Nell’aprile del 1970, a pochi giorni dallo scioglimento dei Beatles, fa la sua comparsa nei negozi un curioso LP con una ciotola e delle ciliegie in copertina, nessun nome. Non appena lo si mette sul piatto si svela l’arcano. La voce e lo stile sono inconfondibili. Si tratta dell’album solista dell’ex bassista dei Fab Four intitolato semplicemente McCartney. Nonostante il successo di vendite si scatena immediatamente una ridda di polemiche. Pur contenendo brani degni di nota, Every Night, That Would Be Something, Junk, Maybe I’m Amazed, si tratta di un lavoro incompleto, rudimentale, approssimativo, indegno di un musicista della sua statura. Scosso dalle critiche e volendo fare di meglio, Paul si rinchiude nella sua fattoria in Scozia ed inizia a comporre nuovo materiale in totale solitudine giovandosi della lontananza, sia fisica che mentale, dallo scompiglio creato dalla fine del gruppo più famoso del mondo. Talmente grande la voglia di fuggire da tutto e da tutti che le sedute di registrazione vengono spostate oltreoceano, a New York e Los Angeles, ed effettuate con l’aiuto di turnisti statunitensi. Il 28 maggio 1971 vede la luce Ram, la cui cover, questa volta, non lascia spazio a dubbi. Anticipato da un singolo dal titolo quanto mai esplicito, Another Day ed accreditato a Paul & Linda McCartney, è il disco della definitiva scissione dai Beatles. In dodici magnifici brani l’autore affronta il dolore della separazione, trova una sua identità musicale e progetta il futuro. Eppure, nonostante arrangiamenti raffinati, sonorità maestose degne del miglior Abbey Road e melodie di grande impatto, quest’album viene inspiegabilmente disprezzato da tutti, in primis dai suoi ex colleghi.
«Sono deluso dall’album di Paul, credo che sia un grande artista, incredibilmente prolifico e intelligente, ma i suoi dischi mi hanno deluso. Non penso che ci sia una sola canzone degna di questo nome in Ram» (Ringo Starr)
«Il punto più basso della decomposizione del rock degli anni sessanta. Incredibilmente incoerente e completamente inadeguato» (John Landau– Rolling Stone-1971)
Probabilmente fattori di natura emotiva contribuiscono in maniera decisiva alla sistematica stroncatura di quest’opera da parte degli addetti ai lavori poiché al suo interno sono contenute gemme di indiscutibile bellezza che fanno di Ram uno dei capitoli più felici del McCartney solista. La polemica Too Many People (nella quale John Lennon ha voluto ravvisare un attacco alla sua persona nei versi “Too many people preaching practices” e “You took your lucky break and broke it in two” cui risponderà per le rime con l’aspra How Do You Sleep? contenuta in Imagine), la blueseggiante 3 Legs, la spassosa Ram On con tanto di ukulele, la barocca Uncle Albert/Admiral Halsey, l’urlatissima Monkberry Moon Delight, la rilassata Heart Of The Country, per arrivare alla stupenda Dear Boy, alle monumentali Long Haired Lady e Back Seat Of My Car fino ai puri divertissement di Eat At Home o Smile Away, mostrano un artista in grandissima forma che ha saputo ritrovare la sua strada metabolizzando gli eventi negativi del recente passato.
Il pubblico si è mostrato molto meno malevolo facendo volare l’album in vetta alle classifiche. Il fatto di non contenere singoli di successo, la non immediata fruibilità dei brani, la commistione di generi molto diversi tra loro fanno si che Ram non colpisce al primo ascolto, ma già dal secondo se ne resta completamente affascinati. E’ un lavoro pulito, di gran classe, lontano dalle logiche commerciali che porteranno alla formazione degli Wings ed alla produzione di album assolutamente trascurabili fatti solo per necessità di mercato, affascinante, pieno di fantasmi ma anche di grazia, fantasia ed ispirazione. 100% McCartney; un distillato denso e succoso di tutto ciò che l’ex Beatle ha saputo infondere in tutta la sua produzione, sia antecedente che successiva. Proprio per questa sua caratteristica, negli anni a seguire è stato ampiamente rivalutato fino a diventare un million-seller degno di tributi ed elogi a dimostrazione di come, qualche volta, l’orgoglio ed il pregiudizio possano prendere il sopravvento sulla ragione arrivando ad offuscare la bellezza e la qualità di un’opera .