Nicola Lisi nasce l’11 Aprile del 1893 nel Mugello, da una famiglia borghese e cattolica. Qui esercita la professione di geometra. Nel 1923 fonda, assieme a
Bargellini e
Betocchi Il calendario dei pensieri e delle pratiche solari, poi rivista
Frontespizio, un vero e proprio almanacco in cui si cercava di avvicinare chi leggeva alla natura e a Dio. Gli esordi ci svelano un autore favolista ed amante del teatro ma anche molto religioso, infatti il cristianesimo è alle fondamenta del suo pensiero e di ogni sua opera.
I personaggi delle sue storie sono caratterizzati da un certo candore, collocati tra mistero e fede, ”rurali”. Egli stesso fu un uomo modesto, amante della sua terra. E tutto questo traspare, senza ombra di dubbio, anche dallo stile adottato seguendo il criterio della semplicità. Lisi Partecipa alla prima guerra mondiale combattendo nel Friuli e, durante quegli anni, entra in contatto con i più illustri esponenti di alcuni caffè letterari fiorentini come quello delle Giubbe Rosse e il Caffè Paszkowski. Proprio in queste occasioni ha modo di conoscere Aldo Palazzeschi.
Nicola Lisi, autore dalla grande spiritualità religiosa, si pone come scopo quello di raccontare una realtà che è in mano alla Provvidenza ma è necessario sottolineare che in lui non ritroviamo lo ”sdegno”, Lisi non prova ad indottrinare nessuno, crede semplicemente nella verità della Grazia.
Aderenza alla realtà ed ortodossia cattolica sono dunque i pilastri su cui lo scrittore toscano si appoggia per l’immediatezza della sua scrittura che è umile perché ha bisogno di arrivare al popolo e condurlo alla riflessione e alla contemplazione. Ritroviamo, nelle sue pagine, tutta la dolcezza ed il candore di un autore che non riesce, ma soprattutto non vuole, svincolarsi dal passato, dai ricordi d’infanzia, dagli incontri per lui più significativi.
Lo scrittore racconta anche la guerra, in una delle sue opere più apprezzate e cioè Amore e desolazione, testimonianza importante dove smisurato è il suo amore per tutta la natura, custode di tutte le cose e per la sua gente: “Ma ecco, chiedo una grazia, la stessa forse di molti tra i presenti. Così penso, perché domando a Dio che Firenze sia salvata dalla guerra, mi sento dilatato in comunione e perciò uscito dall’angustia di me stesso”.
Oltre alle Favole, sua prima opera narrativa, compone anche opere di genere teatrale, fondamentali per lo sviluppo dei suoi lavori successivi. Ma il suo testo più celebre resta indubbiamente Diario di un parroco di campagna del 1942, dove, a fine della lettura, ci si aspetta quasi una rivelazione sorprendente, e che riassume i temi già affrontati nel Paese dell’anima e ne L’Arca dei semplici.
Del 1950 è La nuova Tebaide, una raccolta di racconti che vede come protagonisti gli angeli, emblema della fede e della spiritualità. Opera a metà tra il reale e il soprannaturale e sarà per questo motivo che, alcuni, quando si riferiscono a Nicola Lisi, parlano anche di ”magia bianca” e di ‘simbolismo’. L’elemento mistico e magico, infatti, non mancherà mai.
Successiva a questo periodo è l’opera La faccia della terra in cui ancora è evidente il suo stile conciso caratterizzato da interessanti e ricchi aforismi e che getta le basi per la stesura della sua opera più tarda La parlata dalla finestra di casa, un bilancio della sua esistenza, un resoconto dettagliato delle avventure più meritevoli di memoria; scritto raggiunti ormai gli ottant’anni ma degno dell’attenzione della critica perché ritenuto un capolavoro pieno di grazia e non l’ultimo sospiro di uno scrittore al tramonto, come si potrebbe pensare.
A differenza di molti suoi contemporanei, ormai sfiduciati e pessimisti, Nicola Lisi crede possa esserci un mondo migliore, un mondo oltre l’umano. All’interno di quell’ elite di ”scrittori cattolici’, possiamo ritenere che si distinse in quanto figura singolare ed autonoma, probabilmente inclassificabile. Uno scrittore, Lisi, ingiustamente incompreso. Lontano da certi stereotipi ma vicino al cuore degli uomini.