“La montagna incantata”: il ritratto della civiltà occidentale

Con La montagna incantata la letteratura europea raggiunge uno dei massimi vertici espressivi. Elegante, denso di immagini indimenticabili, cattura dal principio alla fine con un andamento onirico e dilatato. Si tratta di un’ opera di non facile lettura, che in alcuni punti accusa qualche momento di stanchezza, trascurabile se se ne considera la lunghezza complessiva.

Nell’estate del 1907 Hans Castorp, giovane ingegnere di Amburgo, si reca nel sanatorio svizzero di Davos in visita al cugino malato di tubercolosi. Hans viene attratto dall’atmosfera del sanatorio, macabra e voluttuosa, ed è felice di sapere che un malattia ai pol­moni gli impedisce di ritornare in pianura, dove gli uo­mini conducono la loro piatta esistenza. La “montagna incantata” su cui sorge il sanatorio è un luogo mitico, al di fuori del tempo, in cui tutto sembra possibile. Hans cede alla passione per una signora russa, Clowdia Chauchat, che lo lega ancor più profondamente al mondo del sanatorio.

Conosce l’italiano Settembrini, il gesuita Leo Naphta e l’olandese Peeperkorn. Attraverso il confron­to con loro si compie il lungo tirocinio pedagogico di Hans. Settembrini, razionalista e fiducioso nella scien­za e nel progresso, difensore della democrazia, crede sia suo compito sottrarre Hans al fascino della montagna e far rinascere in lui l’interesse per il mondo reale. Naph­ta, nichilista, gli oppone l’esaltazione della violenza, del terrore, della morte e morirà suicida. Peeperkorn è l’a­more istintivo e prorompente per la vita. Lo scoppio del­la grande guerra sconvolge questo mondo, fa fuggire gli ammalati e costringe Hans, dopo sette anni, a scendere dalla “montagna incantata”. In pianura egli riesce a sottrarsi al suo fascino ambiguo e sceglie, arruolandosi vo­lontario, di confondere il suo destino a quello di migliaia di uomini offesi e disperati.

La montagna incantata è un romanzo che ha qualcosa di ipnotico, la narrazione è lucidissima e al tempo stesso quasi febbricitante. Significative le pagine che raccontano le due passeggiate solitarie di Castorp, la prima più o meno ad inizio romanzo e la seconda sulla neve verso la fine, entrambe caratterizzate da ricordi, sogni e visioni dense di emozioni. Le pagine memorabili di questo lunghissimo romanzo sono, però,  innumerevoli:  “La montagna incantata” non può essere descritta o riassunta se non molto genericamente, bisogna immergersi nel mondo che propone l’autore.
La narrazione è estremamente lenta, a scandire il lento passare del tempo dei pazienti del sanatorio, ma mai noiosa. Il libro è arricchito dalle numerose riflessioni del protagonista, Hans Castorp, e dai personaggi comprimari del libro, Berens, Settembrini, Naphta, Peeperkorn.

La montagna incantata  riflette anche un’epoca ed un ambiente che non esiste più, oppure non esiste più così diffusamente come doveva essere ad inizio del secolo scorso; queste persone nobili, o comunque benestanti, che si potevano permettere di stare ad oziare, se pur in alcuni casi anche gravemente ammalate, senza fare niente. L’unica attività che diventa quindi preminente è la disquisizione filosofica, portata avanti dai vari personaggi ognuno secondo la sua indole.

In generale è un testo di enorme complessità, capace di affascinare e coinvolgere il lettore come pochi altri. L’ ambientazione è il paesaggio alpino incombente, amico e ostile, spettatore delle vicende umane che si dipanano nel villaggio. Finisce per fungere anche da autentico “personaggio aggiunto” nel memorabile capitolo “Neve” in cui Hans Castorp, prigioniero della tormenta, ha una visione onirica e tragica sul destino dell’uomo. I personaggi fanno parte di una variopinta “fauna umana” che si aggira nel Sanatorio: dal “consigliere aulico” Behrens alla enigmatica Claudia, al pedagogo Settembrini, al terribile Naphta, al protagonista Hans Castorp nel suo straordinario viaggio di iniziazione umana e culturale e più di ogni altro a Joachim, il cugino di Hans ed a Mynheer Peeperkorn. Il primo, commovente esempio di incrollabile attaccamento e fede nella propria missione umana nella sua semplicità e estrema dignità ed umiltà, rappresenta un tipo umano sempre più raro. Il secondo, la personalità Peeperkorn… che si fa amare perché incita al sorriso per le sue espressioni stereotipate. Poi Hans, all’apparenza poderoso e dominante, crolla travolto dai suoi sentimenti e dalla incapacità di suscitare la passione di Claudia e pone fine con il veleno alla propria esistenza.

Exit mobile version