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John Lennon/Plastic Ono Band è un album scarno, spoglio, drammatico e profondamente intimista. Quando, l’11 dicembre del 1970, questo misterioso oggetto fa la sua comparsa nei negozi John Lennon ha un bel po’ di demoni da esorcizzare ed un bel po’ di rospi da sputare fuori. L’infanzia difficile, i genitori inesistenti, il successo vorticoso, il divorzio da Cynthia, il distacco da Julian, l’eroina, Yoko Ono, il recentissimo e traumatico scioglimento dei Beatles: tutte tematiche profonde ed importanti che necessitavano obbligatoriamente di una valvola di sfogo.
Dietro una cover assolutamente tranquilla e rasserenante, in cui si vede la coppia distesa all’ombra di un albero sullo sfondo di un pacifico pomeriggio autunnale, si nasconde uno dei dischi più scioccanti e controversi della storia del rock. Complici le sedute di psichiatria con Arthur Janov, il teorico del primal scream (l’urlo primario), Lennon riesce ad affrontare tutti i suoi traumi esistenziali ed a imprigionarli su nastro in una esperienza catartica e liberatoria.
“Le canzoni di John uscivano dall’intimo della sua persona. Riguardavano ciò che imparavamo nella terapia primaria. Questo rinnovò la nostra vitalità: dopo John fu una persona diversa. Iniziò ad aprirsi” (Yoko Ono)
Una vera e propria terapia dunque. Ma anche una grandissima prova d’autore. Uno sfoggio di genialità senza precedenti. Solo uno come Lennon poteva trasformare temi così “pesanti” e complessi in tanto splendore musicale. Nel contempo quest’opera rappresenta anche un drastico rifiuto di tutto quello che c’era stato fino a qualche mese prima. Contrariamente allo sfarzo degli ultimi lavori beatlesiani (Sgt. Peppers, Magical Mistery Tour, The White Album, Abbey Road), Plastic Ono Band si presenta volutamente grezzo, deliberatamente semplice e privo di ogni ricercatezza musicale (più o meno la stessa cosa ha fatto Paul McCartney nel suo omonimo e coevo album solista). Inciso ad organico ridotto, “con un piccolo aiuto dei suoi amici”, Klaus Voorman al basso, il fidato Ringo Starr alla batteria, Billy Preston al piano e l’evanescente Phil Spector alla produzione, è un album praticamente unplugged, le cui sonorità si adattano perfettamente all’importanza dei contenuti. Un’angosciante “campana a morto” introduce la disperata Mother, caratterizzata da un testo semplicissimo e dalle urla lancinanti dell’autore in chiusura di brano. L’ipnotica Hold On, la tiratissima I Found Out, la rabbiosa Working Class Hero (con il celebre verso “siete ancora fottuti zotici, a quanto vedo”), la meravigliosa Isolation, la tenerissima Love, fino all’epica ed iconoclasta God ed alla terribile My Mummy’s Dead, questi brani rappresentano un viaggio attraverso le angosce ed i tormenti di uno dei più grandi artisti del novecento, nascosti dietro la facciata dell’imponente rock star; è il disco più autorivelatorio del rock. Mai nessuno, sia prima che dopo, è riuscito, né tantomeno ha osato, mettersi a nudo in maniera così totale, viscerale. E’ stato uno shock, un vero trauma vedere e sentire una delle icone del XX secolo, così squassata e dilaniata da conflitti interiori, traumi infantili e crisi personali come un essere umano qualunque.
Anche i geni soffrono e piangono a quanto pare, ma mai si sarebbe potuto immaginare cosa realmente si nascondesse dietro l’immagine perfetta di una delle personalità musicali più idolatrate della storia. Tanta sincerità va premiata. Nonostante la sua complessità e durezza, l’album viene immediatamente incensato dalla critica al momento della sua uscita ed immediatamente classificato come un capolavoro assoluto.
«Il cantato di John nell’ultimo verso di “God” può considerarsi il migliore in tutto il rock» (Greil Marcus-critico musicale)
Le vendite ottimali ne certificano il successo presso il grande pubblico nonostante contenga tematiche e sonorità assolutamente contrastanti con quelle adottate da Lennon solo qualche mese prima. Le sedute col dott. Janov e le successive session d’incisione fruttano, per dovere di cronaca, il parallelo Yoko Ono/Plastic Ono Band (dalla grafica di copertina pressoché uguale) che, ovviamente, non possiede né la forza concettuale né l’ispirazione musicale del più celebre gemello. Rabbia, rancore, dolore, disillusione, ma anche liberazione, sollievo, redenzione; in questo lavoro l’ex Beatle si getta alle spalle il passato ed assurge a nuova vita. E con lui milioni di fans ancora storditi dall’improvvisa dissoluzione dei Fab Four.