, il disco jazz più venduto in assoluto, o in qualche modo, il corrispettivo di The Dark Side Of The Moon in ambito jazz.

John Coltrane è dunque il sassofonista del dopo Charlie Parker, del primo Miles Davis Quintet, degli anni cinquanta, delle registrazioni della Prestige (The Legendary Prestige Quintet Sessions), del Caffè Bohemia; John Coltrane è il sassofonista che ha preso il posto di Sonny Rollins nel gruppo per far uscire Milestones, Round About Midnight, Cookin’, Steamin’, Relaxin’, Workin’ e poi nel 1959 ci sarà Kind Of Blue: Miles Davis, John Coltrane, Cannonball Adderley, Bill Evans, Winton Kelly, Paul Chambers, Jimmy Cobb – nel mezzo ci stà Walkin’ con un’altra formazione: un attestato di leggendaria sicurezza.

La storia ad ogni modo, quasi tutta quanta dall’inizio alla fine, si svolge quasi completamente a NYC, o lì ha più di un suo centro, e questa di John Coltrane in particolare attorno al Bohemia Cafè che ha recentemente riaperto.

E questi sono gli anni successivi a quelli in cui è ambientato On The Road, e i beatnik, allora, sono a un passo, la beat generation era già quasi tutta lì, e curiosità vuole che proprio The New Bohemia sia il titolo di un libro che descrive alla perfezione i contorni del new cinema americano, la sua natura underground, da cui letteralmente i Velvet Underground, e di cui lo stesso Andy Warhol faceva parte o vi era in misure diverse coinvolto, lui come Nam June Paick, Rauschenberg, Jones, Oldemburg, Kelly, Indiana, per dirne alcuni; ma per quel che riguarda il solo Andy Warhol, lui di fatto nasce come grafico anche di copertine di dischi di musica jazz, e forse nelle Metamorfosi c’è qualcosa di vero, Ovidio aveva ragione, magari la reincarnazione esiste, la resurrezione è verità, e se non esiste la reincarnazione, il darwinismo ne ha dimostrato la felice intuizione – Prestige, ad ogni buon conto, e questo è il seguito, e si va verso l’ennesima metamorfosi del jazz e la controcultura americana degli anni sessanta dei tempi a venire (è Jack Kerouac a dircelo che sono adiacenti) e Miles Davis, Wayne Shorter al sax, cavalca alla perfezione la chitarra elettrica: dopo E.S.P., Miles Smiles, Sorcerer, Nefertiti, Miles In The Sky, Filles De Kilinajaro, entrano In A Silent Way, Bitches Brew, e Jack Johnson, poi esce Wayne Shorter e l’elettricità corre sola sul filo fino a On The Corner, Big Fun, Get Up With It, e poi il silenzio fino agli anni ottanta, fino al magico EP Rubberband stampato lo scorso anno per la prima volta.

Ma alla fine chi era Charlie Parker, allora? Charlie Parker era un sassofonista americano. Nell’autobiografia di Miles Davis occupa tutta la prima parte, e di John Coltrane praticamente e di Wayne Shorter non c’è traccia nella seconda parte. Nella sua autobiografia, Miles Davis passa la metà del tempo a insultare Charlie Parker in tutti i modi, a glorificarlo, ad amarlo e a odiarlo. Charlie Parker muore nel 1955, un anno dopo la nascita del rock&roll, un anno dopo la consacrazione della chitarra elettrica, e per scoprire cosa sono tutti quegli assoli del rock&roll, è sufficiente ascoltare un disco di Charlie Parker e sostituire il sax con la chitarra elettrica, quello che di fatto è successo con il Miles Davis dell’ ”ultima” metamorfosi del jazz, con tempi più soft e cool, parlando di Miles, rispetto alla frenesia di Charlie Parker.

Nella sua autobiografia Miles Davis descrive Charlie Parker come un frenetico strafatto di eroina che si ingozzava di pollo fritto e suonava da dio: buttandola lì per chiudere, saltando lo swing, il boogie, e il rithm&blues, giocando a una vanitosa rivendicazione jazz, il rock&roll è il be bop suonato con la chitarra elettrica – Charlie Parker è per estensione il prototipo del chitarrista solista.

Di John Coltrane e Wayne Shorter si segnalano rispettivamente Giant Steps e Blue Train dall’una parte e Schizophrenia e i Weather Report dall’altra (Black Market).

Chi era Charlie Parker lo ha già documentato ampliamente Jack Kerouac, e la sua vita sarà uno standard per le avanguardie future verosimilmente spericolate come James Dean che muore nel suo stesso anno.

Un ultima curiosità ci spinge a notare che le prove generali di Bitches Brew, a tutti gli effetti il primo album elettrico di Miles Davis, si sono per così dire tenute al Fillmore East, sempre da quelle parti, NYC, l’equivalente del Blue Note per il jazz, nel marzo del 1970 la stessa sera in cui Neil Young & The Crazy Horse registrano uno dei più formidabili live albums di sempre con una rendition elettromagnetica di Cawgirl In The Sand. Poi ci sarà l’isola di Wight per Miles Davis e per la sua band, e seicentomila persone di gloria finalmente tutta intera per il jazz e la sua storia.

 

Fonte: tidal.com e le sue liner notes for liquid music.
Photo: http://birkajazz.se/archive/blueNote1500.htm

Al via la XII edizione di Venezia Jazz Festival, dal 27 giugno al 13 luglio

Al via la XII edizione di Venezia Jazz Festival, firmata da Veneto Jazz. Giovedì 27 giugno (e fino al 13 luglio), con un suggestivo concerto nell’altana dello Splendid Venice Hotel, l’omaggio ad Astor Piazzolla di Andrea Dessi e Massimo Tagliata (ore 19.30), si inaugura uno dei festival jazz più raffinati dell’estate, un viaggio nei luoghi più affascinanti della città, dagli hotel di charme ai teatri, dalle isole della laguna alle chiese. Cuore del programma, due serate imperdibili al Teatro La Fenice, con la celebrazione dei 50 anni della casa discografica ECM (7 luglio) e il ritorno sulle scene di Dee Dee Bridgewater con il suo omaggio alla Francia e a Josephine Baker (8 luglio).

Pipe Dream è il frutto di una collaborazione internazionale tra Hank Roberts, violoncellista leggendario, e quattro tra i musicisti più creativi e trasversali della nuova scena italiana, Pasquale Mirra, Zeno De Rossi, Giorgio Pacorig e Filippo Vignato, uniti in una formazione dal suono singolare, capace di spaziare tra atmosfere cameristiche, echi africani, new music e folk-rock statunitense (Sale Apollinee, domenica 30 giugno). Hank Roberts è anche il protagonista di un workshop sull’arte dell’improvvisazione (1 – 2 luglio, Caos Studio), con un saggio finale in programma alla Chiesa della Pietà in collaborazione con il Collettivo FAM (martedì 2 luglio, ore 20.30, ingresso libero).

Performance di piano solo per l’architetto dei suoni, Jon Balke, poliedrico pianista e compositore norvegese, seguita dal duo con il trombettista e compositore di confine Giorgio Li Calzi (Sale Apollinee, giovedì 4 luglio, ore 19.30).

Nel festival, ancora spazio alla formazione con il rinnovato workshop dedicato alle apparecchiature Moog ed ai sintetizzatori elettronici, diretto da Enrico Cosimi, all’Isola di San Servolo, battezzata per l’occasione “The Island of Electronicus” (2-6 luglio), con un grande evento finale: in scena Alexander Robotnik, al secolo Maurizio Dami, produttore musicale italiano, uno dei pionieri della disco italiana, autore di Problèmes d’amour (1983), vero inno dell’italo-disco (venerdì 5 luglio, dalle 19.00).

Domenica 7 luglio (ore 20.00), per il “50th Anniversary of ECM”, in scena in un’unica, straordinaria serata, tre artisti rappresentativi della storia dell’etichetta di jazz e musica contemporanea, fondata da Manfred Eicher nel1969. Si tratta del maestro di oud tunisino Anouar Brahem, del poliedrico polistrumentista brasiliano Egberto Gismonti, dell’inossidabile Enrico Rava, artisti e maestri diversissimi fra loro, accomunati da quel suono e quella filosofia che rende ECM riconoscibile nel mondo.

Con “The astounding eyes of Rita”, l’album dedicato alla memoria del poeta palestinese Mahmoud Darwish (1941-2008), del quale ricorrono i dieci anni dall’uscita, il virtuoso del liuto della tradizione orientale Anouar Brahem (oud) propone un nuovo ensemble con Klaus Gesing (clarinetto basso), Björn Meyer (basso) e Khaled Yassine (darbouka, bendir). Dal ricco repertorio del jazz (John Surman, Dave Holland, Jan Garbarek e Jack DeJohnette sono alcuni dei solisti caduti sotto i suoi incantesimi melodici) alle diversificate tradizioni mediterranee ed orientali (dalla nativa Tunisia ai confini di India ed Iran), la musica di Anour Brahem rigorosa ma sensibile ridefinisce constantemente un intelligente universo composito di poesia e cultura, che cerca sempre un equilibrio tra discrezione e sensualità, nostalgia e contemplazione.

In una delle sue rare apparizioni italiane, performance di piano solo e chitarra per il formidabile Egberto Gismonti, uno dei più apprezzati ambasciatori del Brasile e delle sue contaminazioni musicali. Il settantaduenne compositore, figlio di una siciliana e di un libanese, rappresenta un unico tra influenze classiche, lo sconfinato patrimonio musicale brasiliano e le tradizioni indigene della selva amazzonica. Ha composto musica per il cinema, il teatro e la televisione e realizzato più di sessanta dischi, registrando anche con illustri nomi della musica internazionale come Charlie Haden, Jan Garbarek, Naná Vasconcelos.

Alla soglia degli 80 anni, Enrico Rava ha voluto pensare ad una Special Edition, raggruppando i musicisti che più gli sono stati vicino negli ultimi anni, per rivisitare i brani più significativi della sua carriera, rivisti in un’ottica odierna, ed interpretare nuove composizioni scritte per questa occasione. Sono Francesco Bearzatti (sax tenore), Giovanni Guidi (pianoforte), Francesco Diodati (chitarra), Gabriele Evangelista (contrabbasso), Enrico Morello (batteria), Gianluca Petrella (trombone).

Lunedì 8 luglio (ore 20.00), a calcare il palcoscenico del Teatro La Fenice, l’altra protagonista del festival, Dee Dee Bridgewater. Con Ira Coleman (basso), Louis Winsberg (chitarra), Marc Berthoumieux (fisarmonica), Minino Garay (percussioni), la grande voce del jazz riporta sulle scene “J’ai Deux Amours”. Con questo progetto rende omaggio a quella che è stata la sua casa per 17 anni, la Francia, con una serie di brani strettamente collegati alla carriera ed alla vita di Josephine Baker, la famosa performer statunitense naturalizzata francese. Il concerto celebra anche famosi chansonniers dell’epoca come Edith Piaf e Charles Trenet.

Venerdì 12 luglio (ore 20.30), appuntamento al Laguna Libre, con Nomad Project, etno-jazz con il clarinettista Robindro Nikolic e Giulio Gavardi (chitarra) e Alvise Seggi (contrabbasso), musicisti provenienti da diverse realtà geografiche e culturali.

Infine, il festival fa tappa a Chioggia, dove propone la California Jazz Conservatory, numerosa formazione studentesca in viaggio in Europa, con repertorio della grande tradizione jazzistica (Piazzetta Vigo, 15 luglio); e un’anteprima esclusiva del nuovo progetto discografico del quartetto del giovane chitarrista Luca Zennaro, con Michelangelo Scandroglio (contrabbasso), Jacopo Fagioli (tromba) e Mattia Galeotti (batteria), e un ospite speciale, una delle giovani promesse del jazz italiano, il pianista Alessandro Lanzoni (Giardino dei Grassi, 31 agosto).

Venezia Jazz Festival è organizzato da Veneto Jazz in collaborazione con Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione del Veneto, Città di Venezia, Teatro La Fenice, San Servolo Servizi Metropolitani, T Fondaco dei Tedeschi, Istituto Chiesa della Pietà e con il sostegno di Despar e Classic Boats Venice.

‘Cold war’ di Pawlikowski: l’amore incandescente tra un pianista e una cantante dentro un blocco di ghiaccio

Il soggetto è antico quanto il mondo, ma Cold War suscita sentimenti così intensi da fare sì che irrompano nel cuore dello spettatore nel preciso momento in cui lo sta vedendo. L’aspetto più stupefacente, però, del poetico e struggente film del polacco emigrato a Londra Pale Pawlikowski -già gratificato dal meritato successo mondiale di “Ida”– sta nel fatto che sembra sia riuscito a scolpire un’incandescente storia d’amore all’interno di un blocco di ghiaccio: girato in 16mm, nel desueto formato dell’1,33:1 e in un prezioso bianco e nero che si rimodella continuamente eliminando le sbavature e variando le sfumature, questo film imperdibile riesce a catturare i dettagli più impercettibili senza cedere al manieristico, al melodrammatico o al ricattatorio bensì ricostruendo i fatti con una cadenza asciutta ed ellittica, come se l’assoluta sobrietà espressiva fosse l’unico modo possibile per recuperare i frammenti di un sogno per metà realistico e per l’altra onirico.

Il celebre verso ovidiano “non posso vivere né con te né senza di te” calza, inoltre, come un guanto sia all’attrazione fatale scattata tra il pianista, etnomusicologo e jazzista Wiktor e la cantante e ballerina Zula, sia al loro contraddittorio rapporto con la Polonia prigioniera della tetra dittatura comunista. Lui fascinoso, intellettuale, autodistruttivo, lei selvaggia, sensuale, delatrice: s’incontrano nel 1949 nel corso delle audizioni tra i contadini propedeutiche alla fondazione di un gruppo musicale folkloristico e s’innamorano perdutamente. Il Partito vigila sul connubio non gradito e sulla tenuta ideologica dell’ensemble che dovrà fungere da veicolo propagandistico nelle tournée destinate ai “paesi fratelli”, ma mentre Wiktor fugge appena può all’Ovest, Zula sembra rassegnata a restare ostaggio dei burocrati e dell’istinto di sopravvivenza.

Cold war: trama e contenuti

Un loro agente, che si presenta come “dirigente amministrativo”, instrada il gruppo formatosi nel ’51 verso un repertorio che dia lustro al regime, gli artisti si esibiscono ma è il partito che si mette in mostra. Il ministro (verosimilmente di un “minculpop” polacco) ne ha tutto l’interesse e fa procurare date e sedi importanti. Nel ’52, a Berlino, Wiktor passa il confine verso l’ovest, la aspetta dopo l’esibizione ma lei è trattenuta dal dirigente amministrativo e dai suoi stessi dubbi, è sorvegliata come informatrice. Rivediamo lui a Parigi nel ’54, suona nel locale Eclipse, qui si sente il sax e la musica sa di America, è lontana dai cori osannanti dell’est. Si rivedono e riamano, non sarei scappata senza te, Zula rimprovera l’amante. Un altro incontro avviene in Iugoslavia nel ’55, ad un’esibizione il ritratto di Stalin dal sorriso beffardo campeggia dietro gli artisti in un concerto. Si piacciono sempre, ma negli incontri i loro caratteri forti alimentano burrasche. Nulla di melenso è contenuto nel film.

Rientrerà in Polonia nel ’59, Wiktor, per riaverla, sconta anni di prigione e Zula lo aiuta a uscirne. Si sposano loro due soli nel ’64, scendono da una corriera ad una chiesa diroccata e sperduta nei campi, che già si è vista ad inizio film, c’è solo una candela e la loro promessa, “finché morte non ci separi”. Si spartiscono pochi chicchi di riso i due, Zula ne dà qualcuno in più a lui. Lei non considera validi altri suoi matrimoni, perché non celebrati in chiesa, la Chiesa cattolica, imperante nelle coscienze accanto al regime, che invece si occupava delLe vite degli altri. Si può supporre che non vissero felici e contenti né sereni, come i genitori del regista, ma il loro sedersi su una panchina accanto a quella chiesa in un paesaggio cupo e Zula che gli dice Andiamo da un’altra parte, lì la vista sarà migliore, sembra già una bellissima luna di miele.

Passeranno quindici, lunghi anni in cui i distacchi s’alternano ai ricongiungimenti e alle fugaci parentesi di felicità amorosa e successo artistico, tra cui spicca quella bohémienne vissuta da esuli nelle mansarde e i night della Parigi esistenzialista. La storia della Guerra Fredda e la gamma dei gusti, i trucchi, le mode, le censure e i desideri rimossi delle persone che di volta in volta li sabotano, li favoriscono o l’illudono s’intreccia, s’insinua, s’alimenta nel fuoco del sesso, del tradimento, dei gap culturali e del richiamo dell’orgogliosa patria polacca che, benché subdolo e poliziesco, non smette di fare presa sui poveri amanti al di qua e al di là della Cortina di ferro. Tecnicamente si viaggia ai livelli più alti, basti citare l’uso abilmente coordinato delle musiche colte e popolari, i disseminati riferimenti alle atmosfere del cinema francese anni Trenta e a quelle delle scuole est-europee degli anni ’50 e ’60 o la gestione dei piani d’inquadratura che vanno sempre dritti allo scopo, lavorano sul non-detto e sull’indicibile e culminano nella sublime scelta dello straziante fuoricampo finale. Ma conta di più che a schermo spento non si cancelleranno silenzi così eloquenti, amplessi così rapinosi, confessioni così disperate e spasimi struggenti come quello di Wiktor che sibila in faccia all’occasionale compagna di letto “ho appena rivisto la donna della mia vita” oppure quello di Zula ubriaca che in mezzo alla baldoria di un locale si divincola dicendogli “ti amo più della mia stessa vita ma devo correre a vomitare”.

In Cold war, il regista ha rammentato che “erano due persone forti e meravigliose, ma come coppia un disastro totale”: accade qualche volta che due persone ottime, nella coppia (convivenza) non esprimono tutto intero il loro valore, la somma degli addendi è inferiore al valore complessivo dei singoli.

 

Fonti: https://www.agoravox.it/Cold-war-di-Pawel-Pawlikowski.html, 

 

Cold War

‘Contemporaneamente Roma 2017’: mostre, eventi, cultura dal 24 al 30 novembre

Un’altra settimana di arte, teatro, musica, cinema e passeggiate creative nell’Urbe, alla scoperta di una città inedita in cui si intrecciano passato e presente: tutto questo è Contemporaneamente Roma. Accanto alle proposte delle istituzioni cittadine, un ricco cartellone di eventi selezionati attraverso un Avviso Pubblico di Roma Capitale per diffondere il ruolo di Roma come Capitale della cultura contemporanea.

Si arricchisce la proposta “contemporanea” della città. Giunto alla sua XVI edizione, dal 28 novembre al 10 dicembre, torna il RIFF – Rome Independent Film Festival diretto da Fabrizio Ferrari. Ospitato alla Casa del Cinema di Roma, il festival proporrà al pubblico oltre 100 film in assoluta anteprima italiana ed europea. Il Festival quest’anno vuole rendere omaggio a un grande autore del cinema italiano, Valerio Zurlini, a 35 anni dalla sua morte; non mancheranno focus e approfondimenti: Spagna in musica, con il programma Opere Prime, e Viva il Nord, focus sul cinema nordeuropeo.

Tra gli eventi di questa settimana segnaliamo, per MIX – Incontriamoci al museo, un nuovo appuntamento con i grandi nomi del disegno animato a cura di Luca Raffaelli. Venerdì 24 novembre presso il Museo di Roma in Trastevere, alle 20 toccherà a Lorenzo Ceccotti incontrare il pubblico di appassionati mentre alle 21 sarà la volta di Bambi Kramer e Elena Casagrande. Doppio appuntamento per gli Incontri con gli scrittori: sabato 25 dalle 20 alle 23 ai Musei Capitolini, Valerio Magrelli ed Edoardo Albinati “dialogheranno” rispettivamente con Il Galata morente e con La statua di Marsia.

Sabato 25 novembre alle 21, il Teatro del Lido di Ostia ospita la prima romana della forma estesa e definitiva di ALAN BENNETT / TALKING HEADS. In scena Michela Cescon, diretta da Valter Malosti, dà voce e corpo ad alcuni irresistibili, irriverenti e caustici brani del grande autore inglese.

Ultimo appuntamento, venerdì 24 alle 10 presso la Biblioteca Guglielmo Marconi, per Road to Grand Tour, il ciclo di seminari interattivi che ha portato cittadini e studenti delle scuole medie e superiori alla scoperta di una nuova tecnologia votata all’esplorazione del patrimonio artistico della città. 8 incontri in 8 Biblioteche di Roma Capitale in cui si sono avvicendati rappresentanti di Google, giovani professionisti appassionati d’arte di UNESCO Giovani e operatori culturali esperti di street art del team di nufactory in vista il 2 e 3 dicembre dell’arrivo, per la prima volta a Roma, del Grand Tour d’Italia che permetterà di sperimentare in prima persona l’esperienza su Google Arts & Culture.

Ultime battute per Bauci Park, piattaforma web dedicata al Visual Storytelling: un luogo di formazione e diffusione della cultura visuale. Il progetto si è posto l’obiettivo di attivare lo sguardo digitale attraverso 5 appuntamenti creativi tra workshop e passeggiate artistiche. Venerdì 24 novembre dalle 14 alle 16.30, passeggiata artistica con la botanica Tanya Santolamazza e il fotografo paesaggista Giacomo Cingottini presso il Parco degli Acquedotti. I partecipanti alla passeggiata realizzeranno degli scatti per creare il loro storytelling e partecipare al contest #ilfuturoinsieme; sabato 25, in chiusura, dalle 15 alle 19, Bauci Camp: giornata dedicata al visual storytelling, presso lo spazio coworking “Talent Garden” di Cinecittà.

Una festa delle arti e della creatività per valorizzare i distretti culturali di Roma: è questo Creature, il festival della creatività romana, previsto fino al 6 dicembre. I protagonisti sono, in primo luogo, i creativi che abitano e lavorano negli spazi recuperati e restituiti alla città e il fine è realizzare tre diverse opere originali e site-specific che interpretino il genius loci. Domenica 26 novembre alle 15 è prevista l’esplorazione urbana del Mandrione District (via del Mandrione 105), in cui si racconterà il felice connubio tra le attività artigianali tradizionali e le realtà creative legate alle nuove tecnologie che hanno trovato spazio all’interno di capannoni ex industriali affacciati sulla ferrovia e l’acquedotto Felice.

Tre giornate di Passeggiate Fotografiche in città promosse dal MIBACT in collaborazione con Assessorato Crescita culturale: cinque percorsi reali o metaforici dal venerdì alla domenica, per scoprire insieme a personalità di eccezione luoghi e personaggi della fotografia attraverso mostre, incontri, visite guidate, archivi aperti, laboratori, performance, proiezioni e progetti inediti.
Entro il 3 dicembre, in vista delle passeggiate che avranno luogo dal 15 al 17 dicembre.

È online il sito www.contemporaneamenteroma.it con gli appuntamenti in programma e attraverso cui è possibile iscriversi alla newsletter settimanale.
Sono inoltre attivi i canali di comunicazione sui social network, facebook.com/contemporanearm, twitter.com/contemporanearm e instagram.com/contemporanearm/, mentre l’hashtag ufficiale della rassegna è #contemporaneamenteroma.

Il programma è in continuo e costante aggiornamento. Inoltre, è possibile contattare il numero 060608 attivo tutti i giorni dalle 9 alle 19 per informazioni e acquisto dei biglietti.

Contemporaneamente Roma 2017 è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale ed è realizzata in collaborazione con SIAE e con la partecipazione di enti e istituzioni culturali. Le attività di comunicazione sono realizzate grazie al supporto di Zètema Progetto Cultura.

Arte a Roma

Incontri con scrittori e disegnatori, performance di arte contemporanea, ma anche esperienze multiculturali e inedite modalità di fruizione artistica messe al servizio dei visitatori. Tutto questo è MIX – Incontriamoci al museo, la nuova stagione di eventi culturali del Sistema Musei Civici per diffondere la bellezza e innovare la fruizione artistica. Tornano gli appuntamenti con i grandi nomi del disegno animato curati da Luca Raffaelli. Venerdì 24 novembre presso il Museo di Roma in Trastevere, alle 20 toccherà a Lorenzo Ceccotti incontrare il pubblico di appassionati mentre alle 21 sarà la volta di Bambi Kramer e Elena Casagrande. Mix è anche Incontri con gli scrittori: un ciclo di 5 incontri in cui i protagonisti della letteratura contemporanea raccontano un’opera del museo che li ospita, proponendo una ricostruzione storica contaminata dalla propria immaginazione; da non perdere sabato 25 novembre dalle 20 alle 23 ai Musei Capitolini, il doppio appuntamento con Valerio Magrelli. Con Mapping the town. Esperimenti di performance nei Musei di Roma, in collaborazione con Orlando Edizioni e a cura di Claudio Libero Pisano, si potrà assistere, invece, a una ridefinizione degli spazi museali grazie alle azioni performative di importanti artisti contemporanei; mercoledì 29 alle 19.30, nel Casino Nobile di Villa Torlonia, performance del duo Grossi Maglioni dal titolo La ballata, ultima tappa del progetto Gesti di relazione, sui gesti ricorrenti nelle relazioni interpersonali.

 

In chiusura, domenica 26 novembre al MACRO di Via Nizza, Appunti di una generazione, il ciclo di mostre curato da Costantino D’Orazio che indaga la ricerca degli artisti italiani che sono emersi negli anni ’90. Protagonisti del quarto appuntamento della rassegna sono Simone Berti,  il cui lavoro muove dal concetto di precarietà e che ha ispirato un gran numero di artisti coevi, e Cuoghi Corsello, coppia di artisti bolognesi tra i pionieri della street art italiana che hanno popolato tante città italiane con le loro icone, a metà tra figure animate e segni grafici (in particolare, Pea Brain, CaneK8 e SUF). Per il MACRO Berti ha realizzato dipinti in cui evolve la sua riflessione sulle relazioni della forma dipinta, mettendo a dialogo figure e segni astratti in un gioco che evoca opere del passato più remoto ed esperimenti della pittura del Novecento. Cuoghi Corsello sono stati coinvolti invece in un esperimento originale: hanno esplorato i depositi del museo, dove è conservata la collezione permanente, selezionando centinaia di dipinti che documentano una stagione della pittura italiana tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta; tra questi, i due artisti hanno costruito un dialogo aperto, cucito da una installazione al neon prodotta per l’occasione.

Sempre fino al 26 novembre, è possibile visitare al MACRO Testaccio la prima mostra personale in un museo italiano dell’artista francese Renaud Auguste-Dormeuil, dal titolo Jusqu’ici tout va bien, a cura di Raffaele Gavarro. L’esposizione gioca sulla qualità enigmatica del tempo, sulla sua natura assillante e sull’incrocio delle sue direzioni, avanti o indietro, che l’arte rende possibile. Nel Padiglione A del polo museale, verrà esposta in apertura l’ultima produzione dell’artista, Spin.off, composta dalla frase luminosa Jusqu’ici tout va bien (Fin qui tutto va bene), da cui il titolo della mostra. Al MACRO, l’artista presenterà anche il video Quiet as the grave, una manipolazione in postproduzione del film Vertigo (1958) di Alfred Hitchcock.

Fino al 3 dicembre, al MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma, è in corso la mostra della nota artista e performer francese Orlan: VIDEORLAN – TECHNOBODY. Dalle prime sculture fotografiche, alle performance registrate su video, fino alle ultime opere in realtà aumentata e 3D, un’immersione totale che riporta nella Capitale l’artista francese a vent’anni dalla sua mostra antologica ORLAN a Roma 1964-1996. Sarà inoltre sperimentato per la prima volta in Italia Expérimentale Mise en jeu (2015-2016), uno spettacolare video gioco con installazione interattiva. L’esposizione vede un sorprendente utilizzo del digitale, un approccio alla realtà virtuale apparentemente opposto e simmetrico alla carnalità dei lavori che hanno punteggiato il percorso di una delle più radicali, innovative, coraggiose artiste europee, capace di cavalcare lo spirito dei tempi con instancabile ricerca.

Fino al 26 dicembre, appuntamento al MACRO di Via Nizza per la nuova Commissione Roma 2017 affidata alla fotografa britannica Léonie Hampton. A partire dal 2003, la rassegna commissiona ogni anno a grandi fotografi internazionali un “ritratto” della Capitale in totale libertà interpretativa, confrontandosi con la città in base alla propria estetica e al proprio vissuto. La XV edizione della Commissione Roma, con la mostra Mend della Hampton, sarà accompagnata quest’anno anche dalla prima retrospettiva italiana di Guy Tillim, O Futuro Certo. Il fotografo sudafricano Tillim è stato protagonista della Commissione Roma nel 2009 e recentemente è stato insignito del prestigioso HCB Awards. Le mostre sono a cura di Marco Delogu con la collaborazione di Flavio Scollo.

Il Centro di ricerca interdisciplinare sul paesaggio contemporaneo ha lanciato un appello ad artisti e visual designer di fama internazionale per raccogliere il loro punto di vista su un fenomeno di tragica attualità: la migrazione di uomini e donne in fuga dalla guerra, dalla miseria, dalla sopraffazione. Il risultato è la grande mostra collettiva dal titolo FREEDOM MANIFESTO. Humanity on the move / Umanità in movimento, alla Centrale Montemartini fino al 31 dicembre. L’esposizione si pone l’obiettivo di risvegliare le coscienze e sollecitare nuove percezioni sul tema dell’immigrazione. Insieme ai poster realizzati per l’occasione da maestri del graphic design contemporaneo – come Félix Beltrán, Ginette Caron, Milton Glaser, Alain Le Quernec, Italo Lupi, Astrid Stavro, Heinz Waibl – la mostra ha il merito di presentare al pubblico italiano una nutrita rassegna di autori provenienti da tutto il mondo, tra i più interessanti della nuova generazione.

Al Palazzo delle Esposizioni, nell’ambito di Romaeuropa Festival, fino all’8 gennaio, spazio alle nuove tecnologie e all’arte digitale con l’ottava edizione di Digitalife 2017, riflessione sulla fragilità delle rappresentazioni del reale. Lo spettatore può interagire con complesse architetture audiovisive. Un mondo basato sulle immagini in cui le nuove tecnologie non sono più solo mezzi di conoscenza e interazione, ma contribuiscono a ridisegnare la propria identità, a ridefinire il concetto di tempo e i confini delle singole potenzialità. Gli strumenti con cui le installazioni, selezionate assieme a Richard Castelli, sono state realizzate, offrono agli artisti la possibilità di ampliare i propri orizzonti espressivi e di captare e riprodurre i mutamenti in atto nell’ambiente in cui viviamo. Tra gli artisti presenti figurano: Aes+F, Dumb Type, il collettivo della Fondazione Giuliani, Granular Synthesis, Ivana Franke, Jean Michael Bruyere, Kizart e Robert Henke. La mostra è visitabile domenica, martedì, mercoledì e giovedì dalle 10 alle 20, venerdì e sabato dalle 10 alle 22.30 (chiuso il lunedì).

Raccontare la città dal punto di vista di chi la vive e di chi l’attraversa: è questa la mission di Reaction Roma. Una fotografia in movimento, un nuovo linguaggio contemporaneo che utilizza il social movie come metodo narrativo: un contenitore di immagini, in particolare di quelle che vengono usate tutti i giorni per comunicare, in cui lo spettatore è allo stesso tempo fruitore e autore dell’opera d’arte. Da qui nasce la call lanciata da Reaction rivolta ai filmaker che, in piena libertà creativa, potranno inviare i loro video sulla città di Roma; una volta rielaborati, i girati saranno proiettati a La Pelanda dal 15 dicembre 2017 al 31 gennaio 2018. Per la call, sono state definite alcune categorie: Io amo, Io odio, Io rido, Io piango, Io gioco, Io penso, Io lavoro, Io sono, Io mangio, Io muovo. Per partecipare alla selezione, i video dovranno essere caricati, previa registrazione, entro il 5 dicembre su www.reactionroma.it.

Cinema, in ricordo del regista Valerio Zurlini

Giunto alla sua XVI edizione, dal 28 novembre al 10 dicembre, torna il RIFF – Rome Independent Film Festival diretto da Fabrizio Ferrari. Ospitato alla Casa del Cinema di Roma, il festival proporrà al pubblico oltre 100 film in assoluta anteprima italiana ed europea. Dopo la rassegna dello scorso anno dedicata a Claudio Caligari, anche quest’anno il Festival rende omaggio ad un altro grande autore del cinema italiano, Valerio Zurlini, a 35 anni dalla sua morte. Focus in questa edizione sulla Spagna in musica con il programma Opere Prime. Coordinato dalla Fondazione spagnola SGAE (Società Generale degli Autori e degli Editori) e dall’Istituto Cervantes, avrà come sottotitolo storie e canzoni: una panoramica sul cinema contemporaneo spagnolo, in cui la musica è uno strumento per avvicinarsi all’immaginario filmico e illustrarne l’importanza argomentativa. Focus anche sul cinema dei paesi nordici dal titolo Viva il Nord che approfondirà la crescita del cinema del Nord Europa e come in questi paesi la politica culturale stia contribuendo allo sviluppo di un settore ormai riconosciuto su scala mondiale. Tra gli appuntamenti in programma: martedì 28 alle 17.30, per il ciclo Regista in sala, proiezione di Più libero di prima di Adriano Sforzi; mercoledì 29 alle 16, forum sull’Altro cinema: produzione e diffusione di contenuti digitali e complementari nel mercato italiano; alle 17.30, sempre per Registi in sala, proiezione di The Neue Nationalgalerie di Ina Weisse. Giovedì 30 alle 16, masterclass con il direttore della fotografia Luciano Tovoli che negli anni Settanta è stato un protagonista del rinnovamento dei canoni luministici del cinema italiano, importando nei film realizzati in studio il gusto per l’autenticità della fotografia di reportage. Alle 18.30, omaggio a Valerio Zurlini con la proiezione di Cronaca Familiare, film tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Vasco Pratolini con Marcello Mastroianni e Jacques Perrin.

Musica jazz

 

Venerdì 24 novembre alle 21, appuntamento alla Casa del Jazz con La Terza Via – The third side of the coin, il concerto della batterista e compositrice romana Cecilia Sanchietti. Con Pierpaolo Principato al pianoforte, Marco Siniscalco al basso elettrico e la partecipazione di Nicolas Kummert al sax tenore, la Sanchietti presenta i frutti di questo nuovo progetto che legato al tema del coraggio sia personale che professionale. Il suono è quello tipico del trio jazz , ma con un respiro più moderno, even 8’s, con contaminazioni funk pop, ballad e brani dai ritmi articolati.Torna per la sua 41ª edizione, fino al 30 novembre, il Roma Jazz Festival. “Jazz is my religion”, proclamava il poeta africano Ted Joan e questa sarà un’edizione del festival, infatti, che vedrà al centro proprio il rapporto tra jazz e religione, con grandi progetti artistici e nomi di rilievo della scena jazzistica internazionale. Il Festival come sempre proporrà concerti in diversi spazi sparsi per la città dall’Auditorium Parco della Musica, alla Casa del Jazz. Venerdì 24 alle 18, al Pantheon, Oreb, concerto di Dimitri Grechi Espinosa; sabato 25 alle 21, alla Casa del Jazz, in prima assoluta, il progetto special IMF Foundation Omaggio a Fats Walles con Luca Filastro;

Libri

Fino al 5 dicembre, è possibile partecipare a Roma che legge 2017: Innovazione e territorio, progetto dedicato alla promozione della lettura e allo sviluppo di nuove risorse digitali. Incontri per insegnanti e bibliotecari, laboratori e letture per bambini e ragazzi, spazi di riflessione e dibattito intorno al tema della promozione della lettura e alla realizzazione di programmi innovativi attraverso le nuove tecnologie. Il punto di partenza di questo esperimento, che intende mettere in relazione i numerosi soggetti legati alla filiera del libro, sarà il Municipio VI di Roma in cui si punta a realizzare un primo Patto per la lettura nel territorio, creando una rete in grado di mettere in comunicazione e in collaborazione scuole, biblioteche e librerie. Lunedì 27 novembre alle 9, nell’Istituto Comprensivo di via Casale del Finocchio, Emiliano Sbaraglia legge e racconta “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino, a cura dell’Associazione Piccoli Maestri.

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