La narrativa combinatoria del Novecento e Raymond Queneau

Nella consapevolezza che la letteratura non può conservare i sui ruoli tradizionali, si muove anche un’altra importante corrente narrativa degli anni cinquanta e sessanta, sviluppatasi in territorio francese, la quale trova nella narrativa combinatoria un nuovo modello per la narrativa stessa. L’espressione tecnica combinatoria, o gioco combinatorio, indica la necessità che i materiale narrativi siano strutturati in base a scelte rigidamente razionali, predisposte secondo schemi fissati in precedenza, seguendo regole prestabilite e non modificabilidall’influenza di ispirazioni, emozioni, sentimenti.

Nel 1960, a Parigi, nasce addirittura un gruppo di scrittori accomunati dal piacere per una scrittura fondata sulla tecnica della narrazione combinatoria: si tratta del gruppo dell'”Oulipo”, sigla che sta per Ouvroir de littélature potentielle, “laboratorio di letteratura potenziale”. Tra i partecipanti, tra i quali spiccando i nomi di Raymond Queneau e di Georges Perec, c’è anche Italo Calvino, il quale applica i meccanismi combinatori nella sua produzione degli anni sessanta e settanta, dal Castello dei destini incrociati alle Città invisibili a Se una notte d’inverno un viaggiatore.

Gli scrittori dell’Oulipo sono attratti dall’idea di scomporre e ricomporre a proprio piacimento gli elementi del linguaggio e delle strutture narrative, tentando anche bizzarri esperimenti. Georges Perec ad esempio pubblica addirittura un romanzo poliziesco di trecento pagine, La sparizione, nel quale non compare mai, in nessuna parola la lettera “e”. Il predominio della tecnica e la sfida alle proprie capacità di scrittura nn significano, tuttavia, il rifiuto delle potenzialità della lingua letteraria, che viene invece utlizzata in tutta la sua ricchezza. L’obiettivo degli scrittori che si richiamano a questo gioco combinatorio è quello di rivolgersi direttamente all’intelligenza del lettore più che ai suoi sentimenti, suscitando curiosità e partecipazione intellettuale.

La narrativa combinatoria di Raymond Queneau

Il già menzionato Raymond Queneau (1903-1976) è tra gli autori più rappresentativi della narrativa combinatoria. Già attivo negli ambienti surrealisti degli ani trenta, Queneau ha coltivato la poesia, la narrativa, la saggistica, confrontandosi con i più importanti dibattiti che si sono sviluppati dagli anni venti agli anni settanta: il significato dell’avanguardia, la scelta della letteratura impegnata, il rapporto con la scienza e con la tecnica.

In ogni libro della sua ricchissima produzione lo scrittore francese rivela la sua originalità di sperimentare senza limiti, che nasce da vasti interessi filosofici, antropologici, linguistici, letterari, matematici, psicoanalitici. Con il racconto Odile, Queneau esercita una ferce satira nei confronti del gruppo dei surrealisti guidato da Breton. Nei decenni successivi lo sperimentalismo dello scrittore francese prosegue in forme e modi reinventati ogni volta: sembra infatti che i suoi testi escano da un laboratorio linguistico sempre in funzione e che egli utilizzi una lingua come un magazzino di elementi da combinare secondo diverse e sempre nuove regole di montaggio. Tale intento è ravvisabile sia nei romanzi, da Pierrot amico mio a Zazie nel metrò, a I fiori blu, sia nelle raccolte di versi, tra le quali un posto a se occupa il poema Piccola cosmogonia portatile, sia infine in Esercizi di stile, le cui pagine propongono 99 racconti differenti di uno stesso episodio di cronaca.

Ne I fiori blu, tradotto in italiano da Calvino, Queneau mette in scena le vicende del duca d’Auge, le cui apparizioni nella storia avvengono ogni 175 anni. Attraverso il viaggio nel tempo del duca e del personaggio ricorrente di Cidrolin, lo scrittore colleziona un insieme di storie che presentano continui riferimenti simbolici e mascherate citazioni letterarie, la cui decifrazione continua a far discutere, come l’interpretazione dell’intera opera, del resto. La riflessione nascosta de I fiori blu può infatti riguardare la psicoanalisi o il rapporto dell’uomo con la storia, alla quale lo scrittore mostra di non credere, dal momento che, come ha giustamente notato Calvino, esprime un feroce sarcasmo “contro il tempo e i suoi valori, contro l’homo historicus”, rappresentato dal duca d’Auge.

Le molteplici allusioni, i continui giochi verbali, i riferimenti criptici, le citazioni occulte, caratterizzano anche la scrittura di Piccola cosmogonia portatile, i cui versi non sono sempre decifrabili con sicurezza. In essa Queneau si ispira al grande poema della natura dello scrittore latino Lucrezio, il De rerum natura, riproponendone la struttura in sei canti e la celebrazione della nascita e dello sviluppo dell’universo. La rivisitazione moderna del testo classico e la riproposta del mito cosmogonico sono tuttavia, percorse da un sottile esercizio di ironia.

Le opere di narrativa combinatoria dal ritmo incalzante di Raymond Queneau, sono vivamente consigliate a chi vuole effettuare della sana ginnastica mentale e a chi ama camminare sul filo dell’assurdo divertendosi, senza desiderare di sbrogliare la matassa del dubbio e del conflittuale rapporto tra sogno e realtà.

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