“Remedios”: la grande anima di Gabriella Ferri

Remedios-RCA-1974
Remedios-RCA-1974

Gabriella Ferri è Roma. La sua voce, ogni nota o verso, trasudano romanità. Ogni canzone descrive l’atmosfera della Città Eterna come un’incisione di Piranesi, un sonetto del Belli o un film di Luigi Magni. La  personalità enorme e sfaccettata, unitamente allo straordinario percorso artistico, hanno inoltre sdoganato definitivamente la cultura romana, portandola ben oltre le mura Aureliane fino a farle assumere una dimensione internazionale. Grazie al suo essere cantante, attrice, conduttrice televisiva (ricordiamo le celebri trasmissioni Dove Sta Zazà e Mazzabubù”  che segnarono l’epoca d’oro della TV nostrana) ha trasmesso l’amore per la sua città a milioni di persone. La Ferri, però, è stata soprattutto una cantante “popolare” ma non nel senso dispregiativo del termine, bensì nel senso di una cantante del popolo e per il popolo. La straordinaria intuizione dell’esistenza di un minimo comun denominatore tra la musica tradizionale di tutto il mondo ha spinto l’artista romana a concepire ed incidere quello che può essere considerato il suo capolavoro: Remedios

“Potrà forse stupire questo disco “a due facce” una ancora una volta dedicata alla canzone romana, e l’altra a melodie di vari paesi (Cile , Cuba, Messico, Spagna) di lingua spagnola. La ragione di questa singolare accoppiata nasce da una vecchia e profonda convinzione, cioè che certi canti, siano essi arabi, gitani, sudamericani, napoletani, romani, hanno tutti una comune matrice, sanguigna popolare, con l’obbligo del gorgheggio, con la quasi necessità di voci poco limpide, violente e dolci, usate sempre entro certi giri melodici come fosse un unico canto” (Gabriella Ferri– note di copertina di Remedios)

Mirabilmente arrangiato da Guido e Maurizio De Angelis (anche noti come Oliver Onions), Remedios riesce nell’impossibile impresa di trasformare brani tipici della canzone latina in classici della tradizione romana e viceversa inventando, di fatto, la world-music. Il resto lo fa la Ferri che con la sua voce a volte dolce e soave, a volte dura e urlata, riesce ad interpretare degli standard musicali abbastanza stereotipati nella loro essenza, restituendoli completamente stravolti nella struttura e nel significato.

Gabriella Ferri-1974

La splendida rivisitazione de La Paloma, pietra miliare del sòn cubano, spiana la strada alla struggente Grazie Alla Vita, traduzione ad opera della stessa Gabriella Ferri del brano Gracias A La Vida della cantante cilena Violeta Parra vero simbolo di ribellione nei confronti della dittatura militare cilena instaurata  da Pinochet nel 1973. La spensierata Cielito Lindo, la meravigliosa Remedios (composta in spagnolo proprio dalla Ferri), la drammatica Malaguena fino alla travolgente Cucaracha danno prova di una duttilità musicale che pochissime altre artiste hanno dimostrato di possedere (in Italia forse solo Mina). Il lato B è Roma allo stato puro. Da Semo In Centoventitrè, fino a Fiori Tresteverini, passando per Nina Si Voi Dormite, Canto De Malavita e la tenerissima E Dormi Pupo Dorce, l’anima di Roma si dispiega tra le note del disco facendo trapelare a tratti il suo lato ironico, gioioso ed anche volgare ed a tratti il suo lato malinconico, sensibile dolente. Qui, ovviamente, Gabriella Ferri mette in mostra tutto il suo strapotere nel padroneggiare la canzone romana. D’altro canto, quando si parla del repertorio romanesco, la Ferri non doveva dimostrare niente a nessuno. Ma la sua voglia di guardare oltre le mura di Roma, oltre le cupole e le antiche rovine l’ha portata ad individuare un’unica grande anima della musica mondiale, un torrente sotterraneo che partendo dai sette colli arriva a toccare luoghi e culture lontanissime (geograficamente e antropologicamente parlando) in un continuo scambio di influenze che da allora non ha più potuto essere ignorato.

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