“Anima e Carbonio”: Arturo Caissut torna il libreria con una raccolta di racconti

Anima e Carbonio, pubblicata dalla casa editrice L’Orto della Cultura è la raccolta di racconti di Arturo Caissut.

Lo scrittore, nato a Monfalcone (GO) il 25 dicembre 1984, è un Ingegnere Biomedico e imprenditore. È titolare di una società di consulenza aziendale.

Ha all’attivo diversi premi letterari per racconti brevi e poesie, tra cui nel 2021 il primo premio al concorso 88.88 dell’associazione culturale, nel 2022 al concorso letterario Scienza Fantastica e al premio letterario Arthè, nel 2023 al premio letterario Beyond Borders.

Ha pubblicato racconti brevi sulla rivista Crack! (Il Grande Freddo), su quella edita dall’Agenzia Letteraria Pastrengo (La ragazza del primo banco) e sulla rivista Blam (25 dicembre 1992), oltre che in diverse antologie derivanti da premi letterari. Ha autopubblicato nel 2021 il racconto lungo Perdere il filo.

Anima e Carbonio: Sinossi

Nel 2023 ritorna in libreria con Anima e Carbonio per la Collana Adulti.

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Alberto aprì gli occhi e la scritta scomparve. Li richiuse.

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Di nuovo la dannata scritta: quattro righe incomprensibili, incise a caratteri bianchi sullo sfondo nero dipinto dalle sue palpebre chiuse. Era questo che si provava a essere pazzi? Vedere o sentire cose che non esistono: che cos’era la pazzia se non una patina di irrealtà troppo spessa per essere perforata dalla Ragione? Alberto aveva passato una vita a ridere di gente che credeva di essere Napoleone, a giudicare dall’alto in basso complottisti, paranoici, squilibrati assortiti. Ora che si trovava dall’altra parte della barricata però non aveva voglia di scherzare: ora che il pazzo era lui la cosa gli sembrava serissima. Chi, se non un pazzo, chiudendo gli occhi avrebbe immaginato una scritta del genere? Attorno la vita sembrava procedere noncurante: il gelo invernale non si era fatto vivo quell’anno, si vedeva al massimo qualche chiazza di brina sull’erba al mattino e quasi non pareva di essere in febbraio.

Con dieci storie visionarie e sapientemente costruite, l’autore friulano ci guida nella dimensione più affascinante della fantascienza, quella che oltre a ipotizzare il domani offre l’opportunità della riflessione per l’implicita correlazione con l’oggi.

“Questa raccolta è il risultato di diversi anni passati a inventare storie per passione, senza mai pensare alla pubblicazione ma dedicandomi alla scrittura fine a se stessa – ha spiegato Caissut –. Quella del racconto breve è la forma che mi è più congeniale, e anche se ho un paio di bozze di romanzi nel cassetto è proprio concentrandomi sui racconti che ho cominciato pian piano ad affinare le mie capacità e a ottenere qualche soddisfazione letteraria. Quando è arrivata da L’Orto della Cultura la proposta di pubblicare una monografia ho scelto come filo conduttore quello dell’Umanità e del suo rapporto con la tecnologia, un tema di cui mi occupo da diversi anni anche in ambito lavorativo. Alcuni dei racconti presenti sono stati scritti molti anni fa, per poi essere rivisti, aggiornati, riscritti da zero, fino ad assumere la forma che hanno oggi; altri sono stati invece scritti espressamente per Anima e Carbonio. Non credo nella suddivisione netta in generi letterari, dunque non ho mai deciso consapevolmente di occuparmi di fantascienza: ho semplicemente scritto dei racconti la cui ambientazione più ovvia era quella di un futuro più o meno probabile e più o meno remoto. Diversi miei racconti nascono da un’attività che in quanto Ingegnere è per me naturale: interrogarmi sul ruolo della scienza e della tecnologia e sul loro possibile impatto sul nostro futuro. È però l’Uomo a interessarmi e a essere realmente al centro di queste storie: androidi, stazioni spaziali e cataclismi vari servono soltanto come cartina tornasole, sono una scusa per parlare di quello che ci rende umani e di quanto sia importante tenercelo stretto”.

Protagonista indiscusso è infatti l’Uomo – forma di vita a base carbonio caratterizzata da ciò che alcuni chiamano “anima”, da cui il titolo della raccolta – calato in altrettanti contesti di alienazione futuristica: storie che analizzano il rapporto tra le persone, la Terra e il resto dell’Universo, tra scenari distopici e disumanizzanti, intelligenze artificiali autosufficienti, annunciate apocalissi che costringono i protagonisti e il lettore a porsi interrogativi sull’essenza delle persone e delle cose.

Dieci racconti che prendono corpo nel futuro, ipotizzando l’imponderabile domani e la sottintesa responsabilità di chi lo determina. Prospettive senza approdo di quiete interiore, ma dal comune algoritmo di possibile redenzione: quello non ancora codificato dell’essere umano.

https://www.ortodellacultura.it/negozio/anima-e-carbonio/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

‘Siamo rimaste nude nello specchio’, l’antologia di racconti al femminile di Emilia Testa

Per la casa editrice torinese Giovane Holden Edizioni è uscita in libreria una raffinata antologia di racconti a opera della scrittrice Emilia Testa. L’opera, evocativa fin dal suo titolo, si chiama “Siamo rimaste nude nello specchio” e si fa carico di raccontare una sequenza di appassionate – e talvolta dolorose – storie che hanno donne per protagoniste. Donne che amano troppo, donne che ancora non hanno imparato ad amare, ma soprattutto donne che non ricevono amore.

L’opera di quasi duecento pagine è una lettura che intende mettere luce sui sentimenti delle donne – spesso non raccontate con l’attenzione che meriterebbero. Con una elegante prefazione a cura della scrittrice Viola Conti e uno stile degno di nota, Emilia Testa regala ai lettori uno spettro di storie che se da un lato garantiscono qualche ora di puro piacere letterario, dall’altro invitano a riflettere a fondo sui numerosi temi trattati.

Le ambientazioni di “Siamo rimaste nude nello specchio”

I luoghi in cui si svolgono le vicende narrate nei racconti che compongono l’antologia di Emilia Testa non sono sempre gli stessi (e non sempre sono reali). Ma se è vero che le cinque storie narrate trovano luogo soprattutto sul territorio italiano, in alcuni racconti lo spazio fisico incontra quello mentale e irrazionale, laddove i pensieri e i sentimenti prendono il sopravvento. Perché tutto, nelle narrazioni di Emilia Testa, si divide in ciò che esiste ed è tangibile, e ciò che invece anima le menti e i tormenti delle protagoniste. In questo senso, ogni parola scritta da Testa sembra rimandare in un altrove, costituito di messaggi profondi – di libertà, uguaglianza ed emancipazione – nascosti tra le righe di tutti i racconti che compongono la silloge.

L’epoca è sicuramente la contemporaneità: anche per questo ai lettori è offerta la possibilità di immedesimarsi perfettamente con il vissuto dei personaggi. Personaggi giovani, adulte, oppure smarrite in un’età in cui non si riconoscono, accomunate da un amore viscerale nei confronti delle altre donne. Ma spesso si incontreranno anche personaggi tormentati, irrisolti, che attendono di raggiungere nuove consapevolezze attraverso luoghi e percorsi che esse non prevedevano. Poiché le donne-eroine di “Siamo rimaste nude nello specchio” più che dalle azioni, sono guidate dai sentimenti, dalla scoperta di sé, da ciò che irrompe nelle loro vite e le cambia per sempre.

Merita riflessione particolare il posto di rilievo offerto alla psicologia dei personaggi. Ogni eroina (o anti-eroina) presentata nei racconti ha un suo passato evidente, un trascorso che le conduce dall’esordio dei racconti di cui Testa le rende protagoniste, fino alle chiusure, sempre a effetto, mai scritte per riempire – da cui si possono ricavare i sopraccitati messaggi alti dell’autrice.

Tra i temi principali trattati all’interno dell’opera non si può evitare di menzionare in primis l’amore, la sofferenza, la giovinezza, ma sicuramente ciò che più di tutto accomuna le donne che vivono tra queste pagine, è il coraggio che le guida fino a scoprirsi nuove cittadine delle loro esistenze. Spesso padrone assolute dei loro passi – e quando non lo sono, lo diventano in un universo altro, quello emotivo, filtrato esclusivamente dalla loro percezione e volontà.

C’è un messaggio abbastanza evidente che si dipana tra le duecento pagine dell’opera, ed è sicuramente quello riservato all’amore libero: un amore che non ha definizioni, spesso osteggiato, e che si fonda solo e unicamente sul concetto d’amore. Un amore sempre più dibattuto con
orgoglio e che Emilia Testa rende fulcro dell’opera, dove non ci sono convenzioni né obiezioni: poiché “amore è dove amore si fa”.

Lo stile scelto da Testa per la scrittura del suo libro è molto letterario: ricco di similitudini e metafore – che rimandano sempre a riflessioni più alte rispetto a quelle espressamente affrontate; ma nonostante l’utilizzo di un linguaggio formale, l’autrice non rinuncia a ricorrere a uno più informale, simile al parlato, animato da dialoghi perfettamente costruiti, a cui si alternano descrizioni e riflessioni – mai troppo ridondanti e sempre pertinenti, attese.

 

Premio Letterario L’Avvelenata edizione 2023

Il “Premio Letterario L’Avvelenata” è un concorso letterario nazionale, di seguito “il Concorso”, che mira a valorizzare la cultura attraverso l’arte e la scrittura, fondato al fine di premiare e promuovere le migliori opere presentate. Il bando ha lo scopo di creare momenti di confronto e di approfondimento su temi sociali e culturali, nonché di intrecciare nuove reti di connessioni editoriali e artistiche sul territorio.

Questo Premio è dedicato alle parole, alle immagini e ai sentimenti di creative e creativi di ogni età, al fine di condividere emozioni e dialogare attraverso la sensibilità artistica e intellettuale di ciascuno.

Il Concorso ha il Patrocinio Culturale di WikiPoesia; ed è creato in collaborazione con Salmace, Bomarscé, Crocevia, Pessime Idee, Tlon, Scuola Romana dei Fumetti, RISME, Penelope Story Lab, Il Menu della Poesia, Poetesse: Donne da Ricordare, L’indi, Lo Spazio Bianco, Spoken Poetry Slam, Cusano Media Group, Radio Zainet e AĒ Autori. Presidenti di Giuria: Daniele Mencarelli – vincitore Premio Strega Giovani 2020, Alessandra Carati – finalista Premio Strega 2022 e Paolo Zardi – candidato Premio Strega 2015 e 2021.

REGOLAMENTO

1. MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE
1.1 Il Concorso è a tema libero. Si può partecipare con racconti, poesie, romanzi e fumetti (di seguito “le Opere”). Non è previsto un numero massimo di Opere da poter inviare. Le Opere possono essere inedite o edite in base alla sezione.

1.2 Possono partecipare autori e autrici di tutte le età, italiani e stranieri.

1.3 Le Opere delle sezioni B, C e D di seguito riportate potranno avere già ottenuto riconoscimenti e premi in analoghi concorsi letterari o risultare pubblicate in siti o antologie, sempre che l’autore/autrice sia titolare dei Diritti d’Autore e comunque sollevando l’Associazione da qualunque responsabilità in merito.

1.4 Il Concorso si compone di più sezioni:

❖ SEZIONE A – Racconto Inedito Ogni Autore/Autrice, di qualsiasi età, può partecipare con uno o più racconti. Lingue ammesse: italiano e qualsiasi altra lingua o dialetto purché ne segua la traduzione in italiano. Sono ammessi racconti anche in forma di fiaba o di lettera. Il racconto deve comporsi di massimo 20.000 caratteri spazi compresi (è consentito margine di tolleranza a giudizio della giuria).

❖ SEZIONE B – Racconto Edito Ogni Autore/Autrice, di qualsiasi età, può partecipare con uno o più racconti. Lingue ammesse: italiano e qualsiasi altra lingua o dialetto purché ne segua la traduzione in italiano. Sono ammessi racconti anche in forma di fiaba o di lettera. Il racconto deve comporsi di massimo 20.000 caratteri spazi compresi (è consentito margine di tolleranza a giudizio della giuria).

❖ SEZIONE C – Poesia Edita e Inedita Ogni Autore/Autrice, di qualsiasi età, può partecipare con una o più poesie. Libertà di stile e di metrica. Lunghezza massima 50 versi (è consentito margine di tolleranza a giudizio della giuria). Lingue ammesse: italiano e qualsiasi altra lingua o dialetto purché ne segua la traduzione in italiano.

❖ SEZIONE D – Fumetto Edito e Inedito Ogni Autore/Autrice, di qualsiasi età, può partecipare con una o più storie. Ogni storia a fumetti può essere composta da un massimo di quattro tavole, a tema libero, di autore unico (sceneggiatore e disegnatore). Lingue ammesse: italiano e qualsiasi altra lingua o dialetto purché ne segua la traduzione in italiano.

❖ SEZIONE E – Romanzo Inedito Ogni Autore/Autrice, di qualsiasi età, può partecipare con un solo romanzo di genere giallo. Lingue ammesse: italiano. Il romanzo deve comporsi di massimo 180.000 caratteri spazi compresi (è consentito margine di tolleranza a giudizio della giuria).

Per maggiori info: Bando 2023 – II ed. Premio Letterario L’Avvelenata (1).pdf

“La vita resta negli occhi”: Francesca Crippa esce in libreria con una raccolta di racconti

Francesca Crippa ama le parole che raccontano emozioni. Parole da annusare, sfiorare, sentire. Parole da vivere. È da qui che nasce il suo libro La vita resta negli occhi, edito con Chance Edizioni per la collana Scrittura Spontanea.

Nel 2017 Francesca Crippa ha creato il blog Io ti scrivo alle 18, dedicato a storie brevi, componimenti poetici, reportage e interviste. Da quindici anni opera nel mondo della Comunicazione, in qualità di Communication Manager per aziende nazionali e internazionali e come Copywriter per agenzie pubblicitarie, di pubbliche relazioni e comunicazione digitale. Tiene corsi di scrittura professionale e creativa in collaborazione con associazioni culturali e amministrazioni comunali. È Docente di Comunicazione e Marketing presso enti, fondazioni e istituti di formazione professionale.

La vita resta negli occhi: sinossi

La vita resta negli occhi- Copertina del libro

La sirena.

Mi hai trascinato qui, chissà il perché. Come se lo sentissi, che dentro questi granelli ho lasciato frammenti aguzzi di me. Hai preso a correre inseguendo il volo errante di un gabbiano e ti sei bloccato con la coda dritta, le pupille vispe dentro la linea dell’orizzonte, come quando avverti la merla cantare nell’alba dei nostri boschi. Questo mare è così calmo, oggi. Le onde sono tocchi di polpastrelli timidi. Mi ricordano le sue mani,bianche, magrissime. Venivamo qui nelle sere di metà giugno, a guardare i bagnini che disponevano le file perfette delle sdraio, mentre la spiaggia si preparava alla folla dell’alta stagione e la riviera si ridestava tra echi altoparlanti e odori di pesciolini fritti. Lei bimba di mare. Io ragazzino di campagna in vacanza coi nonni. Ogni anno a ritrovarci sulla battigia. A Passare l’estate delle nostre minuscole vite. L’ho sfiorata lì, la mia felicità, ma l’ho capito tanto tempo dopo. L’ho saputo con certezza quando lei, sulla battigia, non è venuta più. “Bianca, intendi?” mi disse una volta la signora dei ghiaccioli.

Si tratta di una raccolta di 82 racconti brevi. Come attimi. Come morsi. Assaggi di esistenze che scorrono e lasciano segni indelebili tra la pelle e il cuore.

Ogni storia è un piccolo mondo, che parla a noi e di noi. Ogni storia dipinge i personaggi e le loro vicende, relazionali ed emotive, che costituiscono un caleidoscopio di sensazioni nelle quali perdersi e ritrovarsi, sentirsi pungere e subito dopo abbracciare.

“Prima del libro è nato un blog – racconta l’autrice. L’ho creato nel 2017, con il titolo Io ti scrivo alle 18, perché tutto è iniziato come un appuntamento quotidiano di scrittura creativa: ogni giorno pubblicavo, alle ore 18, una breve storia ispirata a una mia fotografia. Desideravo condividere con le persone un insieme di suggestioni, attimi di vita: volevo che ogni giorno i miei lettori avessero a disposizione uno spunto narrativo e di riflessione, che arrivasse puntuale, magari al termine di un’intensa giornata lavorativa. In una società che corre a un ritmo elevato, a tratti frenetico, mi piaceva l’idea di regalare una parentesi di tranquillità, di consapevolezza. Molti mi dicevano e mi dicono che “non hanno tempo di leggere”, per questo ho pensato alla formula del racconto brevissimo, rapido e immediato nella fruizione, ma profondo e permanente a livello di emozioni trasmesse. Negli anni il blog si è evoluto ed è diventato un contenitore più ampio, comprensivo di reportage, interviste, approfondimenti. Sono nate diverse collaborazioni con aziende e associazioni, soprattutto grazie alla mia presenza continuativa su Instagram, social media che ho scelto come cassa di risonanza per i contenuti del blog. Proprio su Instagram è avvenuto il prezioso incontro con Rossana e Andrea, fondatori della casa editrice romana Chance Edizioni. Il feeling è stato immediato, anche perché siamo animati dal medesimo intento: portare le parole al cuore delle persone. Così queste parole sono uscite dal web. Si sono fatte carne e carta. E adesso le guardo, emozionata e felice, in questa raccolta di racconti che contiene un sogno”.

“La vita resta negli occhi è una pubblicazione che rappresenta perfettamente la nostra linea editoriale – replica Rossana Caterina. Inserita nella collana ScritturaSpontanea, ci ricorda la sinergia e l’armonia nella sua composizione, dalla parte dell’editing alla grafica.

Francesca è una persona che merita una Chance, l’opportunità di vedere valorizzato il proprio talento, senza che venga mai banalizzato o sacrificato da un marketing asettico. Con lei risulta spontaneo condividere un percorso, confrontarsi per crescere insieme accettando nuove sfide, mettendosi in gioco senza remore e provando a creare quegli spazi sostenibili e futuribili per un’editoria diversa. Lei riesce a mettere le persone al centro della sua scrittura: gli aneddoti, i comportamenti, i legami e perfino i silenzi si muovono sotto ai riflettori della sua penna riversandosi poi nelle pagine. La vita resta negli occhi, se sai prestare lo sguardo e l’ascolto per percepire ciò che accade”.

Ogni racconto sgretola una certezza e una paura, fino ad aprirci verso l’unico modo nel quale vale la pena vivere: pienamente.

 

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Premio La Quara 2022. Al via la nona edizione del concorso letterario Mup Editore per racconti brevi

Nove anni di storie, migliaia di scrittori emergenti che hanno raccontato vicende, attualità, ricordi e fantasie. Ritorna a Borgotaro il Premio La Quara – concorso letterario Mup Editore per “short stories”, giunto alla sua nona edizione: dal 15 aprile al 15 maggio 2022 sarà possibile partecipare al concorso inviando il proprio racconto (informazioni e regolamento sono disponibili sul sito premiolaquara.com).

Il tema scelto per questa edizione è “Resilienza”, spiegato dal Presidente di giuria (nonché ideatore del Premio), il prof. Massimo Beccarelli, come “un moto che ci fa resistere agli urti e ci fa risalire, con le nostre forze e con l’aiuto delle persone attorno a noi, e riuscire a opporsi così ai condizionamenti, trasformando anzi l’esperienza avversa in un’opportunità, dando vita a nuove versioni di noi”.

Collegata al Premio anche l’antologia pubblicata da Mup Editore, marchio di Fondazione Monteparma che quest’anno ha deciso di rafforzare il proprio sostegno all’iniziativa.

L’evento finale sarà il 26 e 27 agosto a Borgo Val di Taro nella piazza La Quara, che dà il nome al Premio stesso, e oltre alla premiazione prevede un festival letterario ed eventi collaterali. L’evento è organizzato dall’Istituto Manara in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Borgo Val di Taro e il contributo fondamentale di Fondazione Monteparma.

 

“In considerazione della qualità letteraria che il premio La Quara ha saputo confermare nel tempo e delle grandi capacità organizzative e divulgative dimostrate dai promotori, Fondazione Monteparma ha deciso di ampliare il proprio contributo a questa iniziativa che sostiene fin dalla prima edizione. Espressione di questa rinnovata partnership è anche la nuova denominazione del premio, che da quest’anno riporta un riferimento esplicito alla proficua collaborazione con la nostra casa editrice Mup”, dichiara il Presidente di Fondazione Monteparma Mario Bonati.

Fra le novità di quest’anno c’è anche la collaborazione con Scuola Holden, scuola di narrazione fondata a Torino nel 1994 dallo scrittore Alessandro Baricco. La Holden farà parte della giuria del concorso e premierà il primo classificato o classificata del “Premio La Quara” con la possibilità di seguire gratuitamente uno dei percorsi di scrittura organizzati dalla Scuola.

È per noi un grande onore – ha dichiarato il presidente della Manara Ugo Vietti – poter avere il sostegno e la fiducia di Fondazione Monteparma e di Scuola Holden, che interpretiamo come riconoscimento a un evento culturale che da tanti anni si svolge a Borgo Val di Taro, combinando la genuina passione per la letteratura all’altissima professionalità di organizzatori e giuria.”

“Quando, nove anni fa, il Comune di Borgotaro iniziò questa avventura – ha aggiunto l’assessore alla cultura Martina Fortunatinon avremmo immaginato un percorso di questo rilievo, che porta oggi il Premio La Quara a collaborare più intensamente con Fondazione Monteparma e con l’importante Scuola Holden. L’interesse maturato attorno al Premio è cresciuto nel tempo, come testimonia il numero dei racconti che partecipano e la qualità e la varietà degli scrittori esordienti che intendono promuovere le loro opere di narrativa attraverso La Quara.Anche il tema scelto quest’anno è rappresentativo, non solo perché il Premio ha oltrepassato, negli ultimi anni, diversi ostacoli, ma anche perchè l’editoria italiana è di per sè resiliente, una delle poche cose che sopravvive da sola sul mercato, contando solo sui propri lettori.”

È confermato anche il Premio speciale Berti Solaini, selezione a cura di Angelo e Michele Berti fra i cinque finalisti in gara alla finale di agosto.

Massimo Beccarelli

 

La partecipazione è gratuita e aperta a tutti. Tutte le informazioni e la modulistica per la partecipazione sono disponibili sul sito www.premiolaquara.com

Concorso letterario “Racconti campani 2022” – Historica edizioni

La casa editrice indipendente Historica edizioni (www.historicaedizioni.com) in collaborazione con il sito Cultora (www.cultora.it)  indice il concorso letterario “Racconti campani 2022”. La partecipazione al concorso è gratuita ed è rivolta a tutte le persone, italiane o straniere, nate, residenti o domiciliate nella regione Campania.

L’oggetto del concorso riguarda esclusivamente la sezione narrativa. Gli autori intenzionati a partecipare al concorso dovranno inviare racconti inediti e redatti in lingua italiana. Possono partecipare al medesimo testi già premiati in altri concorsi, purché sempre inediti e redatti in lingua italiana.

Gli elaborati dovranno essere inoltrati entro e non oltre il 15 febbraio p.v. in formato word con nome, cognome, numero di telefono e nome del concorso al seguente indirizzo email: racconticampani@gmail.com .

I racconti vincitori saranno pubblicati da Historica edizioni in un libro che sarà disponibile nelle librerie campane (con distribuzione Libro.co), sul sito di Historica, nelle principali fiere della piccola e media Editoria cui parteciperà l’editore, e sui principali book-stores online.

Di seguito, il bando completo del concorso (visitabile anche all’indirizzo: http://www.historicaedizioni.com/concorso-letterario-racconti-campani-2022/ )

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Concorso letterario Racconti campani 2022

Historica edizioni (www.historicaedizioni.com) in collaborazione con il sito Cultora (www.cultora.it) indice il concorso letterario “Racconti campani 2022”.

UNICA SEZIONE: NARRATIVA – Si accettano racconti a tema libero che non superino le 10.000 battute spazi inclusi. Sono ammesse eccezioni se gli elaborati superano di poco il limite prefisso. Ogni autore può inviare al massimo un racconto.

TESTI – I testi devono essere in lingua italiana e inediti. Possono partecipare autori italiani e stranieri. Possono partecipare testi già premiati in altri concorsi.

COME INVIARE I RACCONTI – I concorrenti devono inviare il racconto in formato word, con nome, cognome, indirizzo, numero di telefono e nome del Concorso, al seguente indirizzo mail: racconticampani@gmail.com

CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE – La partecipazione è gratuita e aperta a tutte le persone nate, residenti o domiciliate nella regione Campania.

TERMINI DI INVIO – Inviare gli elaborati via mail entro e non oltre il 15 febbraio 2022.

DESIGNAZIONE DEI VINCITORI – Agli autori selezionati verrà inviata una mail con il responso.

PREMI – I racconti vincitori verranno pubblicati da Historica edizioni in un libro che sarà in vendita nelle librerie campane (con distribuzione Libro.co), sul sito di Historica, alle principali fiere della piccola e media Editoria cui parteciperà l’editore e sui principali book-stores online.

DIRITTI D’AUTORE – I diritti dei racconti rimangono di proprietà dei singoli Autori.

INFORMAZIONI – Per informazioni scrivere a:  racconticampani@gmail.com

 

 

‘Nemico, amico, amante’. Lo sguardo profondo e il vitalismo disperato del premio Nobel Alice Munro

Nemico, amico, amante, della scrittrice canadese Alice Munro, premio Nobel per la letteratura 2013, è una raccolta di 9 racconti.

C’è del vitalismo più o meno disperato nei racconti della Munro, che ha un tipo di scrittura che riesce ad aderire alla vita. Coincide, corrisponde perfettamente senza espedienti ed infingimenti. Riesce a coinvolgere il lettore con la sua scrittura. Riesce a parlare con il cuore in mano.

Uno dei maggior pregi nei testi è l’immediatezza, la scorrevolezza. La scrittrice ha uno sguardo profondo e partecipe sulla condizione umana, è una indagatrice della natura umana. Il suo stile è asciutto e impeccabile. Ogni suo racconto è un microcosmo.

Il vitalismo disperato di Alice Munro

Nel primo Johanna riceve delle false lettere d’amore, ingannata da due ragazzine. Va a comprare un abito da sposa e la negoziante è soddisfatta di averglielo venduto perché così per quel giorno ha giustificato la sua esistenza. Tutto ciò fa pensare alla Romana di Moravia secondo cui ognuno è ciò che fa.

La commerciante aveva trovato la sua ragion d’essere, il suo motivo di esistere in una cittadina, che rappresenta qualsiasi mondo concentrazionario. Questa frase della Munro è già di per sé molto  azzeccata ed appropriata perché in America è davvero così: nella società utilitaristica, pragmatica, tutti devono avere un ruolo ben preciso, disegnato (altrimenti si finisce per essere come nella poesia disperata “College all’angolo della via” di Kenneth Patchen, in cui il protagonista non è mai stato niente, nemmeno soldato).

È un dramma in America non fare niente, non occuparsi di niente. La Munro lo esprime molto bene in una sola frase, messa in bocca ad una negoziante in crisi con scarsa clientela.

I racconti: trama e contenuti

Nel racconto “Ponte galleggiante” Jinny, donna sposata e malata di tumore, riesce a ravvivare l’esistenza baciando un ragazzo. In “Conforto” Nina ha una doppia vita e si divide tra il marito padrone e l’amante. Ma forse il racconto che rende meglio l’intensità, il dolore e la drammaticità della vita è “The Bear Came Over the Mountain”, in cui viene descritta la relazione tra un marito ed una moglie, che sta perdendo la ragione.

Viene insomma trattato il tema della demenza senile. E la domande che sorgono spontanee sono che cosa resta della persona dopo l’insorgenza della malattia e cosa resta conseguentemente dell’amore tra i due. Questo racconto ha avuto una trasposizione cinematografica: Away from Her (Lontano da lei), diretto da Sarah Polley.

La Munro  sembra un fiume in piena. I suoi testi non sembrano pensati e ripensati, corretti e modificati. Sembrano tutti pubblicati alla prima o al massimo alla seconda stesura. Se sono stati modificati molto probabilmente ha tolto e non aggiunto perché in questi racconti si tratta di levare più che di battere.

Non bisogna guardare quindi alla forma mentis dell’autore. D’altronde in un romanzo o in una raccolta di racconti non bisogna cercare le congetture filosofiche, le digressioni pseudo-psicanalitiche o le descrizioni di paesaggi o città. Tutto ciò  annoia a lungo termine. Bisogna cercare  invece chi riesce a raggiungere la vita o quantomeno si sforza di farlo.

Tra descrizione e introspezione

Alice Munro riesce a descrivere gli eventi, a riportare casomai le conversazioni e a narrare gli stati d’animo nel modo più realistico possibile. Allo stesso tempo dimostra di avere una invidiabile capacità introspettiva.

La scrittrice canadese forse era così vitale ed esuberante con la penna perché nella realtà la loro vita sfuggiva loro di mano. Forse è questo il motivo: nella realtà non era assolutamente padrona della sua vita, che forse sembrava seguire logiche ed automatismi inspiegabili. D’altronde tutto questo è comprensibile perché il vitalismo è sempre stato contrapposto al meccanicismo.

La Munro è  intellettuale, lucida e sobria. Il suo vitalismo non è fittizio ma è sempre autentico. Non c’è niente di posticcio. Un’altra cosa che mi piace della Munro è che non si è messa a studiare la vita in modo calcolatore e a tavolino ma sembra perfettamente che si sia messa a narrare in modo occasionale. Sembra che abbia vissuto le sue peripezie e ogni tanto abbia fatto una pausa tra una fatica ed un’altra per annotarla sul suo taccuino.

I drammi quotidiani

La scrittrice ci racconta la  vita quotidiana con i suoi drammi ed allo stesso tempo non crea altre realtà: è testimone Impareggiabile delle sua epoca, restituisce senza sconti e senza finzioni la cruda verità umana.

Dramma dopo dramma purtroppo l’esistenza diventata tragedia. La vita sembra scorrere tranquilla fino all’evento irreparabile, al guasto irreversibile. È questo forse il messaggio. La Munro riesce a narrarlo magistralmente nelle più svariate sfaccettature. Riesce a fornirci una visione altra della vita, che  erompe dal contingente. Tutto questo non è poco. Anzi è merce rara in un libro di narrativa.

I romanzi per molti hanno una sovrastruttura intellettuale e un intreccio che i racconti non avranno mai. Per molti i romanzi comprendono una maggiore cura nel descrivere ambienti e personaggi, soprattutto nel delineare la psicologia dei personaggi.

Il racconto come romanzo in miniatura

Ogni racconto della Munro invece è un romanzo in miniatura. Lo scrittore Aldo Busi spesso ha dichiarato che in Italia esistono molti poeti, molti scrittori di racconti ma pochi sono i veri romanzieri. Molti artisti secondo Busi sarebbero dei romanzieri mancati.

Il romanzo, facendo queste considerazioni, sarebbe quindi più complesso di una raccolta di racconti: più complesso da scrivere, da leggere, da analizzare, da recensire. Necessiterebbe di una sovrastruttura e di una architettura. Ma poi ne siamo così sicuri? Ad esempio “Casa d’altri” di Silvio D’Arzo (pseudonimo) che cosa è esattamente? Un racconto lungo? Un romanzo breve? Un ibrido particolarissimo? Una eccezione che conferma le regole suddette? Ai letterati e ai critici letterari l’ardua sentenza.

Ma perché disprezzare il racconto? Perché considerarlo un genere minore? Non suscita forse emozioni? Non fa scaturire riflessioni e pensieri? Una raccolta di racconti fantastici non può trattare di universi paralleli come un romanzo di fantascienza? Una raccolta di racconti non può forse essere una opera aperta? Non può essere una opera di avanguardia? Non può trattare tematiche importanti? Non può far vedere le cose da una prospettiva insolita? Non ci vuole forse anche una certa abilità nello scrivere racconti?

La questione romanzo

Inoltre c’è anche chi sostiene che il romanzo non abbia più un senso. Già le avanguardie avevano decretato la morte del romanzo. Secondo Milan Kundera la morte del romanzo è già avvenuta e nessuno ne è rimasto colpito o scandalizzato.

Il romanzo secondo il famoso scrittore rappresenta la complessità del mondo e dell’esistenza; i mass media che invece dominano il pianeta tendono a dare una visione univoca e ipersemplificata della vita. In buona parte dei casi il racconto probabilmente è una storia breve.

Uno dei maestri indiscussi del racconto nel novecento è R. Carver. Naturalmente i racconti fantastici di Borges sono esemplari. Ma sono particolari: anzi, unici nel loro genere. Sono però da leggere anche i racconti di Beckett e di Salinger (“I nove racconti”).

In Italia invece i grandi scrittori di racconti sono Dino Buzzati (“I sessanta racconti), Cesare Pavese (“Feria d’agosto”, “Fallimenti”), Silvio D’Arzo (“L’aria della sera e altri racconti”), Giorgio Manganelli (“Centuria”), Del Giudice (“Il museo di Reims”), Italo Calvino (“Ultimo viene il corvo”), Antonio Delfini (“Il ricordo della Basca”), Tommaso Landolfi.

Discorso a parte merita Silvio D’Arzo, molto stimato dalla critica letteraria e anche da Montale, che in vita pubblicò solo tre libri senza alcuna gloria e fu un anonimo professore. Morì a soli trentadue anni.

Ritornando alla Munro, sicuramente va letta assieme agli scrittori sopracitati. Purtroppo però il Nobel alla Munro, che è una delle migliori scrittrici del mondo di racconti brevi, non ha determinato una ripresa della lettura e quindi un aumento di vendite di raccolte di racconti in Italia.

In Italia il genere dei racconti è considerato frutto di una arte minore. Un pregiudizio che porta anche le case editrici a pubblicare poche raccolte di racconti, di solito solo di autori già affermati.

 

Di Davide Morelli

 

‘Nell’Inferno’: tre racconti di Arturo Onofri che esaltano la creatività poetica

I tre racconti che costituiscono l’opera Nell’Inferno, editi in un volume dalla casa editrice Pan di lettere, di Arturo Onofri, poeta metafisico e scrittore (1885-1928) rappresentano delle autentiche rivelazioni. Non perché Onofri è un letterato memorabile, che ha in modo inequivocabile segnato il ‘900 per l’originalità e la qualità della sua scrittura.

Dell’importanza di Onofri ne è la controprova che una esperta italianista come Magda Vigilante ha dedicato una prefazione di quaranta pagine, facendo una disamina accurata dei racconti.

I tre racconti di Onofri

Il primo racconto di Onofri si intitola “Il pollice esercitato” (che sta a significare il talento coltivato) e tratta il tema della creazione artistica e della ispirazione con tutte le difficoltà del caso (la creta non è mai molle, indipendentemente dal fatto che si cerchi la mimesi, la trasfigurazione, la creazione ex novo).

Come ci ricorda la Vigilante le idee in questione non sono quelle dell’Iperuranio, ma sono spiritelli maligni. Forse il poeta vuole suggerirci che la vera creatività spetta alle donne oppure solo a madre natura: forse solo loro hanno la vera capacità di generare. Le stesse idee sono signore algide e scostanti.

Come sostiene qualcuno le idee veramente innovative ed originali scaturirebbero in modo casuale secondo i neuroscienziati e che addirittura la loro frequenza potrebbe essere descritta dalla distribuzione statistica di Poisson: semplificando ogni idea sarebbe un evento raro e fortuito nelle menti più creative.

Il tema del doppio

Ecco quindi la fatica di Sisifo della creazione artistica. Insomma Onofri aveva anticipato i tempi. Il secondo intitolato “I due” mette in scena sia il tema del doppio che quello psicologico del falso Sé (più che dell’ Ombra junghiana).

Alla fine viene da chiedersi chi sia il personaggio autentico, se la figura in carne ed ossa oppure il sembiante. Uno è il Sé autentico e l’altro è la maschera sociale, colui che rispetta codici e convenzioni borghesi.

Il terzo intitolato “Inferno” esamina il perturbante in senso freudiano. Il protagonista prova allo stesso tempo repulsione ed attrazione verso la donna, descritta inizialmente come orrida. Il lettore viene spiazzato più volte con alcuni straniamenti, con alcuni colpi di scena.

Perché una scena sia effettivamente perturbante per Freud deve essere ambivalente emotivamente, deve essere familiare ed estranea al contempo.

Tra simbolismo e decadentismo

Onofri si dimostra un artista enigmatico, simbolista, decadente, esoterico (non a caso studiò l’antroposofia steineriana) in questi tre racconti, a cui lasciamo libera interpretazione agli acquirenti del volume; in questa sede ho voluto solo dare delle indicazioni di massima.

D’altronde l’arte si caratterizza per la sua polisemia ed ambiguità. Ognuno quindi può dargli il suo significato. Onofri nei suoi racconti accosta elevazione spirituale e spavento, grazia e solitudine, levità ed angoscia, orfismo e scissione, purezza e terribilità. Sulla scena si affaccia prepotente il mistero, l’irrazionale sotto le forme delle ossessioni, delle paure.

Senza mai cadere nell’intimismo c’è una propensione innata alla penetrazione psicologica. Sono ineludibili lo sgomento e la sorpresa dei protagonisti, che sono tra la veglia ed il sonno, quasi in uno stato di reverie ed hanno delle apparizioni sconvolgenti. Onofri dà forma al materiale informe dell’onirico.

Una prosa suggestiva e personale

Getta un ponte tra conscio ed inconscio, trovando archetipi senza scandagliare oscenamente i segreti recessi dell’anima. Lavora di cesello e l’oscuro non è mai incoerente né incongruo. La sua prosa – per quanto subisce echi, risonanze, influssi- è suggestiva e mai suggestionata da nessun altro autore.

Centrali sono le visioni e le analogie di Onofri. Non imita né prende a prestito alcunché. Piuttosto si rifà sporadicamente ed episodicamente alla tradizione. Per dirla alla Peirce il poeta era mosso da autentico amore per la conoscenza, era all’instancabile ricerca della verità.

Non è forse un caso che amò diverse dottrine, ma non divenne mai dottrinario? Ed ora veniamo all’inghippo: quella di Onofri è una prosa poetica? Ed ancora si può cercare un discrimine tra poesia e prosa poetica?

Ora si deve sgomberare il campo da ogni possibile fraintendimento: è impossibile fare una distinzione oggettiva tra poesie in versi e prose poetiche. Di distinzioni se ne possono fare ma sono solo soggettive e stucchevoli.

La relazione tra prosa e poesia

È sempre arduo stabilire una relazione tra prosa e poesia oppure una linea di confine. C’è chi sostiene che non vi sia più una grande differenza tra i due generi e che per vendere più copie molti poeti farebbero meglio a non andare a capo. Condannare la prosa poetica può voler dire giudicare negativamente i capolavori di Pagliarani e Bertolucci.

Perché condannare questo ibridismo? Per quale motivo? Inoltre bisogna ricordare che per i puristi del verso scrivere in versi liberi significa andare a capo arbitrariamente ed è considerato alla stessa stregua dello scrivere in prosa.

Il verso libero è il lasciapassare e allo stesso tempo la diretta conseguenza della prosa poetica. È meglio non mettere steccati e paletti. Nel secondo novecento non l’hanno fatto. È sempre meglio non fare restrizioni di nessuna sorta e permettere ogni tipo di libertà. Onofri ne è stato l’esempio lampante ed ha dimostrato tutta la sua versatilità.

Un poeta deve avere sempre la massima libertà espressiva. Di conseguenza può utilizzare qualsiasi registro espressivo, che deve essere considerato comunque espressione artistica. Può anche adottare il pluristilismo.

La poesia in versi liberi può essere poesia come anche la prosa poetica può essere allo stesso tempo poesia. Tutto il resto è polemica sterile fatta per amor della polemica.

Forse bisognerebbe semplicemente distinguere solo ciò emoziona da ciò che non lo fa, ciò che fa pensare da ciò che non lo fa. I tre racconti di Onofri colpiscono favorevolmente in tal senso.

Un aspetto che contraddistingue la sua scrittura è il fatto che, nonostante le innumerevoli variazioni della lingua italiana dagli anni di stesura ad oggi, essa sia ancora comprensibile e chiara senza l’ausilio di alcuna nota: ciò dimostra la capacità comunicativa dell’Onofri.

Quella del poeta romano è ad ogni modo una prosa lirica, è quella che un tempo veniva chiamata prosa d’arte. Per tutte queste ragioni il volume meriterebbe di essere letto.

 

Di Davide Morelli

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