La neoavanguardia: sperimentalismo ad oltranza

La Neoavanguardia è un movimento letterario cui hanno dato vita critici e scrittori italiani sul finire degli anni 1950, con la crisi dell’entusiamo post-resistenziale, con la presa di coscienza che la situazione politica venisse a rinchiudersi e con la messa in discussione della “teoria del rispecchiamento” (propria del neorealismo che aveva dato vita ad opere come Cristo si è fermato a Eboli, Uomini e no, Se questo è un uomo) da parte della fenomenologia e dello strutturalismo. È nel campo letterario il riflesso più vistoso del generale impulso alla modernizzazione che ha investito la cultura italiana nella seconda metà degli anni 1950. L’ impulso a favorire l’incontro con nuove discipline e indirizzi di pensiero quali la sociologia, l’antropologia, la linguistica, la psicanalisi e la fenomenologia, apre le porte ad un consistente aggiornamento scientifico nel lavoro dei critici, a cui segui anche il rifiuto della letteratura allora in auge.

Autori come Giorgio Bassani, Carlo Cassola, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini sono accusati di tradizionalismo provinciale e disimpegno intellettuale. La neoavanguardia recupera l’audacia sperimentale delle avanguardie storiche, innanzitutto del futurismo, battendosi per la definitiva consacrazione di Carlo Emilio Gadda. L’ingegnere milanese è assunto a paradigma del nuovo, insieme ad una programmatica rinuncia alla comunicazione e ad uno sconvolgimento dell’ordine linguistico. In una realtà negativa la neoavanguardia vede la poesia come «mimesi critica della schizofrenia universale, rispecchiamento e contestazione di uno stato sociale e immaginativo disgregato». La tesi della nuova scuola è un nuovo concetto del rapporto ideologia-linguaggio che dà luogo allo sperimentalismo ad oltranza nella lirica e nella narrativa. Tutto per negarsi al consumo promosso dall’industria culturale e per smascherare la falsità dei modelli di comunicazione imposti dallo sviluppo neocapitalistico.

La neoavanguardia vuole contestare il carattere ideologico della comunicazione linguistica e della struttura economica e sociale da cui la comunicazione deriva. Edoardo Sanguineti (1930) genovese, organizzatore teorico della neoavanguardia, in Ideologia e linguaggio (1963) e in Avanguardia, società, impegno (1966), riconosce la mercificazione della comunicazione linguistica e dell’opera d’arte perché esse dipendono dal mercato capitalistico. L’arte dell’avanguardia vive brevemente, rompendo col suo grido la mistificazione capitalistica. Come poeta di neoavanguardia, Sanguineti scompone la collocazione delle parole tenute legate dai segni convenzionali, le allinea in modo mistilingue mescolando latino medievale, greco, neologismi scientifici, cifre alfabetiche e numeriche, rappresentando così il caos schizofrenico, la nevrosi del tempo vissuto. Lo sconvolgimento linguistico é perciò un’omologia strutturale della realtà che sconvolge la coscienza, così come era avvenuto col futurismo o con il surrealismo (come si può notare nell’opera sperimentale Laborintus)

Il principale luogo di elaborazione di tali idee sono le riviste. In particolare <<Il Verri>>, rivista fondata nel 1956 da Luciano Anceschi; importanti contributi provengono anche dalle pagine di <<Menabò>>; e dalle riviste <<Malebolge>>, 1963-67, <<Il Marcatré>>, 1963-72 e <<Grammatica>> del 1964.
La coscienza di aver giocato un ruolo fondamentale nell’aggiornamento della letteratura italiana rispetto la resto della letteratura europea e del mondo è sempre accompagnata dalla consapevolezza che il paradigma culturale con il quale ci si stava mettendo al passo non era esattamente ‘novissimo’. Esemplare è quanto scrive Giorgio Celli parlando del ‘parasurrealismo’ di <<Malebolge>>:

“Il nostro paese non aveva potuto vivere l’esperienza surrealista […] Si poteva far qualcosa per colmare questo gap culturale?” La risposta è chiarissima: “[…] non era più lecito essere dei surrealisti in senso proprio, se negli anni Sessanta Breton era ormai un fossile storico. […] Volevamo, insomma, rivisitare da filologi, e riprodurre da falsari, la poetica e i metodi del surrealismo storico” proponendone “una rilettura, in chiave, per così dire, manierista”.

Angelo Guglielmi scrive:

“Ritenemmo (e lo facemmo), che fosse necessario aprire le nostre lettere, fin lì chiuse in un provincialismo non più pregnante, alle grandi correnti del pensiero moderno, dalla psicanalisi, alla fenomenologia alla teoria della relatività di Einstein, dallo strutturalismo alla semiologia, al formalismo russo, alla Scuola di Praga, alla linguistica che oltralpe, in Francia, in Germania, in Inghilterra, erano da tempo vive e operanti e avevano condizionato e nutrito i grandi capolavori della modernità dalla Waste Land di Eliot, ai Cantos di Pound, all’Ulysses di Joyce, all’Uomo senza qualità di Musil, al Processo di Kafka, alla Ricerca di Proust. Questi e molti altri appartenenti alla stessa temperie culturale erano i testi che allora leggevamo e tenevamo a modello”.

La cultura dei ‘Novissimi’ si fonda in larga misura su opere di filosofia, di etnologia, di antropologia culturale, di psicoanalisi, di linguistica, di semiotica e perfino di fisica e di economia; fra gli autori più frequentati ci sono Marx, Freud, Jung, Saussure, Gramsci, Husserl, Heidegger, Wittgenstein, Lévi-Strauss, Foucault, Althusser, Derrida.
Con la “scoperta” della centralità del linguaggio e con la questione della “riduzione del soggetto” i Novissimi hanno toccato un punto centrale dell’arte contemporanea. Tuttavia, hanno probabilmente scelto soluzioni difettose, che ne limitano il campo d’azione, basti pensare all’elaborazione di un linguaggio incomprensibile, incapace di comunicare ai più, ma appannaggio degli specialisti della letteratura.

A Lost Lady di Willa Cather, un viaggio nel passato

 

A Lost Lady è un romanzo della scrittrice Willa Cather, pubblicato nei primi del Novecento, nel momento in cui la scrittrice manifesta il suo risentimento nei confronti della standardizzazione che caratterizza la vita dei figli dei pionieri. La Cather scruta preoccupata sulla linea d’ombra i segni dei tempi, la corsa all’esteriorità e alla ricchezza. Quest’ultima diviene l’emblema degli anni Venti americani prima della crisi. La Cather avverte la sua disillusione nei confronti della vita moderna e del mondo che la circonda, al punto da sentirne la crisi. I suoi valori divergono da quelli del consumismo e del materialismo, propri della machine-age. La nuova cultura priva di ideali è animata da arrivismo, arroganza e da una darwiniana selezione naturale. Ciò che deriva dal passato è inevitabilmente modificato e limitato alle apparenze. In A Lost Lady, esponenti di queste due differenti culture sono Captain Forrester e Ivy Peters. Il primo, fedele ad un’economia locale fondata su rapporti di amicizia e lealtà; il secondo proiettato verso un’economia nazionale. Lo scontro tra ideale e reale, presente e passato, maschile e femminile, il difficile rapporto dell’uomo con l’ambiente che lo circonda costituiscono il filo conduttore di tutto il romanzo.

Willa Cather per data di nascita e appartenenza spirituale è scrittrice di quella generazione collocata tra la guerra civile americana e l’età del jazz: in quella linea d’ombra di cui è simbolo l’espansione della strada ferrata nella prateria, che unisce e separa l’età della società rurale dei farmers buoni e uguali dall’esplodere successivo della ricchezza e della potenza protese sul mondo intero. Questa generazione va verso Est e verso l’Europa (sulle orme di James, Edith Wharton, Gertrude Stein e gli altri «espatriati») a cercare nelle più remote radici le ragioni dell’oggi; oppure si volge verso l’Ovest, il cuore rassicurante dell’America, la piccola comunità dai toni minori, dai colori tenui del crepuscolo, ma con dentro la forza della vera grandezza. Willa Cather va verso l’Ovest, cercando di cogliere la vera beltà degli anni migliori, oramai spazzati via dal presente che porta dentro di sé un’ombra tremula fatta di incertezza.
Filo conduttore della sua produzione letteraria è la lotta dell’uomo sensibile e creativo contro l’ambiente naturale o sociale che lo circonda. La figura del pioniere, dell’artista e del santo assolvono la medesima funzione. La Cather descrive la lotta per la sopravvivenza fisica ma anche intellettuale in una natura selvaggia ed ostile. Ciò determina una serie di conflitti e opposizioni che la romanziera delinea mediante un approccio narrativo che, pur risentendo della tendenza realistica e regionalistica, non può essere relegato nell’ambito del provincialismo, né tanto meno nei limiti estetici del realismo. L’interesse della Cather per la produzione letteraria di Sarah Orne Jewett e di Flaubert rivela la doppia natura della sua arte. L’idea di un mondo fondato su valori semplici, di stampo jeffersoniano, è distrutta dal progresso e quei sogni, scontrandosi con la realtà, divengono amare delusioni. La caducità dei sogni e degli ideali è uno dei temi narrativi che attraversa opere quali My Ántonia, O Pioneers, A Lost Lady.

L’autrice, pur utilizzando un narratore onnisciente (sul modello del romanzo ottocentesco) evita che il suo sguardo miri alla descrizione minuziosa ed imparziale. La voce narrante riporta il lettore quaranta anni prima, in una cittadina del Nebraska chiamata Sweet Water. Sweet Water è un nome parlante dal valore simbolico e suggerisce una duplice connotazione. Una idilliaca, determinata dallo scenario naturale che circonda casa Forrester; l’altra meno sognante. Infatti, al concludersi di un’epoca, tale idillio diviene apparente e la dolcezza evocata è ormai perduta per sempre. Basti pensare all’incedere della ferrovia (simbolo del progresso) che minaccia la prateria.

A Lost Lady è un viaggio nel passato, animato dai ricordi che ruotano intorno a casa Forrester. La Cather ritiene che la gioventù coincida con il tempo delle aspirazioni, del desiderio e delle passioni e che sia l’origine di ogni impulso creativo. Ritorna spesso nei luoghi dell’infanzia, in modo da creare visioni romantiche di ciò che è oramai perduto. Il passato rappresenta per lei una miniera letteraria e un mezzo per ritornare a se stessa. Il passato rappresenta per l’autrice una fonte d’ispirazione ma è attraverso la scrittura che se ne appropria e ne prende pienamente coscienza, poiché per la Cather nulla è realmente perduto o inutile. Il flashback è la tecnica narrativa che permette all’autrice di mostrare la funzione del passato sul presente, diventando in alcuni casi più importante dell’azione stessa.

Il romanzo comincia con la distinzione tra due classi sociali: gli agricoltori, che sono a Sweet Water per guadagnarsi da vivere, e i proprietari terrieri, che investono del denaro ma che sancirà il declino di un mondo. La ricchezza dell’aristocrazia locale non è evocata attraverso il denaro, bensì per mezzo della natura selvaggia, che potrebbe diventare una risorsa economica e che il Capitano si ostina a tutelare per il suo valore estetico. La distruzione dello scenario naturalistico coincide con la transizione del potere da un’epoca culturale ad un’altra.
Mrs Forrester è uno dei pochi personaggi all’interno del romanzo ad aver compreso in quale modo sia mutata la società. La Cather ha dotato di pragmatismo una figura femminile e ciò costituisce una scelta da non trascurare. Mrs Forrester non cede a facili imbarazzi in compagnia maschile, è disinvolta e di ottima compagnia. Nel suo agire è agli antipodi di Madame Bovary. Quest’ultima si è educata alla vita e all’amore attraverso le letture sbagliate, perdendo di vista la linea di demarcazione tra reale e finzione letteraria. Non disdegna la vita mondana, l’essere corteggiata e l’amare perdutamente come nelle tragedie, sino a morirne. Mrs Forrester è più realista, non rincorre l’amore ma conquista uomini ricchi in grado di garantirle quel che desidera. Interpreta il ruolo di moglie premurosa, ma la Cather, esaltandone i gesti, gli angoli del viso, gli sguardi e gli occhi, fa intuire che il suo animo cela una verità che il lettore è in grado di apprendere solo in parte. Mrs Forrester è forse uno dei personaggi più complessi del romanzo e intensificarne il mistero contribuiscono le sfumature che la Cather aggiunge in ogni capitolo. È possibile percepire la crisi dei valori nella società moderna attraverso questa singolare eroina e non attraverso Neil o il Capitano. Infatti, nei personaggi maschili non esiste una maturazione o una reazione al progresso e ai suoi valori antidemocratici. Neil appartiene per data di nascita e per educazione alla nuova generazione, anche se non ne condivide i valori; il Capitano è talmente ancorato ai valori jeffersoniani e al passato da non avvertire quanto i tempi siano mutati. Le contraddizioni e la crisi d’identità sono da ricercare in Mrs Forrester e l’aver reso una donna la depositaria di un disagio, rende più complessa e difficile la sua realizzazione sociale.

L’autrice si oppone agli stereotipi letterari e ne mostra i pericoli, anche se in modo meno critico rispetto a Virginia Woolf e Katherine Mansfield, le quali affrontano la critica agli stereotipi da una prospettiva femminile (e femminista). Non c’è progresso, cambiamento e sviluppo laddove si riscontri un idealismo nutrito da sentimentalismo. La Cather mostra che ogni forma di idealismo fa perdere il contatto conoscitivo con il presente e non permette di cogliere la vera essenza delle cose.
In A Lost Lady un ulteriore nucleo tematico è costituito dal rapporto tra l’uomo e la natura. Si riscontra che non è possibile alcuna relazione costruttiva poiché l’uomo distrugge le lande selvagge in nome del progresso e si arricchisce per mezzo di tale distruzione. L’importanza che la Cather attribuisce alla natura è rintracciabile nel suo interesse per Emerson ed il trascendentalismo. Emerson propone un abbandono emotivo dell’uomo alla natura per conquistare la libertà e prendere coscienza del proprio esistere. L’uomo diviene incapace di valori positivi quando perde ogni rapporto con la Natura e la distruzione dell’ambiente naturale che lo circonda coincide con l’inaridimento del proprio animo, con l’incapacità di amare e con il rendersi fautore di nefandezze e crudeltà.
La seconda parte del romanzo coincide con il senso di decadenza poiché le illusioni che caratterizzano la prima parte sono qui inevitabilmente perdute. La giovinezza, gli ideali, la speranza, l’amicizia, il piacere di inebriarsi della natura appartengono al passato, il presente coincide con la perdita e la presa di coscienza da parte di Neil dell’ineluttabilità degli eventi (e del destino umano). Il gusto estetico che tutelava l’ambiente naturale è ora sostituito dalla distruzione e da un utilitarismo nutrito da una spregiudicatezza che annienta ogni idealismo. Tutto sommato, i pionieri hanno distrutto per primi le foreste per costruire delle fabbriche di fiammiferi, si sono sostituiti ad una cultura preesistente con violenza ed arroganza; la nuova generazione è figlia di quella precedente, ne ha ereditato i valori ma, a differenza dei progenitori, evita ogni idealismo e ipocrisia. Gli ideali si rivelano inutili se il fine è il medesimo: la sopravvivenza del più forte.

Il personaggio di Mrs Forrester è ben lontano dalle eroine che tentano di affermarsi socialmente attraverso la propria indipendenza economica e la coltivazione del proprio intelletto, come il personaggio di Olive in The Bostonians di H. James. Non si può cogliere in Mrs Forrester nessuna emancipazione ma una trasgressione alle convenzioni. Per esempio, non approva che le donne fumino, poiché secondo lei il fascino femminile risiede nella diversità dagli uomini. Si può cogliere una nota polemica dell’autrice nei confronti del movimento femminista, che, proponendo pari opportunità per le donne, più che rappresentare un incentivo per l’innovazione sociale mediante una profonda adesione ideologica, è stato da molti limitato ad un atteggiamento superficiale. La Cather prende le distanze da ogni scelta suggerita da una tendenza comune e dimostra che la vera libertà comincia dall’essere. Inoltre, Mrs Forrester è consapevole dell’importanza del denaro, ma non lo usa per raggiungere una propria autonomia, come propone la Woolf in Una Stanza Tutta per Sé, ma per una felicità materiale comunque raggiunta attraverso un uomo.

La realizzazione personale di Mrs Forrester è determinata sempre da un uomo e di volta in volta ne eredita i valori. Mrs Forrester ha un’unica ansia: il tempo. Tenta di fermarlo vivendo intensamente e non accettando di invecchiare, in seguito truccandosi in modo eccessivo apparirà grottesca, simile ad una donna da saloon. In lei è assente ogni tentativo di emancipazione, poiché il suo agire si rivela frivolo e limitato alla mondanità.
Attraverso un’attenta forma di costruzione, la Cather conferisce al romanzo una grande intensità narrativa. La conclusione aperta, la mancanza dell’happy end e di precetti da seguire riproducono la condizione dell’uomo moderno che mutando «si è fatto frammentario ed elusivo». L’autrice non prende una posizione predeterminata verso i personaggi e le vicende che descrive; ma cerca una sintesi ed unità attraverso di essi.

La Cather riproduce abilmente il colore locale e i dettagli della vita di frontiera nel Midwest, che in parte conosce per esperienza personale, senza rinunciare al ricorso alla propria immaginazione. A tale proposito non si può ignorare la teoria del romanzo da lei sostenuta e l’importanza che attribuisce all’immaginazione. Quest’ultima contribuisce a rendere il processo artistico qualcosa di misterioso che non può essere misurato dal ragionamento. Facendo tesoro della lezione di Poe, Willa Cather riesce a materializzare un tono o un’atmosfera in immagini precise, inserendole in una scenografia. La «magical memory» rappresenta per la scrittrice una fonte d’immaginazione, poiché senza il potere creativo di quest’ultima, la memoria non potrebbe produrre opere d’Arte. La romanziera ricorre alla semplificazione, alla riduzione della storia a favore della scena e all’immaginazione per occuparsi del campo riflesso della vita, del mondo dell’interiorità, de «l’umana fragilità e sofferenza».
All’interno del romanzo si possono riscontrare numerose opposizioni tra: la campagna e la città, il genio artistico e la mediocrità, la natura e l’artificio, l’ordine e il caos, il maschile e il femminile. Ma il conflitto più grande resta quello tra la mediocrità e l’eccellenza, tra il pretenzioso e la mente colta, tra l’imprigionamento dello spirito umano in preoccupazioni grette e ridicole e il suo appagamento attraverso la liberazione di forze creative mediante l’Arte, la natura e le relazioni umane.

Nemici dell’Arte sono la cupidigia, il conformismo, la passività e la mediocrità, che caratterizzano i personaggi in A Lost Lady. La Cather indaga le conseguenze di questi nemici dell’energia creativa in molteplici aree tra loro differenti quali le relazioni umane e gli eventi sociali. C’è spesso nei racconti di Willa Cather, un’immagine di delicata bellezza che ci viene presentata al principio della narrazione, tratteggiata per mezzo di successive pennellate brevi e precise, che insistono sullo splendore e l’intensità di uno sguardo o sui chiaroscuri di uno spazio interiore. Ma man mano che quell’immagine diviene nitida nella mente del lettore, si avverte l’aleggiare di qualcosa d’ignoto e grigio, come il progredire di un’ombra.

Willa Cather riserva grande attenzione allo stile, riuscendo a misurarsi con immagini di povertà e di squallore materiale. La convinta riproposta del mito americano del self-made men è corredata dalla postilla per cui la vita da liberi pionieri dev’essere concreta, essenziale, persino frugale. Così su un isolotto sperduto del Nord Atlantico o nelle praterie del Nebraska o nel caos di New York, il passo attento e leggero dello stile della scrittrice ci accompagna mostrandoci la trama e l’ordito delle esistenze, il farsi e disfarsi dei destini. Ed è bello regolare la nostra andatura di lettori sulla melodia del suo stile.

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