“Non ora, non qui”, di Erri De Luca

“Molti particolari non formano un ricordo, molti ricordi non costituiscono un passato.” Torniamo indietro nel tempo attraverso le parole di colui che è stato definito “lo scrittore del decennio“. Erri De Luca, in “Non ora, non qui”, opera che ci sembra di comprendere a fatica nelle sue prime pagine, ci insegna in un silenzio fatto di dolci parole, l’intimità di un ricordo forse sepolto nella memoria. Il tempo è distanza, malinconia. Una malinconia che di dolce non ha più nulla. Un tempo che torna a galla dalla memoria sepolta. Quella memoria che, forse, spesso, cerchiamo di cancellare.

Un bambino di nove anni, il dopoguerra, le difficoltà della vita, una vita crudele che non ha rispetto per niente e nessuno. Un trasloco che lo porta lontano, un primo passaggio verso quell’età adulta che una volta giunta, cerchiamo di allontanare con tutte le nostre forze. Una povertà che si cerca di combattere, di capovolgere. Vista e vissuta da lontano con la sola certezza di essere strappato dalle proprie radici, dalla propria vita, dalla sua Napoli. E poi lei. Una madre che sembra non comprendere. Un figlio lasciato a se stesso, a quelle parole che non vogliono uscire accanto a quel mondo che non sembra volerlo accettare per quello che è.

“Così si snodava il reparto familiare: genitori preceduti dalla figlia e seguiti con lieve ritardo da me.

La difficoltà nel parlare porta con se una fatica incontrollabile di avvicinarsi al mondo.  Perchè questo mondo non ammette quella sensibilità, non ora, non in questo momento. Forse mai. “Non ora, non qui.

Da bambino non ammettevo il passato.” De Luca, con quella dolcezza, quella sensibilità che ci porta ad amare ogni sua parola, ci riporta indietro. A quel rapporto materno che ha condizionato le nostre vite. A quelle paure che ci hanno reso più forti o forse solo più soli. Una solitudine difficile da combattere, impossibile da comprendere.

L’opera prima dell’autore napoletano, ci mostra una madre e un figlio, una foto, un’immagine che nella nostra mente sembra essere sbiadita, ma che diventa più chiara pagina dopo pagina, parola dopo parola. Una donna frustrata dalla propria condizione, dalla propria vita, una donna che non riesce a capire, una donna sola.

Ancora una volta ci siamo noi nelle parole dello scrittore napoletano. Siamo nei suoi protagonisti, una madre e un figlio. Siamo nelle immagini che la nostra mente crea legata ad ogni frase. Siamo nella sua malinconia, nella sua dolcezza, in una morte che sembra giungere lenta e ancora una volta legata al volto materno. Siamo in quei ricordi. In quel legame che non può spezzarsi. Siamo la madre. Siamo il figlio.

Amarezza, tristezza, bellezza. Elementi ricorrenti nelle opere di De Luca, il cui talento sta nel riuscire a coinvolgere tutti, a prescindere dall’età, dal livello di istruzione e dal ceto sociale, ma senza autocompiacenza. “Non ora, non qui” sussurra ai lettori, attraverso una scrittura colta che si nutre di filosofia che per qualcuno può risultare noiosa ma che ci fa comprendere il senso delle parole usate dallo scrittore che riflette sulla società moderna e su quello che conserviamo dentro. In questo senso il romanzo di De Luca è democratico e spiazzante nel finale.

E poi ancora un’immagine. Un finestrino di un autobus; è da li che il nostro protagonista osserva la propria madre. Ora ha sessant’anni. Torna indietro e noi con lui. Un racconto che entra nel racconto. Un momento in cui madre e figlio giungono ad essere coetanei, ma legati da quell’incomprensione che durerà fino all’ultimo istante, fino a quell’ultima parola.

Un romanzo che si presenta con una forza indistruttibile. Una lacrima che scende dopo quell’ultima frase.; è così, è inutile negarlo. Erri De Luca è lo scrittore del millennio.

“Avevi ragione, molte delle cose che mi sono accadute furono errori di tempo e di luogo, cose da dire: non ora, non qui.”

 

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