Come un’eclissi solare, di David Valentini

Come un’eclissi solare (Epsil Edizioni, 2015) è il nuovo romanzo breve dell’autore romano David Valentini (La via smarrita, Nell’orizzonte degli eventi) e si presenta come una storia, un resoconto di pensieri e riflessioni, piuttosto che di azioni che strizza l’occhio, anche se superficialmente, a tematiche di scottante attualità come quella relativa alle unioni civili e alle adozioni omosessuali, ma anche alla cosiddetta fuga di cervelli dall’Italia. Dalla metafora del buco nero che tutto risucchia, del romanzo d’esordio a quella dell’eclissi solare di quest’ultimo script per raccontare lo stato d’angoscia e di crisi che vive il protagonista il quale, affetto dal male di vivere montaliano, per andare avanti, ha rimosso tutti gli eventi negativi della sua vita, senza mai svelare il suo “peccato”.

Come un’eclissi solare: trama e stile del romanzo

Difatti il protagonista del libro di David Valentini è un giovane ricercatore emigrato a Londra che torna a Roma per trascorrere vacanze di Natale in famiglia: vuole solo rivedere i genitori, la sorella, i nipoti, mentre la moglie Rachel lo raggiungerà a breve insieme alla figlia Elisabeth.

Ma nello stesso bar della stazione dove sta gustando una cioccolata calda, in attesa dell’arrivo della sorella, siede Alberto, suo ex amico ed unica persona in grado di sconvolgergli l’esistenza. Il passato riaffiora e il protagonista di questa storia costruita su flussi di coscienza e flahback dovrà fare i conti con la propria coscienza.

Una giacca, un paio di mocassini, un portachiavi: è anche attraverso degli oggetti che David Valentini dà inizio all’analisi interiore del protagonista che non viene identificato con alcun nome e che ci ricorda Proust con le sue intermittenze del cuore, le sue epifanie, i suoi ricordi che sembrano più vivi che mai. Tuttavia, nonostante l’autore usi la prima persona singolare per farci entrare nella mente e nella psiche del protagonista, questi, come anche gli altri personaggi, non risultano essere del tutto empatici e coinvolgenti, aspetto probabilmente dovuto all’uso di un linguaggio a tratti da manuale filosofico e reiterato: difficile stabilire se l’autore si lascia andare a divagazioni erudite perché non può fare a meno di inserire la sua passione nelle storie, oppure per conferire al romanzo una certa dose di erudizione. In effetti le incusioni dotte che caratterizzano il romanzo fungono in un certo senso da “filler narrativi”, dando consistenza al racconto e cercando di spiegare il perché di determinati comportamenti dell’essere umano attraverso le nozioni di cultura che dissemina il protagonista, ricercatore in filosofia, che sebbene non sia difficile immaginare che si esprima in termini aulici e metaforici per forma mentis, appare un po’ inverosimile che parli o pensi per similitudini e alte citazioni nella vita di tutti i giorni.

Come un’eclissi solare, tra filosofia e società contemporanea

Come Nell’orizzonte degli eventi, anche in Come un’eclissi solare, l’autore pone ancora una volta come sfondo della vicenda esistenziale del protagonista senza nome, la città di Roma, con la sua caoticità e la sua disorganizzazione, ben lontana dall’immagine di una ridente città da cartolina, come purtroppo spesso si nota sia in opere letterarie che cinematografiche. La Roma che descrive Valentini è la Roma reale dei nostri giorni. Ma a fare da sfondo all’indagine introspettiva che compie il protagonista e al suo senso di inadeguatezza e di colpa c’è anche l’attualità sociale e politica, quella probabilmente più trendy, rappresentata dal cosiddetto diritto da parte di coppie omosessuali di adottare bambini. Da uno scrittore, seppur emergente, come Valentini ci si sarebbe aspettata un’analisi più approfondita e intellettualmente onesta in relazione a questa spinosa tematica, piuttosto che inserire un riferimento politicamente corretto che asseconda lo Spirito dei tempi. Sarebbe risultato molto interessante, ad esempio, riflettere su alcune testimonianze di figli cresciuti da coppie omosessuali (alcuni dei quali, una volta cresciuti e raggiunti l’età della ragione, hanno hanno scritto dei libri a proposito della loro drammatica esperienza), su cosa vuole dire essere padre e madre, sul tentativo di annullare ogni differenza, di fare della vita la sede del diritto, dell’ossessione di avere un adorabile esserino da coccolare, sul capitalismo che consente di comprarsi, di fabbricare un figlio a chi ha i soldi (e naturalmente non vale solo per le coppie omo); scomodando Nietzsche, filosofo molto amato da Valentini, che nella Gaia scienza si chiedeva: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto piú freddo? Non seguita a venire notte, sempre piú notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione?”

Sarebbe risultato molto più stimolante l’aver unito il celebre aforisma nietzschiano “Dio e morto” alla modernissima questione delle adozioni omosessuali affrontate da un punto di vista morale e antropologico nella loro interezza. Se in Come un’eclissi solare, Valentini dimostra ancora qualche pecca nella costruzione dell’assetto linguistico del romanzo, dal punto di vista narrativo-descrittivo (affascinanti e a tratti divertenti i ritratti delle studentesse universitarie fuorisede e sempre puntuali i suoi riferimenti alla fisica e ai piccoli gesti quotidiani che ci mostrano quanto siamo influenzati dai mass-media e dalla cultura dello spettacolo), la storia si lascia seguire senza annoiare, sebbene non accada granché, il lettore è curioso di sapere come andrà a finire, se ad un certo punto i pensieri lasciano posto ad azioni. Di sicuro l’autore romano non può essere accusato di non avere stile e di non essere riconoscibile, fosse solo anche per la sua non esplicita passione anglofona.

Nell’orizzonte degli eventi, di David Valentini

Lo scrittore emergente romano classe 1987 David Valentini esordisce con un romanzo breve che uscirà a gennaio 2016 per la casa editrice Nulla Die che porta il titolo suggestivo Nell’orizzonte degli eventi. L’autore lascia per un momento da parte la poesia per affrontare la prosa attraverso una tematica dolorosa che non può riguardarci: quella della morte e della disperazione di chi ha perso una persona cara.

Daniele Baldi, studente universitario di 22 anni, muore in un incidente stradale in piena notte durante un sabato, mentre era andato in cerca della sorella diciasettenne. I genitori, Federico e Barbara, vengono a saperlo dalla polizia; Sofia, la sorella, tramite Facebook. Lo stesso giorno Massimo si sveglia dopo una sbornia e trova un’ammaccatura sulla sua auto. Al telegiornale scopre della morte di Daniele, e che l’incidente è avvenuto proprio mentre lui si trovava sullo stesso punto del Raccordo e alla stessa ora. La loro vita, semplice e senza grandi avvenimenti, viene sconvolta in un istante. Questa la sinossi del romanzo che affronta anche una questione drammaticamente attuale, quella relativa alle morti causate da incidenti stradali e purtroppo l’Italia detiene il più alto indice di mortalità.

Valentini passa in rassegna gli stati d’animo di tutti i personaggi del romanzo che hanno avuto a che fare con Daniele Baldi, dai suoi genitori, alla sua fidanzata, dalla sorella, all’uomo responsabile dell’incidente, ponendo l’accento sul doloroso sentimento del senso di colpa che li attanaglia. L’autore romano ci mostra in maniera efficace, attraverso i pensieri dei protagonisti, come un incidente di una sera possa condizionare tragicamente tre famiglie: la famiglia di Daniele appunto, colpita dal senso di colpa del padre per non avever fatto sistemare i freni della macchina, delle accuse della sorella verso la madre perché lo aveva fatto uscire a quell’ora tarda senza preoccuparsi che poteva essere stanco, e il vuoto provato dalla madre Barbara che non accetta l’innaturale perdita del figlio e ancor meno le ragioni del marito e della figlia; la famiglia della fidanzata di Daniele, Giorgia, che di lui conserva purtroppo un triste ultimo ricordo legato alla litigata che hanno avuto qualche ora prima che lui morisse a causa del trasferimento di lei a Londra per motivi di studio e la gelosia del ragazzo; e la famiglia dell’uomo che si ritiene il colpevole dell’incidente perché trovando la macchina incidentata e non ricordandosi nulla della sera precedente a poiché aveva alzato il gomito, giunge alla conclusione più semplice.

Valentini si avvale di un linguaggio semplice e diretto, intriso di (troppe) parolacce che probabilmente servono a rendere ancora più realistico il contesto socio-culturale dove si consuma la vicenda, ovvero quello di una Roma periferica contemporanea animata da personaggi tratteggiati in maniera dettagliata dal punto di vista psicologico, e di incursioni forbite a tratti stranianti come ad esempio “schiava bendata dell’iconofilia”. Il filo conduttore del romanzo è costituito da un elemento della relatività, il buco nero che tutto risucchia, dove la forza di gravità domina su qualsiasi altra forza che Valentini usa come una sorta di promemoria per il lettore, identificando nel buco nero la morte stessa, lasciandosi andare a “massime” prevedibilmente razionalistiche e materialistiche (“La morte è nulla, è vuoto cosmico”) e conferendo maggiore pessimismo alla storia. La morte ha portato prematuramente e improvvisamente via un ragazzo, il cui carattere e personalità emergono pian piano pagina dopo pagina attraverso i ricordi e i punti di vista delle persone vicine a Daniele che con lui hanno condiviso la quotidianità fatta di cose semplici come può essere la composizione di un puzzle; e proprio questo aspetto rappresenta il punto di forza del romanzo insieme allo sguardo puntuale e attento che lo scrittore rivolge all’attualità, e nello specifico al costume italiano contemporaneo.

Abbastanza scontati dal punto di vista della costruzione lessicale, ma molto verosimili se consideriamo come ci esprimeremmo noi di fronte a tragedie simili, risultano i dialoghi tra i genitori di Daniele, mentre le ripetitive imprecazioni e le elucubrazioni della fidanzata e della sorella di Daniele spesso appaiono stucchevoli e fastidiose. Non poteva mancare l’invettiva alquanto banale contro la Chiesa rappresentata dal prete che officia il rito funebre in onore di Daniele; sarebbe stato più interessante cercare di creare una dialettica tra teologia e scienza, ragionando sulla questione della teodicea, approfondendo i concetti di destino e fatalismo invece di perseverare nell’esibizione del sentimentalismo attraverso monologhi interiori e dialoghi tra i componenti della famiglia di Daniele. Valentini non tralascia la descrizione dell’ambiente che sembra partecipare allo stato d’animo dei protagonisti né rinuncia al realismo per raccontare lo scontro tra Massimo, il “responsabile” della morte di Daniele e i familiari di quest’ultimo. Non tralascia nemmeno la sua passione per la poesia inserendo un capitolo in cui presenta (soffermandovi troppo) la figura della relatrice di Daniele, la professoressa di letteratura italiana contemporanea Mariangela Barbato alle prese con uno studente pigro e con i suoi pensieri rivolti non solo alle proprie preoccupazioni quotidiane ma anche ad una studentessa anoressica. Tale inserimento con tanto di riferimenti ad uno degli autori preferiti da Valentini, ovvero Aldo Palazzeschi, argomento di studio scelto dalla professoressa, potrebbe far presumere che lo scrittore abbia voluto anche mostrare quanto sia spesso sconfortante e basso il livello di cultura e conoscenza personale dei singoli studenti che si lasciano sedurre da fenomeni editoriali del momento, come Dan Brown.

Tra espressioni e intere frasi in inglese, onomatopee e scorrerie linguistiche tipicamente fumettistiche che l’autore sfrutta per risolvere descrizioni di azioni, Nell’orizzonte degli eventi può essere definito un romanzo di coscienza, o meglio la storia della riflessione della coscienza e della memoria, purtroppo non resa in maniera originale e dirompente dal punto di vista linguistico e concettuale per quanto riguarda la trattazione della materia in sé, ripiegando su riflessioni ripetitive, a dispetto invece della lucidità con cui si offre al lettore uno spaccato sociale e culturale (manca quello politico) dell’Italia attuale.

 

 

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